26 Febbraio 2017 - Liturgia Anno A: VIII Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Is 49, 14-15

Io non ti dimenticherò mai.
Dal libro del profeta Isaìa

Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato,
il Signore mi ha dimenticato».
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 61

Solo in Dio riposa l’anima mia.

Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia salvezza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
mia difesa: mai potrò vacillare.
Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia speranza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
mia difesa: non potrò vacillare.
In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio.
Confida in lui, o popolo, in ogni tempo;
davanti a lui aprite il vostro cuore.


Seconda Lettura 1 Cor 4, 1-5

Il Signore manifesterà le intenzioni dei cuori.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele.
A me però importa assai poco di venire giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso, perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore!
Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode.


Vangelo Mt 6, 24-34

Non preoccupatevi del domani.
Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».


COMMENTO


    Signore, sono tempi estremamente difficili questi. La crisi economica ha investito anche la nostra famiglia. Io ho perso il posto di lavoro e la ditta dove lavora mia moglie è in difficoltà. Siamo preoccupati, te lo confesso. E i nostri figli, avvertendo la nostra preoccupazione, sembrano avere perso anche loro la serenità. Fino a qualche mese fa c’era sicurezza economica nella nostra famiglia, una sicurezza che, come è normale, era anche sicurezza psicologica, che si rifletteva positivamente sui nostri rapporti di coppia e di genitori e figli. Tutto, da quando ci eravamo sposati, era andato bene, pur tra normali alti e bassi, che ogni famiglia sperimenta quotidianamente. Ora il nostro futuro improvvisamente è diventato un’incognita. Niente è più sicuro come prima. Io cerco il lavoro, ma non ne trovo, e mia moglie si aspetta da un momento all’altro la lettera di licenziamento. La casa, che, con tanti sacrifici, abbiamo acquistato, non è ancora completamente pagata; e il mutuo, che ogni mese pagavamo tranquillamente, ora è diventato un incubo, che non ci fa chiudere occhio la notte. E i nostri ragazzi…; ma non solo i nostri… Ascolto, a volte, i discorsi che essi fanno con i loro amici, che abbiamo sempre accolto ben volentieri nella nostra casa. Questi giovani, spensierati fino a qualche anno fa, ora, con l’esplodere di questa gravissima crisi economica, sembrano guardare al domani con ansia, quasi vedendo in esso un “nulla” che li terrorizza e che annichilisce il loro naturale, giovanile entusiasmo di progettare il futuro. C’è in loro come una sorta di rabbia nei confronti della vita, che si presenta ai loro occhi tremendamente faticosa; è una rabbia che avverto anche nei miei figli e che mi preoccupa, perché sono sempre stato convinto che nella rabbia non ci può essere nulla di buono, nulla di costruttivo.
    Signore, come fare? Mi sembra di non vedere alcuna via d’uscita e l’angoscia sta invadendo sempre di più il mio cuore.
    Sono qui, davanti a Te. La chiesa è ancora vuota. La messa inizierà fra qualche ora; ma sentivo il bisogno di starmene un po’ da solo con Te, sentivo il bisogno di “guardarti “ negli occhi e di aprirti questo mio cuore così pieno di insicurezza e di trepidazione. Ho bisogno del tuo aiuto, perché umanamente non so più nemmeno da che parte cercarlo.
    Quasi inavvertitamente gli occhi mi cadono sul foglietto con le letture di questa domenica; e il cuore ha un sussulto. “Non preoccupatevi per la vostra vita – leggo nel brano del vangelo -, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?”. Probabilmente, Signore, mentre dicevi ai tuoi discepoli queste parole, hai potuto scorgere nel loro sguardo uno stupore interrogativo, un’obiezione che, magari non esplicitata verbalmente, tuttavia era evidente nei loro occhi: “Ma… queste sono le preoccupazioni più normali per un essere umano! Ne va della sua sopravvivenza!”. Signore, Tu non ti meravigli delle nostre perplessità di fronte a certe tue proposte umanamente sconcertanti. Noi, esseri umani, spesso anche noi che diciamo di credere in Te, abbiamo uno sguardo molto limitato; tutto, nel nostro modo di concepire la vita, parte dai nostri bisogni più immediati; facciamo consistere la nostra felicità nel soddisfacimento di questi bisogni; e nella possibilità di soddisfare tali bisogni noi riponiamo la nostra sicurezza; più possiamo più ci sentiamo sicuri. Ed ecco la tua parola, che, come sempre, propone un modo diverso, un modo divino, di guardare la realtà e che apre al cuore umano orizzonti nuovi, quasi “impossibili”, che lo “lanciano” in alto, molto in alto, e gli danno un respiro libero e infinito.
    Non sono più solo con Te. In questo momento è entrato un giovane; si siede sulla panca davanti a me. Lo conosco; e improvvisamente mi fa ricordare un episodio di molti anni fa, un episodio che allora mi aveva fatto sorridere di tenerezza, ma che in questo momento mi sta suscitando una profonda riflessione. Questo piccolino di tre, quattro anni frequentava lo stesso asilo di mio figlio. Una mattina, accompagnando il mio bambino, ho assistito a una scena “incredibile”. Questo bimbo aveva in mano la sua merenda. Un altro bambino, molto più alto e grosso di lui, gli si è avvicinato e, con fare prepotente, gli voleva strappare dalle mani la sua merendina. Io stavo intervenendo, poiché temevo che quel bambino prepotente potesse fare del male a questo piccolino, il quale, invece, con una grinta eccezionale, lo ha affrontato gridandogli: “Il mio papà è importante. Se tu mi rubi la merendina, lui te la farà pagare!”. La forza della voce e l’espressione decisa con cui il piccolino aveva pronunciato quella frase hanno letteralmente pietrificato l’ “ercolino” prepotente che, senza replicare, si è allontanato. Ho sorriso allora, certo, ma, nello stesso tempo, mi ha colpito il coraggio che questo piccolo aveva dimostrato di fronte a un bambino quasi doppio di lui. Che cosa gli aveva dato quella forza, quel coraggio? “Il mio papà è importante!” aveva urlato. Il suo papà era una persona importante, almeno ai suoi occhi; e questo gli faceva sentire le spalle al sicuro. Egli era forte della forza del suo papà.
    E io? Non sono forse io in una “botte di ferro” più sicura di quella in cui si sentiva quel piccolino? Se un bambino si sente forte e coraggioso come un leone, capace di affrontare “pericoli” più grandi di lui, solo per il fatto che il suo papà è “importante”, quale forza, quale coraggio devo sentire in me, dal momento che io ho come Padre Dio stesso? Io, così impotente di fronte ad avvenimenti della vita che mi “schiacciano” con il loro tremendo peso, io, però, non sono lasciato solo in balia di tali avvenimenti. Io sono un figlio di Dio e questo Dio mi rassicura come nessun padre umano può rassicurare. “Anche se una madre si dimenticasse del suo bambino, io non ti dimenticherò mai”. Mi commuovo a queste tue parole, o Dio. E ora comprendo che la mia angoscia di fronte alla situazione umanamente drammatica che sto vivendo è causata da una mancanza di fiducia in Te, dalla mancanza di fiducia nel tuo amore infinito e potente, che Tu metti in ogni istante al servizio della mia vita, del mio bene, della vita e del bene delle persone che io amo, della vita e del bene di ogni essere umano che Tu chiami all’esistenza. Se Tu, Creatore, hai cura anche delle tue creature più piccole, più insignificanti, quali possono essere gli uccelli del cielo e i fiori del campo, non farai infinitamente di più per noi, tuoi figli, spesso, purtroppo, “gente di poca fede”?
    “Cercate, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose (il necessario per vivere) vi saranno date in aggiunta”. “Il regno di Dio”: ecco gli orizzonti nuovi, quasi “impossibili”, ma stupendi, che Tu, Signore, stai aprendo al mio cuore e che lo stanno lanciando infinitamente al di sopra della miope piattezza di una situazione, che, drammatica ai miei occhi umani, può, se ho veramente fede in Te, “risorgere” a una vita nuova, molto più piena e “sicura” di quando io avevo un sostanzioso e “sicuro” conto in banca.
    Tu, o Dio, con il battesimo mi hai reso tuo figlio, mi hai donato Te stesso, rendendomi tua “abitazione” infinitamente amata, e desideri che io, attraverso la mia vita, permetta a chi ancora non ti conosce di “vederti” attraverso me, attraverso la mia vita di ogni giorno, attraverso il mio modo di vivere le situazioni che la vita mi fa affrontare; anche la situazione umanamente difficile che sto vivendo in questo momento. E devo essere “trasparenza” di Te a cominciare dalla mia famiglia. La serenità è scomparsa nei miei cari, perché è scomparsa in me, troppo “preoccupato di che cosa mangiare, di che cosa bere, di che cosa indossare”. Tornerò a casa e lì comincerò a costruire il tuo regno, cercando, attraverso la mia serenità, di ridare ai miei cari la serenità perduta.
    Un bambino, minuto, umanamente perdente, ha vinto con la forza e il coraggio che gli sono stati dati dalla certezza di avere un papà importante e, quindi, “potente”.
    Io sono tuo figlio, o Dio, da Te teneramente e appassionatamente amato. Tu, Dio, sei mio Padre! Che cosa, allora, può temere il mio cuore, se ho per Padre Dio stesso, a cui nulla è impossibile e che mette sempre la sua onnipotenza al servizio del suo amore per me?

19 Febbraio 2017 - Liturgia Anno A: VII Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Lv 19, 1-2. 17-18

Ama il prossimo tuo come te stesso.
Dal libro del Levitico

Il Signore parlò a Mosè e disse:
«Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo.
Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui.
Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 102

Il Signore è buono e grande nell’amore

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.


Seconda Lettura 1 Cor 3, 16-23

Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».
Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.


Vangelo Mt 5, 38-48

Amate i vostri nemici.
Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».


COMMENTO


    “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. La voce del sacerdote che sta leggendo il Vangelo odierno mi giunge improvvisamente tonante e chiara, come se solo queste parole, con cui si chiude il brano, avessero “risvegliato” la mia attenzione. “Siate perfetti come è perfetto Dio” sta dicendo Gesù a quei suoi discepoli di duemila anni fa; ed è come se per la prima volta io sentissi queste sue parole rivolte anche a me, suo discepolo di oggi. Perfetti come Dio! Come è possibile? Chi può sperare di assomigliare anche soltanto lontanamente a Dio? Già questa speranza può sembrare follia. Eppure… “Siate perfetti come è perfetto Dio” dice Gesù. Ed Egli non ha mai detto una parola che non fosse verità. Allora, debbo pensare che io, creatura così fragile, così limitata, così imperfetta, posso avere in me la stessa perfezione di Dio? “E’ così” sembra ribadire Gesù. E io rimango senza fiato, con lo stupore che invade il cuore, la mente, ogni fibra di me.
    “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Quante volte nella mia vita avrò ascoltato questa frase di Gesù, facendola scivolare via sull’ “impermeabile” della disattenzione e della superficialità, che troppo spesso, purtroppo, hanno caratterizzato fino a ora il mio stare alla presenza di Dio! Ma stavolta queste parole di Gesù stanno “esplodendo” dentro di me come un lampo in una notte buia, facendomi vedere una realtà straordinaria, incredibile, che mai io avrei immaginato potesse esistere. Io perfetto come Dio! E non è una mia fantasia, ma il desiderio stesso di Dio Padre, desiderio che Egli mi manifesta attraverso suo Figlio Gesù. “Sii perfetto come è perfetto il tuo Padre celeste” mi dice Gesù. Ma… come è possibile? Io “vedo” con chiarezza la mia umanità così fragile, così debole…
    Ho in mano il foglietto con le letture di questa domenica. Le avevo ascoltate distrattamente, mentre venivano proclamate dai lettori, per cui non ricordo nemmeno il loro contenuto. Le rileggo, ora, con attenzione; e lo stupore mi invade ancora più fortemente di prima. In esse è la risposta alla mia domanda! “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo” trovo all’inizio della prima lettura, tratta dal libro del Levitico; e “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? … Santo è il tempio di Dio che siete voi” trovo nel brano della lettera di san Paolo ai Corinzi, che costituisce la seconda lettura. Parole rivolte nel passato al popolo d’Israele e ai cristiani di Corinto ora le sento rivolte a me personalmente: “Sii santo, perché io, il Signore, tuo Dio, sono santo” e “…Tu sei il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in te. E tu, tempio di Dio, sei santo”. Dio sta parlando a me, proprio a me, che forse solo ora comincio ad avere la consapevolezza di essere veramente suo figlio, con la sua vita dentro di me, non un semplice nome scritto nel registro dei battesimi della mia parrocchia, non una presenza soltanto fisica, senza una vera partecipazione del cuore, alla liturgia domenicale. E, se io ho in me la vita di Dio, se io sono tempio di Dio e il suo Spirito è dentro di me, allora non possono più sembrarmi assurde e impossibili le richieste di Gesù, soprattutto quell’ “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”, che va contro ogni logica umana, contro ogni “sapienza di questo mondo”. Quante volte, di fronte a queste sue parole, ho pensato che Gesù, Figlio di Dio, pur fattosi uomo, era, comunque, sempre Dio e che, quindi, parlava dall’alto della sua divinità, senza tener conto della nostra povera umanità! E invece… aveva perfettamente ragione! Egli, infatti, aveva lo “sguardo” di Dio, che va infinitamente al di là del nostro “sguardo” miope, solitamente tenuto pigramente in basso e che non ci fa avere il coraggio di “osare” l’impossibile, per raggiungere le stupende vette spirituali a cui Dio ci chiama. Ma Gesù sa che noi possiamo “osare”, perché la nostra umanità, grazie a Lui, non è più una “povera” umanità, ma un’ umanità divinizzata, arricchita della vita di Dio, vita che noi riceviamo con il battesimo e che, da quel momento, ci fa essere veramente figli di Dio, figli che hanno in sé le stesse caratteristiche del Padre. “Dio è amore”: questa è la bellissima definizione che l’apostolo Giovanni dà di Dio (1 Gv, 4, 8). E, se Dio è amore, anch’io, che ho la sua vita dentro di me, posso essere amore, reso da Lui capace di amare come Egli ama. E’ un Padre questo nostro splendido Dio, un Padre che ama infinitamente ogni essere umano da Lui chiamato all’esistenza e per il quale ha preparato un posto con Lui per l’eternità. Egli, Padre, vuole che tutti i suoi figli siano con Lui per sempre. E’ il suo desiderio più profondo. E io, che sono suo figlio e che, quindi, devo assomigliargli nell’amore, non posso non avere nel mio cuore questo suo stesso desiderio. Capisco, allora, perché Gesù mi chiede di amare i miei nemici e di pregare per coloro che mi perseguitano. Se, infatti, queste persone mi fanno del male, significa che il loro cuore è lontano da Dio e che, quindi, rischiano di perdere la loro felicità eterna con Lui. Per loro il cuore del Padre trema, poiché Egli sa quale ricchezza, quale bene infinito rischiano di perdere per l’eternità. E’ nell’amore e per amore del Padre che io trovo la forza di pregare per chi mi sta procurando sofferenza, è nell’amore e per amore del Padre che io amo anche chi mi fa del male, perché amare non è tanto un sentimento, uno stato emotivo, ma il desiderare, il volere il bene dell’altro, anche quando l’altro vuole il mio male. E so che solo con questo atteggiamento d’amore io potrò essere vero figlio del Padre mio che è nei cieli, “che fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”, perché Egli ama tutti e non vuole che alcuno si perda.
    “Sii perfetto come è perfetto il Padre tuo celeste” mi dice Gesù. Ora capisco che sta parlando della perfezione nell’amore, dell’ amare come Dio ci ama . E questa perfezione non è più per me una vetta irraggiungibile, poiché Dio è dentro di me ed è Lui che fonde il mio cuore con il suo e lo rende capace di amare con il suo stesso amore. A Dio nulla è impossibile!

12 Febbraio 2017 - Liturgia Anno A: VI Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Sir 15, 15-20

A nessuno ha comandato di essere empio.
Dal libro del Siràcide

Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno;
se hai fiducia in lui, anche tu vivrai.
Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua:
là dove vuoi tendi la tua mano.
Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male:
a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.
Grande infatti è la sapienza del Signore;
forte e potente, egli vede ogni cosa.
I suoi occhi sono su coloro che lo temono,
egli conosce ogni opera degli uomini.
A nessuno ha comandato di essere empio
e a nessuno ha dato il permesso di peccare.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 118

Beato chi cammina nella legge del Signore.

Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.
Tu hai promulgato i tuoi precetti
perché siano osservati interamente.
Siano stabili le mie vie
nel custodire i tuoi decreti.
Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola.
Aprimi gli occhi perché io consideri
le meraviglie della tua legge.
Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la custodirò sino alla fine.
Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge
e la osservi con tutto il cuore.


Seconda Lettura 1 Cor 2, 6-10

Dio ha stabilito una sapienza prima dei secoli per la nostra gloria.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria.
Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.
Ma, come sta scritto:
«Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo,
Dio le ha preparate per coloro che lo amano».
Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.


Vangelo Mt 5, 17-37

Così fu detto agli antichi: ma io dico a voi …
Dal vangelo secondo Matteo

[In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:] «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli.
Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Poiché [io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non uccidere”; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio.] Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.
Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!
[Avete inteso che fu detto: “Non commettere adulterio”; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.]
Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, càvalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tàgliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio”; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
[Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto]: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. [Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno».]


COMMENTO


    “… Se hai fiducia in lui…” leggiamo all’inizio della prima lettura. “Lui” è Dio. Ed è dei suoi comandamenti che si sta trattando. Quando si parla di comandamenti, il pensiero corre a una serie di norme, spesso avvertite come una limitazione alla libertà umana, come un “giogo” opprimente che cala dall’alto e che deve essere sopportato per poter “guadagnare” quanto Dio ha promesso in cambio del rispetto e dell’osservanza di quanto Egli ha comandato. Anche la paura può avere un suo ruolo nell’osservanza dei comandamenti, paura delle punizioni inflitte da un Dio tremendamente onnipotente, che non tollera le trasgressioni ai suoi comandi. E un ruolo può avere anche la vanagloria che alberga, spesso in maniera sottile, ma profonda e tenace, nel cuore dell’essere umano, che gli fa desiderare di essere ammirato dagli altri. E l’essere perfetti, grazie alla rigorosa osservanza di tutte le norme, anche minime, può suscitare l’ammirazione di chi “vede” tale perfezione. Quante volte Gesù ha rimproverato a scribi e farisei la loro ipocrisia, poiché la loro osservanza della Legge aveva come unico scopo quello di essere ammirati e lodati dagli uomini! Un rimprovero che troviamo, pur se in maniera indiretta, anche nell’odierno brano di vangelo; infatti, “… Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” Egli dice ai suoi discepoli. Ma come “superare” la giustizia degli scribi e dei farisei? La risposta, apparentemente semplice, ma infinitamente vera e profonda, la troviamo proprio nella prima lettura. “… Se hai fiducia in lui…” scrive l’autore del libro del Siracide. “Fiducia”, è, quindi, secondo tale autore, la parola-chiave del discorso sull’osservanza dei comandamenti di Dio; “fiducia” è, allora, l’atteggiamento che sta alla base del rispetto e della messa in pratica dei comandamenti di Dio. E la fiducia sgombra il campo da ogni sentimento di sottomissione, di paura, di vanagloria. La fiducia indica un rapporto sereno, filiale tra l’essere umano e la divinità. La fiducia scaturisce dall’amore. E l’amore tocca il cuore, tocca le corde più profonde della persona, tocca la verità del suo essere. Ed ecco il bellissimo, e impegnativo, discorso di Gesù: “Avete inteso…, ma io vi dico”. E’un cambiamento radicale che Gesù chiede ai suoi discepoli. Sono ebrei, senza dubbio fedeli e rigorosi osservanti della Legge, ma probabilmente anche loro “imbevuti” di un clima religioso caratterizzato più da una fredda e formale osservanza che da un rapporto profondo con Dio. Gesù li proietta in questo rapporto vero, esistenziale con Dio, facendo fare loro un salto qualitativo, in cui l’osservanza non è prima di tutto un gesto, ma un cuore, che, fidandosi di Dio-Amore, sa che questo Dio desidera per i suoi figli solo il bene e che, quindi, ogni sua indicazione è il cammino luminoso e piano sul quale i suoi figli possono camminare sicuri, realizzando pienamente la loro realtà di figli di Dio. Un bambino, che cammina mano nella mano con il suo papà e la sua mamma, si sente tranquillo. Loro, ai suoi occhi, sono forti, invincibili. E lo amano. Per lui, se sopravvenisse una minaccia alla sua vita, essi si batterebbero come leoni per difenderlo. Che cosa temere, dunque? E se il papà, ponendoselo sulle spalle, lo conducesse sulla cima di un monte e un burrone si aprisse davanti ai suoi occhi, egli non avrebbe paura; la fiducia totale, incondizionata nel suo papà, dal quale si sente amato con certezza assoluta, lo farebbe rimanere tranquillo, sereno. Non è forse questo abbandono fiducioso nelle braccia di Dio che vuole esprimere il salmo 131, al v. 2: “Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre”?
    Fiducia. E in questo momento sento rivolta anche a me la domanda che un giorno Gesù ha posto ai suoi apostoli, dopo essersi visto abbandonato dalle migliaia di persone, che pure aveva sfamato moltiplicando i pani e i pesci, ma che non avevano saputo dargli fiducia, quando egli aveva fatto il discorso sul pane vivo disceso dal cielo. Quanto sconforto doveva esserci nel cuore e nel tono di Gesù, mentre chiedeva a quello sparuto numero di dodici uomini rimasti con lui: “Volete andarvene anche voi?”! E quale gioia deve essere esplosa nel suo cuore nell’ascoltare la risposta di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 67 – 68)! Anch’io, come Pietro, dico al mio Signore: “Da chi andrò per trovare il senso pieno della mia vita? Tu solo hai parole di vita eterna!”. E, ascoltando e vivendo la sua parola, io mi sento profondamente felice, perché profondamente realizzato come figlio di Dio, e dentro questa mia esistenza cammino “tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio alla sua mamma”.

05 Febbraio 2017 - Liturgia Anno A: V Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Is 58, 7-10

La tua luce sorgerà come l’aurora.
Dal libro del profeta Isaìa

Così dice il Signore:
«Non consiste forse [il digiuno che voglio]
nel dividere il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti?
Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà.
Allora invocherai e il Signore ti risponderà,
implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”.
Se toglierai di mezzo a te l’oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
se aprirai il tuo cuore all’affamato,
se sazierai l’afflitto di cuore,
allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 111

Il giusto risplende come luce.

Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso, pietoso e giusto.
Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.
Egli non vacillerà in eterno:
eterno sarà il ricordo del giusto.
Cattive notizie non avrà da temere,
saldo è il suo cuore, confida nel Signore.
Sicuro è il suo cuore, non teme,
egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua fronte s’innalza nella gloria.


Seconda Lettura 1 Cor 2, 1-5

Vi ho annunciato il mistero di Cristo crocifisso.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso.
Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.


Vangelo Mt 5, 13-16

Voi siete la luce del mondo.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».


COMMENTO


    “Voi siete la luce del mondo” dice Gesù ai credenti in Lui. E non è un comando, questo, ma un’affermazione, un dato di fatto. Io, così fragile, così pieno di difetti, io, che sono sconosciuto al mondo, io, proprio io, sono “luce del mondo”? Sembrerebbe un’assurdità questa frase di Gesù. Come può Egli affermare con tanta sicurezza che i cristiani sono “una città posta sopra un monte” , ben visibile, quindi, e, per questo, sicuro punto di riferimento anche per i più lontani, anche nelle tenebre della notte? Come può affermare con tanta sicurezza che i credenti in Lui sono una “lampada posta su un candelabro” (in alto, quindi), così che può “fare luce a tutti coloro che sono nella casa”? Quanta fiducia ha il nostro Dio nei nostri confronti, una fiducia che spesso nemmeno noi abbiamo nei confronti di noi stessi! Ma Gesù ha un ottimo motivo per fare una simile affermazione, Egli che conosce molto bene sia noi sia Se stesso. Certo, è infinita e incrollabile la sua fiducia nell’essere umano, ma la sua sicurezza deriva dal suo essere Dio e dalla certezza che l’essere umano, “innestato” in Lui per mezzo del battesimo, diventa capace di produrre splendidi frutti (cfr. prima lettura).
    “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” dice Gesù (Gv 8, 12). E ancora: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5). Ecco, allora, il “segreto” perché noi, credenti in Cristo, possiamo essere “luce del mondo”, nonostante le nostre fragilità e i nostri limiti, il “segreto” che Gesù stesso ci ha svelato: lasciarci riempire, come tralci uniti alla vite, della sua “linfa”, lasciarci riempire della luce che è Lui, lasciarci permeare della sua stessa vita. E allora noi diventiamo veramente “trasparenza” di Lui. E il mondo, attraverso noi, può essere illuminato dalla sua luce, che splende dentro di noi. “E’ impossibile – qualcuno penserà -; come potrò io riuscire a far vivere il Signore dentro di me, al punto da farlo ‘vedere’ agli altri attraverso la mia vita?”. Questo pensiero, che sembrerebbe frutto di profonda umiltà, di fatto rivela una grande presunzione e una mancanza di fiducia nella potenza di Dio. Noi, spesso in buona fede, presumiamo che la santità sia una nostra conquista, a cui arrivare con grande forza di volontà e immani sacrifici, tanto che, o per una mancanza di fiducia in noi stessi o per una sottile pigrizia, possiamo essere tentati di lasciar percorrere “il cammino di santità” da persone profondamente spirituali, con una volontà più forte della nostra e capacità indubbiamente maggiori delle nostre. Il risultato di un simile atteggiamento è quasi sempre l’accontentarsi di un rapporto molto superficiale con il Signore, di una fede tiepida, che può ridursi a uno sterile ritualismo e a qualche occasionale preghiera di richiesta in momenti di bisogno. E il mondo, con cristiani che non sempre vivono pienamente e coerentemente il loro essere figli di Dio, rischia di continuare a essere immerso nelle tenebre dell’ignoranza circa le domande fondamentali , esistenziali, che riguardano il senso della vita e della morte, il “perché” siamo in questo mondo e il “che cosa” ci attende alla fine della nostra vita terrena, domande a cui ogni persona ha bisogno di dare risposte certe, per poter dare un senso pieno alla propria esistenza. Duemila anni fa un Uomo ha osato dare di Sé delle definizioni che nessun altro mai prima di lui aveva osato dare: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6); “Io sono la luce del mondo”. E quest’Uomo ha dato le risposte di cui ogni persona ha disperatamente bisogno: “Tu, essere umano, non vieni dal nulla, ma dal cuore di un Dio che è Amore e che per amore ti ha chiamato all’esistenza, con amore ti segue in ogni istante della tua vita, per amore perdona i tuoi errori , ti rialza nelle tue cadute e ti fa riprendere il cammino con rinnovato vigore e nuova speranza e con un abbraccio d’amore ti attende alla fine della tua vita terrena, per darti un’eternità di gioia insieme a Lui”. Ed è questo l’annuncio, la “Buona Novella”, che ogni cristiano, riempito della vita, della luce e dell’amore del suo Signore, deve dare al mondo, perché tutti possano sperimentare la gioia immensa di sentirsi figli amati teneramente e appassionatamente da questo Dio che è Amore e che, per questo, meravigliosamente non può fare a meno di amare, un Dio che, nel battesimo, ci dona Se stesso, la sua vita, la sua mente, il suo cuore, rendendoci capaci di pensare come pensa Lui, di amare come ama Lui. Avere il pensiero di Dio, avere il suo cuore. “Impossibile!” verrebbe da pensare, guardando a noi stessi con i nostri occhi umani. Ma… a Dio nulla è impossibile! E’ Lui, fortunatamente, che compie in noi questa meravigliosa somiglianza con Lui. A noi spetta solamente di aprirci docilmente a Lui, di lasciarlo agire senza frapporre ostacoli, mettendo nel suo cuore anche le nostre debolezze, le nostre fragilità, i nostri errori, i nostri peccati, fiduciosi che il suo amore saprà trasformare in bene anche ciò che in noi bene non è. Questa è la fede, quella vera, profonda, che permette a Dio di operare le sue meraviglie in noi e di riempirci della sua luce, per farci essere, a nostra volta, “luce” in questo nostro mondo.