25 Giugno 2017 - Liturgia Anno A: XII Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO
  


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura   Ger 20, 10-13


Ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori.
Dal libro del profeta Geremia


Sentivo la calunnia di molti:
«Terrore all’intorno!
Denunciatelo! Sì, lo denunceremo».
Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta:
«Forse si lascerà trarre in inganno,
così noi prevarremo su di lui,
ci prenderemo la nostra vendetta».
Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso,
per questo i miei persecutori vacilleranno
e non potranno prevalere;
arrossiranno perché non avranno successo,
sarà una vergogna eterna e incancellabile.
Signore degli eserciti, che provi il giusto,
che vedi il cuore e la mente,
possa io vedere la tua vendetta su di loro,
poiché a te ho affidato la mia causa!
Cantate inni al Signore,
lodate il Signore,
perché ha liberato la vita del povero
dalle mani dei malfattori. 

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 68

Nella tua grande bontà rispondimi, o Dio.

Per te io sopporto l’insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
sono diventato un estraneo ai miei fratelli,
uno straniero per i figli di mia madre.
Perché mi divora lo zelo per la tua casa,
gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me.

Ma io rivolgo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza.
O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi,
nella fedeltà della tua salvezza.
Rispondimi, Signore, perché buono è il tuo amore;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.

Vedano i poveri e si rallegrino;
voi che cercate Dio, fatevi coraggio,
perché il Signore ascolta i miseri
non disprezza i suoi che sono prigionieri.
A lui cantino lode i cieli e la terra,
i mari e quanto brùlica in essi.


Seconda Lettura  Rm 5, 12-15


Il dono di grazia non è come la caduta.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato.
Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.
Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. 


Vangelo   Mt 10, 26-33


Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo.
Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».


Commento


     “Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso”. Splendido atto di fede del profeta Geremia! E' tale certezza che fa essere quest'uomo sicuro e forte di fronte ai suoi persecutori, i quali lo odiano per le parole che Dio, attraverso lui, dice al suo popolo, ma che i capi politici e militari non vogliono accettare, perché esse vanno contro i loro progetti di prestigio e di potere. Geremia dà fastidio; deve essere, quindi, eliminato. Una vita tremendamente difficile la sua. Chiamato da Dio alla missione profetica nel 626 a.C., appena ventiquattrenne, Geremia vive in prima persona la tragedia della rovina del popolo d'Israele, che culminerà con la distruzione del tempio di Gerusalemme a opera di Nabucodonosor e l'esilio babilonese. I vari re che si succedono sul trono di Davide durante la sua missione di profeta vogliono ascoltare da lui parole di approvazione dei loro tentativi di opporsi al nemico, ma egli deve proclamare una parola completamente diversa, una parola che annuncia rovina e sventura. Sarà proprio lui a dover profetizzare i settanta anni di esilio in Babilonia. Accusato di disfattismo, viene perseguitato e incarcerato, pagando un prezzo altissimo per la sua fedeltà al Signore e alla missione affidatagli.
    “Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso”. Quante volte i cristiani dei primi secoli si saranno detti questa frase, mentre affrontavano i giudici nei tribunali pagani, mentre sostenevano tremende battaglie interiori per rimanere fedeli al loro Signore sotto la minaccia di torture e di morti orribili, mentre guardavano negli occhi i leoni che, nelle arene dell'impero romano, si avvicinavano a loro per sbranarli o mentre venivano condotti davanti a quelle croci su cui sarebbero stati inchiodati! E con quale forza dovevano risuonare nel loro cuore le parole di Gesù: “Non temete gli uomini,... non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima,... non abbiate dunque timore...”!
    Sono le parole che troviamo nell'odierno brano di Vangelo, un brano abbastanza breve, eppure in pochi versetti l'invito di Gesù a non temere viene ripetuto per ben tre volte, inserito in un più ampio discorso di invito a una decisa testimonianza e di invito a fidarsi di Dio.
     Cristiani oggi. L' esortazione di Gesù a una testimonianza coraggiosa fino alla morte, se necessario, è valida ancora nel nostro tempo? La risposta è senz'altro affermativa, se pensiamo a tanti luoghi nel mondo, in cui i cristiani, in minoranza rispetto al resto della popolazione che professa un'altra religione, incontrano notevolissime difficoltà per vivere la loro fede. Vessazioni di ogni genere, prigionia e, a volte, perfino la perdita della vita costituiscono il durissimo prezzo da pagare per rimanere fedeli al Signore.
      Per noi, cristiani del mondo occidentale cristianizzato, tali parole di Gesù potrebbero, invece, risultare inutili. Che cosa dobbiamo temere noi, se viviamo circondati da persone che, anche quando non credenti, fin dalla nascita hanno “respirato” una cultura imbevuta di valori cristiani? Non capita abbastanza spesso di parlare con persone non cristiane e di trovarsi ugualmente d'accordo anche su importanti questioni morali e spirituali? Ciò può dare l'illusione che la testimonianza della nostra fede cristiana nell'ambiente in cui quotidianamente viviamo sia estremamente facile, addirittura scontata. Ma... è proprio così?
   Se alle porte delle nostre chiese, alla fine della messa domenicale, venisse fatta un'inchiesta sulla vita cristiana e a coloro che hanno partecipato all'Eucaristia venissero fatte alcune domande, quali:
1) Chi è Gesù Cristo? 2) Quale importanza hanno il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella tua vita? 3) Conosci abbastanza bene almeno uno dei quattro Vangeli, che costituiscono la fonte principale di conoscenza di Gesù? 4) Quando parli con gli altri della tua fede, riferisci loro con una certa facilità il pensiero, le parole e il modo di comportarsi di Gesù oppure ti trovi in difficoltà? 5) Il cristiano, in ogni istante, dovrebbe essere in “comunicazione” di mente e di cuore con Gesù e, di fronte ai propri pensieri, ai propri sentimenti, ai propri desideri, ai propri progetti, alle proprie scelte, si dovrebbe “rivolgere” a Gesù, chiedendogli: “Se Tu, Gesù, in questo momento fossi al mio posto, che cosa penseresti, quale sentimento e quale desiderio avresti, quale progetto costruiresti, quale scelta faresti?”. Tu, credente in Gesù, fai questo abbastanza facilmente?
   Le risposte a tali domande dovrebbero essere date immediatamente, senza alcuna esitazione; ma se, al di là di una eventuale inchiesta, noi stessi ci facessimo queste domande, forse, con nostra grande sorpresa, ci accorgeremmo di trovarci in difficoltà. E forse comprenderemmo perché, nella nostra vita di ogni giorno, per noi è alquanto facile “testimoniare”, di fronte agli altri, la nostra fede; forse, semplicemente, non la testimoniamo (e, quindi, non diamo alcun fastidio, non mettiamo in crisi nessuno), perché non sappiamo nemmeno bene che cosa significhi essere cristiani. Avere ricevuto il battesimo ancora in fasce (regalo splendido che i genitori cristiani fanno ai loro figli come la cosa più preziosa da donare), ricevere i sacramenti quasi automaticamente, perché “viviamo in un ambiente cristiano” e “così fanno tutti”, se, da una parte è positivo, perché questo Dio annunciatomi da Gesù lo sento presente nella mia vita come un Padre che mi ama, dall'altra, però, mi fa ritenere la mia fede come un qualcosa di acquisito, di scontato, togliendomi, con ciò, il bisogno di una conoscenza più profonda di questo Dio, che mi è stato trasmesso dalla famiglia e dall'ambiente, una conoscenza più profonda, che mi farebbe entrare in un rapporto più intimo con Lui e che farebbe diventare la mia fede una “conquista” personale, frutto di una ricerca magari lunga e faticosa, ma senz'altro più coinvolgente a livello esistenziale, una fede più sicura e più forte, quella fede che, messa eventualmente alla prova, non vacillerebbe.
    Signore, Tu hai detto che perfino i capelli del nostro capo sono contati dal Padre. Nessun uomo, nemmeno il più attento alla propria persona, “perde” tempo a contare i capelli che gli cadono e quelli che gli crescono. Invece il Padre “impiega” il suo tempo per occuparsi di me anche nelle cose che io ritengo più “insignificanti”. Il tuo amore, o Dio, è veramente, infinitamente grande! Ed è questo amore infinito, da cui mi sento avvolto e permeato, che mi fa entrare in un rapporto unico, personale con Te, di cui, pur nel mio piccolo, io voglio ricambiare l'amore. E se, nei rapporti affettivi tra persone che si amano, l'amore rende capaci di dare la vita per la persona amata, quanto più grande sarà la forza di dare anche la vita per annunciare al mondo la bellezza, la ricchezza e la profondità del tuo amore, o Dio, con la gioiosa certezza che Tu, in ogni istante, in ogni circostanza, sei al mio fianco come un prode valoroso!

 



18 Giugno 2017 - Liturgia Anno A: Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Dt 8, 2-3. 14b-16a

Ti ha nutrito di un cibo, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto.
Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi.
Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 147

Loda il Signore, Gerusalemme.

Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.
Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.
Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.


Seconda Lettura 1 Cor 10, 16-17

Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.


Vangelo Gv 6, 51-58

La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».


COMMENTO


    “Il Corpo di Cristo” dice il sacerdote, mostrando al fedele l’ostia consacrata. “Amen” è la risposta. Quell’ “Amen” è l’atto di fede del credente: “Sì, è così. Io credo che questa particola è veramente Gesù Cristo. Io credo che veramente sto per mangiare il mio Signore, il mio Dio!”.
    Se il cristiano, nel ricevere Gesù Eucaristia, fosse pienamente consapevole di ciò che sta avvenendo, dovrebbe sentire il suo cuore battere all’impazzata e dovrebbe trattenere il respiro, come si trattiene il respiro davanti a uno splendido spettacolo della natura, di fronte al quale le parole diventano solo un sacrilego rumore. E’ lo stupore profondo dell’essere, che percepisce quella bellezza come uno straordinario dono e che desidera solo farsi immergere in quella meraviglia, abbandonarsi in essa e da essa lasciarsi cullare.
    E’ veramente “folle” l’amore di Dio per l’essere umano! Non gli è bastato prenderne la natura (Lui, Dio, il Creatore, che si fa Uomo, prendendo la natura di una sua creatura!); non gli è bastato, per la salvezza di questa sua creatura ribelle, affrontare sofferenze indicibili, essere ridotto a brandelli, morire della morte più atroce e infamante, in un annientamento totale. Egli ha voluto addirittura farsi mangiare da questa sua creatura, perché essa potesse nutrirsi della vita divina e vivere alimentata da tale vita. Gli angeli stessi non hanno questo privilegio!
    Il brano odierno di Vangelo è costituito da un passo del discorso di Gesù sul “pane vivo disceso dal cielo”, un discorso talmente “strano”, da suscitare notevoli perplessità negli uditori, un discorso addirittura scioccante, che segnerà una svolta nel rapporto di Gesù con le folle che lo seguivano.
    Il giorno prima Gesù aveva compiuto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. La gente, visto quel grandioso miracolo, voleva farlo re. Ma Egli si ritira sulla montagna. Quindi, nella notte, cammina sul mare, per raggiungere gli apostoli, che, con la barca, si stanno dirigendo faticosamente, a causa del forte vento, verso la riva opposta, in direzione di Cafarnao. Coloro che avevano beneficiato della moltiplicazione dei pani e dei pesci Lo raggiungono, probabilmente convinti che Gesù avrebbe ripetuto il miracolo. Forse pensavano di avere risolto definitivamente il problema del nutrimento quotidiano. La reazione di Gesù è “dura” e li lascia sbigottiti. Gesù ha compreso che essi, diversamente dal giorno prima, in cui Lo avevano seguito per ascoltare la sua parola, ora, invece, Lo stanno cercando per sfruttarne i poteri. Ma Gesù non si lascia mai “usare”; Egli si dona agli uomini e si mette al loro servizio per amore, ma non permette agli uomini di strumentalizzarlo.
    Gesù cerca, quindi, di aiutare quelle persone ad andare oltre i bisogni materiali, che, come macigni, le tengono ancorate al suolo, impedendo loro di elevare lo sguardo e di guardare lontano. Ed ecco questo discorso del pane vivo disceso dal cielo, un discorso bellissimo, profondo, ma incomprensibile per quegli uomini e quelle donne “prigionieri” della loro fame di pane materiale, delusi, quindi, per il mancato secondo miracolo e “sordi” a qualsiasi discorso riguardante un “pane” diverso. “Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?” dicono “molti dei discepoli, dopo aver ascoltato” le parole di Gesù (Gv 6, 60). E “da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui” riferisce l’evangelista Giovanni nello stesso capitolo, al v. 66. Eppure, quegli uomini e quelle donne avevano visto Gesù compiere prodigi. Avrebbero dovuto fidarsi di Lui, anche se in quel momento le sue parole potevano sembrare loro quasi una follia. Avrebbero dovuto fare un salto di qualità, il salto della fede; invece…
    Con quale cuore Gesù deve avere osservato quei suoi discepoli andarsene ad uno ad uno! Essi Lo avevano abbandonato, perché Egli si era rifiutato di soddisfare una seconda volta la loro fame materiale. Ma Egli voleva e vuole soddisfare ben altra fame, quella fame che l’essere umano si porta dentro, nel profondo più profondo del suo cuore: fame di risposte alle domande fondamentali, esistenziali (io, uomo, chi sono? da dove vengo? perché esisto? che cosa avverrà di me dopo la morte fisica? ), fame di un senso pieno da dare alla vita, fame di amore vero, fame di eternità, fame di Dio.
    “Io sono la risposta alla tua fame più vera – dice Gesù a ogni uomo, a ogni donna -. Io posso darti tutto ciò di cui tu hai profondamente bisogno. Io sono la Via, la Verità e la Vita”.
    Vette altissime, proiettate verso l’infinito, mi vengono da Lui mostrate e la sua voce mi invita incessantemente ad alzare lo sguardo: “Non accontentarti della pianura, comoda, facile da percorrere, ma che ti fa vedere un orizzonte angusto. Sali, non ti stancare di salire, perché a ogni passo fatto verso la vetta, l’orizzonte diventerà sempre più ampio e il respiro sarà più libero”.
    Era questo il messaggio che Gesù desiderava dare a quegli uomini e a quelle donne che Egli aveva sfamato fisicamente, ma ai quali voleva dare infinitamente di più.
    E’ questo il messaggio che Egli vuole dare agli uomini e alle donne di ogni tempo, di ogni luogo. Anche oggi Gesù continua a fare quel discorso “duro”, difficile da intendere per chi non vuole andare al di là dei propri miopi bisogni, per chi si accontenta della banalità, della superficialità, della comodità, ma un discorso splendidamente liberante per chi cerca con cuore sincero la verità sulla propria esistenza, per chi cerca il cielo sopra di sé e alte vette sulle quali tenere fisso lo sguardo.
    “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo… Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno… Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”. Da duemila anni queste parole incredibili e sconvolgenti vengono dette dal Figlio di Dio a ogni persona. Vengono dette anche a me. Il mio Signore, per amore, mi invita a nutrirmi di Lui! E io, con gioia, accolgo il suo invito.
    Ho appena ricevuto Gesù Eucaristia. Non voglio masticarlo; Lo lascio sciogliere in bocca lentamente, desidero sentirlo “fisicamente” il più possibile. Ed Egli, dentro di me, continua a dirmi: “Vedi, tu, che Mi hai mangiato, rimani in Me e Io rimango in te”. Ecco il meraviglioso miracolo che il mio Signore compie venendo in me: mi fonde con Lui, creando tra Lui e me una comunione intima, totale. Gesù mi dona Se stesso, per trasformarmi in Lui. Egli, Figlio di Dio, aiuta me a vivere da figlio di Dio, pieno della vita stessa di Dio. Si comprende, allora, quella bellissima espressione di S. Paolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2, 20).
    “La gioia del Signore sia la nostra forza. Andate in pace” è il saluto del celebrante. Sì, io vado in pace, perché ho ricevuto dentro di me il Dio della pace. Cristo è in me e mi chiede di portare, dovunque io vada, la pace e la gioia di cui Egli ha inondato il mio essere.

11 Giugno 2017 - Liturgia Anno A: Santissima Trinità

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Es 34, 4b-6. 8-9

Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso.
Dal libro dell‘Èsodo

In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».
Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».


Salmo Responsoriale Dn 3,52.56

A te la lode e la gloria nei secoli.

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo.
Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso.
Benedetto sei tu sul trono del tuo regno.
Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini.
Benedetto sei tu nel firmamento del cielo.


Seconda Lettura 2 Cor 13, 11-13

La grazia di Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi.
Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.


Vangelo Gv 3, 16-18

Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Dal vangelo secondo Giovanni

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».


COMMENTO


    “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. E un segno di croce fatto su se stessi accompagna tali parole. In un gesto semplice e in una brevissima frase sono contenuti i due misteri principali della fede: unità e trinità di Dio; incarnazione, passione, morte e resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Sono queste le fondamenta su cui poggia tutta la costruzione teologica ed esistenziale del cristiano.
    Nella solennità odierna la Chiesa contempla il primo di questi due misteri: Dio Uno e Trino.
    E’ da vertigine un tale mistero (del resto, non è forse tutto da vertigine il mistero di Dio?), ma Dio stesso ha voluto prendere la natura umana e parlare il nostro linguaggio, per farci entrare nelle profondità del suo mistero e rivelarcelo, togliendo al mistero la sua caratteristica di oscurità.
    “Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” scrive l’apostolo Giovanni nel prologo del suo Vangelo (Gv 1,18).
    E Gesù ci ha rivelato anche l’esistenza di un altro componente della “Famiglia” divina: lo Spirito Santo. “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito, perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità… Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,16-17a.26).
    Mai la mente umana avrebbe potuto immaginare che Dio potesse essere trinitario: tre Persone aventi la stessa natura, quella divina, e, nello stesso tempo, “distinte”, diverse l’una dall’altra, anche nei loro ruoli, come si proclama nel “Credo”.
    “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose , visibili e invisibili”.
    “Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre… Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo. Siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine”.
    Nel brano odierno di Vangelo Gesù dice a Nicodemo: “Dio (il Padre) ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. Come si può, allora, avere paura di Dio, dopo queste splendide, rassicuranti parole di Gesù? In Lui noi siamo in una botte di ferro di fronte al Padre, poiché Egli è sempre davanti al Padre a intercedere per questi suoi “fratelli adottivi”, che siamo noi.
    Gesù, il Figlio di Dio, è il nostro Redentore, Colui che, fattosi Uomo, con la sua passione, morte e resurrezione ha permesso all’umanità di riacquistare la comunione con Dio interrotta al momento del peccato originale, una comunione che, in Lui, è diventata figliolanza; in Gesù, infatti, ogni uomo e ogni donna, resi figli nel battesimo, possono rivolgersi al Padre chiamandolo teneramente e affettuosamente “Abbà” (parola aramaica, che significa “papà”).
    “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato…”.
    Dai credenti lo Spirito Santo non è molto conosciuto; raramente, o quasi mai, Lo si invoca. Eppure… Egli è il Vivificatore, Colui che “dà la vita” di Dio. E’ Lui che nei sacramenti agisce con tutta la sua potenza e trasforma la stessa sostanza (nel battesimo la natura umana viene divinizzata; durante la messa il pane e il vino vengono trasformati nel corpo e nel sangue di Gesù,…).
    Lo Spirito Santo è anche “Spirito della verità”, come Lo definisce Gesù. E’ Lui, infatti, che, entrando nell’essere umano, ne illumina lo spirito e la mente, rendendolo capace di comprendere profondamente tutto ciò che riguarda Dio e di “vedere” ogni cosa con gli stessi occhi e lo stesso cuore di Dio.
    Lo Spirito Santo è anche forza ed entusiasmo nel vivere la propria fede. In Atti 1,8 Gesù, poco prima di ritornare al Padre, dice ai suoi apostoli: “Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”. E’ Lo Spirito Santo che fa affrontare, per la propria fede, anche difficoltà e sofferenze che umanamente farebbero arrendere il cuore. Ma questo cuore di uomo non è più un cuore soltanto umano; dentro di esso, per mezzo del battesimo, palpita la vita stessa di Dio, un Dio che è Amore, come viene proclamato in tutte e tre le letture odierne, un Dio, la cui essenza, quindi, è l’amore stesso. E “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).
    Dio è Amore. E l’amore presuppone una relazione. Un Dio–Amore non poteva essere solitario. Ed ecco la splendida Trinità, la realtà divina caratterizzata da una relazione fra Persone che si amano infinitamente e che vivono in uno stupendo, continuo scambio di amore.
    Trinità: comunione d’amore. E a questa comunione le tre Persone divine hanno voluto far partecipare anche l’essere umano, creatura debole, fragile, eppure tanto preziosa ai loro occhi.
    Come posso, allora, io, creatura, non contemplare stupita la “follia” dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, che hanno voluto afferrare la mia esistenza e immergerla nelle profondità della loro relazione d’amore?
    Questo Dio Uno e Trino dice a ogni persona: “Vieni, entra a far parte di Noi!”. E ogni persona che risponde: “Sì, vengo!” diventa tassello vivo di uno splendido puzzle ideato, sognato dal cuore di Dio: una umanità divinizzata, una famiglia umana, in cui, circolando nei suoi componenti l’amore di Dio, si possa “vedere” la stessa vita di comunione che, come acqua di sorgente sempre fresca e sempre nuova, scorre con infinita potenza d’amore nella Santissima Trinità.

04 Giugno 2017 - Liturgia Anno A: Pentecoste

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura At 2, 1-11

Tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare.
Dagli atti degli apostoli

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 103

Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.
Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.


Seconda Lettura 1 Cor 12, 3b-7. 12-13

Noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo

Fratelli, nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo.
Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune.
Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.


Vangelo Gv 20, 19-23

Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi. .
Dal vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».



COMMENTO


    Pentecoste: lo Spirito Santo fa irruzione con tutta la sua potenza nel cuore dell’essere umano, che diventa, così, dimora di Dio. E una creatura, per di più ribelle al suo Creatore, viene attirata, per un miracolo d’amore, dentro la vita della Trinità e resa partecipe di tale vita. Ecco il compimento dell’opera redentrice di Cristo. Ecco il frutto della Pasqua. Il Figlio di Dio si è fatto uomo, ha affrontato la passione e la morte ed è risorto proprio perché si realizzasse questo incredibile, straordinario progetto dell’amore di Dio per ogni uomo, per ogni donna che Egli chiama all’esistenza. La redenzione non è costituita solo dal perdono dei peccati; è molto di più, è infinitamente di più; è questa irruzione della vita stessa di Dio nell’essere umano, che viene reso, in tal modo, anche divino; è l’invito-dono, che Dio fa a ogni persona, a condividere la vita della Trinità. La persona viene attirata dentro il cuore stesso di Dio, viene “chiamata” a farsi permeare della vita di Dio e a diventare, nel mondo, “visibilità” di Dio stesso.
    “Chi ha visto me ha visto il Padre” ha detto Gesù (Gv 14, 9).
    “Chi vede me deve poter vedere il volto di Dio” dovrebbero dire tutti coloro che, nel battesimo, hanno ricevuto lo Spirito Santo, divenendo, così, figli di Dio e, come tali, somiglianti al Padre attraverso la somiglianza con Gesù.
    Pentecoste: miracolo dell’amore di Dio, miracolo davanti al quale ogni battezzato dovrebbe rimanere senza fiato per lo stupore e la gratitudine e di cui, in ogni istante, dovrebbe essere gioioso testimone, come testimoni pieni di entusiasmo e di gioia furono gli apostoli appena riempiti di Spirito Santo. Erano uomini semplici, senza cultura, piccoli, poveri uomini pieni di paure e di titubanze. Avevano vigliaccamente abbandonato il loro Signore nell’ora più tragica, avevano dubitato della resurrezione di Gesù annunciata loro dalle donne al mattino di Pasqua. E ora eccoli, quegli stessi uomini, trasformati in leoni, pieni di coraggio. Lo Spirito Santo è appena sceso su di loro come un vento impetuoso e come fuoco che purifica e infiamma. Paura, viltà, dubbi: tutto è ormai svanito, disciolto come neve al sole. Quello Spirito, che li ha appena riempiti di Sé, li spinge fuori dal luogo sicuro in cui si trovano, li proietta, li “catapulta” quasi, in mezzo a una folla eterogenea costituita da “Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo” (prima lettura). E avviene il primo, grande miracolo del dono dello Spirito: la Buona Novella annunciata dagli apostoli viene intesa da ciascuno degli ascoltatori nella propria lingua. Il primo annuncio fatto dalla Chiesa (è, infatti, con la discesa dello Spirito Santo che la Chiesa ha inizio) presenta la caratteristica dell’universalità. Viene, così, annullata la divisione fra i popoli, che dall’autore del racconto della torre di Babele, narrato nel libro della Genesi (prima lettura della messa vespertina nella vigilia), viene fatta risalire all’orgoglio degli uomini, i quali, parlando ancora una sola lingua, avevano deciso di costruire una torre che toccasse il cielo, quasi a sfidare Dio. Questi, per impedire la realizzazione di tale opera, confuse le lingue degli uomini, bloccando, in tal modo, il proseguimento della loro presuntuosa collaborazione.
    E’ la storia di sempre; è l’essere umano che vuole sempre sentirsi Dio, che vuole ergersi con le sue forze fino a Dio o, addirittura, vuole prenderne il posto. E’ l’Adamo di ogni tempo e di ogni luogo. E, purtroppo, l’orgoglio e la superbia costituiscono sempre motivo di rivalità, di gelosia, di invidia, di lotte all’interno delle famiglie e delle nazioni, mettendo uomo contro uomo, popolo contro popolo. E’ l’umanità divisa, lacerata e, per questo, sofferente.
    E Dio interviene con il suo amore. E’ umile Dio, perché, dall’alto della sua onnipotenza, scende verso questa sua creatura, ne assume addirittura la natura, in un incredibile atto d’amore. E’ misericordioso Dio, il cui cuore pieno di tenerezza si china sulla miseria e sull’infelicità dell’essere umano distrutto dal suo stesso orgoglio e incapace, dopo il peccato originale, di ritrovare, con le sue sole forze, la sua identità e la sua dignità.
    Ed ecco, lo Spirito Santo, conquistatoci da Gesù con la sua passione, morte e resurrezione, scende con potenza sugli apostoli e, attraverso la loro testimonianza, rivela il mistero di Dio a uomini provenienti da ogni parte del mondo allora conosciuto. E, laddove l’orgoglio e la superbia dell’essere umano avevano creato incomprensioni e divisioni, l’amore di Dio riannoda i fili della comunicazione fra gli uomini, rendendoli capaci di un linguaggio unico, quello del cuore, quello dell’amore.
    “Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra”. Nella semplicità di questa preghiera, ritornello del salmo responsoriale, è descritta la meravigliosa azione di Dio a favore dell’essere umano. Dio ha dato vita a una nuova creazione! Un fiume d’acqua viva è stato immesso nell’arido deserto dell’umanità. E ogni persona inondata di tale acqua diventa, a sua volta, canale attraverso il quale Dio vuole raggiungere gli altri suoi figli assetati.
    Un giorno “Gesù, ritto in piedi, gridò: ‘Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva’. Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui” (Gv 7, 37- 39) (Vangelo della messa vespertina nella vigilia).
    Sì, è il mio “innesto” in Gesù per mezzo del battesimo che immette nelle “vene” del mio essere lo Spirito Santo; è la stessa vita divina che, da quel momento, comincia a scorrere in me. E io, portatore di questa acqua viva, divento, nella mia libertà, strumento del mio Dio, affinché Egli, attraverso me, possa dissetare con l’abbondanza della sua acqua i tanti “deserti” che, per le strade del mondo, attendono di fiorire.