27 Agosto 2017 - Liturgia Anno A: XXI Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Is 22, 19-23

Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide.
Dal libro del profeta Isaia

Così dice il Signore a Sebna, maggiordomo del palazzo:
«Ti toglierò la carica,
ti rovescerò dal tuo posto.
In quel giorno avverrà
che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkìa;
lo rivestirò con la tua tunica,
lo cingerò della tua cintura
e metterò il tuo potere nelle sue mani.
Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme
e per il casato di Giuda.
Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide:
se egli apre, nessuno chiuderà;
se egli chiude, nessuno potrà aprire.
Lo conficcherò come un piolo in luogo solido
e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 137

Signore, il tuo amore è per sempre.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.
Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.
Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.


Seconda Lettura Rm 11, 33-36

Da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!
Infatti,
chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore?
O chi mai è stato suo consigliere?
O chi gli ha dato qualcosa per primo
tanto da riceverne il contraccambio?
Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.


Vangelo Mt 16, 13-20

Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli.
Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.


COMMENTO


    Dominare su individui e su popoli, avere l’orgogliosa sensazione di essere padroni del destino di altri uomini: è la sete di potere, una delle “malattie” più tragiche del cuore umano. Quante lotte, quante divisioni, quante ingiustizie, quante sofferenze di innocenti e di inermi, per soddisfare tale sete!
    Comunemente il governare viene inteso, purtroppo, come potere, come possibilità di dominare, di essere al di sopra degli altri, di decidere per gli altri. Una sensazione di onnipotenza rischia spesso di accompagnare ogni incarico importante all’interno della società, che pure necessita di persone che la governino. Dalla comunità più piccola (la famiglia) a quella più grande (una nazione), ogni gruppo umano ha bisogno di persone che lo guidino in un cammino di vero progresso, di pace, di giustizia e di unità, nel rispetto della diversità di esigenze e di capacità dei singoli.
    E’ proprio la funzione di governo l’oggetto delle letture di questa domenica. Attraverso tali letture siamo aiutati a capire qual è il pensiero di Dio sul significato del governare e quale atteggiamento Egli richiede a chi occupa posti di responsabilità.
    Il brano di Isaia (prima lettura) ci pone davanti a una decisione di Dio riguardante un funzionario del palazzo del re. Sebna ha la carica più importante, è sovrintendente del palazzo, ma usa tale carica per i suoi interessi personali, non per il bene del popolo. Superbia e orgoglio guidano il suo agire. E Dio lo destituisce. Al suo posto pone un uomo che saprà mettere la sua persona al servizio del bene del popolo d’Israele. E’ questa, infatti, secondo Dio, la funzione del governare: servire gli altri, nel senso di usare la propria vita, tutto ciò che si è e che si ha, per realizzare il bene delle persone, che, attraverso quell’incarico assegnatoci, ci sono state affidate. Gesù stesso si è posto come modello, quando ha detto ai suoi apostoli: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45).
    “Eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile; il superbo, invece, lo riconosce da lontano”. In questo versetto del salmo responsoriale troviamo un’efficace sintesi del “messaggio” dell’odierna parola di Dio. E’ Dio l’Onnipotente, Egli è l’unico, vero Dominatore, Signore di tutto, perché è Lui il Creatore di tutto. A Lui tutto appartiene e solo sua è ogni gloria, come scrive l’apostolo Paolo ai Romani (seconda lettura).
    L’uomo orgoglioso e superbo vorrebbe prendere, in qualche modo, il posto di Dio, vorrebbe per sé il potere e la gloria che appartengono solo a Dio. E Dio respinge questa logica e quell’uomo che, nel suo modo di essere e di agire, si fa guidare da tale logica.
    L’umile, invece, riconosce la verità del suo essere una creatura, riconosce che Dio è Dio, che la sua vita di creatura appartiene al suo Creatore e che solo in Dio la sua esistenza trova il suo significato più vero e più pieno.
    Mettere con disponibilità e docilità la propria vita al servizio di Dio nell’essere utili al bene dell’umanità non è, allora, né una limitazione né, tantomeno, una frustrazione della propria personalità; è, al contrario, il modo più bello per una realizzazione piena della propria identità di essere umano diventato, con il battesimo, figlio di Dio e a Dio profondamente somigliante.
    “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. …Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente…” (Lc 1, 46 – 49). Dal cuore della più umile tra tutte le creature sgorga la lode riconoscente più alta che mai sia stata elevata a Dio. “Serva” si definisce Maria, che “sente” il suo essere al servizio di Dio non come il giogo di una schiava sottomessa e privata di ogni diritto e di ogni dignità, ma come gioiosa e riconoscente risposta di creatura pienamente libera, che, nella totale libertà di ogni sua fibra, si mette a disposizione di Dio, perché Egli possa compiere in lei le sue meraviglie. E Dio compirà “grandi cose” in Lei, le più grandi che Dio potesse realizzare nella vita di una sua creatura.
    E anche quello sconosciuto pescatore di un villaggio del lago di Tiberiade vedrà la potenza di Dio all’opera nella sua vita. Nessuno (probabilmente nemmeno lui) avrebbe scommesso su Simone figlio di Giona, se qualcuno avesse profetizzato che un giorno egli sarebbe diventato la “pietra” sulla quale il Figlio di Dio avrebbe costruito la sua Chiesa. Ma Dio sceglie proprio lui, un uomo semplice, senza cultura, generoso, ma anche fragile e debole, per affidargli un compito che avrebbe fatto tremare anche il guerriero più valoroso. “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. Gesù affida a un uomo il suo stesso potere di Dio! Quest’uomo avrebbe potuto sentirsi veramente il dominatore del mondo; Gesù gli aveva dato addirittura potere sulle forze del male, i demoni avrebbero dovuto obbedire a un suo comando, come obbedivano a un comando di Gesù! Molti uomini si sarebbero sentiti padroni del mondo per molto, molto meno. Ma Pietro saprà essere un grande servo di Dio, grande, perché umilmente docile all’azione potente dello Spirito santo, che, come in Maria, anche in lui e attraverso lui potrà compiere “grandi cose”, realizzando il disegno d’amore di Dio per l’umanità.

20 Agosto 2017 - Liturgia Anno A: XX Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Is 56, 1.6-7

Condurrò gli stranieri sul mio monte santo.
Dal libro del profeta Isaia

Così dice il Signore:
«Osservate il diritto e praticate la giustizia,
perché la mia salvezza sta per venire,
la mia giustizia sta per rivelarsi.
Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo
e per amare il nome del Signore,
e per essere suoi servi,
quanti si guardano dal profanare il sabato
e restano fermi nella mia alleanza,
li condurrò sul mio monte santo
e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera.
I loro olocausti e i loro sacrifici
saranno graditi sul mio altare,
perché la mia casa si chiamerà
casa di preghiera per tutti i popoli».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 66

Popoli tutti, lodate il Signore.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.
Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.
Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.


Seconda Lettura Rm 11, 13-15.29-32

I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili per Israele.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, a voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti?
Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!
Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia.
Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!


Vangelo Mt 15, 21-28

Donna, grande è la tua fede!
Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.


COMMENTO


    Veramente strano, non da Lui, l’atteggiamento tenuto da Gesù nei confronti di quella donna cananea. Mai prima di allora Egli era stato così duro, addirittura offensivo, verso una persona rivoltasi a Lui per chiedergli aiuto. E mai lo sarebbe stato dopo. Perché, quindi, quella durezza, quella “crudeltà” di fronte al dolore di una madre che chiede la liberazione di sua figlia dalla presenza di un demonio? La risposta non è facile. Si può tentare solo qualche ipotesi. Forse Gesù voleva mettere alla prova la fede di quella donna pagana? Forse, essendo Dio e sapendo già come tutto si sarebbe risolto, voleva dare un insegnamento di tolleranza e di apertura ai suoi discepoli, ancora rigidamente chiusi nella loro mentalità ebraica, che considerava la salvezza appannaggio esclusivo del popolo d’Israele? C’era qualche altro possibile motivo? Bisognerebbe entrare nel cuore e nella mente di Gesù in quel momento, per poter capire. Ma Gesù non ha mai dato nessuna spiegazione circa quel suo comportamento; non l’ha data nemmeno ai suoi discepoli, che, infastiditi dalle insistenti grida di quella donna, Lo avevano “implorato” di esaudirla, per non sentirla più. Nessuna pietà in loro, quindi, nei confronti di quella madre; solo un egoistico bisogno di poter finalmente trovare sollievo per le loro orecchie. Gesù stranamente sembra condividere la loro indifferenza di fronte al dramma di quella donna. E al dolore della madre si aggiunge l’umiliazione dell’offesa alla sua dignità di persona. A lei, prostratasi ai suoi piedi, Gesù risponde con una frase tremenda: “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. “Cagnolina” Egli definisce quella povera donna supplicante, quasi facendo sua la concezione degli Ebrei, che consideravano “cani” tutti i pagani; anche se, usando un diminutivo, Gesù sembra voler attenuare un po’ la gravità offensiva di quella parola. Cananea era quella donna; una pagana, quindi; esclusa, perciò, dalla salvezza, secondo i criteri del popolo ebraico.
    Ma c’è un amore più grande di quello di una madre? Quella donna, offesa pesantemente, non si arrende, non tiene conto dell’umiliazione patita. L’unica forza che la guida e la spinge nel suo agire è il suo amore di madre. E quell’amore tenace, incrollabile le fa trovare le parole giuste, per vincere le resistenze di Gesù: “E’ vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Come resistere ancora a tanta umiltà e a tanta fede? E il miracolo tanto atteso le viene concesso, insieme alla lode per la sua fede.
    Gesù dona la salvezza alla figlia di quella donna cananea, probabilmente suscitando meraviglia e, forse, anche scandalo nei suoi stessi discepoli, che pure, anche se per disperazione, gli avevano chiesto di esaudirla. Ma addirittura lodarne la fede …! Era molto più che esaudirla. Parlare di fede significava parlare di salvezza, significava ammettere che una pagana potesse entrare a far parte del progetto di salvezza di Dio, che, per gli Ebrei, riguardava solo loro. Ma tale esclusivismo del popolo ebraico contraddiceva, in effetti, ciò che Dio, attraverso i profeti, aveva varie volte annunciato. Un esempio stupendo è il brano di Isaia, che costituisce la prima lettura. “Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. … Perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli”. Dio non poteva essere più esplicito: tutti i popoli sono chiamati alla salvezza!
    Gesù tante volte ha scandalizzato i suoi connazionali non soltanto offrendo perdono e salvezza ai peccatori (che, comunque, appartenevano pur sempre al popolo ebraico), ma, come nell’odierno brano di Vangelo, anche ai pagani. Sarà proprio questo annuncio di salvezza per tutti i popoli la missione che Gesù affiderà agli apostoli e alla Chiesa dopo di loro: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16, 15-16). Il Vangelo è la “Buona Notizia”, l’annuncio gioioso che Dio è un Padre che ama infinitamente l’essere umano, un Padre che non solo, in nome di Gesù, concede il perdono a chiunque si penta dei propri peccati, poiché la sua misericordia è più grande di ogni peccato, ma addirittura desidera che ogni uomo e ogni donna da Lui chiamati all’esistenza diventino, per mezzo del battesimo, suoi figli adottivi, “innestati”, come tralci alla vite, nel suo Figlio Gesù (cfr. Gv 15, 1-8). Però questa figliolanza divina non è un’imposizione che cala dall’alto sul capo delle persone, ma un regalo, un dono dell’amore di Dio, che ciascuno, nella sua libertà, è invitato ad accogliere, per dare un senso pieno alla sua esistenza. E l’annuncio della Buona Novella che la Chiesa deve fare, dal Papa al più giovane dei battezzati, deve sempre rispettare la libertà di coloro a cui l’annuncio viene fatto. Gesù annunciava la “Buona Notizia”, chiamava tutti alla salvezza, però non sempre la risposta dei suoi ascoltatori era positiva. Ed Egli, pur con tanto dispiacere, lasciava che le persone che avevano rifiutato la sua Parola continuassero per la loro strada; ma il suo cuore continuava ad amarle.
    Amare sempre, come Gesù, sia che il Vangelo che annunciamo, prima di tutto con la testimonianza della nostra vita e poi anche con le parole, venga accolto sia che venga rifiutato. Alla Chiesa tutta spetta soltanto la missione di vivere il Vangelo di Gesù e di annunciarlo con gioia a ogni uomo, a ogni donna di questo nostro mondo, senza dare, di fronte a un eventuale rifiuto, nessun giudizio di condanna. Solo Dio, infatti, conoscendo profondamente e totalmente ogni cuore, può giudicare con vera giustizia. A ogni battezzato, quindi, spetta solo il gioioso annuncio della salvezza donata dal Padre all’umanità per mezzo di suo Figlio Gesù. A ogni persona che ascolta tale annuncio spetta, nella sua libertà, la scelta, che, qualunque essa sia, diventerà la sua esistenza, nel tempo e nell’eternità.

15 Agosto 2017 - Assunzione della Beata Vergine Maria

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Ap 11, 19a; 12, 1-6a.10ab

Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo».


Salmo Responsoriale Salmo 44


Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.
Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.
Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.
Dietro a lei le vergini, sue compagne,
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.


Seconda Lettura 1 Cor 15, 20-27a


Cristo risorto è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.


Vangelo Lc 1, 39-56


Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili.
Dal vangelo secondo Luca
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.


COMMENTO


   C’era un Figlio speciale che l’aspettava. E, appena gli angeli l’hanno portata in Paradiso, questo Figlio l’ha presentata con santo orgoglio alla Corte celeste. La Madre di Dio finalmente si ricongiungeva a suo Figlio, per sempre! E quel corpo, che aveva dato un corpo di uomo al Figlio di Dio, è stato, da questo Figlio, rivestito immediatamente di gloria. Nessuna corruzione per quel corpo permeato in ogni sua cellula dalla potenza vivificante dello Spirito Santo. La prima creatura totalmente redenta, fin dal suo concepimento, dal sacrificio del Figlio di Dio fattosi anche Figlio dell’umanità per mezzo di Lei.
   Guardare Lei è vedere il capolavoro della potenza d’amore di Dio, è vedere la bellezza dell’umanità totalmente permeata della bellezza di Dio.
  Guardare Lei significa vedere ciò che ogni persona è destinata a essere, se, come Lei, saprà dire, nella propria quotidianità, il suo “Eccomi” a Dio. E allora, insieme a Lei, potrà cantare, per l’eternità, anche il suo “Magnificat”. 


13 Agosto 2017 - Liturgia Anno A: XIX Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura 1 Re 19,9a.11-13a

Fermati sul monte alla presenza del Signore.
Dal primo libro dei Re

In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore».
Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 84

Mostraci, Signore, la tua misericordia.

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.
Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.
Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.


Seconda Lettura Rm 9, 1-5

Vorrei essere io stesso anàtema, separato da Cristo, a vantaggio dei miei fratelli.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.
Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.
Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.


Vangelo Mt 14, 22-33

Comandami di venire verso di te sulle acque.
Dal vangelo secondo Matteo

[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».


COMMENTO


    “Vieni!” risponde Gesù a Pietro che gli ha appena detto: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. Probabilmente, nel fare quella richiesta, Pietro era stato spinto più dal terrore che aveva invaso lui e gli altri discepoli al vedere Gesù camminare sulle acque, ritenendolo un fantasma, che dalla fede. In lui, attanagliato dallo sgomento per quella visione ancora notturna (“sul finire della notte” specifica l’evangelista Matteo), sarà scattata un’esigenza psicologica di capire di che cosa si trattasse. La rassicurazione di Gesù alle urla di terrore dei discepoli: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” era reale oppure, dopo l’illusione visiva, era sopravvenuta anche un’illusione uditiva, determinate entrambe dall’estrema stanchezza di un’intera notte trascorsa a remare faticosamente per un forte vento contrario, con le onde alte che sballottavano la barca e facevano, a ogni istante, temere il peggio? Molto probabilmente è stato proprio il bisogno di capire che cosa stava avvenendo la molla che ha fatto sorgere in Pietro quella richiesta al limite dell’assurdo. E quel “Vieni!” proveniente da quella figura un po’ evanescente che camminava sulle acque agitate diventava una “sfida”. Accettare quella “sfida” significava poter giungere alla verità, poter capire se ciò che egli e i suoi compagni, immersi nel buio, in balia delle forze della natura e completamente stremati, stavano vivendo era illusione o realtà. E Pietro “scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù”. L’impossibile si stava realizzando! Ogni legge fisica era completamente sconvolta! Che cosa avrà pensato Pietro nel constatare che i suoi piedi sfioravano le acque agitate ed egli si avvicinava sempre di più a Gesù che lo attendeva in mezzo al mare? Lo stupore deve averlo afferrato in ogni sua fibra, superando e facendo dimenticare il terrore e le domande di alcuni istanti prima. E, paradossalmente, proprio la certezza che quella figura era veramente Gesù, nel togliere dal cuore la paura e i dubbi e restituendo calma e lucidità alla mente, fa riemergere la razionalità. Pietro ritrova la sua “normalità” umana, che lo fa come risvegliare da un sogno. “Sono in mezzo alle onde agitate – si sarà detto, nuovamente terrorizzato -. Certamente affonderò!”. Gesù, che pure era lì, davanti a lui, e che lo aveva fatto camminare sulle acque, era come se fosse svanito nel nulla. Ciò che Pietro avvertiva prepotentemente dentro di sé era soltanto il terrore di essere inghiottito dalle acque. La sua umanità, solo la sua umanità, ormai guidava pensieri e stati d’animo. Pietro solo con se stesso, senza più lo sguardo e il cuore rivolti a Gesù. E Pietro, in questa sua “solitudine” umana, comincia ad affondare. Ma, di fronte al pericolo mortale, si ricorda nuovamente che quella figura in mezzo al mare è veramente Gesù, che l’ha fatto camminare sulle acque per alcuni istanti, fino a quando egli ha tenuto gli occhi fissi su di Lui. E lo sguardo, terrorizzato e implorante, ritorna nuovamente a quella figura, oggetto finalmente di fede. “Signore”, infatti, lo chiama Pietro, rivolgendosi a Gesù per chiedergli aiuto. E Gesù, di fronte a quel barlume di fede, interviene; tende la mano, afferra Pietro e, mentre ancora entrambi camminano sulle onde tornando verso la barca, rimprovera Pietro per la sua poca fede, che l’ha condotto a dubitare della potenza e dell’amore di quel suo “Signore”, di cui appena il giorno prima, nella moltiplicazione dei pani e dei pesci, aveva sperimentato in maniera straordinaria la potenza divina messa al servizio dell’amore per l’umanità.
    Signore Gesù, non siamo forse un po’ tutti come quei discepoli? Quante volte , nella nostra esistenza, soprattutto quando essa è immersa nel buio e agitata da onde tempestose, tu ci appari come un fantasma evanescente, non sei, per noi, una Presenza viva, concreta, a cui affidare con fiducia la nostra vita! E, così, ci sembra di affrontare ogni difficoltà con le nostre sole forze umane e di remare, spesso, inutilmente, rimanendo sempre in alto mare, tra le onde che invadono la barca della nostra vita e rischiano di farla affondare.
    Non siamo forse, Signore, un po’ tutti come Pietro? Quante volte, sembrandoci Tu troppo silenzioso e assente nella nostra esistenza, ti chiamiamo, quasi sfidandoti, a farti “sentire”, a farti “vedere”, a dimostrarci che Tu ci sei, che non sei un fantasma evanescente, ma un Dio concretamente e potentemente presente nella nostra vita! Magari, di fronte al tuo invito “Vieni!”, ti rispondiamo con prontezza, desideriamo sinceramente fidarci di Te, mettere la nostra vita nelle tue mani e seguirti, anche quando ci sembra che Tu ci chieda ciò che umanamente è impossibile [non è forse impossibile per il cuore umano il tuo comando di “amare i nemici, fare del bene a quelli che ci odiano, benedire coloro che ci maledicono, pregare per coloro che ci trattano male”(Lc 6, 27-28)?], ma spesso siamo come “il seme caduto sul terreno sassoso, dove non c’è molta terra; germoglia subito, perché il terreno non è profondo, ma, quando spunta il sole, viene bruciato e, non avendo radici, secca” (cfr. Mt 13, 5-6); infatti, “ascoltiamo la tua Parola e l’accogliamo subito con gioia, ma non abbiamo in noi radici e siamo incostanti, per cui, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, veniamo subito meno” (cfr. Mt 13, 20-21).
    Aiutaci, Signore, a credere profondamente alla parola che Tu, quel giorno, hai detto ai tuoi discepoli terrorizzati e che dici oggi anche a noi, preoccupati di fronte alle tante difficoltà della nostra vita: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”. Sì, Signore, Tu non sei un fantasma evanescente, ma sei “Tu”, proprio Tu, il Figlio di Dio diventato anche Figlio dell’umanità, che cammini ogni giorno con Noi. E, se noi ti lasciamo fiduciosamente entrare nella barca della nostra vita, veramente possiamo ogni giorno sperimentare che “il vento cessa” e non fa più paura.

06 Agosto 2017 - Trasfigurazione del Signore

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura  Dn 7,9-10.13-14
La sua veste era candida come la neve.

Dal libro del profeta Daniele

Io continuavo a guardare,
quand’ecco furono collocati troni
e un vegliardo si assise.
La sua veste era candida come la neve
e i capelli del suo capo erano candidi come la lana;
il suo trono era come vampe di fuoco
con le ruote come fuoco ardente.
Un fiume di fuoco scorreva
e usciva dinanzi a lui,
mille migliaia lo servivano
e diecimila miriadi lo assistevano.
La corte sedette e i libri furono aperti.
Guardando ancora nelle visioni notturne,
ecco venire con le nubi del cielo
uno simile a un figlio d’uomo;
giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui.
Gli furono dati potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano:
il suo potere è un potere eterno,
che non finirà mai,
e il suo regno non sarà mai distrutto.
 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 96

Il Signore regna, il Dio di tutta la terra.

Il Signore regna: esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
Nubi e tenebre lo avvolgono,
giustizia e diritto sostengono il suo trono.

I monti fondono come cera davanti al Signore,
davanti al Signore di tutta la terra.
Annunciano i cieli la sua giustizia,
e tutti i popoli vedono la sua gloria.

Perché tu, Signore,
sei l’Altissimo su tutta la terra,
eccelso su tutti gli dèi.
 
   

Seconda Lettura  2 Pt 1,16-19
Questa voce, noi l'abbiamo udita scendere dal cielo.Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza.
Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a lui questa voce dalla maestosa gloria: «Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento». Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte.
E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino.
  

  
Vangelo  Mt 17,1-9
Il suo volto brillò come il sole.Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».


Commento


       “Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto”. In queste parole del salmo 26, vv.8c-9a, non troviamo, forse, espresso quel profondo bisogno di verità che ogni uomo e ogni donna si portano dentro, anche quando non ne sono consapevoli, quel bisogno di verità su se stessi, sul significato della propria esistenza e su ciò che, dopo la morte, li attende? Sono, queste, le cosiddette “domande fondamentali, esistenziali”, le più importanti a cui l’essere umano deve rispondere. Le risposte a tali domande, infatti, costituiscono le fondamenta su cui ogni persona costruisce tutta la sua vita. Non è forse l’esigenza profonda di trovare tali risposte quel desiderio insopprimibile di felicità, che gli uomini ricercano spesso in tante cose, che, una volta ottenute, lasciano ugualmente e desolatamente il cuore vuoto?
     L’essere umano, che percepisce la sua vita come un qualcosa di fragile e di caduco, sente un profondo bisogno di stabilità per vivere, una stabilità che egli trova solo se ha un punto di riferimento fermo, solido, che gli dà sicurezza. L’uomo in ogni tempo ha cercato tale punto di riferimento e spesso ha creduto di averlo trovato in “prodotti” della sua intelligenza (ideologie, progresso scientifico e tecnologico, …), ma sempre ne è rimasto deluso, ponendosi, quindi, nuovamente alla ricerca di altri punti di riferimento.
   “Il tuo volto, Signore, io cerco”. E’ questo, di fatto, il desiderio più vero e più intimo dell’essere umano. Egli, creato a immagine e somiglianza di Dio, ricerca il “volto” di Dio per conoscere il proprio “volto”. E tante inquietudini, che l’essere umano sente nel profondo più profondo del suo cuore e di cui spesso non riesce a comprendere le cause, sono originate proprio da questo bisogno di conoscere Dio, le sue caratteristiche, il suo “volto”, perché il concetto che io, uomo, avrò di me stesso, il “volto” del mio essere, è determinato dall’idea che io ho del Dio in cui credo, un Dio a cui sento di legare profondamente il mio essere, la mia vita, in una intima, vitale relazione, che qualifica la mia esistenza e le dà un preciso significato.
    Dio, creando l’essere umano, gli ha messo dentro una profonda “nostalgia” di Lui. Anche l’uomo più primitivo percepisce, pur se in maniera vaga e confusa, tale esigenza. Da qui l’esistenza delle varie religioni, dalle più semplici alle più complesse, poiché l’uomo è l’essere religioso per eccellenza, l’essere, cioè, che, per vivere, deve dare un senso pieno alla sua esistenza attraverso la fede, anche se, a volte, questa è costituita da una semplice ideologia costruita dall’uomo stesso, per dare uno scopo ai suoi giorni.
    “Il tuo volto Signore io cerco. Non nascondermi il tuo volto”.
   E Dio, lungo la storia del popolo d’Israele, si svela progressivamente fino a giungere alla rivelazione completa di Sé attraverso suo Figlio Gesù. In Lui Dio ha mostrato pienamente il suo volto. “Chi ha visto me ha visto il Padre” risponde Gesù all’apostolo Filippo, che, durante l’ultima cena, gli aveva detto: “Signore, mostraci il Padre e ci basta” (Gv 14, 8 – 9). “Basto io – sembra dire Gesù –, perché io rispecchio e manifesto in maniera totale il volto di Dio”. Allora, niente più c’è da cercare. Dio, nel suo Figlio, si è pienamente svelato all’essere umano.
    La trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor costituisce uno dei momenti più belli della manifestazione che Dio fa di Se stesso all’umanità. Tale rivelazione avviene in un momento particolarmente drammatico per i discepoli. Gesù ha da poco annunciato loro la sua passione e la sua morte. Il terrore ha invaso i cuori di quei poveri, deboli uomini. E l’annuncio, fatto da Gesù, della resurrezione che seguirà alla sua morte non ha tolto dal cuore degli apostoli il macigno d’angoscia che l’opprime. Gesù, che ben comprende lo stato d’animo dei suoi, vuole confortarli, vuole dare loro coraggio. Prende con Sé tre dei suoi discepoli e li conduce sul monte Tabor, dove essi assistono a qualcosa d’incredibile. Gesù si trasfigura davanti a loro, mostrando la gloria e lo splendore della sua divinità. E’ un dire ai suoi apostoli: “Non temete. Guardate chi io sono. Quando sarà il momento, non fermatevi a questo mio corpo, che vedrete, a brandelli, appeso a una croce e poi, privo di vita, messo in un sepolcro. Guardate oltre, guardate a ciò che io sono e sarò per l’eternità”.
    “Guarda oltre - dice Gesù a ogni uomo e a ogni donna che, spesso con angoscia, affrontano le difficoltà della vita e pensano alla fine della loro esistenza -, guarda con gli occhi della fede e vedrai, nella tua vita, una verità, una realtà profonda, che con la tua mente non riusciresti nemmeno lontanamente a immaginare”.
    “Guardate a Lui (Dio) e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti” (salmo 34,6). Questa non è una semplice esortazione che Dio, attraverso l’autore del salmo, fa all’essere umano; è un’affermazione categorica, è un’assicurazione. Dio mi sta dicendo che io, in Lui, avrò sempre luce sul mio cammino e sicurezza nel mio agire, che la mia vita avrà sempre un punto di riferimento ben preciso, stabile, una solida roccia su cui poter costruire la “casa” della mia vita con l’assoluta certezza che le tempeste esistenziali più violente non potranno mai abbatterla, mai farla crollare.
     Né questa mia vita è destinata a svanire nel nulla dopo la morte. Nella trasfigurazione di Gesù vi è anche la mia trasfigurazione. Anche il mio corpo, ridotto dal tempo in polvere dopo la morte fisica, sarà da Dio “ricostruito”; verrà, così, ricostituita l’unità del mio essere e tutto di me, alla fine dei tempi, sarà pienamente salvato. Il mio destino finale è un’eternità di pienezza di vita e di gioia con il mio Dio.
     “Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto”.

     In Gesù Dio mi ha mostrato il suo volto meraviglioso, un volto di misericordia, di tenerezza, di benevolenza, un volto di Padre, con il quale io mi posso rapportare come figlio, in una relazione di comunione, che è un dono suo e che io accolgo con gioiosa gratitudine, una relazione profonda d’amore, che dà un respiro infinito ed eterno alla mia esistenza. E so che, ogniqualvolta dal mio intimo salirà al Padre la preghiera: “Il tuo volto, Signore, io cerco. Mostrami il tuo volto”, Egli, indicandomi suo Figlio Gesù, mi risponderà: “Eccomi, sono qui”.