30 Aprile 2017 - Liturgia Anno A: III Domenica di Pasqua

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura At 2, 14a. 22-33

Non era possibile che la morte lo tenesse in suo potere.
Dagli Atti degli Apostoli

[ Nel giorno di Pentecoste, ] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così:
«Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso.
Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: “Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza”.
Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: “questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione”.
Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 15

_Mostraci, Signore, il sentiero della vita.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia._

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.


Seconda Lettura 1 Pt 1, 17-21

Foste liberati con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia.
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri.
Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia.
Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio.


Vangelo Lc 24, 13-35

Lo riconobbero nello spezzare il pane.
Dal vangelo secondo Luca


Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.


COMMENTO


    Che cosa c’era nel cuore di quei due uomini che, con passo lento, si allontanavano da Gerusalemme per ritornare al loro villaggio? Quanta delusione, quanta amarezza! Sogni coltivati con tanta speranza si erano infranti davanti a quella croce e nemmeno le “voci” sulla resurrezione di Gesù avevano potuto riaccendere la fiamma della fede. “Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute” rispondono a quello sconosciuto, che per via si è accostato a loro e fa domande sull’oggetto dei loro discorsi. E’ Gesù questo sconosciuto; dovrebbero riconoscerlo subito, invece… “i loro occhi erano impediti a riconoscerlo” scrive Giovanni nel suo Vangelo. Sì, la delusione, l’amarezza rendono il cuore “cieco”. Non capita, forse, anche a noi di avere un senso di vuoto e una stanchezza mortale nel profondo del nostro essere, quando, dopo aver affidato tutto a Dio, dopo aver messo nel suo cuore tutti i nostri sogni e le nostre speranze, ci sembra che Egli non sia intervenuto in maniera efficace o non sia intervenuto affatto per realizzare quello che, magari, sentivamo come il suo progetto su di noi o, comunque, come un qualcosa di bello che desideravamo fare per il suo Regno? Non ci sembra, forse, che Egli, qualche volta, o anche spesso, non abbia mantenuto le sue promesse? “Dove sei? Perché questo tuo silenzio, Signore?” urla dolorosamente il nostro cuore. E ancora risponde il silenzio. E allora, con passo lento e cuore pesante, da quello che ci sembrava essere il “luogo” della realizzazione delle nostre speranze ci avviamo verso il “villaggio” della nostra normale, magari banale, quotidianità, immersi in una desolata solitudine.
    E invece… Tu sei lì, Signore, sei accanto a noi, cammini con noi e parli, parli al nostro cuore. E non ti stanchi di camminare con noi; e non ti stanchi di parlare a questo nostro cuore.
    “Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce. Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare” prega l’assemblea nel salmo responsoriale. In questi splendidi versetti troviamo la verità più profonda del nostro rapporto con Dio. No, Egli non sta mai in silenzio; anche di notte, quando tutto il mio essere è immerso in un riposante silenzio, Egli, con il suo Spirito, parla al mio cuore, alle profondità del mio essere, e mi fa crescere nella sua sapienza, mi immette sempre più dentro il suo mistero e illumina i sentieri, spesso bui e misteriosi, della mia esistenza. “Mi indicherai il sentiero della vita” continua, infatti, la preghiera del salmista. Sì, al di là dei momenti in cui mi sembra di non capire più nulla, di non riuscire più a comprendere come e dove il mio Dio stia guidando la mia vita, io devo continuare ad avere fiducia in Lui, nel suo amore infinito e fedele; devo continuare ad avere fede, come Abramo, “saldo nella speranza contro ogni speranza” (Rm 4, 18), perché la fede non è solo credere nell’esistenza di Dio, ma è credere che questo Dio mi ha creato con amore, mi ha salvato per amore, mi conduce passo passo con amore; e sperare non è soltanto la speranza nella vita futura, ma è la certezza di questo amore, che mi circonda e mi permea, che mi protegge e mi guida in ogni istante, anche quando la mia umanità non riesce a “vedere” la sua potenza in azione nella mia vita, e io, allora, continuo a dire “Io credo”, anche se cammino nell’oscurità più profonda, e continuo a dire “Io spero”, anche quando la ragione mi dice che sperare è pura follia.
    Ed ecco, in un momento, quasi senza alcun “preavviso”, le nubi si diradano e il sole “spezza” con il suo splendore quell’oscurità che sembrava avvolgere i miei giorni. Improvvisamente, quasi senza un preciso perché, cade dal cuore quel macigno che lo opprimeva e l’anima si rimette a volare.
    “Non ardeva forse in noi il nostro cuore, mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?” si dicono l’un l’altro, con rinnovato entusiasmo, i due discepoli di Emmaus.
    Sì, Signore, è la tua parola, unicamente la tua parola, a fare luce alla mia esistenza, al di là dei miei stati d’animo, delle mie sensazioni, dei miei momenti umanamente bui. Tu sei con me, sempre; e sempre mi parli; mi parli con la tua vita, mi parli con le tue parole. Il Vangelo, la “Buona novella”, il gioioso annuncio che Tu sei venuto a portare a ogni uomo, a ogni donna è sempre lì, a portata di mano, a portata di cuore, se io voglio. Sì, mio Signore, Tu sei sempre con me e sempre mi parli. A me chiedi soltanto che io ti apra le porte del mio cuore. Il resto lo fai Tu, con la tua potenza d’amore. Per questo non devo temere, mai, le mie oscurità esistenziali. Io so, al di là di ogni ragionevole dubbio, che Tu in ogni istante “mi indicherai il sentiero della vita”. Ed è per questo che io posso affrontare anche le tempeste esistenziali più violente con la speranza-certezza di avere sempre “gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra”.

23 Aprile 2017 - Liturgia Anno A: II Domenica di Pasqua

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura At 2,42-47

Quelli che erano stati battezzati] erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere.
Dagli Atti degli Apostoli

Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli.
Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno.
Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo.
Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 117

_Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia._

Celebrate il Signore, perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
Dica Israele che egli è buono:
eterna è la sua misericordia.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».
Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittoria
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto prodezze.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!


Seconda Lettura 1 Pt 1, 3-9

Ci ha rigenerati per una speranza viva, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti.
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo.
Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco –, torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.


Vangelo Gv 20, 19-31

Otto giorni dopo venne Gesù.
Dal vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.


COMMENTO


    “Mio Signore e mio Dio!”. E’ l’atto di fede più grande. E’ il riconoscere Gesù come Dio e Signore. Eppure… la prima, grande proclamazione della divinità e della signoria di Gesù viene fatta dall’apostolo più dubbioso, Tommaso, un uomo che non si convince tanto facilmente, nemmeno di fronte alla testimonianza degli altri apostoli. “Abbiamo visto il Signore!” gli hanno appena comunicato con gioioso stupore. Essi , che pure avevano dubitato all’annuncio delle donne, le quali, al mattino dopo il sabato, avevano trovato il sepolcro vuoto ed erano state informate da un angelo che Gesù non era più tra i morti, ma era risuscitato, come aveva predetto, ora non avevano più alcun dubbio; essi stessi, la sera del giorno della resurrezione, avevano visto Gesù risorto apparire, a porte chiuse, nel luogo in cui si trovavano e l’avevano udito donare loro la pace e lo Spirito Santo, in un anticipo di Pentecoste. Con il cuore ancora trepidante per l’emozione “Abbiamo visto il Signore!” gridano all’unico assente a quello straordinario evento. Si aspetterebbero di vedere sul suo viso la loro stessa gioia; invece… “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”. Quell’ “Io non credo” deve essere scoppiato nella testa e nel cuore degli apostoli come un lampo in piena notte. Tommaso non stava credendo alle loro parole! E forse, in quel momento, essi hanno ripensato, con una certa vergogna e un po’ di rimorso, al dubbio mostrato di fronte all’annuncio che quello stesso mattino le donne avevano fatto loro. Non si stava ripetendo, in fondo, la stessa scena d’incredulità? Essi avevano dubitato di fronte alle parole delle donne; ora Tommaso sta dubitando di fronte alle loro parole. Quanta incredulità, fin dall’inizio e lungo i secoli, ha accompagnato lo straordinario annuncio della resurrezione di Gesù!
    Trascorrono otto giorni. Stavolta tutti gli apostoli sono presenti. Gesù appare loro con le stesse modalità della prima apparizione; ma, dopo aver detto “Pace a voi”, si rivolge direttamente a Tommaso, il quale deve aver sentito risuonare dentro di sé come una cascata impetuosa le parole che Gesù gli rivolge: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”. Tommaso deve essersi fatto piccolo piccolo per la mortificazione. Gesù aveva udito le sue parole! Eppure… non era presente, quando egli le aveva pronunciate! Solo Dio poteva sapere, Dio, che scruta il cuore dell’uomo e ne conosce i pensieri più reconditi. Ed ecco, dal profondo dell’essere di Tommaso prorompe quello che probabilmente è stato, nello stesso tempo, un grido e un sussurro: “Mio Signore e mio Dio!”. Tommaso non si avvicina a Gesù, non tocca le sue mani e il suo fianco; non ne sente più il bisogno. Il Risorto è lì, vivo, e gli sta facendo comprendere che ha letto dentro il suo cuore, che vi ha trovato dubbi e perplessità e che è tornato una seconda volta proprio per lui, per fugare quei dubbi che lo attanagliano. Gesù è Misericordia e il suo cuore è sempre chinato verso le difficoltà e le debolezze degli uomini, per aiutarli a superare tutto ciò che, in loro, costituisce un ostacolo allo spiccare il volo verso l’infinito e l’eternità.
    Il pacato rimprovero fatto a Tommaso per la sua incredulità diventa, per Gesù, l’occasione per pronunciare l’ultima beatitudine del suo Vangelo: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”.
    Beati siamo noi, quindi, perché la nostra fede di credenti di oggi, di credenti di duemila anni dopo la resurrezione di Gesù, non è basata su un’esperienza sensibile, sull’esperienza del vedere e toccare i segni della sua passione, ma è fondata su un annuncio che, trasmesso di generazione in generazione lungo i secoli, è giunto fino a noi e che noi abbiamo accolto.
    “Tu, credente di oggi, sei beato” mi dice Gesù. Ed è vero; perché credere che Egli è il Figlio di Dio morto e risorto e vivo in eterno illumina la mia esistenza, mi permette di costruire la mia vita su una roccia salda di fronte alla violenza delle tempeste esistenziali, mi fa tenere gli occhi puntati continuamente sull’eternità e mi fa dire con incrollabile certezza: “Tu, Dio, mi hai chiamato all’esistenza e mi hai destinato all’eternità con Te. E’ stupendo: io esisto e non svanirò nel nulla dopo la morte fisica; io esisto e non morirò più!”.

15 Aprile 2017 - Liturgia Anno A: Sabato Santo - Veglia pasquale

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


PRIMA LETTURA Gen 1,1 – 2,2 (forma breve 1,1.26-31)

Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.
Dal libro della Gènesi

[ In principio Dio creò il cielo e la terra.] La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo.
Dio disse: «Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie». E così avvenne. E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni e siano fonti di luce nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne. E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
Dio disse: «Le acque brùlichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brùlicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltìplichino sulla terra». E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie». E così avvenne. Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona.
[ Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
E Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò:
maschio e femmina li creò.
Dio li benedisse e Dio disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra e soggiogatela,
dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente che striscia sulla terra».
Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. ] E fu sera e fu mattina: sesto giorno.
Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto.


SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 103

Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Sei rivestito di maestà e di splendore,
avvolto di luce come di un manto.
Egli fondò la terra sulle sue basi:
non potrà mai vacillare.
Tu l’hai coperta con l’oceano come una veste;
al di sopra dei monti stavano le acque.
Tu mandi nelle valli acque sorgive
perché scorrano tra i monti.
In alto abitano gli uccelli del cielo
e cantano tra le fronde.
Dalle tue dimore tu irrighi i monti,
e con il frutto delle tue opere si sazia la terra.
Tu fai crescere l’erba per il bestiame
e le piante che l’uomo coltiva
per trarre cibo dalla terra.
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.
Benedici il Signore, anima mia.


SECONDA LETTURA Gen 22, 1-18 (forma breve 22.1-2.9a.10-13.15-18)

Il sacrificio di Abramo, nostro padre nella fede.
Dal libro della Gènesi

[ In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». ]
Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme.
Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme. [ Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio.
Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».
Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. ]
Abramo chiamò quel luogo «Il Signore vede»; perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere».
[ L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce». ]


SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 15

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.


TERZA LETTURA Es 14,15 – 15,1

Gli Israeliti camminarono sull’asciutto in mezzo al mare.
Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri».
L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte.
Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare.
Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!».
Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra.
In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè suo servo.
Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero:


SALMO RESPONSORIALE Es 15,1b-6.17-18

Cantiamo al Signore: stupenda è la sua vittoria.

«Voglio cantare al Signore,
perché ha mirabilmente trionfato:
cavallo e cavaliere
ha gettato nel mare.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
È il mio Dio: lo voglio lodare,
il Dio di mio padre: lo voglio esaltare!
Il Signore è un guerriero,
Signore è il suo nome.
I carri del faraone e il suo esercito
li ha scagliati nel mare;
i suoi combattenti scelti
furono sommersi nel Mar Rosso.
Gli abissi li ricoprirono,
sprofondarono come pietra.
La tua destra, Signore,
è gloriosa per la potenza,
la tua destra, Signore,
annienta il nemico.
Tu lo fai entrare e lo pianti
sul monte della tua eredità,
luogo che per tua dimora,
Signore, hai preparato,
santuario che le tue mani,
Signore, hanno fondato.
Il Signore regni
in eterno e per sempre!».


QUARTA LETTURA Is 54, 5-14

Con affetto perenne il Signore, tuo redentore, ha avuto pietà di te.
Dal libro del profeta Isaìa

Tuo sposo è il tuo creatore,
Signore degli eserciti è il suo nome;
tuo redentore è il Santo d’Israele,
è chiamato Dio di tutta la terra.
Come una donna abbandonata
e con l’animo afflitto, ti ha richiamata il Signore.
Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù?
– dice il tuo Dio.
Per un breve istante ti ho abbandonata,
ma ti raccoglierò con immenso amore.
In un impeto di collera
ti ho nascosto per un poco il mio volto;
ma con affetto perenne
ho avuto pietà di te,
dice il tuo redentore, il Signore.
Ora è per me come ai giorni di Noè,
quando giurai che non avrei più riversato
le acque di Noè sulla terra;
così ora giuro di non più adirarmi con te
e di non più minacciarti.
Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero,
non si allontanerebbe da te il mio affetto,
né vacillerebbe la mia alleanza di pace,
dice il Signore che ti usa misericordia.
Afflitta, percossa dal turbine, sconsolata,
ecco io pongo sullo stibio le tue pietre
e sugli zaffìri pongo le tue fondamenta.
Farò di rubini la tua merlatura,
le tue porte saranno di berilli,
tutta la tua cinta sarà di pietre preziose.
Tutti i tuoi figli saranno discepoli del Signore,
grande sarà la prosperità dei tuoi figli;
sarai fondata sulla giustizia.
Tieniti lontana dall’oppressione, perché non dovrai temere,
dallo spavento, perché non ti si accosterà.


SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 29

Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato.

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.
Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza;
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.


QUINTA LETTURA Is 55, 1-11

Venite a me e vivrete; stabilirò per voi un’alleanza eterna.
Dal libro del profeta Isaìa

Così dice il Signore:
«O voi tutti assetati, venite all’acqua,
voi che non avete denaro, venite;
comprate e mangiate; venite, comprate
senza denaro, senza pagare, vino e latte.
Perché spendete denaro per ciò che non è pane,
il vostro guadagno per ciò che non sazia?
Su, ascoltatemi e mangerete cose buone
e gusterete cibi succulenti.
Porgete l’orecchio e venite a me,
ascoltate e vivrete.
Io stabilirò per voi un’alleanza eterna,
i favori assicurati a Davide.
Ecco, l’ho costituito testimone fra i popoli,
principe e sovrano sulle nazioni.
Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi;
accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano
a causa del Signore, tuo Dio,
del Santo d’Israele, che ti onora.
Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocàtelo, mentre è vicino.
L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona.
Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.
Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina
e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».


SALMO RESPONSORIALE Is 12, 2. 4-6

Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza.

Ecco, Dio è la mia salvezza;
io avrò fiducia, non avrò timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.
Attingerete acqua con gioia
alle sorgenti della salvezza.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere,
fate ricordare che il suo nome è sublime.
Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca tutta la terra.
Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,
perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.


SESTA LETTURA Bar 3, 9-15. 32 – 4,4

Cammina allo splendore della luce del Signore.
Dal libro del profeta Baruc

Ascolta, Israele, i comandamenti della vita,
porgi l’orecchio per conoscere la prudenza.
Perché, Israele? Perché ti trovi in terra nemica
e sei diventato vecchio in terra straniera?
Perché ti sei contaminato con i morti
e sei nel numero di quelli che scendono negli inferi?
Tu hai abbandonato la fonte della sapienza!
Se tu avessi camminato nella via di Dio,
avresti abitato per sempre nella pace.
Impara dov’è la prudenza,
dov’è la forza, dov’è l’intelligenza,
per comprendere anche dov’è la longevità e la vita,
dov’è la luce degli occhi e la pace.
Ma chi ha scoperto la sua dimora,
chi è penetrato nei suoi tesori?
Ma colui che sa tutto, la conosce
e l’ha scrutata con la sua intelligenza,
colui che ha formato la terra per sempre
e l’ha riempita di quadrupedi,
colui che manda la luce ed essa corre,
l’ha chiamata, ed essa gli ha obbedito con tremore.
Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia
e hanno gioito;
egli le ha chiamate ed hanno risposto: «Eccoci!»,
e hanno brillato di gioia per colui che le ha create.
Egli è il nostro Dio,
e nessun altro può essere confrontato con lui.
Egli ha scoperto ogni via della sapienza
e l’ha data a Giacobbe, suo servo,
a Israele, suo amato.
Per questo è apparsa sulla terra
e ha vissuto fra gli uomini.
Essa è il libro dei decreti di Dio
e la legge che sussiste in eterno;
tutti coloro che si attengono ad essa avranno la vita,
quanti l’abbandonano moriranno.
Ritorna, Giacobbe, e accoglila,
cammina allo splendore della sua luce.
Non dare a un altro la tua gloria
né i tuoi privilegi a una nazione straniera.
Beati siamo noi, o Israele,
perché ciò che piace a Dio è da noi conosciuto.


SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 18

Signore, tu hai parole di vita eterna.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.
Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.


SETTIMA LETTURA Ez 36, 16-17a.18-28

Vi aspergerò con acqua pura e vi darò un cuore nuovo.
Dal libro del profeta Ezechièle

Mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Figlio dell’uomo, la casa d’Israele, quando abitava la sua terra, la rese impura con la sua condotta e le sue azioni. Perciò ho riversato su di loro la mia ira per il sangue che avevano sparso nel paese e per gli idoli con i quali l’avevano contaminato. Li ho dispersi fra le nazioni e sono stati dispersi in altri territori: li ho giudicati secondo la loro condotta e le loro azioni.
Giunsero fra le nazioni dove erano stati spinti e profanarono il mio nome santo, perché di loro si diceva: “Costoro sono il popolo del Signore e tuttavia sono stati scacciati dal suo paese”. Ma io ho avuto riguardo del mio nome santo, che la casa d’Israele aveva profanato fra le nazioni presso le quali era giunta.
Perciò annuncia alla casa d’Israele: “Così dice il Signore Dio: Io agisco non per riguardo a voi, casa d’Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete profanato fra le nazioni presso le quali siete giunti. Santificherò il mio nome grande, profanato fra le nazioni, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le nazioni sapranno che io sono il Signore – oracolo del Signore Dio –, quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi.
Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne.
Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio”».


SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 41

Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio.

L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio? .
Avanzavo tra la folla,
la precedevo fino alla casa di Dio,
fra canti di gioia e di lode
di una moltitudine in festa.
Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.
Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio.


EPISTOLA Rm 6, 3-11

Cristo risorto dai morti non muore più.
Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?
Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione.
Lo sappiamo: l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è liberato dal peccato.
Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.


SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 117

Alleluia, alleluia, alleluia.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.


VANGELO Anno A Mt 28,1-10

E’ risorto e vi precede in Galilea.
Dal vangelo secondo Matteo

Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba.
Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte.
L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto».
Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli.
Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».


COMMENTO


    Si entra in chiesa quasi in punta di piedi. Tutto è buio. Il tabernacolo è vuoto. Gesù è ancora nelle tenebre del sepolcro. Un silenzio irreale avvolge ogni cosa. C‘è un’atmosfera di tristezza e si desidera che al più presto la luce ritorni e Gesù rioccupi il suo posto nel tabernacolo.
    E’ la veglia pasquale, il momento più importante per la Chiesa, per ogni cristiano che, in questa liturgia, viene guidato, attraverso la Parola di Dio, a ripercorrere la storia che Dio, nel suo amore, ha voluto costruire con l’essere umano: la creazione, la formazione di un suo popolo, i prodigi da Lui compiuti lungo i secoli a favore di questo suo popolo pur tante volte ingrato, infedele e ribelle, fino alla splendida settima lettura tratta dal libro del profeta Ezechiele, in cui Dio annuncia a Israele: “Santificherò il mio nome grande, profanato fra le nazioni, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le nazioni sapranno che io sono il Signore – oracolo del Signore Dio –, quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. … Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi. … Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio”.
    Questa profezia, pronunciata nella prima metà del secolo VI a. C., ci fa subito pensare al dono dello Spirito Santo, alla vita nuova, alla vita di Dio immessa nell’essere umano “vecchio”, segnato dal peccato, come un fiume immesso in un’arida steppa, che, così, comincia a “esplodere” di vitalità, dando frutti ritenuti, fino a quel momento, impossibili.
    Ed ecco, dopo la preghiera che conclude quest’ultima lettura con il suo salmo responsoriale, il cui ritornello è “Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio”, esplode la gioia. Le luci vengono accese e tutto si illumina a giorno, le campanelle trillano nelle mani dei chierichetti, le campane suonano a distesa e il “Gloria” viene intonato con esultanza. Gesù è risorto! E’ ritornato a vivere, la morte non ha potuto ghermirlo per sempre! E’ vivo! E, vivo, sarà sempre presente nella sua Chiesa e la guiderà con la potenza dello Spirito Santo.
    Il progetto d’amore di Dio Padre si è realizzato. Per mezzo della morte e della resurrezione di suo Figlio Gesù ogni uomo e ogni donna, se vogliono, possono diventare figli di Dio! Quale gioia nel cuore della Trinità! Quale gioia nel cuore dell’essere umano!
    Ed è la gioia che, da questo momento in poi, si “respira” nell’aria e permea profondamente la celebrazione eucaristica. Gioia anche nello splendido saluto finale del celebrante all’assemblea: “Andate e portate a tutti la gioia del Signore risorto. Alleluia, alleluia”; e forse mai come in questa notte il cuore è partecipe, mentre i fedeli rispondono: “Rendiamo grazie a Dio. Alleluia, alleluia”.
    La chiesa si è svuotata, ormai. E’ ritornato il silenzio, ma questo silenzio non è come quello che, entrando, mi aveva raggelato il cuore; ora il silenzio è intriso di una calda, serena e gioiosa intensità.
    Mi avvicino al tabernacolo. So che Tu sei lì, Signore, e la tua presenza viva mi riempie di commozione. E’ bello averti di nuovo fra noi!
    E ti ringrazio, Gesù, dal profondo del mio essere. Grazie di essere risorto, perché la mia vita è risorta con Te. Grazie, perché ora so che, in Te e con Te, potrò sempre rivolgermi a Dio Padre e, guardando i suoi occhi pieni d’amore, potrò immergermi, attraverso il suo sguardo, nelle profondità del suo cuore e starmene lì “tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre” (salmo 131, 2). Grazie, perché, anche se nella mia vita vi saranno tempeste, anche se dovrò affrontare, in momenti bui della mia esistenza, avvenimenti per me incomprensibili, io so con certezza che il mio Dio è un Dio d’amore, un Dio che per me nutre un amore folle, se, per farmi diventare suo figlio e farsi sentire chiamare da me “Abbà”, “Padre”, ha sacrificato Te, il suo Figlio innocente e prediletto.
    Grazie, Signore. E ti prego: dai a me e a tutti gli uomini e le donne di questo nostro mondo la gioia che Tu hai provato, quando hai sentito la vita ritornare in Te e, in un’esplosione di luce, l’universo intero ha fatto sua la tua gioia insieme al Paradiso esultante. Che anche noi, credenti in Te e felici di essere, grazie a Te, figli del Padre, possiamo emanare e trasmettere questa stessa esultanza, mentre, con gli occhi che brillano e un sorriso pieno di gioia, diciamo ai nostri familiari, ai nostri parenti, ai nostri amici, a coloro che ci hanno fatto o ci stanno facendo del male, a ogni persona, anche la più lontana, che possiamo “raggiungere” con il cuore: “BUONA PASQUA !”.

14 Aprile 2017 - Liturgia Anno A: Venerdì santo - La passione del Signore

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Is 52, 13 – 53, 12

Egli è stato trafitto per le nostre colpe. (Quarto canto del Servo del Signore)
Dal libro del profeta Isaia

Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui
– tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –,
così si meraviglieranno di lui molte nazioni;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua posterità?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per la colpa del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha spogliato se stesso fino alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i colpevoli.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 30

Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.

In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso;
difendimi per la tua giustizia.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.
Sono il rifiuto dei miei nemici
e persino dei miei vicini,
il terrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.
Sono come un morto, lontano dal cuore;
sono come un coccio da gettare.
Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori.
Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia.
Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,
voi tutti che sperate nel Signore.


Seconda Lettura Eb 4, 14-16; 5, 7-9

Cristo imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono.
Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato.
Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
[ Cristo, infatti, ] nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.


Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni
Vangelo Gv 18, 1-19, 42

(Indicazioni per la lettura dialogata: X=Gesù; C=Cronista; D=Discepoli e amici; F=Folla; A=Altri personaggi.)

Catturarono Gesù e lo legarono
C In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: X «Chi cercate?». C Gli risposero: F «Gesù, il Nazareno». C Disse loro Gesù: X «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. C Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra.
Domandò loro di nuovo: X «Chi cercate?». C Risposero: F «Gesù, il Nazareno». C Gesù replicò: X «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», C perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: X «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».
Lo condussero prima da Anna
C Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».
Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: A «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». C Egli rispose: D «Non lo sono». C Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.
Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: X «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». C Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: « A Così rispondi al sommo sacerdote?». C Gli rispose Gesù: X «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». C Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.
Non sei anche tu uno dei suoi discepoli? Non lo sono!
Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: A «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». C Egli lo negò e disse: D «Non lo sono». C Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: A «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». C Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.
Il mio regno non è di questo mondo
Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: A «Che accusa portate contro quest’uomo?». C Gli risposero: F «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». C Allora Pilato disse loro: A «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». C Gli risposero i Giudei: F «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». C Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: A «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: X «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». C Pilato disse: A «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». C Rispose Gesù: X «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». C Allora Pilato gli disse: A «Dunque tu sei re?». C Rispose Gesù: X «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». C Gli dice Pilato: A «Che cos’è la verità?».
C E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: A «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». C Allora essi gridarono di nuovo: F «Non costui, ma Barabba!». C Barabba era un brigante.
Salve, re dei Giudei!
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: F «Salve, re dei Giudei!». C E gli davano schiaffi.
Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: A «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». C Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: A «Ecco l’uomo!».
C Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: F «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». C Disse loro Pilato: A «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». C Gli risposero i Giudei: F «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
C All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: A «Di dove sei tu?». C Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: A «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». C Gli rispose Gesù: X «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».
Via! Via! Crocifiggilo!
C Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: F «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». C Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: A «Ecco il vostro re!». C Ma quelli gridarono: F «Via! Via! Crocifiggilo!». C Disse loro Pilato: A «Metterò in croce il vostro re?». C Risposero i capi dei sacerdoti: F «Non abbiamo altro re che Cesare». C Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
Lo crocifissero e con lui altri due
Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: F «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». C Rispose Pilato: A «Quel che ho scritto, ho scritto».
Si sono divisi tra loro le mie vesti
C I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.
Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: X «Donna, ecco tuo figlio!». C Poi disse al discepolo: X «Ecco tua madre!». C E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: X «Ho sete». C Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: X «È compiuto!». C E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)
E subito ne uscì sangue e acqua
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».
Presero il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli insieme ad aromi
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.


COMMENTO


    Golgota. Tre uomini in croce. In mezzo a due ladroni, un Innocente. Su di Lui il carico tremendo del peccato dell’umanità. E l’Innocente diventa calamita di salvezza. Nel suo infinito amore, Egli attira e assorbe in Sé tutti i peccati di tutti gli uomini di tutti i tempi e conquista, per tutti, il perdono del Padre.
    Gesù, sotto quella croce hai raccolto davanti ai tuoi occhi tutta l’umanità e, nell’immensa moltitudine, hai cercato e fissato, ad uno ad uno, con uno sguardo di tenerezza, ogni essere umano di ogni tempo, di ogni popolo, di ogni cultura.
    Anch’io ero là e il tuo sguardo posato su di me mi avvolgeva di misericordia.
    Ma un altro sguardo era presente sul Golgota, quel giorno. Il Padre ti guardava, Gesù, e ogni goccia del tuo sangue scavava un abisso di dolore dentro il suo cuore di Padre. Egli stava sacrificando Te, il Figlio Innocente, per salvare gli altri suoi figli, che innocenti non erano. Egli sentiva penetrare in ogni sua fibra, come una lama rovente, ogni colpo di flagello che faceva a brandelli la tua carne, ogni sputo che ti oltraggiava e “sporcava” la tua persona. Egli ti avvolgeva con il suo infinito amore, eppure doveva lasciarti sperimentare la solitudine più tremenda, la solitudine “frutto” amaro del peccato di tutti gli uomini di tutti i tempi.
    Che cosa hai dovuto provare, Padre, nel sentire quell’urlo di spaventosa solitudine di quel tuo Figlio: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”! Avresti voluto abbracciarlo, in quel momento, fargli sentire il calore e la consolazione della tua vicinanza d’amore, invece… hai dovuto rispondere con un raggelante silenzio a quell’urlo che ti lacerava il cuore.
    Anche Tu, Padre, hai vissuto in ogni tua fibra la passione del tuo Figlio. Anche Tu hai tremendamente sofferto, perché ogni uomo e ogni donna potessero avere la gioia di diventare tuoi figli.
    Quanto preziosa ai tuoi occhi è questa umanità, Padre! Quale amore c‘è nel tuo cuore per ogni persona che tu chiami all’esistenza!
    Allora, Padre, ti prego, non permettere che l’umanità si perda, allontanandosi da Te. Non permettere che l’essere umano, che Tu hai creato con amore e che, per tale amore, hai salvato sacrificando il tuo stesso Figlio, possa perdersi nel baratro della sua miseria e del suo peccato. Non abbandonarci in balia di noi stessi, o Padre; te lo chiedo in nome del tuo Figlio Gesù, che ha preso la nostra stessa natura; natura, quindi, che Tu, Padre, ami ora ancor più di quando l’hai creata, poiché tale natura è ora anche la natura del tuo Figlio prediletto. In Lui, per Lui, con Lui amaci, o Padre, e salvaci.

13 Aprile 2017 - Liturgia Anno A: Giovedì Santo - La cena del Signore

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Es 12, 1-8. 11-14


Prescrizioni per la cena pasquale.
Dal libro dell’Èsodo

«Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne.
Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore!
In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne”».


Salmo Responsoriale Sal 115

Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.

Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo.


Seconda Lettura 1 Cor 11, 23-26

Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore.
Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.


Vangelo Gv 13, 1-15

Li amò sino alla fine
Dal vangelo secondo Giovanni

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».


COMMENTO


    Gesù sta celebrando l’ultima cena con i suoi apostoli. E’ la cena ebraica dell’Antica Alleanza (prima lettura), ma, durante questa celebrazione, Gesù compie un gesto che rivoluzionerà la vita dei suoi apostoli e di tutti gli uomini e le donne che, da quel momento, vorranno accogliere la sua Persona con tutta la sua carica di novità di vita. E’ l’istituzione dell’eucaristia, riportata da S. Paolo nella seconda lettura. Gesù stesso parlerà di “Nuova Alleanza” con Dio nel suo sangue; un nuovo rapporto, dunque, fra Dio e l’umanità, un rapporto in cui l’essere umano, per la prima volta nella sua storia, potrà chiamare Dio con il confidenziale nome di “Abbà”, “Padre”, e a ragione, poiché, nel battesimo, egli non solo viene purificato dal peccato originale, eredità “costituzionale” del genere umano, ma riceve in sé la stessa vita di Dio, che rende anche divina la sua natura umana: è la divinizzazione dell’essere umano, lo straordinario, incredibile dono di Dio a questa sua creatura, che pure l’aveva rifiutato come suo creatore. La follia dell’amore di Dio per l’umanità non ha limiti!
    Gli evangelisti Matteo, Marco e Luca, nel narrare l’ultima cena, sottolineano l’istituzione dell’eucaristia. Giovanni (Vangelo), al posto dell’istituzione dell’eucaristia, pone la lavanda dei piedi, taciuta dagli altri evangelisti.
    Giovanni, il più giovane degli apostoli, il prediletto di Gesù, il quale dalla croce, poco prima di morire, lo aveva affidato a sua Madre, affidando, quindi, Lei alla sua protezione, era l’apostolo che, più di ogni altro, era potuto entrare nel cuore di Gesù, sia nel suo rapporto personale con Lui nei tre anni di vita pubblica (egli era stato uno dei primi discepoli di Gesù) sia attraverso le confidenze che certamente Maria gli avrà fatto stando con lui [ “ E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa” (Gv 19, 27) ]. Giovanni vede e sottolinea, nella vita di Gesù, aspetti e significati che gli altri evangelisti non notano. Per questo il suo Vangelo è molto più profondo e mistico degli altri Vangeli.
    Non è un caso, quindi, che, laddove gli altri evangelisti narrano l’istituzione dell’eucaristia, Giovanni ponga la narrazione della lavanda dei piedi.
    L’eucaristia è Gesù che si offre come cibo ai credenti, perché essi possano essere riempiti di Lui e, così, possano assomigliare sempre di più a Lui.
    Ma che cosa significa assomigliare a Gesù?
    Giovanni, ponendo la lavanda dei piedi al posto dell’istituzione dell’eucaristia, sembra voler rispondere a questa domanda.
    “Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani…”. Gesù è consapevole di avere la signoria su tutto, di avere il dominio assoluto, di essere, quindi, il Signore a cui ogni onore è dovuto. “…Si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto”. Lavare i piedi era la mansione degli schiavi; un uomo libero non l’avrebbe mai fatto, sarebbe stato troppo umiliante. Eppure Gesù, pienamente consapevole che “il Padre gli aveva dato tutto nelle mani”, non esita a fare il lavoro di uno schiavo, addirittura il lavoro più umiliante.
    “Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti e sedette di nuovo”. Giovanni sembra aver filmato ogni più piccolo dettaglio e la descrizione è talmente minuziosa, che sembra essere stata ripresa al rallentatore. L’impressione che si ha, leggendo questo brano, è un essere quasi “costretti” a soffermarsi sui particolari, per capire bene il senso di ogni gesto, di ogni parola.
    “Capite quello che ho fatto per voi?”. Una domanda, questa di Gesù, che, rivolta ai suoi apostoli e rivolta a ogni uomo e a ogni donna di ogni luogo, di ogni tempo, invita a riflettere, a cercare di andare in profondità, di penetrare nel cuore stesso di Dio, come chiaramente emerge dalle parole che Gesù aggiunge: “Voi mi chiamate il Maestro e il Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”.
    Ecco, allora, la risposta a “che cosa significa assomigliare a Gesù”.
    Egli, Figlio di Dio fatto Uomo, Signore dell’universo, si è abbassato, con umiltà infinita, alla stregua di uno schiavo, perché “non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20, 28).
    Gesù ha messo la sua vita al servizio del bene di ogni persona, il “bene” secondo Dio, cioè la liberazione dal peccato, dal male, dal degrado spirituale e morale e il rinascere a una vita nuova, a una vita di comunione con Dio, come un ruscello che, seccatosi per essersi staccato dalla propria sorgente, viene raggiunto e “riafferrato” da questa sorgente e nuovamente alimentato. Il bene per l’essere umano, secondo il cuore del Padre, è proprio riafferrare, grazie al sacrificio di suo Figlio Gesù, questa sua creatura e riportarla all’unità profonda, vivificante con Lui per mezzo dello Spirito Santo che, nel battesimo, immette nell’essere umano la vita stessa della Trinità.
    Assomigliare a Gesù. “Chi ha visto me, ha visto il Padre” ha risposto Gesù all’apostolo Filippo, che gli chiedeva: “Mostraci il Padre e ci basta” (Gv 14, 8 – 9). Assomigliare a Gesù vuol dire, quindi, assomigliare al Padre. I figli non portano in sé, sempre, elementi genetici dei genitori? Il cristiano è un figlio di Dio. Questa stupenda, incredibile “parentela” è la Nuova Alleanza, che il Padre ha voluto stipulare con l’essere umano per mezzo di suo Figlio Gesù.
    Ultima cena: sta per avere inizio una nuova umanità. 

09 Aprile 2017 - Liturgia Anno A: Domenica delle Palme

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Is 50,4-7

Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso.
Dal libro del profeta Isaìa

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.


SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 21

Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».
Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.
Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.
Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.


Seconda Lettura Fil 2,6-11

Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippèsi

Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Vangelo Mt 26,14-27,66 (forma breve: 27,11-54)

La passione del Signore
Indicazioni per la lettura dialogata:
X = Gesù; C = Cronista; D =Discepoli e amici; F =Folla; A =Altri personaggi

Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?
C In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: D «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». C E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: D «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». C Ed egli rispose: X «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». C I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Uno di voi mi tradirà
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: X «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». C Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: C «Sono forse io, Signore?». C Ed egli rispose: X «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». C Giuda, il traditore, disse: D «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: X «Tu l’hai detto».
Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue
C Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: X «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: X «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio». C Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge
Allora Gesù disse loro: X «Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: “Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge”. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea».
C Pietro gli disse: C «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai». C Gli disse Gesù: X «In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». C Pietro gli rispose: D «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». C Lo stesso dissero tutti i discepoli.
Cominciò a provare tristezza e angoscia
Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: X «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». C E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: X «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». C Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: X «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».
C Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: X «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». C Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: X «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». C Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: X «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».
Misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono
C Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: D «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». C Subito si avvicinò a Gesù e disse: D «Salve, Rabbì!». E lo baciò. C E Gesù gli disse: X «Amico, per questo sei qui!». C Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse: X «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». C In quello stesso momento Gesù disse alla folla: X «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». C Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.
Vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza
Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire.
I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: A «Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”». C Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: A «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». C Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: A «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». C Gli rispose Gesù: X «Tu l’hai detto; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo».
C Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: A «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». C E quelli risposero: F «È reo di morte!». C Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, dicendo: F «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?».
Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte
C Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: A «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». C Ma egli negò davanti a tutti dicendo: D «Non capisco che cosa dici». C Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: A «Costui era con Gesù, il Nazareno». C Ma egli negò di nuovo, giurando: C «Non conosco quell’uomo!». C Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: A «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce». C Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: D «Non conosco quell’uomo!». C E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
Consegnarono Gesù al governatore Pilato
Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato.
Allora Giuda – colui che lo tradì –, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: D «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». C Ma quelli dissero: A «A noi che importa? Pensaci tu!». C Egli allora, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: A «Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue». C Tenuto consiglio, comprarono con esse il “Campo del vasaio” per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu chiamato “Campo di sangue” fino al giorno d’oggi. Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: «E presero trenta monete d’argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d’Israele, e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore».
Sei tu il re dei Giudei?
[ Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: A «Sei tu il re dei Giudei?». C Gesù rispose: X «Tu lo dici». C E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.
Allora Pilato gli disse: A «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». C Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: A «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». C Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: A «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». C Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: A «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». C Quelli risposero: F «Barabba!». C Chiese loro Pilato: A «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». C Tutti risposero: F «Sia crocifisso!». C Ed egli disse: A «Ma che male ha fatto?». C Essi allora gridavano più forte: F «Sia crocifisso!».
C Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: A «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». C E tutto il popolo rispose: F «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». C Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
Salve, re dei Giudei!
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: F «Salve, re dei Giudei!». C Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.
Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni
Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei».
Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!
Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: F «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». C Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: F «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». C Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.
Elì, Elì, lemà sabactàni?
A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: X «Elì, Elì, lemà sabactàni?», C che significa: X «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». C Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: A «Costui chiama Elia». C E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: A «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». C Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.
(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)
Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: A «Davvero costui era Figlio di Dio!». ]
C Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra queste c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.
Giuseppe prese il corpo di Gesù e lo depose nel suo sepolcro nuovo
Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatèa, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria.
Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete
Il giorno seguente, quello dopo la Parascève, si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei, dicendo: A «Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore, mentre era vivo, disse: “Dopo tre giorni risorgerò”. Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: “È risorto dai morti”. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». C Pilato disse loro: A «Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete». C Essi andarono e, per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra e vi lasciarono le guardie.


COMMENTO


    Gesù entra in Gerusalemme. Al suo ingresso, la folla lo accoglie con esultanza. E’ una folla molto numerosa, accorsa da ogni parte della Palestina per la celebrazione della Pasqua ebraica. Tre anni di predicazione, di miracoli, di segni prodigiosi hanno reso Gesù di Nazareth un uomo famoso. La notizia della sua venuta a Gerusalemme si diffonde e crea attesa.
    Ed eccolo questo Gesù. Cavalca un umile asinello; eppure, l’accoglienza è quella riservata a un re: mantelli e rami frondosi vengono stesi sulla strada davanti a Lui e la folla esultante grida: “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!”.
    Passeranno solo pochi giorni e l’atmosfera intorno a Gesù sarà completamente diversa. “Crucifige” sarà la richiesta fatta a Pilato da una folla che sembra aver dimenticato l’ “Osanna” di alcuni giorni prima.
    In questa domenica delle Palme, nella quale si commemora un momento gioioso e glorioso della vita di Gesù, un momento in cui Egli sembrerebbe raccogliere i frutti del suo annuncio e del suo operato, le letture parlano di sofferenza. Il Vangelo è addirittura la narrazione della passione e della morte di Gesù. Ciò potrebbe sembrare strano, contraddittorio. Ma la scelta della Chiesa ha una sua logica. Quell’entrata festosa in Gerusalemme è l’inizio della settimana decisiva, quella in cui il Figlio di Dio porterà a compimento la missione per la quale è diventato anche “Figlio dell’uomo”. Gesù varie volte aveva preannunciato questo momento ai suoi apostoli; l’aveva ribadito ancora, mentre erano in viaggio verso Gerusalemme: “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risorgerà” (Mc 10, 33 – 34). E l’ “Osanna” della folla diventa una lode profetica, un’anticipazione di quella gloria che Gesù avrà per sempre, perché, nel suo nome, “ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (seconda lettura). L’assemblea dei credenti non ripete l’ “Osanna” al suo Signore in ogni celebrazione eucaristica?
    Storia della salvezza: storia di peccato e di redenzione.
    L’essere umano era il capolavoro dell’opera creatrice di Dio. Nel racconto biblico della creazione, di tutte le altre cose create è scritto: “Dio vide che era cosa buona”; dell’essere umano è scritto: “Dio vide che era cosa molto buona” (Gen 1, 31). Sembra quasi di avvertire, in queste parole, il santo orgoglio del Creatore pienamente soddisfatto e felice, come se, nel creare quest’essere, Egli avesse voluto dare il meglio di Sé.
    Dio aveva creato l’essere umano per amore e desiderava riceverne amore; per questo l’aveva creato libero, con una sua volontà, con una sua capacità di decidere autonomamente, poiché l’amore presuppone sempre una libertà di scelta. Dio, che è Amore, voleva essere ricambiato da questa sua creatura nella piena libertà. Ma l’essere umano non ha accettato la sua condizione di creatura, non ha riconosciuto Dio come suo Creatore e ha cominciato a nutrire nel suo cuore il desiderio più folle e più grave: “rubare” la divinità, farsi, cioè, uguale a Dio. E Satana ha puntato proprio su questo desiderio, per rovinare il capolavoro di Dio. “Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste (sta parlando del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male), si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male” dice ad Adamo ed Eva (Gen 3, 5). La conoscenza del bene e del male è sempre stata considerata, infatti, una prerogativa esclusiva di Dio, poiché solo Dio possiede la verità, anzi, è Egli stesso “Verità”. Satana è astuto; ha scelto la motivazione più convincente per allontanare l’essere umano dal suo Creatore. In fondo, non era stata questa stessa motivazione a spingere anche lui, Lucifero (nome che significa “portatore di luce”), l’angelo più bello e più intelligente, a ribellarsi a Dio?
    Libertà: grandezza immensa, in una creatura, ma anche tremenda responsabilità. La libertà di scelta, nel rapporto fra la creatura e il suo Creatore, può condurre alle più alte vette dello spirito, se si è in comunione con Dio, ma può far precipitare negli abissi più oscuri, se ci si allontana da Lui.
    E l’essere umano, nella sua libertà, decide di staccarsi dal suo Creatore. Scelta di orgoglio e di superbia, dalle conseguenze più tragiche.
    Dio è perfezione, bellezza, armonia. Separandosi da Lui, l’essere umano ha sperimentato la mancanza di armonia, ha sentito esplodere in sé il caos, lo squilibrio di tutto il suo essere ai vari livelli: spirituale, morale, psichico e fisico.
    Dio è Vita, è sorgente e pienezza di vita. Staccato da Lui, l’essere umano, come un ruscello “staccatosi” dalla sorgente che l’alimenta, ha sperimentato la mancanza della vita, cioè la morte.
    In un passo del libro della Sapienza, al cap. 2, vv. 23 – 24a, viene spiegato con estrema chiarezza il perché della tragica realtà della morte: “ Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità (l’immortalità); lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo”. Veramente tremendo il prezzo che l’essere umano ha pagato a Satana per avere ascoltato la sua voce di male, chiudendosi alla voce d’amore di Dio. Dal momento della capitolazione umana di fronte alle lusinghe del diavolo ogni uomo viene al mondo portandosi dentro, come una tragica eredità costituzionale del genere umano, il fardello, pesante e schiavizzante, del peccato con le sue conseguenze di sofferenza e di morte.
    L’essere umano, appena ebbe mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, si accorse di essere “nudo”, ebbe, cioè, in quel momento, la consapevolezza della sua realtà di creatura fragile, debole, limitata nelle sue capacità; e tanto bisognosa del suo Creatore, per poter dare un significato pieno alla propria esistenza, perché quel suo Creatore l’aveva voluto a somiglianza di Lui. Nel volto di Dio, e solo in quel volto, l’essere umano poteva ritrovare il suo vero volto, la sua vera identità.
    Ma come poter tornare indietro? La sofferenza e la morte erano ormai parte integrante della vita dell’uomo, tragiche conseguenze di una sua libera scelta. Dio, che aveva rispettato tale scelta, doveva rispettarne anche le conseguenze. Non poteva, quindi, togliere sofferenza e morte dalla vita di questa sua creatura, pur infinitamente amata.
    Ma questo amore ha continuato a “inseguire” l’essere umano anche dopo il suo peccato. E, se la creatura era nell’assoluta impossibilità di rimediare al suo errore, Dio Creatore non l’ha abbandonata nell’oscurità di un tunnel senza fine e nell’angosciante solitudine di un arido deserto. Il cuore di chi ama elabora sempre progetti di bene per la persona amata. E Dio, che è Amore e che, per questo, non può fare a meno di amare, ha elaborato nel suo cuore un progetto di salvezza per l’essere umano, per offrirgli una vita nuova, una relazione con Lui ancora più profonda e intima di quella iniziale.
    Il Padre esprime al Figlio questo suo progetto e il Figlio, nel suo amore, dice il suo “Sì”, fa suo il progetto del Padre. Ma questo progetto a favore dell’uomo richiede la vita stessa del Figlio di Dio, esige da Lui uno “svuotarsi” della sua divinità, per assumere la natura umana. “Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio; ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, divenendo simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce”; così scrive l’apostolo Paolo ai Filippesi (seconda lettura).
    Un Dio che assume, con infinita umiltà, la natura di una sua creatura! Follia dell’amore!
L’essere umano, orgogliosamente, aveva voluto innalzarsi fino a Dio. Il Figlio di Dio, per recuperare l’essere umano dall’abisso in cui era precipitato, ha fatto il cammino inverso. Ed è sceso, Lui, in quell’abisso, sperimentando nella sua carne tutte le tragiche conseguenze del peccato dell’uomo. Egli, l’Innocente, per salvare coloro che innocenti non erano, ha provato ogni sofferenza della natura umana, giungendo fino all’annientamento totale, fino alla morte, e a una delle morti più atroci e umilianti che l’essere umano abbia mai inventato per un suo simile. E, soffrendo, ha dato un valore salvifico alla sofferenza, che, fino a quel momento, aveva costituito solo un tragico, angosciante non-senso della vita umana, e, morendo, per poi risorgere, ha “detto” all’essere umano che la morte non è l’ultima parola della sua esistenza, ma solo la penultima, perché l’ultima, definitiva parola è la pienezza della vita con Dio nell’eternità.
    “Ciò che Tu, Padre, desideri, lo desidero anch’io” ha detto senz’altro il Figlio, quando il Padre gli ha confidato il suo desiderio di poter riportare a casa quella sua creatura tanto ribelle e tanto infelice. Desiderare ciò che desidera il cuore del Padre: ecco l’obbedienza. E Gesù è stato l’Obbediente per eccellenza. “Io faccio sempre le cose che sono gradite al Padre” Egli ha detto un giorno ai Giudei, che lo interrogavano sulle sue origini (Gv 8, 29).
    E il Padre, con gioiosa gratitudine, ha voluto dare a questo suo Figlio, obbediente per amore, la sua stessa gloria. “ Per questo (per la sua obbedienza fino alla morte di croce) Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami: ‘Gesù Cristo è Signore!’, a gloria di Dio Padre” continua Paolo nella sua lettera ai Filippesi. Sì, “a gloria di Dio Padre”, perché, in Gesù, il Padre ha potuto realizzare il suo progetto di salvezza, manifestando, così, la sua gloria, cioè tutta la sua potenza di Dio, potenza che Egli, ricco di misericordia, mette sempre al servizio del suo amore infinito, fedele e tenace per l’essere umano.