28 Maggio 2017 - Liturgia Anno A: Ascensione del Signore


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura At 1,1-11

Fu elevato in alto sotto i loro occhi.
Dagli atti degli apostoli

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.
Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».
Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».
Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 46

Ascende il Signore tra canti di gioia.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.

Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.
Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.
Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.


Seconda Lettura Ef 1, 17-23

Lo fece sedere alla sua destra nei cieli.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore.
Egli la manifestò in Cristo,
quando lo risuscitò dai morti
e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,
al di sopra di ogni Principato e Potenza,
al di sopra di ogni Forza e Dominazione
e di ogni nome che viene nominato
non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro.
Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi
e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose:
essa è il corpo di lui,
la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.


Vangelo Mt 28, 16-20

Mi è stato ogni potere in cielo e in terra.
Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».


COMMENTO


    Signore, il momento è arrivato. Tu stai per lasciare definitivamente questo mondo e ritornare al Padre. Sei lì, su quel monte che tante volte ti ha visto pregare, che ha potuto udire i colloqui del tuo cuore con il cuore del Padre. Sei lì, attorniato dagli Undici (il dodicesimo, con tuo immenso dolore, non solo ti ha tradito, ma, ciò che per te è ancora più grave, non ha saputo credere nel tuo amore misericordioso, non ha saputo sperare nel tuo perdono, precipitando nell’abisso di una mortale disperazione). Sono uomini ancora deboli, pieni di paure, di dubbi, di domande, alle quali Tu hai già dato le risposte, ma che essi non riescono ancora a capire (solo fra alcuni giorni lo Spirito Santo scenderà su di loro e attuerà quella straordinaria trasformazione che li renderà capaci di ricordare e capire ogni tua parola, ogni tuo gesto e darà loro la forza di esserti “testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”). Quegli uomini ti guardano con sguardo interrogativo; anche se la tua resurrezione li ha rinfrancati, tuttavia ora stai per lasciarli ed essi, nel loro cuore, sentono certamente il dolore del distacco fisico e il turbamento di un futuro, che, pur da Te annunciato, si presenta, per loro, pieno di incognite.
    Ed ecco le ultime parole pronunciate da Te in questa tua “avventura umana”; sono parole forti, sono il mandato più importante e impegnativo per questi uomini che ti ascoltano attentamente, pur non comprendendo appieno, probabilmente, la portata di quanto Tu dici: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra – è il Signore dell’universo che ormai parla -. Andate, dunque, e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato”. Essi, però, sono ancora legati a una concezione “nazionalistica” del regno di Dio. “Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?” ti hanno appena chiesto. La loro visione del Regno è ancora miope; non riescono ad andare oltre gli angusti orizzonti di una salvezza limitata al popolo eletto. Ma Tu li “lanci” verso orizzonti infiniti; fai diventare i loro sguardi capaci di “vedere” con gli stessi occhi di Dio e fai entrare nella loro vita l’umanità intera, mettendo nel loro cuore lo stesso amore e lo stesso desiderio di Dio riguardo all’esistenza terrena ed eterna di ogni persona che viene in questo mondo. E’ la missione della Chiesa, che, canale sempre pieno dell’acqua rigenerante dello Spirito Santo, di generazione in generazione, per mezzo del battesimo, permette a Dio di “acquistarsi” figli adottivi di ogni popolo, razza, lingua, cultura, in un cammino splendido che dovrebbe condurre a fare di tutta l’umanità l’unica famiglia di Dio. E in questo cammino Tu, Signore, sei sempre accanto alla tua Chiesa. “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. E’ con questa assicurazione che Tu te ne vai dalla vista dei tuoi apostoli, addolcendo un po’ il dolore del distacco.
    Anch’io, membro della tua Chiesa, che vivo in questo tempo, che vivo in questo luogo, sono costantemente accompagnato da Te, Gesù. Anche a me Tu ripeti: “Io sono con te sempre” e nella tua presenza fedele e piena d’amore io trovo in ogni istante il coraggio e l’entusiasmo del mio vivere, nella piena consapevolezza che questa mia vita, nella sua semplicità quotidiana, ma permeata di quella eternità dove Tu già ti trovi e nella quale hai già preparato un posto anche per me, può far diventare visibile al mondo la presenza d’amore di Dio.

21 Maggio 2017 - Liturgia Anno A: VI Domenica di Pasqua



LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO
  

LITURGIA DELLA PAROLA





Prima Lettura  At 8, 5-8. 14-17

Imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.
Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Filippo, sceso in una città della Samarìa, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città.
Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samarìa aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pietro e Giovanni. Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.



Salmo Responsoriale   Dal Salmo 65

Acclamate Dio, voi tutti della terra.
Oppure:  Alleluia, alleluia, alleluia.

Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!

A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome».
Venite e vedete le opere di Dio,
terribile nel suo agire sugli uomini.

Egli cambiò il mare in terraferma;
passarono a piedi il fiume:
per questo in lui esultiamo di gioia.
Con la sua forza domina in eterno.

Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio,
che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.

   


Seconda Lettura  1 Pt 3, 15-18

Messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito.
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.
Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo.
Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito.
 

  

Vangelo  Gv 14, 15-21


Pregherò il Padre che egli vi darà un altro Consolatore.
Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
 


Commento

 “Sei cristiano?”.
“Sì”.
“Perché?”.
“Perché credo in Gesù Cristo”:
“E chi è questo Gesù Cristo?”.
“Gesù Cristo è...”.
  Un dialogo, questo, che fino a qualche decennio fa nella nostra Europa cristiana sarebbe stato improbabile, se non impossibile; un dialogo, che, invece, si prospetta sempre più frequente, se non addirittura quotidiano, in un futuro non troppo lontano, con un mondo che diventa ogni giorno più “piccolo”, un “villaggio”, in cui razze, lingue, culture, religioni si “incontrano” sempre più profondamente, dando luogo a un continuo, non sempre facile, confronto. E ciò che prima, quando non occorreva dare risposte convincenti a domande pressanti, sembrava scontato, ora non lo è più; quelle domande mi costringono a riflettere molto più profondamente sulla mia fede, sul Dio in cui credo, sul modo in cui vivo il mio rapporto con questo Dio. E magari mi accorgo, con uno spiacevole senso di smarrimento, che non sempre le risposte che ritenevo di poter dare facilmente, in quanto per me scontate, sono così “scontate”. La domanda “Chi è Gesù Cristo?” mi sta mettendo in crisi, perché mi rendo conto che, avendo io ricevuto il battesimo ancora in fasce, questo “personaggio” è sempre stata una “presenza” nella mia vita, una “presenza” più o meno importante, più o meno costante, ma sempre una “presenza”, magari anche solo “culturale”, ma sempre dentro il mio modo di pensare e di essere, essendo io un ramo di questo albero dalle radici cristiane che è l'Europa.
  L'apostolo Pietro mi “costringe” a un “esame” ancora più profondo della mia fede con quel suo invito ad essere “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (seconda lettura). “Ma io sono una persona di speranza?” mi viene da chiedermi. Perché... come posso dare agli altri motivazioni di un qualcosa che, se mi guardo dentro con verità, non so trovare in me o, comunque, non mi è così evidente che io abbia nel mio cuore? La risposta, lo so bene, dovrebbe essere: <<Gesù Cristo è la ragione della speranza che è in me, perché io credo che Egli è veramente il Figlio di Dio, fattosi uomo, morto e risorto, affinché io potessi ottenere il perdono del Padre e potessi diventare, con il battesimo, figlio di Dio. Egli è la ragione, l'unica, della speranza che è in me, perché io so che, in Lui, la mia vita ha acquistato un significato pieno e che, in Lui, ogni mio respiro, ogni istante della mia vita hanno il sigillo dell'eternità. Egli è la ragione, l'unica, della speranza che è in me, perché io so che, in Lui, io posso affrontare anche le tempeste esistenziali più violente, nella incrollabile certezza che Egli è con me, dentro la barca della mia vita. E, anche se a volte può sembrare che Egli dorma, mentre le onde sballottano la mia barca e la riempiono pericolosamente di acqua, io so che al mio grido: “Signore, salvami” Egli si desterà, comanderà alla furia delle onde e dei venti ed essi obbediranno. Egli è la ragione, l'unica, della speranza che è in me, perché io so che Egli è sempre davanti al Padre a intercedere per me, a chiedere continuamente al Padre per me il dono dello Spirito Santo, il Consolatore, lo Spirito della verità, per mezzo del quale io posso comprendere profondamente la bellezza del mistero d'amore in cui Dio mi ha voluto immergere, chiamandomi a una splendida, incredibile comunione con Lui, come Gesù stesso dice nel Vangelo di questa sesta domenica di Pasqua: “... Io sono nel Padre e voi in me e io in voi”. A tali vette il mio Dio, nella sua follia d'amore, ha voluto condurre me, una sua creatura!>>.
  Tu, o Dio, sei la mia speranza. Che Tu possa essere sempre la mia risposta, l'unica, a chiunque mi domandi ragione della speranza che è in me.  

14 Maggio 2017 - Liturgia Anno A: V Domenica di Pasqua


   LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO
  
   LITURGIA DELLA PAROLA

   



Prima Lettura At 6, 1-7


Scelsero sette uomini pieni di Spirito Santo.
Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove.
Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola».
Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani.
E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.



Salmo Responsoriale Dal Salmo 32

Il tuo amore, Signore, sia su di noi: in te speriamo.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.

Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.

Perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.



Seconda Lettura 1 Pt 2, 4-9

Voi stirpe eletta, sacerdozio regale.
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, avvicinandovi al Signore, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso».
Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo.
Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.



Vangelo Gv 14, 1-12


Io sono la via , la verità e la vita.
Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».



  Commento

   E' bello sapere che, dopo un viaggio lungo e faticoso, c'è una casa accogliente ad attenderci, preparata con gioiosa premura dalle persone che ci amano. Il viaggio, così, diventa meno faticoso e quella casa sempre dinanzi agli occhi del cuore dà vigore lungo il cammino.
 “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: ‘Vado a prepararvi un posto’? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi” dice Gesù ai suoi apostoli durante l'ultima cena. Sta parlando della casa definitiva, quella che il Padre ha riservato per l'eternità a ogni persona che Egli chiama all'esistenza. E' lì che il Padre vuole vedere riuniti per sempre tutti i suoi figli nella immensa, infinita famiglia voluta dal suo cuore; è lì che il nostro sguardo deve essere fissato, perché il nostro viaggio in questa vita possa essere sicuro, senza sbandamenti e senza deviazioni. “E del luogo dove io vado voi conoscete la via”. Così Gesù conclude la prima parte di questo splendido brano, che continua in un crescendo di “immersione” dentro il mistero di Dio. L'apostolo Tommaso, sempre bisognoso di risposte chiare, non comprende le parole di Gesù e fa la domanda che probabilmente era anche nella mente degli altri apostoli e che forse sarebbe stata anche nella nostra mente, se noi fossimo stati in quel cenacolo in quel momento: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?”. E' una domanda semplice quella di Tommaso, ma permette a Gesù di dire cose tra le più importanti da Lui dette nei tre anni della sua vita pubblica: “Io sono la via, la verità e la vita”. Quale uomo mai aveva detto una cosa simile di se stesso? Gesù non stava dicendo di poter “indicare” la via, la verità e la vita, ma presentava la sua stessa persona come “Via, Verità e Vita”. Era dire ai suoi apostoli e a ciascun uomo e a ciascuna donna lungo i secoli, sino alla fine dei tempi: “Venite a me, voi tutti di ogni luogo e di ogni tempo; in me troverete la Via che conduce alla casa del Padre (“Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”); in me troverete la Verità che squarcia il mistero di Dio (“Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio... Chi ha visto me, ha visto il Padre”) e che illumina, quindi, il mistero della vita dell'essere umano, da questo Dio infinitamente amato e a Lui profondamente legato, la Verità che dà risposte certe alle domande fondamentali che ogni persona, anche la più superficiale, si pone sull'origine, sul significato e sul destino ultimo della propria esistenza; in me troverete la Vita, la pienezza della vita, non solo come eternità con Dio, ma anche come vita divina presente, 'circolante' nell'essere umano, che, per mezzo del battesimo, viene innestato in me, come un tralcio alla vite (cfr. Gv 15, 1- 8), ricevendone la linfa vitale”.
“Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio; fin da ora lo conoscete e lo avete veduto” dice Gesù. Un'affermazione che un pio Ebreo non avrebbe mai potuto fare, perché tale affermazione equivaleva a farsi uguale a Dio, la più grave bestemmia che potesse essere pronunciata nel mondo ebraico. Eppure gli apostoli non sembrano turbati da tale affermazione; anzi, l'apostolo Filippo fa a Gesù una richiesta che potrebbe sembrare una bestemmia altrettanto grave; esprime il desiderio di vedere il volto di Dio, quando, per gli Ebrei, vedere il volto di Dio significava morire [“Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo” aveva detto Dio a Mosè (Es 33, 20)]. “Mostraci il Padre e ci basta” dice Filippo. Sembrerebbe una frase semplice, quasi “innocua”; ma… in questa frase non troviamo forse il desiderio più profondo e più vero, anche se a volte soltanto inconscio, che c'è nel cuore di ogni essere umano, il desiderio, anzi, l'esigenza, di “vedere” Dio, di conoscere il suo volto, di entrare dentro il suo mistero e poterlo conoscere in maniera talmente intima, da instaurare con Lui un rapporto di amicizia, di comunione e di confidenza? Non è forse questo desiderio che rende il cuore umano incessantemente inquieto, anche quando ha ottenuto tutto ciò che umanamente desiderava raggiungere? E, di fronte a quella richiesta profondamente “vera” da parte di Filippo, Gesù svela totalmente il suo volto e, nello stesso tempo, svela il volto del Padre: “... Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: ‘Mostraci il Padre’? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre che è in me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse”. Da questo momento non si potrà più dire: “Nessuno mai ha visto Dio”, perché questo Dio invisibile si è reso visibile attraverso il volto concreto di un Uomo, che ha camminato in mezzo agli uomini, che ha condiviso con loro gioie e dolori, speranze e delusioni, fatiche e soddisfazioni, lacrime e sorrisi. E quest'Uomo, mentre dice: “Io sono nel Padre e il Padre è in me”, sta dicendo a me, piccola, fragile creatura: “Se tu mi accogli nella tua vita come il tuo Salvatore e Signore, Dio stesso entrerà in te”; infatti, “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 23).
   E allora comprendo, Signore, quella tua ultima, sconvolgente, affermazione del Vangelo di oggi: “In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre”. Sì, Signore, perché non sarò io a compiere quelle splendide opere, ma sarete Voi, Tu, il Padre e lo Spirito Santo, a compiere le vostre meraviglie, che anch'io, pur canale della vostra potenza, contemplerò, come uno spettatore stupito, nella loro bellezza. Fino alla vostra meraviglia più grande, quella definitiva: l’eternità con Voi in quella “casa” dove Tu hai già preparato un posto anche per me, dove la contemplazione diventa immersione totale in Voi, in pienezza di vita e di felicità.


07 Maggio 2017 - Liturgia Anno A: IV Domenica di Pasqua

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura At 2, 14a.36-41

Dio lo ha costituito Signore e Cristo.
Dagli Atti degli Apostoli

[ Nel giorno di Pentecoste, ] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Sappia con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso».
All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?».
E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro».
Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 22

_Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia._

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.
Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.


Seconda Lettura 1 Pt 2, 20b-25

Siete tornati al pastore delle vostre anime.
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché
anche Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché ne seguiate le orme:
egli non commise peccato
e non si trovò inganno sulla sua bocca;
insultato, non rispondeva con insulti,
maltrattato, non minacciava vendetta,
ma si affidava a colui che giudica con giustizia.
Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce, perché,
non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
dalle sue piaghe siete stati guariti.
Eravate erranti come pecore,
ma ora siete stati ricondotti al pastore
e custode delle vostre anime.


Vangelo Gv 10, 1-10

Io sono la porta delle pecore.
Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».


COMMENTO


    Un gregge. Pecore e agnelli seguono mansueti il loro pastore. Egli conosce ogni elemento del suo gregge, a ciascuno ha dato un nome, che lo identifica. Quel gregge, per il pastore, non è una massa anonima, ma un insieme di “individui”, che rispondono prontamente, quando egli li chiama, poiché conoscono la sua voce e riconoscono in quella voce la tenerezza e l’affetto di quell’uomo che, per difenderli, sarebbe disposto anche a dare la vita. Quanta tenerezza, infatti, quanto affetto in quel chiamare, da parte del pastore, “le sue pecore, ciascuna per nome”! Possiamo quasi “vedere” lo sguardo di questo pastore posato con infinita delicatezza su ognuna delle sue pecore. E’ lo sguardo di Gesù, è lo sguardo del Padre posato su ogni uomo e su ogni donna che vengono in questo mondo.
    “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e do la mia vita per le pecore” dice Gesù nello stesso capitolo del brano odierno di Vangelo, ai vv. 14-15. La conoscenza di cui parla Gesù non è quella intellettuale, spesso fredda, puramente razionale, ma una conoscenza esperienziale, una conoscenza dell’altro nella sua intimità più profonda, è un entrare nell’essere dell’altro e diventare una cosa sola con lui. E’ splendido ciò che Gesù mi sta dicendo: “Tu (e ciascuno può sentire pronunciato il proprio nome), se vuoi, puoi entrare nel mio cuore, puoi entrare in una comunione profonda con me e questa comunione con me è la stessa che c‘è tra me e il Padre”. Allora, attraverso Gesù, io, piccola, fragile creatura, posso entrare anche nel cuore del Padre e instaurare con Lui lo stesso rapporto di intimità che vi è tra il Padre e il Figlio! E’ da vertigine questa realtà; e il respiro non può non fermarsi! Comprendo, allora, con chiarezza il significato delle parole di Gesù: “Io sono la porta delle pecore”. Sì, è attraverso Lui che io “entro” nel mistero della Trinità e divento partecipe della vita che “circola” in Essa. E’ questo ciò che Gesù voleva comunicare ai suoi apostoli, durante l’ultima cena, dicendo: “Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15, 5). E lo continua a dire a ciascuna persona che crede in Lui, che Lo ha accolto nella sua vita come suo Salvatore e Signore. Il tralcio non ha vita in se stesso, ma la riceve dalla vite, che fa passare in esso la sua linfa; e tanta più linfa il tralcio riceve quanto più ampio è il punto della sua attaccatura alla vite. Così accade per il credente. Con il battesimo la vita divina è “passata” in lui, divinizzandolo; ma la progressiva “quantità” di tale vita divina in lui, l’intensità, cioè, della presenza di Dio in lui, dipende dall’apertura del suo cuore, del suo essere a questo Dio che vuole abitare in lui con tutto il suo amore per farlo essere una sola cosa con Lui.
    “Io sono la porta: se uno entra attraverso me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” dice Gesù. E che cosa è il pascolo se non la vita divina? Infatti, Egli aggiunge: “Io sono venuto, perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. E’ l’abbondanza, senza misura, della vita stessa di Dio.
    Un recinto. Dentro si trovano chiuse le pecore. Quel recinto dovrebbe costituire, per esse, il riparo da ogni pericolo. Ma nell’odierno brano di Vangelo il recinto sembra assumere un significato diverso. Dice, infatti, Gesù: “… Egli (il pastore) chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E, quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce”. Quello “spingere fuori” ha lo splendido significato di una liberazione. Il recinto, che tiene chiuse le pecore, costituisce, allora, una prigione, la “prigione” del peccato, da cui l’essere umano, con le sue sole forze, non poteva uscire. Ed ecco questo Pastore, che, dando la vita per le sue pecore, ha aperto i cancelli di quel recinto e ha dato, a quelle pecore, la libertà; le ha condotte fuori ed esse hanno trovato pascolo in abbondanza.
    Altri, lungo i secoli, avevano tentato e avrebbero continuato a tentare di entrare in quel recinto, non, però, attraverso la “porta” della verità e della vita, ma “salendo da un’altra parte”, scavalcando il recinto con la menzogna e l’inganno. “Ladri e briganti” li definisce Gesù, poiché il loro scopo non era, e non è, quello di liberare le pecore, ma di impadronirsi di esse, della loro mente, del loro cuore, rubandone la fiducia con vuote promesse di felicità, con illusorie prospettive di una liberazione da ogni fatica, da ogni dolore. Non hanno forse tentato di fare proprio questo le varie ideologie che si sono succedute nei secoli? Non è forse questo lo scopo che tante persone, sfruttando la forza attrattiva della loro personalità carismatica, si prefiggono di raggiungere per i loro interessi di potere? Ma che cosa costoro possono dirmi e darmi più di quanto Gesù mi dice e mi dà? Egli mi offre gratuitamente, su una tavola imbandita, addirittura Se stesso nell’Eucaristia. E’ l’offerta più alta e più profonda dell’amore. Un Dio si fa mangiare da una sua creatura, perché questa possa vivere di Lui e possa assumere sempre di più la sua fisionomia divina. E tutto questo, dopo che tale creatura l’aveva rinnegato come suo Creatore e, con presuntuoso orgoglio, aveva voluto fare a meno di Lui, pensando di trovare, lontano da Lui, la totale libertà e ritrovandosi, invece, nella angosciante prigione di un recinto stretto, da cui non sapeva più come uscire.
    Tu, Signore, solo Tu sei la mia vera libertà e la mia “vita in abbondanza”, Tu, che “su pascoli erbosi mi fai riposare”, che “ad acque tranquille mi conduci”. Tu, Signore, solo Tu sei la mia sicurezza e la mia luce esistenziale, Tu, che “mi rinfranchi” nelle fatiche di ogni giorno, Tu, che, con amore, “mi guidi per il giusto cammino” e rendi sicuri i miei passi e il mio cuore, anche quando la vita mi fa “andare per una valle oscura”.
    E io, pecorella del tuo gregge da Te infinitamente amato, sono felice di averti come Pastore e, tenendo sempre gli occhi fissi su di Te, con ogni mio respiro, in ogni mio passo, dentro il mio cuore ti dico: “Mio Pastore, vai, precedimi sul cammino; io sono qui, dietro di te, felice di seguirti”.