31 Dicembre 2017 - Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Gn 15, 1-6; 21, 1-3

Uno nato da te sarà tuo erede.
Dal libro della Genesi

In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede».
Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza».
Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 104

Il Signore è fedele al suo patto.

Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.
Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.
Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,
voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.


Seconda Lettura Eb 11, 8.11-12.17-19

La fede di Abramo, di Sara e di Isacco.
Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.


Vangelo Lc 2,22-40 [forma breve Lc 2,22.39-40]

Il bambino cresceva, pieno di sapienza.
Dal vangelo secondo Luca

[Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, (Maria e Giuseppe) portarono il bambino (Gesù) a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.]
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
[Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. 



COMMENTO


    “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle. Tale sarà la tua discendenza”. Una promessa che ha già dell’incredibile, se fatta a un uomo giovane, nel pieno della sua virilità. Ma Dio sta facendo tale promessa a un uomo molto avanzato negli anni, sposo di una donna altrettanto vecchia e, per di più, sterile anche nella sua giovinezza. Una promessa, quindi, umanamente impossibile. Eppure… Abramo “credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia”, e “Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato”.

    Abramo è il protagonista della prima lettura della liturgia odierna e lo è anche della seconda. L’autore della lettera agli Ebrei, infatti, nel brano che costituisce la seconda lettura esalta la fede di quest’uomo, che, proprio per la sua incrollabile fede, diventerà il capostipite del popolo d’Israele. 
In pochi versetti per ben tre volte il periodo inizia con l’espressione “per fede…”. Fede di Abramo, fede di Sara. E Isacco, figlio della promessa, sarà sempre da loro considerato un dono gratuito di Dio, un dono su cui Dio aveva un progetto ben preciso, un dono, quindi, che non apparteneva a loro, ma che Dio aveva a loro soltanto affidato, come un bene prezioso da custodire e da formare, perché Dio potesse pienamente realizzare su di lui il suo progetto.
    Anche Maria e Giuseppe si ritrovano tra le braccia un bambino, sul cui futuro essi sanno molto bene di non poter costruire alcun progetto. Quel bambino è il Figlio di Dio, il Messia atteso da secoli, che porterà a compimento quel progetto di salvezza iniziato quasi duemila anni prima (1850 ca. a.C.) con una promessa “impossibile” fatta da Dio a un uomo permeato di fede. 
    E permeati di fede sono anche Maria e Giuseppe. 
    Maria aveva creduto alle parole dell’angelo che le aveva annunciato una maternità umanamente impossibile. Come poteva lei, ancora vergine, essendo legalmente sposa di Giuseppe, ma non essendo ancora andata a vivere con lui, diventare madre? “ A Dio nulla è impossibile” le aveva risposto l’angelo. E Maria non aveva chiesto altro. Il suo “eccomi” era il naturale “frutto” di una fede totale, senza “se” e senza “ma”, una fede senza condizioni, perché totale “fiducia” (la parola latina “fides” significa anche “fiducia”) in Dio, nella consapevolezza che Dio è onnipotente e mette sempre la sua onnipotenza al servizio del bene dell’umanità.
    Anche Giuseppe aveva dovuto fare un atto di fede per accogliere Maria nella sua casa come sua sposa, sapendo bene che quel bimbo che lei portava in grembo non era suo. Da quanto Matteo scrive nel suo Vangelo possiamo intuire quale dramma sia scoppiato dentro l’animo di quest’uomo nello scoprire la maternità della sua promessa sposa. Che fare? Accusarla pubblicamente avrebbe significato per la donna che egli amava una sicura condanna a morte mediante lapidazione; ma prendere come sua sposa quella donna che, chissà per quale ragione, l’aveva tradito, era impossibile; ne andava di mezzo il suo stesso onore. Licenziarla in segreto: ecco la soluzione che salvava, nello stesso tempo, il suo onore e la vita di Maria, anche se sicuramente un’altra domanda tormentava il suo cuore: “Che cosa ne sarebbe stato di Maria e del suo bambino?”. La vita di una ragazza madre non è facile oggi, nella nostra società occidentale. Quale inferno sarebbe stata la vita di Maria in quel piccolo borgo della Palestina, che era Nazareth? Ma Dio interviene direttamente a diradare ombre e dubbi e a riportare la pace in quel cuore martoriato. Un angelo appare in sogno a Giuseppe, recandogli il messaggio di Dio: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù; egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Gesù, in ebraico Jehoshù‘a, significa, infatti, “Jahve salva”). Giuseppe crede a tali parole dell’angelo e “destatosi dal sonno, fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa” (Mt 1, 18- 25). 
    Maria ha vissuto per Dio ogni istante della sua vita, con ogni suo respiro, mettendosi docilmente e interamente al servizio del progetto d’amore che Dio voleva realizzare per la salvezza di ogni uomo. Anche Giuseppe, suo sposo, ha avuto lo stesso atteggiamento interiore. E Gesù sarà in una tale comunione con Dio, da poter dire: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10, 30); e ancora: “Chi ha visto me ha visto il Padre. … Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è in me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv 14, 9 – 11). 
    Una famiglia, quella di Nazareth, i cui componenti avevano un unico desiderio: realizzare i desideri del cuore di Dio. Anche ogni atomo della casa in cui Gesù, Maria e Giuseppe abitavano era intriso dell’amore, della concordia e della pace che in essa si respirava. Il cielo stesso sembrava essersi “trasferito” fra quelle mura. Tutto apparentemente normale in quella famiglia: un papà che lavorava per mantenere i suoi cari, un figlio che, crescendo, aiutava il papà nel suo lavoro di carpentiere, una mamma che svolgeva quotidianamente i suoi compiti di madre e di sposa e allietava con la sua presenza serena la vita dei suoi due uomini. Tutto, quindi, apparentemente “normale”; ma tutto, nella sostanza, straordinario, poiché in quella famigliola anche le cose più ordinarie avevano il sigillo dell’eternità. Dio permeava della sua presenza ogni pensiero, ogni sentimento, ogni desiderio, ogni scelta di ciascuno dei componenti di quella famiglia. Dio, e Lui soltanto, costituiva il senso della vita di quella famiglia.
    Dio, e Lui soltanto, dovrebbe costituire il senso di ogni famiglia cristiana. 
    Un uomo e una donna si amano, vogliono costruire una vita insieme. Decidono di sposarsi. Potrebbero farlo solo civilmente, in municipio; ma fanno una scelta molto più impegnativa; decidono di fare del loro amore un “sacramento”, decidono, cioè, di rendere il loro amore “segno visibile di una realtà invisibile” (questo è, infatti, il significato della parola “sacramento”); e la “realtà invisibile” di cui, come coppia, devono essere segno visibile è la Santissima Trinità. Con la celebrazione del sacramento del matrimonio i due sposi cristiani si impegnano a rendere visibile, attraverso il loro amore di coppia, l’amore che vi è fra le tre Persone della Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Chi entra nella casa di una famiglia cristiana dovrebbe poter respirare la stessa aria d’amore che si respira in paradiso. E, mentre gli sposi si assumono questo compito di fronte a Dio e alla società, Dio, da parte sua, si assume l’impegno di essere Lui il custode e la forza del loro amore, assicurando loro la sua presenza costante e fedele. E, in Lui, la coppia trova la gioia del dono reciproco, in una continua gara a chi dona di più; in Lui i due sposi trovano il senso primo e ultimo, il significato pieno, del loro amore, vedendo, l’uno nell’altra, uno splendido dono dell’amore di Dio e vedendo anche gli eventuali figli come un meraviglioso regalo di Dio, un regalo anche impegnativo, poiché i genitori cristiani sanno che quei figli non appartengono a loro, ma sono, prima di tutto, figli di Dio, che Dio stesso ha affidato loro, perché li aiutino in ogni giorno della loro esistenza a vivere pienamente questa loro figliolanza divina. 
    L’amore tra un uomo e una donna limpida trasparenza dell’amore di Dio. La famiglia umana segno visibile della Famiglia divina. Poteva Dio riempire di significato più bello e più grande l’amore di un uomo e di una donna?
    Lasciamoci immergere nell’atmosfera di pace e di serenità gioiosa della famigliola di Nazareth, sicuramente la famiglia più amata da Dio, perché la più aderente all’idea di famiglia da Lui progettata all’inizio dei tempi, la famiglia che, più di ogni altra, ha saputo essere totalmente limpida e splendida trasparenza della Santissima Trinità.
    Anche le nostre famiglie cristiane possono far intravvedere il cielo. Il mondo ne ha bisogno e, anche magari senza averne coscienza, attende di scorgerlo attraverso le finestre di case illuminate dall’amore di Dio. 


25 Dicembre 2017 - Natale del Signore


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Is 9,1-6

Ci è stato dato un figlio
Dal libro del profeta Isaia

Il popolo che camminava nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa
una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te
come si gioisce quando si miete
e come si esulta quando si divide la preda.
Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva,
la sbarra sulle sue spalle,
e il bastone del suo aguzzino,
come nel giorno di Màdian.
Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando
e ogni mantello intriso di sangue
saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
Perché un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il potere
e il suo nome sarà:
Consigliere mirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace.
Grande sarà il suo potere
e la pace non avrà fine
sul trono di Davide e sul suo regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 95

Oggi è nato per noi il Salvatore.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.
Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.


Seconda Lettura Tt 2,11-14

E’ apparsa la grazia di Dio per tutti gli uomini.
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.


Vangelo Lc 2,1-14

Oggi vi è nato il Salvatore.

Dal vangelo secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».


COMMENTO


  Un vagito rompe il silenzio della notte e raggiunge gli estremi confini dell’universo. Un nuovo uomo è venuto nel mondo, ma non è un uomo qualsiasi. Quel bimbo “adagiato in una mangiatoia” (questo è il segno che l’angelo indica ai pastori, ai quali ha appena annunciato la “grande gioia” della nascita del Salvatore) è Dio che si è fatto uomo, un Dio umile, che non ha disdegnato di prendere la natura di una sua creatura e di nascere, Lui, il Creatore e Signore dell’universo, in una grotta nei dintorni di Betlemme, dove solitamente trovano rifugio i pastori con le loro greggi. Nessuno si è accorto di nulla. Il mondo intorno dorme. La vita scorre con lo stesso ritmo di sempre. Eppure quel vagito di un fragile bimbo sta “dicendo” all’umanità che niente sarà più come prima.
    “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. Con queste splendide parole si apre il brano del profeta Isaia, che settecento anni prima di Cristo ne aveva annunciato la nascita, definendone anche la missione. Lo splendore di quella luce che squarcia le tenebre riempie i cuori di gioia. Rivolgendosi a Dio, così continua il profeta: “Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. … Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle e il bastone del suo aguzzino. … Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre”.
    Il popolo di cui parla Isaia, chiamato da Dio alla missione profetica nel 740 a.C., è il popolo d’Israele, che in quel periodo, a causa di scelte politiche del re Acaz guidate più da considerazioni umane che dalla fiducia in Dio (come, invece, aveva consigliato lo stesso Isaia), si trovava sotto una tutela oppressiva dell’Assiria. Dio promette al suo popolo la liberazione, che il profeta presenta come già avvenuta.
    La Chiesa pone questo brano di Isaia come prima lettura della messa della notte di Natale dandogli un significato spirituale. “Il popolo che camminava nelle tenebre” è l’umanità immersa nel buio profondo, nel quale si trovava a “camminare” da quando, con il peccato originale, aveva “perso” Dio, perdendo, così, anche la strada esistenziale, sulla quale camminare con sicurezza. Dal momento in cui l’essere umano, nel suo folle desiderio di essere come Dio, aveva abbandonato il suo Creatore, vagava a tentoni in un interminabile, angosciante tunnel, dal quale, con le sue sole forze, non poteva uscire. Ma Dio, nel suo infinito amore per questa sua creatura, non l’ha abbandonata nelle tenebre dello spirito, che la facevano vivere in una profonda angoscia esistenziale; ha voluto riprenderla e riportarla a casa. Ed è sceso dal suo cielo, è diventato l’Emmanuele, “Dio con noi”, è diventato uno di noi, ha preso la nostra natura umana, per renderla, per mezzo del battesimo, anche divina. E l’essere umano, che nel suo orgoglio e nella sua presunzione, aveva tentato di “rubare” a Dio la sua divinità, si è ritrovato tra le mani tale divinità come incredibile dono gratuito di questo imprevedibile, stupendo Dio.
    Attraverso il cammino d’Avvento la Chiesa ha aiutato passo passo i fedeli a prendere sempre più coscienza del loro bisogno di perdono e di salvezza. Ora questo perdono e questa salvezza sono qui, dentro la mia vita. E la gioia esplode come quella di un naufrago, il quale, mentre annaspa disperatamente tra i marosi che lo ghermiscono e stanno per inghiottirlo, vede una mano tendersi verso di lui, afferrarlo con forza e trarlo a riva. Quale gioia ci sarà nel suo cuore! Quale gratitudine invaderà ogni fibra del suo essere nei confronti del suo salvatore!
    E un’esplosione di gioia è la risposta dell’assemblea, con il salmo responsoriale, al bellissimo brano del profeta Isaia. Il cuore del credente esulta per le meraviglie del suo Dio. La natura stessa viene invitata dal salmista a innalzare al Creatore la sua lode. L’umanità e l’intero universo, insieme, cantano a Dio la loro gioiosa gratitudine: “Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome. Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie. Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude; sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta”. 
    E, se davanti a quella mangiatoia, in cui Maria ha deposto il Figlio di Dio fatto Bambino, noi sapremo elevare a Dio, con tutto il cuore, questo canto di stupore e di gioia, allora veramente Natale sarà per noi un “Buon Natale”! 




24 Dicembre 2017 - IV Domenica di Avvento



LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO





LITURGIA DELLA PAROLA



Prima Lettura 2 Sam 7, 1-5.8b-12.14a.16

Il regno di Davide sarà saldo per sempre davanti al Signore.
Dal secondo libro di Samuèle.

Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te».
Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa.
Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio.
La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 88

Canterò per sempre l’amore del Signore.

Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».
«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».
«Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele».


Seconda Lettura Rm 16, 25-27

Il mistero avvolto nel silenzio per secoli, ora è manifestato.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli,
a colui che ha il potere di confermarvi
nel mio vangelo, che annuncia Gesù Cristo,
secondo la rivelazione del mistero,
avvolto nel silenzio per secoli eterni,
ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti,
per ordine dell’eterno Dio,
annunciato a tutte le genti
perché giungano all’obbedienza della fede,
a Dio, che solo è sapiente,
per mezzo di Gesù Cristo,
la gloria nei secoli. Amen.


Vangelo Lc 1, 26-38

Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.


COMMENTO


    Grazie, Maria, per il tuo “Sì”. 
    E’ grazie a quel tuo “Eccomi” che oggi io sono qui a scrivere parole di gioia sull’annuncio più splendidamente sconvolgente che mai orecchio umano abbia udito, che, cioè, una piccola, fragile creatura veniva chiamata a mettere tutto di sé a disposizione di Dio, perché Egli potesse prendere un corpo umano dentro di lei, assumendo Egli, il Creatore, la stessa natura della sua creatura. Dio lasciava il suo Paradiso, per diventare l’Emmanuele, “Dio con noi”. 
    L’intero universo e, probabilmente, persino Dio devono avere trattenuto il respiro in quegli attimi intercorsi tra l’annuncio che l’angelo ti ha fatto e la tua risposta. E quel tuo “Sì” ha improvvisamente sollevato il terribile macigno che soffocava la vita dell’intero universo. La salvezza iniziava a fare storicamente il suo corso.
    E’ grazie a quel tuo “Eccomi” che io oggi posso rivolgermi al mio Dio chiamandolo teneramente “Abbà”, “Papà”, nell’assoluta certezza che questo nome con cui io mi rivolgo al Creatore e Signore dell’universo, al mio Creatore e Signore, è la verità del mio rapporto con Lui: io sono veramente sua figlia! Veramente la sua vita divina, dal momento del battesimo, scorre in me, facendomi assomigliare sempre di più a Gesù, Figlio di Dio e mio Fratello, e, in Lui, al Padre, rendendomi, così, sempre di più gradita ai suoi occhi.
    E’ grazie a quel tuo “Eccomi” che la mia vita è permeata di eternità e che ogni istante della mia esistenza ha un senso pieno, perché inserita, come tralcio alla vite, nella vita del mio Dio, che mi ha resa sua figlia. Ogni istante della mia esistenza è alla presenza di Lui e riempito della sua Presenza. E io vivo felicemente immersa in tale Presenza, anche quando la mia vita è un oceano in tempesta o un interminabile tunnel, di cui non vedo la luce dell’uscita. A quella Presenza mi abbandono fiduciosamente; ed essa diventa la mia luce e la mia forza.
    E’ grazie a quel tuo “Eccomi” che io ho capito che cos‘è l’umiltà docile e disponibile, quell’umiltà, che è grandezza dello spirito, che non chiede niente altro se non di far contento Dio, permettendogli di compiere le meraviglie del suo amore senza incontrare, nel cuore e nella mente, resistenze e ostacoli.
    E’ grazie a quel tuo “Eccomi” che anch’io, oggi, posso cantare, insieme a te, il mio “Magnificat” nella semplice quotidianità della mia esistenza, quel “Magnificat” che è, nello stesso tempo, una continua, rinnovata lode intrisa di stupita gratitudine per le meraviglie che Dio compie in me e attraverso me e un continuo, rinnovato “Eccomi”, perché Egli sempre di più possa costruire il suo regno d’amore in me a attraverso me.
    Per tutto questo, Maria, “Grazie” e ancora “Grazie”! 


17 Dicembre 2017 - III Domenica di Avvento


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO





LITURGIA DELLA PAROLA



Prima Lettura Is 61, 1-2.10-11


Gioisco pienamente nel Signore..
Lo spirito del Signore Dio è su di me,

perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare l’anno di grazia del Signore.
Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza,
mi ha avvolto con il mantello della giustizia,
come uno sposo si mette il diadema
e come una sposa si adorna di gioielli.
Poiché, come la terra produce i suoi germogli
e come un giardino fa germogliare i suoi semi,
così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode davanti a tutte le genti.


Salmo Responsoriale Lc 1, 46-54

La mia anima esulta nel mio Dio.

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.


Seconda Lettura 1 Ts 5, 16-24

Spirito, anima e corpo, si conservino irreprensibili per la venuta del Signore.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi.

Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.
Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!


Vangelo Gv 1, 6-8. 19-28

In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete.
Dal vangelo secondo Giovanni

Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

COMMENTO



    E’ un’esplosione di gioia la terza domenica di Avvento.
    “Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino”. Questa bellissima frase di S. Paolo contenuta nella sua lettera ai Filippesi costituisce l’antifona d’ingresso e il messaggio fondamentale comune a tutti e tre gli anni liturgici (A, B, C). Come non essere nella gioia, se “il Signore è vicino”? Manca ormai poco più di una settimana al suo “arrivo” e, come avviene quando si sta per compiere il tempo di una gravidanza e in ogni istante aumenta la gioiosa “fibrillazione” per l’arrivo di quel bambino che sta per nascere, così è per il cuore del credente. Certo, Gesù è storicamente nato duemila anni fa. Di Lui ormai conosciamo tutto: la sua vita, la sua morte, la sua resurrezione. E le sue parole e i suoi gesti guidano la nostra esistenza.
    Ma ogni anno la Chiesa ci invita a fare questo percorso di attesa di Lui, come se noi dovessimo fare ancora una volta un cammino di conversione, cioè di cambiamento della nostra vita, del nostro modo di pensare, di sentire, di agire, perché sempre di più il nostro modo di pensare diventi secondo il modo di pensare di Gesù, i nostri sentimenti assomiglino a quelli di Gesù, il nostro modo di agire sia il modo di agire di Gesù e la nostra vita sia come la vita di Gesù. E’ il cammino che il cristiano deve fare ogni giorno; ma in certi periodi dell’anno, chiamati “tempi forti” (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua), la Chiesa “invita” i suoi figli a un impegno maggiore, più deciso, quasi a una riscoperta dei motivi della propria fede e a una rinnovata scelta di Gesù come il proprio Salvatore e Signore, con uno slancio più forte e un desiderio più profondo di essere, nel luogo e nel tempo in cui viviamo, veramente trasparenza di Gesù.
    “Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore”. Gesù, all’inizio della sua vita pubblica, nella sinagoga di Nazareth riferirà a se stesso tali parole del profeta Isaia, manifestando così la sua missione, il motivo della sua venuta in questo mondo.
    All’essere umano “misero”, infelice e disperato, perché “rovinato” dal peccato, che lo ha fatto allontanare da Dio, fonte della sua vera felicità, Gesù è venuto ad annunciare “l’anno di grazia del Signore”, ad annunciare, cioè, la buona, splendida notizia che Dio è un Padre misericordioso, che vuole perdonare tutti gli uomini e che, con il battesimo, li vuole rendere tutti suoi figli. E dentro questo annuncio, che costituisce la “buona notizia” fondamentale, ecco le altre “buone notizie” dell’amore di Dio: la consolazione dei cuori che sono nel dolore, soprattutto quel dolore dato dalla consapevolezza di avere “tradito” Dio, e la liberazione dalla schiavitù del peccato, schiavitù che non è soltanto il lasciarsi vincere dal male, ma anche il non poter da soli trovare la pace del perdono, rimanendo, così, quasi schiacciati dal peso dei propri errori. Con Gesù tutto cambia. Il peccato non è più un macigno che il cuore dovrà portare su di sé per sempre. In Gesù quel macigno può essere rimosso dalla dolcezza della misericordia e del perdono di Dio. L’unica condizione richiesta è il pentimento per aver dato un dispiacere a Dio; e quel pentimento si trasformerà nella gioia più profonda.
    Gesù è venuto a portare la “buona notizia” a ogni uomo, a ogni donna, perché ogni uomo e ogni donna sono peccatori “miseri”, che hanno bisogno di lasciarsi abbracciare e invadere dall’amore di questo Dio, che gioisce nel creare e ricreare la vita dei suoi figli.
    La buona notizia annunciata da Gesù è anche per me. E, mentre io mi apro al perdono del mio Dio e mi lascio amare da Lui con gioiosa gratitudine, nello stesso tempo divento anch’io, come Gesù, annuncio vivente della “buona notizia” dell’amore infinitamente misericordioso di Dio. “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo che si mette il diadema e come una sposa che si adorna di gioielli”. Immagini stupende, che veramente danno il senso della gioia. E io, se veramente ho tutto il mio essere permeato di questa gioia, dovunque passerò, “annuncerò”, anche senza parlare, le meraviglie dell’amore infinito di questo nostro splendido Dio.

10 Dicembre 2017 - II Domenica di Avvento


LITURGIA E COMMENTO





LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Is 40, 1-5.9-11

Preparate la via al Signore.
Dal libro del profeta Isaia

«Consolate, consolate il mio popolo

– dice il vostro Dio –.
Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta,
la sua colpa è scontata,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
il doppio per tutti i suoi peccati».
Una voce grida:
«Nel deserto preparate la via al Signore,
spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.
Ogni valle sia innalzata,
ogni monte e ogni colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in vallata.
Allora si rivelerà la gloria del Signore
e tutti gli uomini insieme la vedranno,
perché la bocca del Signore ha parlato».
Sali su un alto monte,
tu che annunci liete notizie a Sion!
Alza la tua voce con forza,
tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.
Alza la voce, non temere;
annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza,
il suo braccio esercita il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 84

Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza.

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:

egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.
Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.
Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.


Seconda Lettura 2 Pt 3, 8-14

Aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova.
Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo

Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi.

Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta.
Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia.
Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia.


Vangelo Mc 1, 1-8

Raddrizzate le vie del Signore.
Dal vangelo secondo Marco

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri»,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».


COMMENTO


“…Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Si apre con questo annuncio ripreso dal profeta Isaia il vangelo di Marco. E sembra di vederlo questo deserto, un’ immensa distesa rocciosa e arida che si estende all’infinito, immersa in un silenzio irreale. E lì, su uno spuntone di roccia più alto degli altri, un uomo “vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi”, rompe con la sua voce tonante questo silenzio. E’ Giovanni il Battista, parente di Gesù, di appena sei mesi più grande (la sua mamma Elisabetta era, infatti, incinta di sei mesi, quando l’angelo Gabriele aveva annunciato alla giovanissima Maria di Nazareth questa miracolosa gravidanza della sua anziana parente, per testimoniarle che “a Dio nulla è impossibile”). E’ lui il “messaggero” inviato da Dio per preparare la strada al suo Figlio Gesù, per preparare i cuori ad accogliere Lui e la “buona notizia” (il vangelo), che Egli è venuto ad annunciare all’umanità.
Anche nella prima lettura, costituita da un bellissimo passo del profeta Isaia, si parla di “liete notizie”. Il popolo d’Israele è in esilio a Babilonia; ha perso patria e identità. Nel dolore di una situazione umiliante attende che il suo Dio si muova in suo soccorso e lo liberi. E Dio promette a questo suo popolo tanto amato, anche se tante volte ribelle e poco fedele, il suo intervento. “Consolate, consolate il mio popolo” dice Dio attraverso la voce del suo profeta. E continua in un crescendo di potenza d’amore e di gioia: “Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza”. E questa potenza di Dio è di una tenerezza infinita. “Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”. Così si conclude il brano di Isaia. Come non commuoversi di fronte a una tale immagine!? Dio promette al suo popolo una liberazione certa (che, di fatto, avverrà) e il popolo d’Israele disperso ritroverà la sua unità e la sua identità. Dio ha cura di questo suo popolo e usa nei suoi confronti una delicatezza e una tenerezza che non possono non suscitare uno stupore commosso. Come si può dimenticare la stupenda immagine di questo pastore che stringe al suo petto gli agnellini appena nati e conduce con dolcezza le pecore che hanno appena partorito, adattando il suo passo alla lentezza del loro passo!?
Isaia aveva annunciato la “lieta notizia” della liberazione al popolo d’Israele in esilio. Giovanni il Battista annuncia la “lieta notizia” della presenza del Messia in mezzo al suo popolo. Questo Messia atteso da secoli è ormai qui. L’attesa è giunta al termine. Le promesse di Dio al suo popolo si sono realizzate, perché, come scrive l’apostolo Pietro nella seconda lettura, “il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa”. La salvezza piena è ormai compiuta. Il Figlio di Dio si è fatto uomo, perché l’uomo possa diventare divino. Ed ecco l’incredibile, splendida “buona, lieta notizia” che ogni uomo e ogni donna possono ascoltare dalla stessa voce del Figlio di Dio, l’annuncio che dovrebbe far esultare e fremere di gioia ogni cuore: “Tu, essere umano, così debole e così fragile, così orgoglioso nella tua presunzione di poter decidere da te che cosa sia il bene e che cosa sia il male, così folle da poter pensare di essere tu il dio di te stesso, non riconoscendo la tua condizione di creatura, tu, così facilmente attratto dal piacere e dal potere, tu, che pensi di poter fare a meno di Dio e che, allontanandoti da Lui, hai perso la tua vera identità, perché Egli ti ha creato a sua immagine e somiglianza, somiglianza che tanto più perdi quanto più ti stacchi da Lui, tu, proprio tu, proprio così, sei infinitamente amato da Dio, sei infinitamente prezioso ai suoi occhi, al punto che non gli è bastato averti creato per amore, non gli è bastato averti potuto offrire il suo perdono attraverso il mio sacrificio; Egli, il tuo Creatore, il tuo Dio, vuole darti molto, molto di più. A te, sua creatura, che hai desiderato “diventare come Dio”, che hai avuto il desiderio di “rubare” la sua divinità, Dio vuole donare la sua vita divina, vuole che tu diventi suo figlio e Lo possa chiamare ‘Abbà’, ‘Papà’. Per questo Io mi sono fatto uomo, per questo Io, che sono Dio e che, insieme al Padre e allo Spirito Santo, sono il tuo Creatore, ho voluto assumere, nel mio folle amore, la tua natura umana, perché tu, creatura, potessi diventare, da soltanto umana, anche divina.
E mai Noi ti lasciamo solo. Anche tu sei tenuto stretto al nostro cuore come quegli agnellini portati teneramente sul petto dal loro pastore”.
Ecco, è questa la “lieta notizia” portata da Gesù direttamente dal cielo qui sulla Terra. E io, che l’accolgo con gioia, non posso tenerla per me. La gioia deve sempre essere comunicata. E divento anch’io quel messaggero che deve “salire su un alto monte” e “annunciare liete notizie” a ogni persona che Dio mi fa incontrare nella mia vita di ogni giorno. Anch’io sono quel messaggero che deve preparare la via al Signore nel cuore degli uomini, che deve aiutarli, con la forza convincente della gioia della fede, a conoscere Dio e a “innamorarsi” di Lui. Anch’io devo essere “voce di uno che grida nel deserto”, sapendo bene che il deserto del mondo attende, oggi forse ancor più che nel passato, soltanto una voce di gioiosa speranza per poter rifiorire e tornare a vivere. 

08 Dicembre 2017 - Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Gn 3,9-15.20

Porrò inimicizia tra la tua stirpe e la stirpe della donna.
Dal libro della Gènesi

Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché hai fatto questo,
maledetto tu fra tutto il bestiame
e fra tutti gli animali selvatici!
Sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».
L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 97


Cantate al Signore un canto nuovo,
perchè ha compiuto meraviglie.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.
Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.
Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!


Seconda Lettura Ef 1,3-6.11-12


In Cristo Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui siamo stati fatti anche eredi,
predestinati – secondo il progetto di colui
che tutto opera secondo la sua volontà –
a essere lode della sua gloria,
noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.


Vangelo Lc 1,26-38


Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.


COMMENTO

    In Gesù Cristo, suo Figlio, il Padre “ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà”.
    Splendida questa apertura della lettera di san Paolo ai cristiani di Efeso! Parole che ci immergono nelle profondità del cuore di Dio e fanno fermare il respiro! Noi tutti pensati dall’eternità con amore da questo Dio che è Amore e che solo dall’amore fa scaturire ogni suo pensiero, ogni suo progetto! Se soltanto di tanto in tanto ci fermassimo a riflettere su questa verità che ci tocca esistenzialmente, che ci fa comprendere quanto siamo preziosi agli occhi del nostro Creatore, al punto da volere che noi, da semplici creature, potessimo diventare suoi figli, diventando, così, anch’Egli, da Creatore, Padre!
    Pensati dall’eternità con amore! Non veniamo dal nulla e non siamo destinati al nulla. Veniamo dal cuore di Dio e siamo destinati a vivere eternamente con Lui. La nostra esistenza terrena è “racchiusa” dentro questa eternità, che la permea e le dà, in ogni istante, un “respiro” infinito.
    Pensati dall’eternità con amore! Ma l’essere umano non l’ha capito. Creato con amore, “chiamato” a instaurare un rapporto d’amore con il suo Creatore, che, per questo motivo, gli aveva dato una volontà libera, con cui poter scegliere se ricambiare o rifiutare l’amore che gli veniva offerto, egli si è lasciato vincere dalla tentazione di non riconoscere la propria verità di creatura e di voler diventare, quindi, dio egli stesso (questo, infatti, significa, nel racconto del peccato originale, il voler mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, conoscenza che solo Dio può avere), decidendo da sé che cosa era bene e che cosa era male, che cosa era giusto e che cosa non lo era. Di fatto, era, questa dell’uomo delle origini, la scelta di separarsi da Dio, dal proprio Creatore. Una separazione con conseguenze tragiche. Staccandosi da Dio, infatti, l’essere umano ha sperimentato la “mancanza” di Dio. Dio è armonia, è perfezione. Separato da Dio, l’uomo ha fatto esperienza del disordine, dell’imperfezione, ha sperimentato, cioè, la sofferenza, riguardante tutti gli aspetti costitutivi dell’essere umano: lo spirito, la volontà, la psiche e il fisico; sofferenza, quindi, spirituale, morale, psichica e fisica. Dio è la pienezza della vita, è Vita. Separandosi da Dio, l’essere umano ha sperimentato la mancanza della vita, cioè la morte. Conseguenze, che diventavano, da quel momento, “costitutive” della natura umana, “malata” nella sua essenza, come un albero malato nelle sue radici; una “malattia”, quindi, costitutiva di ogni uomo che viene in questo mondo e che, come un ramo di questo albero malato, riceve dalle radici una linfa non sana. Ecco il perché della sofferenza anche dei bambini, di quei figli dell’umanità non ancora capaci di progettare e di fare il male, ma che, proprio perché “rami” di quell’albero malato, portano dentro di sé, nell’essenza del loro essere, quella linfa non sana. 
    Quale ostacolo, a volte insormontabile, sono diventate la sofferenza e la morte nel rapporto tra l’uomo e Dio! Quanta rabbia, dentro una cupa disperazione, nei confronti di questo Dio accusato spesso di avere creato l’essere umano, per poi lasciarlo in balia della sofferenza e della morte! “Questo Dio non è forse onnipotente? Perché non interviene con la sua onnipotenza a eliminare dalla vita dell’uomo la tragedia della sofferenza e della morte?”. Quante volte abbiamo ascoltato queste frasi o addirittura le abbiamo dette noi stessi! Certo, Dio è onnipotente, ma, per amore, ha fatto una scelta, che noi, con il nostro modo di pensare, saremmo tentati di definire “un’assurda follia”; ha “rinunciato”, infatti, a una parte della sua onnipotenza nel momento in cui ha deciso di creare l’uomo come un essere libero di pensare, di progettare, di decidere; in quel momento Dio si è impegnato con se stesso e con l’uomo a rispettare fino in fondo le scelte di questa sua creatura, al punto da accettarne anche un eventuale rifiuto di Lui. Ecco perché Dio non ha potuto e non potrà mai eliminare dall’esistenza umana la sofferenza e la morte; esse, di fatto, dal momento in cui l’essere umano ha rifiutato Dio, sono ormai parte integrante di quella sua libera scelta e sono diventate costitutive di ciò che l’uomo ha deciso di essere nel momento in cui si è staccato da Dio. E questo Dio, sempre fedele alle sue decisioni, ha dovuto rispettare la scelta, fatta da questa sua creatura, di rinnegarlo come suo Creatore, volendo vivere autonomamente la sua esistenza. 
    E l’essere umano si accorse di “essere nudo”. Improvvisamente la “nudità”- verità della sua esistenza gli è apparsa in tutta la sua tragica evidenza. Quel ruscello, che, nel suo folle orgoglio, si era staccato dalla sua Sorgente, ritenendo di poter vivere con totale libertà, ora si rendeva conto con angoscia che, senza la sua Sorgente, non poteva più vivere. Ma, con angoscia ancora maggiore, aveva la consapevolezza che, da solo, con le sue sole forze, mai più avrebbe potuto ricongiungersi a quella Sorgente che gli assicurava la vita.
    Ed ecco, Dio, nel suo infinito amore per questa sua creatura, ne “riprogetta” l’essenza e l’esistenza. E l’essere umano, inizialmente solo una creatura, ora, dentro il nuovo progetto che lo riguarda, viene pensato come figlio. Dio non si accontenta più di essere “solo” il Creatore di un essere, che Egli aveva creato “a sua immagine e somiglianza”. Ora questo Creatore vuole donare la sua stessa vita a questa sua creatura, vuole trasformarne la stessa essenza, la stessa natura: da “semplice” essere umano vuole farlo diventare un essere anche divino. E’ questo lo stupendo, incredibile miracolo che avviene nell’uomo al momento del battesimo, quando, inserito in Cristo, egli ne riceve la vita. Un processo di divinizzazione dell’essere umano inverso a quello dell’umanizzazione del Figlio di Dio. Infatti, il Figlio di Dio (avente, quindi, una natura divina), incarnandosi in Maria per opera dello Spirito Santo, ha assunto anche la natura umana. L’uomo, col sacramento del battesimo, assume anche la natura divina e diventa figlio di Dio, perché “innestato” nel Figlio di Dio. “Io sono la vite, voi i tralci” ha detto un giorno Gesù ai suoi discepoli (Gv 15, 5). E ogni uomo, “ramo” pervaso fin dal primo istante del suo concepimento da una linfa resa “malata” dal cosiddetto “peccato originale”, ora, se vuole, può diventare tralcio di questo “albero” nuovo, che è Gesù, tralcio fecondo di questa vite, che reca in sé la “linfa” di Dio. 
    Maria, una sconosciuta ragazza di un villaggio sconosciuto della Palestina. Una quotidianità “normale”, quasi banale nella sua semplicità. Eppure dentro l’essere di quella ragazza Dio è presente in una maniera speciale. “Piena di grazia” la saluta l’angelo Gabriele. “Piena di Dio”, quindi.
    Inserita dall’eternità nel progetto di Dio per la redenzione dell’umanità, quella giovinetta vive, ignara, un rapporto profondissimo, unico con Dio. Il suo cuore batte all’unisono con il cuore del suo Creatore. In quel cuore, un solo desiderio: far contento Dio. E questo Dio, che vive al di fuori del tempo (l’eternità, di fatto, è atemporale), che cosa deve aver provato dentro di Sé, mentre progettava quella sua creatura? Forse anche a Lui è mancato il respiro nel “vedere” la bellezza di quel suo capolavoro, che un giorno, nel tempo, sarebbe stata la madre di suo Figlio. Come, come permettere che anche lei potesse essere un “ramo” malato dell’umanità? Come permettere che l’azione di Satana, che aveva rovinato l’immagine divina nell’essere umano, potesse avere le sue nefaste conseguenze anche su colei che doveva dare una carne umana a suo Figlio? Quel Figlio, che un giorno avrebbe “sacrificato” la sua divinità, assumendo la natura di una sua creatura, e che avrebbe dato la sua vita, perché questa creatura potesse sperimentare la gioia di una ritrovata unità con il suo Creatore, come poteva essere mandato nel grembo di una donna che portava in sé, come ogni essere umano che viene in questo mondo, il germe del male? E, allora, questo Padre, nel suo amore infinito per suo Figlio, ha voluto realizzare in maniera speciale, nella futura Madre di questo suo Figlio, la redenzione dell’umanità; ha “anticipato” in pienezza i frutti della redenzione in quella donna che avrebbe contribuito in una maniera unica alla realizzazione del suo progetto di salvezza per l’umanità. Creare una nuova Eva, come alle origini. Una umanità che ricominciava, in lei, il suo cammino nella storia e nell’eternità. Una nuova Eva, libera, come la prima Eva, di decidere, di scegliere quale rapporto avere con il suo Dio.
    “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”. Un saluto, che turba profondamente quella ragazza di Nazareth. Chi era quell’essere, che improvvisamente le era apparso davanti? Che cosa significava quel saluto così strano? Era stata salutata come la “piena di grazia”, la “piena di Dio”. Lei, così piccola, così fragile, eppure… “piena di grazia” l’aveva salutata quell’essere celestiale! Che cosa le stava accadendo? E ora quell’essere sta dicendo cose ancora più incomprensibili. Diventare “Madre del Messia”, “Madre di Dio”! E Dio, Dio stesso, il suo Creatore e Signore, attende da lei una risposta. 
    Che cosa c’era nel cuore di Maria, in quel momento? E che cosa c’era nel cuore di Dio, in quel momento? Tutto l’universo, probabilmente, ha trattenuto il respiro, insieme al suo Creatore, nell’attesa di quella risposta. Il tempo si è fermato. Si è fermata anche l’eternità. L’onnipotenza di Dio si era messa nelle mani e nel cuore di una piccola, fragile donna. Tutte le promesse di salvezza, fatte da Dio all’umanità appena caduta nel baratro del rifiuto di Lui, erano lì, di fronte alla libertà di una creatura figlia e rappresentante di quella umanità. 
    E questa nuova Eva risponde in maniera diversa dalla prima Eva; questa piccola, fragile donna si fida del suo Dio. Gli eventuali pericoli per la sua vita (Giuseppe, il suo promesso sposo, come avrebbe reagito a quella gravidanza, in cui egli sapeva con certezza di non aver avuto alcun ruolo? Avrebbe creduto a una spiegazione che aveva dell’incredibile? Oppure l’avrebbe denunciata per adulterio, facendola condannare alla lapidazione alle porte della città?), gli eventuali pettegolezzi della gente, il possibile disprezzo e rinnegamento dei suoi parenti per la vergogna di un peccato, con cui ella, secondo loro, aveva macchiato il buon nome della famiglia. Tutto questo sarà passato per un attimo dentro il suo cuore. Ma il suo Dio è un Dio d’amore; non permetterà che le accada qualcosa di male. E’ un Dio che mantiene le sue promesse. E questo Dio, attraverso quel suo messaggero celeste, le ha detto che quel figlio, che lei nutrirà e farà crescere nel suo grembo, sarà il salvatore di Israele e dell’umanità. Niente e nessuno potranno, quindi, impedire che questo progetto di Dio si realizzi. Solo una sua risposta negativa potrebbe impedirne la realizzazione. Ma… il suo unico desiderio è far contento Dio. Il suo cuore batte all’unisono con quello del suo Creatore e i desideri del suo cuore sono unicamente quelli del cuore di Dio. Ed ecco la risposta che tutto l’universo, insieme al suo Creatore, sta attendendo. Il “Fiat” di quella piccola, fragile donna “libera” il respiro dell’universo e del suo Creatore. Tutto riprende a pulsare. E’ l’inizio di una nuova vita. La Trinità gioisce ed esulta. Ogni promessa di salvezza si realizzerà! 
    Ora il Figlio di Dio, per opera dello Spirito Santo, è in lei. Egli, l’Onnipotente, il Creatore dell’universo, si è fatto piccolissimo, una semplice cellula, che avrà, come ogni figlio dell’umanità, il suo sviluppo dentro il grembo di quella sua giovanissima, splendida mamma. Ora veramente il cielo e la terra si sono toccati, anzi, di più, si sono compenetrati l’uno nell’altra. Quel Dio che ora vive nel grembo di Maria, umanizzandosi, sta già realizzando in lei, in pienezza, quel processo di divinizzazione che avverrà, con il battesimo, in tutti coloro che crederanno in Lui, accettandolo come il loro Salvatore e Signore.
    Che cosa deve aver provato questo Figlio di Dio, infinito ed eterno, nel momento in cui è “entrato” in uno spazio finito e nella dimensione del tempo? E che cosa deve aver provato Maria nel momento in cui ha sentito palpitare e pulsare in lei l’Infinito e l’ Eterno? Non ci è dato saperlo. Noi dobbiamo solo rimanere in profondo, religioso silenzio di fronte a un mistero che fa vibrare le corde più intime di quel Figlio e di quella Madre.
    L’Immacolata Concezione. Miracolo stupendo dell’incontro d’amore tra Dio e la sua creatura. 
    E l’umanità contempla, con gioioso stupore, questo miracolo d’amore, poiché in questa sua figlia e rappresentante più stupenda vede realizzata pienamente la sua redenzione. 
    Anche Dio guarda con gioia e quasi con stupore questa sua figlia; in lei contempla l’umanità come Egli l’ha “sognata”; in lei, capolavoro della sua creazione e della sua redenzione, Egli contempla l’integra bellezza dell’essere umano appena “uscito” dalle sue mani di Creatore e la figliolanza perfetta dell’essere umano che, nel suo Figlio Gesù, si lascia, con gratitudine e amore, divinizzare.
    Maria di Nazareth: creatura perfetta di Dio, figlia perfetta di Dio, trasparenza perfetta di Dio. Grazie di essere tutto questo, o Maria, splendida Sorella, Figlia e Madre di questa nostra umanità.