30 Luglio 2017 - Liturgia Anno A: XVII Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura 1 Re 3, 5. 7-12

Hai domandato per te di comprendere.
Dal primo libro dei Re

In quei giorni a Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda».
Salomone disse: «Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per la quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?».
Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 118

Quanto amo la tua legge, Signore!

La mia parte è il Signore:
ho deciso di osservare le tue parole.
Bene per me è la legge della tua bocca,
più di mille pezzi d’oro e d’argento.
Il tuo amore sia la mia consolazione,
secondo la promessa fatta al tuo servo.
Venga a me la tua misericordia e io avrò vita,
perché la tua legge è la mia delizia.
Perciò amo i tuoi comandi,
più dell’oro, dell’oro più fino.
Per questo io considero retti tutti i tuoi precetti
e odio ogni falso sentiero.
Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti:
per questo li custodisco.
La rivelazione delle tue parole illumina,
dona intelligenza ai semplici.


Seconda Lettura Rm 8, 28-30

Ci ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno.
Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.
Canto al Vangelo Cf Mt 11,25
Alleluia, alleluia.
Ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.
Alleluia.


Vangelo Mt 13, 44-52 (Forma breve 13, 44-56)

Vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Dal vangelo secondo Matteo

[ In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. ]
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».


COMMENTO


    “Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda”. Se in questo momento sentissimo rivolte a noi, da parte di Dio, tali parole, che un giorno si è sentito rivolgere Salomone (prima lettura), chissà quali sarebbero le nostre richieste? Con molta probabilità per prima cosa chiederemmo la salute per noi e per i nostri cari (quante volte avremo sentito dire o l’abbiamo detto noi stessi: “Se c’è la salute, c’è tutto”?), quindi chiederemmo il lavoro, l’amore e poi, via via, tutto ciò che ci farebbe sentire perfettamente realizzati. Per questo la risposta di Salomone potrà sorprenderci. La sua richiesta (la saggezza, la sapienza del cuore) sarebbe stata probabilmente l’ultima cosa che noi avremmo chiesto, se fossimo stati al suo posto.
    La sapienza del cuore. E’ uno dei sette doni dello Spirito Santo ed è un dono fondamentale per vivere secondo Dio. Questo dono, infatti, ci fa “vedere” e valutare tutto e tutti con la sua mente e il suo cuore. Avere questo dono significa avere la capacità di sapere che cosa è buono e giusto agli occhi di Dio, avere la capacità, quindi, di giudicare con il suo metro di giudizio, di prendere le decisioni che prenderebbe Lui, di fare le scelte che farebbe Lui.
    Ecco, allora, l’identikit del cristiano. E’ cristiano colui che, avendo nel battesimo ricevuto la vita stessa di Dio, divenendone figlio, riceve da questo Dio tutto Se stesso, quindi anche il suo modo di “discernere”, cioè di giudicare e di decidere. Pensare come Dio, avere i suoi stessi sentimenti: ecco la somiglianza di ogni battezzato con il Padre. Innestato in Gesù, l’essere umano, da semplice creatura, diventa figlio, che, come scrive l’apostolo Paolo ai Romani (seconda lettura), è stato dal Padre “predestinato a essere conforme all’immagine del Figlio suo”. E’ lo Spirito Santo che attua questa meravigliosa trasformazione . E’ Lui che, come un artista scultore, forma in ogni battezzato l’immagine di Gesù, il modello perfetto. Il cristiano è, quindi, colui che nel suo modo di pensare e di agire, in ogni sua fibra, in ogni suo respiro deve assomigliare a Gesù e, in Lui, assomigliare anche al Padre, poiché Gesù e il Padre sono una cosa sola. “Chi ha visto me, ha visto il Padre” ha risposto un giorno Gesù all’apostolo Filippo che gli aveva chiesto: “Mostraci il Padre e ci basta”(Gv 14, 8-9). Anche il cristiano dovrebbe poter dire: “Chi vede me, deve poter vedere Gesù e il Padre”, pur con umiltà e infinita gratitudine, nella profonda consapevolezza che tale somiglianza è un dono gratuito di Dio, un dono che egli semplicemente accoglie e fa crescere dentro di sé con disponibilità e docilità all’azione potente dello Spirito.
    Assomigliare a Gesù e al Padre, essere nel mondo “trasparenza” del Padre e del Figlio: ecco la splendida, incredibile missione di ogni battezzato; ecco ciò che fa sentire perfettamente realizzati ogni uomo, ogni donna, la cui “chiamata” fondamentale è quella di diventare figli di Dio, somiglianti profondamente a Gesù, “perché egli sia il primogenito tra molti fratelli”, come scrive ancora Paolo nella seconda lettura.
    Allora diventa chiaro a che cosa conduce la sapienza del cuore. E’ questo dono dello Spirito Santo che ci fa comprendere che cosa è veramente importante per l’essere umano, qual è il vero “tesoro” da cercare e da acquistare a ogni costo, perché è in quel tesoro che ogni persona trova il senso della sua vita, la sua piena realizzazione e, quindi, la sua più vera e più profonda felicità.
    “Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda”. Lo dici anche a me, Signore. Come Salomone, anch’io ti chiedo la sapienza del cuore. Donami, o Dio, la tua mente e il tuo cuore, perché io possa “vedere” tutto e tutti con i tuoi stessi occhi e camminare nel mondo con la luce della tua Presenza dentro di me.

23 Luglio 2017 - Liturgia Anno A: XVI Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Sap 12, 13. 16-19

Dopo i peccati, tu concedi il pentimento.
Dal libro della Sapienza

Non c’è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose,
perché tu debba difenderti dall’accusa di giudice ingiusto.
La tua forza infatti è il principio della giustizia,
e il fatto che sei padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti.
Mostri la tua forza
quando non si crede nella pienezza del tuo potere,
e rigetti l’insolenza di coloro che pur la conoscono.
Padrone della forza, tu giudichi con mitezza
e ci governi con molta indulgenza,
perché, quando vuoi, tu eserciti il potere.
Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo
che il giusto deve amare gli uomini,
e hai dato ai tuoi figli la buona speranza
che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 85

Tu sei buono, Signore, e perdoni.

Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi t’invoca.
Porgi l’orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce delle mie suppliche.
Tutte le genti che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, Signore,
per dare gloria al tuo nome.
Grande tu sei e compi meraviglie:
tu solo sei Dio.
Ma tu, Signore, Dio misericordioso e pietoso,
lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà,
volgiti a me e abbi pietà.


Seconda Lettura Rm 8, 26-27

Lo Spirito intercede con gemiti inesprimibili.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio.


Vangelo Mt 13, 24-43 (Forma breve Mt 13,24-30) **

Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura._*
Dal vangelo secondo Matteo

[ In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece ri! ponètelo nel mio granaio”». ]
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
«Aprirò la mia bocca con parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».


COMMENTO


    Solitamente si ritiene che un uomo violento e prepotente sia forte. Di fronte a lui si trema; si ha timore della sua forza. Opporsi a lui, mettersi contro di lui può essere rischioso; la sua forza può scatenarsi con veemenza e può fare male. A lui, quindi, si preferisce obbedire; davanti a lui si tende ad abbassare il capo in segno di sottomissione; il rapporto con lui è all’insegna della paura e, quindi, del servilismo, della schiavitù psicologica e, spesso, anche morale. Di fronte al rischio di una violenza che può fare molto male si preferisce scendere anche a compromessi con la propria coscienza, pur di “stare tranquilli”. E, purtroppo, non è raro, soprattutto nel mondo giovanile, che il più prepotente nel “branco” sia non solo il più temuto, ma anche, per un errato senso della forza, il più stimato e, quindi, il più seguito nelle sue idee e nelle sue azioni, con tutte le drammatiche conseguenze che ciò può comportare.
    Ma veramente un prepotente è forte? Non occorre avere fatto approfonditi studi di psicologia per avere la risposta; è sufficiente leggere con attenzione la prima lettura, per comprendere che cos‘è la vera forza e quali sono gli atteggiamenti di chi è veramente forte. “La tua forza, o Dio, è il principio della giustizia; e il fatto che sei padrone di tutti ti rende indulgente con tutti. Mostri la tua forza, quando non si crede nella pienezza del tuo potere, e rigetti l’insolenza di coloro che pur la conoscono. Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza, perché tu eserciti il potere quando vuoi”. Così scrive l’autore del libro della Sapienza. E in queste poche righe troviamo una profonda saggezza, che ci fa entrare nel cuore e nella mente di Dio e ci fa comprendere perfettamente il suo modo di pensare e il perché del suo agire con infinita misericordia. Egli è Colui che “ha cura di tutte le cose”, perché Egli le ha create con infinito amore e con lo stesso infinito amore le segue e ne ha cura, affinché per ogni cosa si realizzi il massimo bene. E particolare cura questo Dio riserva alla sua creatura prediletta, l’essere umano. Nel racconto della creazione, che troviamo nel libro della Genesi, è scritto, infatti, che Dio, nel creare cielo, terra, animali e piante, “vide che era cosa buona”, ma, dopo aver creato l’essere umano, “vide che era cosa molto buona” (Gen 1, 25. 31). E, se Egli cura con amore gli uccelli del cielo e i gigli del campo, con quanto più amore si prende cura del bene del suo capolavoro!
    L’eternità insieme a Dio: ecco il destino ultimo a cui il Creatore ha chiamato questa sua creatura. Alla tavola imbandita del Paradiso Dio ha preparato un posto per ogni uomo e ogni donna che Egli chiama all’esistenza e desidera che ognuno occupi il proprio posto per l’eternità; ogni posto rimasto vuoto è un dolore nel suo cuore di Padre, perché un suo figlio rimarrà eternamente lontano da Lui, avendo scelto, nella sua vita terrena, di non avere alcun rapporto con Lui, una scelta che continua, in maniera definitiva, dopo la morte. E Dio, l’Onnipotente, che, per avere accanto a Sé per l’eternità ogni persona da Lui creata, ha sacrificato il suo stesso Figlio (poter diventare, per mezzo del battesimo, figli di Dio e vivere in eterno con Lui: ecco ciò che ci è stato conquistato dal Figlio di Dio con la sua incarnazione, la sua passione, la sua morte e la sua resurrezione, ciò che viene chiamato “salvezza”), non può costringere nessuno ad accettare questo suo dono. Dio, che è Amore e ha voluto che l’essere umano fosse libero di entrare o no in un rapporto d’amore filiale con Lui, ha, in qualche modo, “rinunciato” a esercitare la sua onnipotenza per rispettare la libertà di scelta di questa sua creatura. E, quando una persona vive in mezzo all’umanità come zizzania, Dio non si affretta a toglierla dal mondo. Il suo cuore di Padre non si arrende; continua a sperare che essa si ravveda e ritorni a casa, come il figliol prodigo, e diventi grano.
    Infinita è la mitezza di Dio nel giudicare gli uomini, infinita la sua indulgenza, proprio perché è l’amore il suo metro di giudizio e la sua onnipotenza di Dio è sempre messa al servizio del suo amore di Padre. Ecco perché non dobbiamo avere paura dell’onnipotenza del nostro Dio; è il suo amore che ci fa sentire sicuri tra le sue braccia. Io, essere umano, sono fragile, debole, peccatore, ma non è la paura che invade il mio cuore, quando mi sento in colpa dinanzi al mio Dio, perché nel suo sguardo non vedo un giudizio di condanna, ma un’infinita misericordia e l’immensa gioia di un “Abbà” (“Papà”), che riabbraccia un suo figlio che per un po’ si era allontanato da casa.
    “Hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento”. Con queste parole si conclude il brano del libro della Sapienza. Sono consolanti tali parole, perché assicurano il cuore umano che non esiste alcun peccato che possa essere più forte della misericordia di Dio. Ogni persona può avere la certezza che, dopo aver sperimentato i frutti amari della propria fragilità e dei propri errori, da Dio le verrà sempre concessa la possibilità di pentirsi e di vivere una nuova vita, ricca di frutti buoni.
    Veramente splendide le parole con cui si chiude la prima lettura. E spalancano il mio cuore alla tenerezza e alla dolcezza della “forza” del mio Dio.

16 Luglio 2017 - Liturgia Anno A: XV Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Is 55, 10-11

La pioggia fa germogliare la terra.
Dal libro del profeta Isaia

Così dice il Signore:
«Come la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina
e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 64

Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.

Tu visiti la terra e la disseti,
la ricolmi di ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu prepari il frumento per gli uomini.
Così prepari la terra:
ne irrìghi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.
Coroni l’anno con i tuoi benefici,
i tuoi solchi stillano abbondanza.
Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza.
I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di messi:
gridano e cantano di gioia!


Seconda Lettura Rm 8, 18-23

L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.


Vangelo Mt 13,1-23 (Forma breve Mt 13,1-9)

Il seminatore uscì a seminare.
Dal vangelo secondo Matteo

[ Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». ]
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

COMMENTO


    Signore, sei sulla riva del mare. Forse vuoi riposarti un po’. Ma, ecco, una folla si avvicina a Te, una folla talmente numerosa che Tu non puoi più restartene sulla riva; i primi si stringono a Te e impediscono che il tuo sguardo e la tua voce possano raggiungere i più lontani. Sali su una barca e da lì cominci a parlare a quella moltitudine accorsa per ascoltarti.
    Ci sono anch’io, Signore, in mezzo a quella folla, anche se, da quel giorno, sono trascorsi duemila anni. Le tue parole, infatti, una volta dette, sono per sempre e sono per ogni persona che viene in questo mondo; sono anche per me.
    Ti ascolto. La parabola che racconti parla di semi gettati da un seminatore.
    E’ un po’ strano questo Seminatore, perché non semina soltanto dove sarebbe logico che seminasse, su un terreno fertile e ben preparato ad accogliere il seme; semina a piene mani dovunque, in qualunque luogo, su qualsiasi tipo di terreno; semina in ogni uomo, in ogni donna, in ogni tipo di cuore. E’ generoso questo Seminatore; ed è molto fiducioso. Come dice lo splendido brano del profeta Isaia (prima lettura), Egli ha la certezza che la sua parola sarà efficace: “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”. Mi commuove tanta fiducia, perché anche in me Dio ripone questa sua immensa fiducia.
    Hai concluso il racconto, Signore; ma stavolta non ti limiti alla narrazione della parabola, come sei solito fare; stavolta ne dai anche la spiegazione e questo dà a tale parabola un valore speciale. Stai parlando, di fatto, della Parola di Dio donata in abbondanza all’umanità ed è importante che ogni persona sia consapevole che il senso, il valore e lo spessore della sua vita dipendono dall’ascolto e dalla comprensione profonda di tale Parola. La felicità piena dell’essere umano è data proprio dal saper ascoltare e dal mettere in pratica la Parola di Dio. L’hai detto Tu stesso, Signore, aggiungendo un’altra beatitudine a quelle che avevi enunciate precedentemente. A una voce, che si era levata dalla folla e che aveva proclamato: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”, Tu hai risposto: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Lc 11, 27-28).
    Rileggo lentamente e riascolto con attenzione, nel profondo del mio cuore, questa tua parabola, Signore, e, particolarmente, la spiegazione che ne dai. Ora sollevo gli occhi verso di Te; incontro il tuo sguardo. E’ uno sguardo intenso; vi leggo tutto il tuo amore, ma anche una domanda: “ E tu, che terreno vuoi essere?”. Ripenso alla prima lettura ed è lì che trovo la risposta da darti. Vorrei essere come quella terra bagnata dalla pioggia e dalla neve, che scendono dal cielo e la fecondano e la fanno germogliare, facendole dare il seme al seminatore e il pane da mangiare. Vorrei essere inondata in ogni mia fibra dall’acqua potente dello Spirito Santo, il quale illumina e mi fa comprendere profondamente il senso di tutto ciò che Tu, Gesù, hai detto e mi dà l’entusiasmo, la forza e la costanza di vivere ogni tua parola nella quotidianità della mia esistenza, rendendola feconda, di quella fecondità dell’amore che, senza fare cose eclatanti, straordinarie, ma con la forza silenziosa, eppure dirompente, del seme che spacca la terra, dà a ogni uomo, a ogni donna il vero “pane”, l’unico che può soddisfare la fame più profonda del cuore umano, la fame del senso vero della vita, la fame di Te, o Dio.
    Ecco, Signore, il terreno che vorrei essere. Aiutami a essere questo terreno.

09 Luglio 2017 - Liturgia Anno A: XIV Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Zc 9, 9-10

Ecco, a te viene il tuo re umile.
Dal libro del profeta Zaccaria.

«Esulta grandemente, figlia di Sion,
giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso,
umile, cavalca un asino,
un puledro figlio d’asina.
Farà sparire il carro da guerra da Èfraim
e il cavallo da Gerusalemme,
l’arco di guerra sarà spezzato,
annuncerà la pace alle nazioni,
il suo dominio sarà da mare a mare
e dal Fiume fino ai confini della terra».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 144

Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.
Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.


Seconda Lettura Rm 8, 9. 11-13

Se mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.
E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.


Vangelo Mt 11, 25-30

Io sono mite e umile di cuore.
Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».


COMMENTO


    Gesù, siamo abituati a vederti quasi sempre in croce; è, quindi, un po' difficile immaginarti sorridente o addirittura “esultante di gioia nello Spirito Santo”, come ti presenta l’evangelista Luca (10, 21), narrando lo stesso episodio descritto da Matteo nell’odierno brano di Vangelo. E sembra di vederti in tutta la tua altezza, il volto teso verso il cielo, verso il Padre, con un'espressione di felicità, mentre la tua voce dolce e, nello stesso tempo, intensamente tonante “penetra” il cielo in una delle tue più belle e gioiose “comunicazioni” con il Padre. Quale amore, quale gratitudine di fronte al modo di agire del Padre celeste! “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza”. Splendida questa tua preghiera, Gesù, che ci fa entrare, senza fatica mentale, dentro il cuore del Padre, che ci fa comprendere quali sono le condizioni interiori che il Padre ci chiede per poterci parlare, per farci comunicare con Lui.
    Egli, che è “Signore del cielo e della terra”, cioè il Creatore e il Dominatore dell'universo, vuole entrare in una profonda comunione con l'essere umano, ma, per realizzare questo suo “sogno” d'amore, ha bisogno di trovare in questa sua creatura infinitamente amata un atteggiamento fondamentale: la consapevolezza, permeata di stupore e di gratitudine, del suo essere “creatura”, cioè un essere che esiste, perché la volontà di un Creatore l'ha voluto far esistere, un essere, quindi, consapevole della sua “dipendenza” dal suo Creatore, consapevole della sua piccolezza e fragilità, della sua intelligenza limitata, anche quando estremamente acuta, della sua impossibilità di poter compiere l'impossibile, un essere, quindi, con la perfetta consapevolezza di non essere Dio e, quindi, di non potersi mai mettere al posto di Dio in tutto ciò che riguarda la sfera del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto, della verità e della menzogna. Non era stata questa la tentazione a cui Satana aveva sottoposto Adamo ed Eva per farli cedere? Alla donna, che aveva timidamente risposto: “... Del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino (dell'Eden) Dio ha detto: Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”, il serpente aveva risposto: “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”(Gen 3, 3-5). La conoscenza del bene e del male é, infatti, considerata da sempre una prerogativa di Dio, poiché tale conoscenza corrisponde alla verità; e solo Dio conosce la verità; anzi, è Egli stesso la Verità. Ecco perché Gesù, parlando di Sé, si è definito“Via, Verità e Vita”, affermando chiaramente, in tal modo, di essere Figlio di Dio.
    Consapevolezza di essere una creatura: ecco l'umiltà, questo atteggiamento interiore, da cui dipende il corretto rapporto con Dio Creatore, questo Dio “datore di ogni bene”, da cui l'essere umano si sente amato, salvato, protetto, guidato nel cammino della sua esistenza. E' l'umiltà (dal latino “humus”, “terra”) che mi fa stare al giusto posto nel mio rapporto con Dio (io, essere umano, sono una creatura; Egli, Dio, è il mio Creatore), è l'umiltà che mi fa mettere in ascolto profondo di Lui, che io so essere la Verità, che mi illumina sul senso del mio vivere e del mio morire, che dà pieno significato alla mia esistenza terrena permeandola di quella eternità a cui il mio Dio mi ha destinato nel suo infinito amore per me.
    L'umile non è, come spesso si crede, colui che evita di riconoscere le sue capacità. Le capacità, che ogni persona si ritrova, non sono altro, infatti, che i talenti che Dio le ha dato per costruire con essi il suo Regno; non riconoscerli potrebbe costituire, alla fin fine, un'offesa a Dio stesso, un non saper vedere i doni di cui Egli arricchisce ogni uomo e ogni donna che Egli chiama all’esistenza. L'umile, invece, è colui che, vedendo in sé i talenti, non se ne vanta, non se ne appropria, usandoli per il proprio orgoglio e il proprio tornaconto, ma, nella verità, li ascrive a Dio Creatore, riconoscendo umilmente che quei talenti non sono altro che le meraviglie che Dio ha compiuto e continuamente compie in lui. Ed ecco, come atteggiamento consequenziale, l'ascolto, quel desiderio profondo del cuore e della mente di sentir “parlare” Dio, di voler comprendere che cosa Egli mi vuole rivelare di Sé e che cosa Egli desidera da me.
    E io ringrazio Te, Gesù, l'Umile per eccellenza, perché Tu, che sei Dio, hai preso la natura di una tua creatura per donarle la tua vita divina. Ti ringrazio, perché Tu, a cui “tutto è stato dato dal Padre tuo”, non hai trattenuto nulla per Te, ma tutto hai voluto donare a questi tuoi “fratelli”, che siamo noi uomini. Ciò che di più prezioso avevi, il Padre, non l'hai conservato per Te come un tesoro geloso, ma, nella tua infinita generosità, ce ne hai fatto dono. “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo” hai detto quel giorno ai “piccoli” che ti stavano ascoltando. Un grazie immenso, perché anche oggi Tu ci hai dischiuso un po' di più la porta di quel mistero meraviglioso che è il cuore del Padre.   

02 Luglio 2017 : Liturgia Anno A: XIII Domenica del Tempo ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura  2 Re 4,8-11.14-16a
Costui è un uomo di Dio, un santo; rimanga qui.

Dal secondo libro del Re.

Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c'era una donna facoltosa, che l'invitò con insistenza a tavola. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei. Essa disse al marito: «Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Prepariamogli una piccola camera al piano di sopra, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare».
Recatosi egli un giorno là, si ritirò nella camera e vi si coricò.
Eliseo chiese a Giezi suo servo: «Che cosa si può fare per questa donna?». Il servo disse: «Purtroppo essa non ha figli e suo marito è vecchio». Eliseo disse: «Chiamala!». La chiamò; essa si fermò sulla porta. Allora disse: «L'anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio»
.
 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 88

Canterò per sempre la tua misericordia.

Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
perché hai detto: «La mia grazia rimane per sempre» ;
la tua fedeltà è fondata nei cieli.

Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.

Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele. 



Seconda Lettura   Rm 6, 3-4. 8-11

Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a Cristo nella morte,
perché possiamo camminare in una vita nuova.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova.
Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. 

Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio.
Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù. 

 


Canto al Vangelo  1 Pt 2,9

Alleluia, alleluia.

Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa;
proclamate le grandezze di Dio, che vi ha chiamato
dalle tenebre all'ammirabile sua luce.

Alleluia.

   
   
Vangelo   Mt 10, 37-42

Chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me.
Chi accoglie voi, accoglie me.

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.
E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa». 



COMMENTO


   “Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso”. Splendido atto di fede del profeta Geremia! E' tale certezza che fa essere quest'uomo sicuro e forte di fronte ai suoi persecutori, i quali lo odiano per le parole che Dio, attraverso lui, dice al suo popolo, ma che i capi politici e militari non vogliono accettare, perché esse vanno contro i loro progetti di prestigio e di potere. Geremia dà fastidio; deve essere, quindi, eliminato. Una vita tremendamente difficile la sua. Chiamato da Dio alla missione profetica nel 626 a.C., appena ventiquattrenne, Geremia vive in prima persona la tragedia della rovina del popolo d'Israele, che culminerà con la distruzione del tempio di Gerusalemme a opera di Nabucodonosor e l'esilio babilonese. I vari re che si succedono sul trono di Davide durante la sua missione di profeta vogliono ascoltare da lui parole di approvazione dei loro tentativi di opporsi al nemico, ma egli deve proclamare una parola completamente diversa, una parola che annuncia rovina e sventura. Sarà proprio lui a dover profetizzare i settanta anni di esilio in Babilonia. Accusato di disfattismo, viene perseguitato e incarcerato, pagando un prezzo altissimo per la sua fedeltà al Signore e alla missione affidatagli.
   “Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso”. Quante volte i cristiani dei primi secoli si saranno detti questa frase, mentre affrontavano i giudici nei tribunali pagani, mentre sostenevano tremende battaglie interiori per rimanere fedeli al loro Signore sotto la minaccia di torture e di morti orribili, mentre guardavano negli occhi i leoni che, nelle arene dell'impero romano, si avvicinavano a loro per sbranarli o mentre venivano condotti davanti a quelle croci su cui sarebbero stati inchiodati! E con quale forza dovevano risuonare nel loro cuore le parole di Gesù: “Non temete gli uomini,... non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima,... non abbiate dunque timore...”!
    Sono le parole che troviamo nell'odierno brano di Vangelo, un brano abbastanza breve, eppure in pochi versetti l'invito di Gesù a non temere viene ripetuto per ben tre volte, inserito in un più ampio discorso di invito a una decisa testimonianza e di invito a fidarsi di Dio.
    Cristiani oggi. L' esortazione di Gesù a una testimonianza coraggiosa fino alla morte, se necessario, è valida ancora nel nostro tempo? La risposta è senz'altro affermativa, se pensiamo a tanti luoghi nel mondo, in cui i cristiani, in minoranza rispetto al resto della popolazione che professa un'altra religione, incontrano notevolissime difficoltà per vivere la loro fede. Vessazioni di ogni genere, prigionia e, a volte, perfino la perdita della vita costituiscono il durissimo prezzo da pagare per rimanere fedeli al Signore.
    Per noi, cristiani del mondo occidentale cristianizzato, tali parole di Gesù potrebbero, invece, risultare inutili. Che cosa dobbiamo temere noi, se viviamo circondati da persone che, anche quando non credenti, fin dalla nascita hanno “respirato” una cultura imbevuta di valori cristiani? Non capita abbastanza spesso di parlare con persone non cristiane e di trovarsi ugualmente d'accordo anche su importanti questioni morali e spirituali? Ciò può dare l'illusione che la testimonianza della nostra fede cristiana nell'ambiente in cui quotidianamente viviamo sia estremamente facile, addirittura scontata. Ma... è proprio così?
    Se alle porte delle nostre chiese, alla fine della messa domenicale, venisse fatta un'inchiesta sulla vita cristiana e a coloro che hanno partecipato all'Eucaristia venissero fatte alcune domande, quali:
1) Chi è Gesù Cristo? 2) Quale importanza hanno il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella tua vita? 3) Conosci abbastanza bene almeno uno dei quattro Vangeli, che costituiscono la fonte principale di conoscenza di Gesù? 4) Quando parli con gli altri della tua fede, riferisci loro con una certa facilità il pensiero, le parole e il modo di comportarsi di Gesù oppure ti trovi in difficoltà? 5) Il cristiano, in ogni istante, dovrebbe essere in “comunicazione” di mente e di cuore con Gesù e, di fronte ai propri pensieri, ai propri sentimenti, ai propri desideri, ai propri progetti, alle proprie scelte, si dovrebbe “rivolgere” a Gesù, chiedendogli: “Se Tu, Gesù, in questo momento fossi al mio posto, che cosa penseresti, quale sentimento e quale desiderio avresti, quale progetto costruiresti, quale scelta faresti?”. Tu, credente in Gesù, fai questo abbastanza facilmente?
    Le risposte a tali domande dovrebbero essere date immediatamente, senza alcuna esitazione; ma se, al di là di una eventuale inchiesta, noi stessi ci facessimo queste domande, forse, con nostra grande sorpresa, ci accorgeremmo di trovarci in difficoltà. E forse comprenderemmo perché, nella nostra vita di ogni giorno, per noi è alquanto facile “testimoniare”, di fronte agli altri, la nostra fede; forse, semplicemente, non la testimoniamo (e, quindi, non diamo alcun fastidio, non mettiamo in crisi nessuno), perché non sappiamo nemmeno bene che cosa significhi essere cristiani. Avere ricevuto il battesimo ancora in fasce (regalo splendido che i genitori cristiani fanno ai loro figli come la cosa più preziosa da donare), ricevere i sacramenti quasi automaticamente, perché “viviamo in un ambiente cristiano” e “così fanno tutti”, se, da una parte è positivo, perché questo Dio annunciatomi da Gesù lo sento presente nella mia vita come un Padre che mi ama, dall'altra, però, mi fa ritenere la mia fede come un qualcosa di acquisito, di scontato, togliendomi, con ciò, il bisogno di una conoscenza più profonda di questo Dio, che mi è stato trasmesso dalla famiglia e dall'ambiente, una conoscenza più profonda, che mi farebbe entrare in un rapporto più intimo con Lui e che farebbe diventare la mia fede una “conquista” personale, frutto di una ricerca magari lunga e faticosa, ma senz'altro più coinvolgente a livello esistenziale, una fede più sicura e più forte, quella fede che, messa eventualmente alla prova, non vacillerebbe.
    Signore, Tu hai detto che perfino i capelli del nostro capo sono contati dal Padre. Nessun uomo,nemmeno il più attento alla propria persona, “perde” tempo a contare i capelli che gli cadono e quelli che gli crescono. Invece il Padre “impiega” il suo tempo per occuparsi di me anche nelle cose che io ritengo più “insignificanti”. Il tuo amore, o Dio, è veramente, infinitamente grande! Ed è questo amore infinito, da cui mi sento avvolto e permeato, che mi fa entrare in un rapporto unico, personale con Te, di cui, pur nel mio piccolo, io voglio ricambiare l'amore. E se, nei rapporti affettivi tra persone che si amano, l'amore rende capaci di dare la vita per la persona amata, quanto più grande sarà la forza di dare anche la vita per annunciare al mondo la bellezza, la ricchezza e la profondità del tuo amore, o Dio, con la gioiosa certezza che Tu, in ogni istante, in ogni circostanza, sei al mio fianco come un prode valoroso!