27 Maggio 2018 - La Santissima Trinità


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Dt 4, 32-34. 39-40

Il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra; e non ve n‘è altro.
Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo dicendo: «Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra e da un’estremità all’altra dei cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e che rimanesse vivo?
O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi?
Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n‘è altro.
Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà per sempre».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 32

Beato il popolo scelto dal Signore.

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.
Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
Perché egli parlò e tutto fu creato,
comandò e tutto fu compiuto.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.
L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.


Seconda Lettura Rm 8, 14-17

Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.


Vangelo Mt 28, 16-20

Battezzate tutti popoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io so­no con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».


COMMENTO


    “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. E un segno di croce fatto su se stessi accompagna tali parole. In un gesto semplice e in una brevissima frase sono contenuti i due misteri principali della fede: unità e trinità di Dio; incarnazione, passione, morte e resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Sono queste le fondamenta su cui poggia tutta la costruzione teologica ed esistenziale del cristiano.
    Nella solennità odierna la Chiesa contempla il primo di questi due misteri: Dio Uno e Trino.
    E’ da vertigine un tale mistero (del resto, non è forse tutto da vertigine il mistero di Dio?), ma Dio stesso ha voluto prendere la natura umana e parlare il nostro linguaggio per farci entrare nelle profondità del suo mistero e rivelarcelo, togliendo al mistero la sua caratteristica di oscurità.
    “Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” scrive l’apostolo Giovanni nel prologo del suo vangelo (Gv 1, 18). E Gesù ci ha rivelato anche l’esistenza di un altro componente della “Famiglia” divina: lo Spirito Santo. “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito, perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità….Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14, 16-17.26).
    Mai la mente umana avrebbe potuto immaginare che Dio potesse essere trinitario: tre Persone aventi la stessa natura, quella divina, e, nello stesso tempo, “distinte”, diverse l’una dall’altra, anche nei loro ruoli, come i credenti proclamano nel “Credo”. 
    “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose , visibili e invisibili”. Il Padre è il Creatore, che, nella sua perfezione, dà vita a una creazione ordinata e armoniosa, in cui ogni elemento ha un suo posto ben preciso.
    “Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre…. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo. Siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine”.
    “Noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo” scrive S. Paolo ai Romani (Rm 5, 1). Gesù, il Figlio di Dio, è il nostro Redentore, Colui che, fattosi Uomo, con la sua passione, morte e resurrezione ha permesso all’umanità di riacquistare la comunione con il Padre interrotta al momento del peccato originale, una comunione che, in Lui, è diventata figliolanza; in Gesù, infatti, ogni uomo reso figlio nel battesimo può rivolgersi al Padre chiamandolo teneramente e affettuosamente “Abbà”, “Papà”.
    “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato…”.
    Dai credenti lo Spirito Santo non è molto conosciuto; raramente, o quasi mai, Lo si invoca. Eppure… Egli è il Vivificatore, Colui che “dà la vita” di Dio. E’ Lui che nei sacramenti agisce con tutta la sua potenza e trasforma la stessa sostanza (nel battesimo la natura umana viene divinizzata; durante la messa il pane e il vino vengono trasformati nel corpo e nel sangue di Gesù,…).
    Lo Spirito Santo è anche “Spirito di verità”, come Lo definisce Gesù. E’ Lui, infatti, che, entrando nell’uomo, lo rende capace di comprendere profondamente tutto ciò che riguarda Dio e di “vedere” ogni cosa con gli stessi occhi e lo stesso cuore di Dio.
    Lo Spirito Santo è anche forza ed entusiasmo nel vivere la propria fede. Gesù, poco prima di ritornare al Padre, dice ai suoi apostoli: “Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (At 1, 8). E’ Lo Spirito Santo che fa affrontare, per la propria fede, anche difficoltà e sofferenze che umanamente farebbero arrendere il cuore. Ma questo cuore di uomo non è più un cuore soltanto umano; dentro di esso, per mezzo del battesimo, palpita la vita stessa di Dio, un Dio che è Amore, un Dio, la cui vita, quindi, è l’amore stesso. E questo “amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5).
    Dio è Amore. E l’amore presuppone una relazione. Un Dio–Amore non poteva essere solitario. Ed ecco la splendida Trinità, la realtà divina caratterizzata da una relazione fra Persone che si amano infinitamente e che vivono in uno stupendo, continuo scambio di amore.
    Trinità: comunione d’amore. E a questa comunione le tre Persone divine hanno voluto far partecipare anche l’essere umano, creatura debole, fragile, eppure tanto preziosa ai loro occhi.
    Come posso, allora, io, creatura, non contemplare stupita la “follia” dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, che hanno voluto afferrare la mia esistenza e immergerla nelle profondità della loro relazione d’amore?
    Questo Dio Uno e Trino dice a ogni persona: “Vieni, entra a far parte di Noi!”. E ogni persona che risponde: “Sì, vengo!” diventa tassello vivo di uno splendido puzzle ideato, sognato dal cuore di Dio: una umanità divinizzata, una famiglia umana, in cui, circolando nei suoi componenti l’amore di Dio, si possa “vedere” la stessa vita di comunione che, come acqua di sorgente sempre fresca e sempre nuova, scorre con infinita potenza d’amore nella Santissima Trinità. 


20 Maggio 2018 - Pentecoste


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura At 2, 1-11

Tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare.
Dagli atti degli apostoli

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 103

Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.
Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.


Seconda Lettura Gal 5, 16-25

Il frutto dello Spirito.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati

Fratelli, camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio.
Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c‘è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la car­ne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.


+ Vangelo Gv 15, 26-27; 16, 12-15

Lo Spirito di verità vi guiderà a tutta la verità.

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».


COMMENTO


    “Amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”: ecco i frutti dello Spirito Santo elencati da san Paolo (seconda lettura). Ma queste non sono forse le caratteristiche di Gesù? E’ chiaro, allora, il “lavoro” che lo Spirito Santo deve compiere nell’essere umano che, ricevendo il sacramento del battesimo, è diventato figlio di Dio: deve “trasformarlo” sempre di più, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, a immagine di Gesù, deve trasformare il suo cuore secondo il cuore di Gesù, deve trasformare la sua mente secondo la mente di Gesù. 
    Lo Spirito Santo potrebbe essere definito uno “scultore” dello spirito dell’uomo, di ogni sua fibra, perché tutto di lui assomigli progressivamente a Gesù. E il “lavoro” è preciso e profondo. Questo scultore ha davanti a sé il modello perfetto del Figlio di Dio, Gesù, e un uomo–“creta”, che attende con ogni suo anelito, anche se spesso non ne ha nemmeno consapevolezza, di essere plasmato secondo quel modello perfetto, per sentirsi pienamente il figlio di Dio che è diventato nel battesimo e per realizzarsi come tale.
    Amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Quale persona non desidererebbe avere in pienezza tali caratteristiche? Veramente avrebbe tra le mani una felicità infinita e vera, perché sarebbe la felicità che Dio stesso ha. E, se ogni persona che viene in questo mondo avesse nel cuore soltanto “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé”, l’umanità non sarebbe veramente una sola famiglia “attraversata” dal “fiume” limpido, trasparente, vivificante della vita di Dio e “permeata” di Lui? Non si farebbe già qui in Terra l’esperienza del Paradiso, di quella unità profonda, gioiosa che ha in Dio la sua Sorgente e il suo Centro attrattivo e propulsore nello stesso tempo? “Un solo corpo e un solo spirito;…un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti”: sono le parole di S. Paolo che abbiamo meditato nella seconda lettura della solennità dell’Ascensione. Cuori e menti di miliardi e miliardi di persone in profonda unità; tutti gli uomini di tutti i luoghi di tutti i tempi una sola cosa con Dio e fra di loro: ecco il desiderio del Padre, ecco la famiglia che Egli sogna; ecco il senso unico dell’incarnazione, passione, morte e resurrezione del Figlio di Dio. Il dono dello Spirito Santo, che ha la “missione” di costruire” questa famiglia di Dio, è il motivo primo e ultimo della “missione” di Gesù. E’ per questo che il tempo liturgico pasquale si conclude proprio con la solennità della Pentecoste, come meta finale di un percorso che ha avuto inizio quando l’essere umano, nel suo orgoglioso desiderio di diventare come Dio, ha abbandonato il suo Creatore. Ma Dio, follemente innamorato di questa sua creatura, non l’ha abbandonata in balia della sua miseria e della sua infelicità; ha inventato un progetto per il quale la dignità e la grandezza di questa sua creatura sarebbero state ancora più grandi della sua dignità e della sua grandezza originarie. Dio, nel suo infinito amore per l’essere umano, progetta di fargli dono gratuitamente di quella divinità che questa sua creatura aveva voluto “rubare”. 
    L’essere umano da sempre nutre nel cuore il desiderio di essere divino, è un desiderio folle, di un orgoglio inaudito. Uno dei brani proposti come prima lettura della messa vespertina della vigilia è il racconto del tentativo fatto dagli uomini di raggiungere il cielo (e, quindi, di poter “toccare” Dio, quasi “impadronendosi” di Lui) con la costruzione della Torre di Babele. Si dice nel racconto che allora tutti gli uomini parlavano una sola lingua, per cui potevano comunicare fra loro senza alcuna difficoltà. Ma, ecco, gli uomini usano questa possibilità di comunicare per realizzare un progetto di orgogliosa follia. E Dio, che desidera sempre mettere la sua potenza di Dio al servizio del suo amore per gli uomini, ma che non si lascia mai né manipolare né strumentalizzare, impedisce loro di portare a termine la costruzione della torre confondendo le loro lingue. Questa narrazione non è storia, naturalmente, ma soltanto un racconto attraverso il quale l’autore vuole far passare un messaggio: l’orgoglio conduce alla divisione, all’incomunicabilità. Invece… al fragore con cui si manifesta la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli, “la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua”. Lo Spirito Santo ricostruisce nell’amore la comunicazione fra persone di lingua, nazionalità e culture diverse. 
    “Io sono la vite, voi i tralci” aveva detto Gesù agli apostoli (Gv 15, 5) e, attraverso loro, a tutti coloro che avrebbero creduto in Lui. I tralci della vite possono essere infiniti, di diversa dimensione, di diversa posizione, con un’attaccatura più o meno ampia al tronco della vite, ma tutti ricevono la stessa linfa; tutti, perciò, possono produrre lo stesso tipo di frutto, più o meno abbondante (“Chi il trenta, chi il sessanta, chi il cento per uno” dirà Gesù) (Mc 4, 20), ma sempre della stessa qualità della vite di cui sono tralci. La vite è Gesù, ogni battezzato è un suo tralcio, lo Spirito Santo è la linfa che alimenta la nostra vita di figli di Dio. Ogni persona è chiamata a esserlo; a ciascuno spetta la responsabilità della risposta. E a coloro che Lo hanno accolto Gesù “ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 12). 
    Non è stupendo poter capire queste cose? Sono vette da vertigine. Ma non è la nostra intelligenza umana ad arrivare a tali vertici. Se nello scrivere e nel leggere tali cose il nostro cuore si commuove e “scoppia” di stupore e di gratitudine, significa che lo Spirito Santo sta lavorando potentemente dentro di noi. E’ Gesù stesso che ce lo dice attraverso le parole da Lui rivolte agli apostoli durante l’ultima cena e che costituiscono il brano di vangelo odierno: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità…”. Le cose di Dio non possono essere comprese dalla mente umana; neanche l’intelligenza più sottile e profonda potrebbe entrare nel mistero di Dio. E’ Dio stesso che ha squarciato questo mistero e ci ha “attirati” dentro di Lui. La Trinità si è tolta il velo che la “nascondeva” agli occhi dell’intelligenza dell’essere umano, dandogli un altro tipo di intelligenza, quella dello spirito, che può “ascoltare e capire” quanto dice lo Spirito Santo, il quale “non parla da se stesso, ma dice tutto ciò che ha udito dal Padre e dal Figlio” e che, quindi, ci illumina in profondità sulla realtà di Dio. Per questo il nostro cuore dovrebbe essere continuamente colmo di stupore e di gratitudine. Per questo, nello stare cuore a cuore con Dio, la parola “Grazie” dovrebbe essere la più pronunciata.
    Padre, “Grazie!” per il tuo progetto di salvezza su di me e su ogni uomo e ogni donna che tu chiami all’esistenza con infinito amore.
    Gesù, “Grazie!” per il tuo “Sì” al progetto d’amore del Padre.
    Spirito Santo, “Grazie!” per lo splendido “lavoro” che Tu compi in ogni persona che si apre docilmente a Te. Aiuta la Chiesa a riscoprire in ogni istante l’entusiasmante bellezza della sua realtà di famiglia di Dio, dalla quale continuamente “sgorgano fiumi di acqua viva” (Gv 7, 38) che possono irrorare e far germogliare i tanti deserti degli individui e dei popoli. Aiuta tutta l’umanità a lasciarsi invadere e trasportare dalla forza del tuo soffio verso gli orizzonti infinitamente vasti dell’eternità, per dare respiro ampio e profondo alla propria quotidianità. Aiuta anche me a essere “creta” morbida, perché Tu mi possa modellare a immagine di Gesù; così il Padre, posando su di me il suo sguardo e vedendo in me l’immagine del suo Figlio prediletto, possa gioire anche di me. 


13 Maggio 2018 - Ascensione del Signore


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura At 1,1-11

Fu elevato in alto sotto i loro occhi.
Dagli atti degli apostoli

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.
Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».
Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».
Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 46

Ascende il Signore tra canti di gioia.

Oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.
Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.
Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.


Seconda Lettura Ef 4, 1-13

Raggiungere la misura della pienezza di Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni.

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra?
Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.


+ Vangelo Mc 16, 15-20

Il Signore fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, [ Gesù apparve agli Undici ] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.


COMMENTO


    E’ arrivato il momento di lasciare fisicamente questo mondo. Gesù parla per l’ultima volta con i suoi apostoli e assegna loro il compito più importante, quello per il quale li ha formati nei tre anni della sua vita pubblica: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”. Le ultime parole terrene di Gesù sembrano essere l’eco delle prime parole da Lui pronunciate all’inizio del suo ministero: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel vangelo” (Mc 1, 15), come a racchiudere in tali frasi il senso della sua missione. E la stessa missione Egli assegna ai credenti in Lui, dando loro una forza d’annuncio che non è umana, ma divina: “…Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (prima lettura). Quegli uomini obbediranno al loro Signore; si metteranno in preghiera profonda attendendo il fuoco della forza e dell’entusiasmo che solo lo Spirito Santo può dare al cuore dell’essere umano. E lo Spirito Santo arriva dieci giorni dopo. Quegli uomini, che, nonostante la resurrezione di Gesù, nonostante Egli, risorto, fosse rimasto con loro per quaranta giorni, tuttavia ancora avevano dubbi e paure dentro il loro fragile cuore, ora si sentono dei leoni. Escono immediatamente dal luogo in cui si trovano e cominciano ad annunciare a tutti il Vangelo di Gesù, probabilmente gioiosamente meravigliati essi stessi di quella repentina trasformazione che stanno sperimentando. 
    “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che l’accompagnavano”. Così si conclude il vangelo di Marco e l’evangelista sembra voler mettere davanti agli occhi dei lettori gli orizzonti sconfinati del mondo e il rigoglio di un annuncio che aveva il sigillo della costante presenza del Signore, il quale operava i suoi prodigi attraverso gli apostoli e, con tali segni, confermava la veridicità della Parola da loro annunciata. 
    E la Chiesa cresceva giorno dopo giorno; e la gioia, insieme all’amore, la caratterizzava. E’ la gioia della condivisione di una splendida esperienza, che, nel momento in cui viene vissuta, cambia totalmente l’esistenza, facendo cambiare il modo di pensare e di agire. La fede, infatti, è prima di tutto e soprattutto una profonda esperienza, che coinvolge tutto l’essere. Scrive l’apostolo Giovanni: “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita, infatti, si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena” (1 Gv 1, 1 – 4). E la gioia di chi annuncia è piena, perché, attraverso tale annuncio, anche altri possono conoscere Gesù e, accogliendolo nella loro vita, possono sperimentare anche loro la profonda gioia di diventare figli di Dio. L’annuncio, allora, non è, per il cristiano, un’opzione, ma un dovere impellente, poiché ogni uomo e ogni donna sulla faccia della Terra hanno diritto a conoscere il dono infinitamente grande che Dio vuole fare loro, chiamandoli a diventare suoi figli. 
    Nel nostro tempo, però, forse per evitare quegli eccessi causati dal fanatismo religioso, che nel passato tante violenze e divisioni hanno causato nel rapporto fra persona e persona e fra popolo e popolo aventi culture e religioni diverse, si rischia di cadere nell’atteggiamento opposto: un voler cercare una convivenza pacifica “a ogni costo”, anche a costo di “tradire” la propria identità di cristiani, la propria identità di figli di Dio. La preoccupazione primaria dei figli di Dio, infatti, non è tanto il “vogliamoci bene” a ogni costo, ma l’annuncio del Vangelo, l’annuncio della “Buona Notizia”, l’annuncio, cioè, di un Dio–Padre, che, attraverso l’incarnazione, la passione, la morte e la resurrezione del suo Figlio Unigenito, Gesù Cristo, vuole fare diventare suoi figli tutti gli uomini, “innestandoli”, per mezzo del battesimo, in Gesù, e donando loro la sua stessa vita divina. 
    Essere cristiani è essere figli di Dio. E non si tratta tanto di essere persone “buone”, ricche di sentimenti di solidarietà, di giustizia, di verità. Basta, infatti, guardarsi intorno per accorgersi che tantissime persone di altre religioni o anche persone atee sono molto più generose e altruiste degli stessi cristiani. Eppure, il cristiano, pur con tutti i suoi limiti e difetti umani, ha tuttavia in sé una ricchezza infinitamente più grande della generosità e dell’altruismo di queste persone; infatti, non per suo merito, ma per un dono gratuito di Dio, nel suo essere “circola” la stessa vita divina. Tale dono è stato da lui ricevuto nel battesimo, sacramento con il quale nella natura del battezzato avviene una trasformazione umanamente impensabile, possibile solo a Dio: da natura soltanto umana essa diventa anche divina. E’ il miracolo più grande che possa avvenire nella vita di una persona. Con il battesimo, infatti, Dio Uno e Trino entra nell’essere umano, prende dimora in lui, permea di Sé ogni fibra di questa sua creatura e la divinizza. Ecco l’ incredibile dono che Gesù ha “conquistato” dal Padre per ogni persona che viene in questo mondo! Ecco la straordinaria, splendida “Buona Notizia” che Gesù è venuto ad annunciare agli uomini e che, nel lasciare definitivamente questo mondo, ha consegnato come missione ai credenti in Lui, a tutti i credenti in Lui, non soltanto ai suoi apostoli di duemila anni fa! L’annuncio della “Buona Notizia” è compito fondamentale, esistenziale di ogni cristiano, dovunque e comunque si trovi a vivere la sua quotidianità. Ma tale annuncio deve essere sempre accompagnato dalla dolcezza, dall’amore stesso del cuore di Dio. Ogni persona ha diritto a sapere qual è lo splendido progetto di Dio su di lei e il suo diritto diventa per me un dovere di annuncio, con la mia vita, prima di tutto, e con le parole; ma Dio non mi dice di andare oltre, non mi dà la facoltà di dare un giudizio riguardo alla risposta che verrà data al mio annuncio. Alla persona che riceve tale annuncio spetterà, nella sua libertà di scelta, la responsabilità della risposta; e di tale risposta la persona dovrà rendere conto solo a Dio. Certo, io sarò felice, se la risposta sarà un “Sì” a Dio, poiché io so che in tale apertura alla vita di Dio quella persona troverà il significato profondo della sua esistenza e la gioia di sentirsi pienamente realizzata. Ma, se la risposta sarà un “No”, io, pur con tanto dolore nel cuore, non giudicherò né, tantomeno, condannerò quella persona; continuerò ad amarla; e continuerò a pregare, perché prima o poi, magari quando io non potrò più nemmeno saperlo, il suo sguardo possa “incontrare” lo sguardo di Gesù e possa scattare l’atto di fede più bello: “Mio Signore e mio Dio!”. 
    Non sono io che salvo qualcuno; è Gesù che ha dato la sua vita per la salvezza di tutti. Il mio annuncio, quindi, deve essere sempre accompagnato dall’umiltà, dalla libertà del cuore di fronte a qualsiasi risposta riceva il mio annuncio e da un profondo, incrollabile rispetto per la persona a cui sto annunciando il Vangelo. In questo atteggiamento di umiltà, di libertà interiore e di profondo rispetto per l’altro non ci può essere il rischio del fanatismo, dell’odio e della violenza. Se io ho la certezza che colui che sta ricevendo l’annuncio, anche se lo rifiuterà, continuerà a essere teneramente e appassionatamente amato da Dio, anch’io, che sono figlio di Dio e, in quanto tale, devo assomigliare al Padre mio che sta nei cieli, continuerò ad avere nei suoi confronti lo stesso atteggiamento di Dio. 
    E’ splendido questo Dio; ed è splendido il “sogno” che Egli nutre nel suo cuore: fare di tutta l’umanità una sola famiglia composta da un solo Padre e da un infinito numero di figli divenuti tali in Gesù per mezzo del battesimo. “Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti”; così scrive Paolo agli Efesini (seconda lettura). Per tale “sogno” Dio ha sacrificato il suo Figlio Unigenito, che, risorto, ora siede alla destra del Padre. Ma Gesù ha voluto condividere con noi questo suo essere accanto al Padre. “Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi” Egli ha detto ai suoi apostoli durante l’ultima cena (Gv 14, 3). E quel “voi” siamo anche noi, sono tutti gli uomini e le donne di tutti i luoghi e di tutti i tempi, che il Padre vuole che formino la sua famiglia già qui nello spazio e nel tempo e, un giorno, riunita attorno a Lui, in pienezza di gioia, nell’eternità. 


06 Maggio 2018 - VI Domenica del Tempo Pasquale


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura At 10, 25-27. 34-35. 44-48

Anche sui pagani si è effuso il dono dello Spirito Santo.
Dagli Atti degli Apostoli

Avvenne che, mentre Pietro stava per entrare [nella casa di Cornelio], questi gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!».
Poi prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga».
Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio.
Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 97

Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.
Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.
Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!


Seconda Lettura 1 Gv 4, 7-10

Dio è amore.
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.


+ Vangelo Gv 15, 9-17

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».


COMMENTO


   “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perchè la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.
    Signore, tu parli di gioia, di pienezza di gioia, eppure… la morte già bussa alla tua porta. Sei con i tuoi discepoli, stai celebrando la pasqua ebraica insieme a loro. Dovrebbe essere un momento di festa, ma Tu sai che fra qualche ora sarai catturato, condannato, fatto a brandelli da un numero illimitato di colpi di flagello; senti già in ogni tua fibra l’umiliazione tremenda che dovrai subire, quella umiliazione che tende a far perdere a un essere umano la sua dignità; e vedi già davanti a te quella croce, sulla quale per sei terribili, interminabili ore dovrai resistere, mentre il respiro si farà sempre più difficile e affannoso. Eppure… Tu parli di gioia, di pienezza di gioia.
    Signore, in quest’ultima cena Tu, arrivato agli ultimi momenti della tua vita terrena, stai dicendo ai tuoi discepoli le cose più importanti, quelle che Tu vuoi che rimangano più impresse nel loro cuore e nella loro mente. Come è splendida la tua umanità! Non è forse tipico dell’essere umano, quando sa che sta per lasciare questa vita, dire alle persone care le parole più importanti come fossero il suo testamento più vero e più duraturo? Tu stai facendo proprio così. Per tre anni hai parlato a quegli uomini che ti hanno seguito con amore. Quante cose hai detto loro di giorno, di notte, sul mare in tempesta o sui sentieri assolati! Eppure in questa sera, la tua ultima sera di questa vita umana che Tu hai voluto assumere per salvare l’umanità, il tuo cuore non riesce a contenere sentimenti e parole. Quegli uomini sono tuoi “amici” e agli amici noi esseri umani doniamo senza riserve ciò che nel cuore abbiamo di più caro. La “ricchezza” più preziosa per il tuo cuore è il Padre. Ed ecco, proprio stasera il Padre assume un ruolo centrale nei tuoi discorsi. Tu parli come un fiume in piena di Lui, della sua tenerezza, della sua misericordia, parli del suo amore infinito, gratuito, tenace, parli del suo cuore, di ciò che Egli desidera profondamente. A quei tuoi “amici” Tu confidi che hai fatto conoscere loro tutto ciò che hai udito dal Padre tuo. E, così, degli esseri umani dallo sguardo spirituale miope e limitato stanno potendo essere immessi nel cuore stesso di Dio, Lo stanno conoscendo come mai avrebbero potuto lontanamente immaginare. 
    Noi uomini – Signore, Tu ci conosci molto bene-, se diventiamo amici di un personaggio importante, che, grazie a questa amicizia, comincia a confidarsi con noi, facendoci entrare negli angoli più reconditi del suo cuore, ci sentiamo lusingati e commossi di tale fiducia e di tale confidenza e, in qualche maniera, ci sembra di diventare “partecipi” anche della sua importanza sociale, come se, attraverso l’amicizia che si è instaurata tra noi, avvenisse un “travaso” dell’importanza del suo ruolo nella nostra esistenza. E quanto più anonima noi ritenevamo la nostra vita prima di tale amicizia tanto più quest’amicizia diventa “qualificante” per noi. Ma qui, Signore, c‘è ben altro che un personaggio importante! Qui, Signore, ci sei Tu, Dio stesso, che si sta “confidando”, che si sta “rivelando”, che sta “travasando” il suo cuore di Dio nel cuore di piccoli, deboli, fragili esseri umani. E non solo nel cuore di quei discepoli di duemila anni fa. Anche a ogni persona di ogni luogo e di ogni tempo, anche a me Tu, Gesù, dici: “Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a te. Ti ho introdotto dentro il cuore del Padre, dentro il cuore di Dio, e, se lo vuoi, se accetti nella tua vita la nostra Presenza, Noi ti doniamo la nostra vita divina e tu, da essere soltanto umano, diventi anche divino”. Si, Signore, la tua amicizia è infinitamente di più dell’amicizia di un uomo importante! Essere amati da Dio, essere riempiti dello stesso amore che “circola” fra le Persone della Trinità! Che cosa ci può essere di più grande? Che cosa un essere umano può desiderare di più? E Tu hai messo una condizione molto semplice, quasi “dimessa”, per “rimanere” in tale amore: “Se osserverete i miei comandamenti…”. E il tuo comandamento è che ci amiamo gli uni gli altri come Tu ami noi. Apparentemente impossibile. Tu sei Dio. Noi siamo deboli e fragili. Ma…. a Te nulla è impossibile. Noi possiamo amarci come Tu ci ami, perché “Tu sei la vite e noi i tralci”; e il tralcio, che da solo non può fruttificare, se, invece, rimane inserito nella vite, ne riceve continuamente la linfa, che gli fa produrre frutti abbondanti e di ottima qualità. E il tralcio gioisce della linfa che riceve e dei frutti che produce; ma, ancor di più, gioisce la vite, portatrice della linfa vitale che fa vivere e fruttificare i suoi tralci.
    Tu, Gesù, insieme al Padre e allo Spirito Santo, sei un Dio–Amore. L’amore, per sua natura, si dona. E, più esso è grande, più si dona. Tu, Signore, sei Amore, la tua essenza è l’amore; per questo Tu non puoi fare a meno di amare, non puoi fare altro che amare. E la pienezza dell’amore diventa, in Te, pienezza di gioia. Lo sa bene chi ama profondamente e mette ogni suo respiro al servizio del bene e della vera felicità della persona amata. Quel bene dell’altro in ogni istante ricercato e attuato riempie il cuore di gioia. 
    Tu, Signore, sei pienezza d’amore! Per questo sei anche pienezza di gioia. E la gioia sarà piena anche in me, se, come tuo tralcio docile e accogliente, ti farò “scorrere” in me e lascerò che ogni mia fibra venga permeata della pienezza del tuo amore e della tua gioia.