26 Agosto 2018 - XXI Domenica del Tempo Ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Gs 24, 1-2.15-17.18b

Serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio.
Dal libro di Giosuè

In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore».
Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati.
Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 33

Gustate e vedete com‘è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.
Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Molti sono i mali del giusto,
ma da tutti lo libera il Signore.
Custodisce tutte le sue ossa:
neppure uno sarà spezzato.
Il male fa morire il malvagio
e chi odia il giusto sarà condannato.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.


Seconda Lettura Ef 5, 21-32

Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso.
Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo.
Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne.
Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!


+ Vangelo Gv 6, 60-69

Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». 


COMMENTO


    A Giosuè Dio aveva affidato, dopo la morte di Mosè, la guida del popolo d’Israele, per condurlo nella Terra Promessa. A uno a uno tutti i popoli che abitavano la Palestina vengono sconfitti. Consolidato l’insediamento degli Ebrei in quella regione, Giosuè convoca tutte le tribù d’Israele a Sichem e pone gli Israeliti di fronte a una scelta: essere fedeli al Signore che li ha liberati dalla schiavitù dell’Egitto oppure servire le divinità pagane adorate dagli abitanti di quel territorio appena conquistato. La risposta è compatta e decisa: “Noi serviremo il Signore, perché Egli è il nostro Dio”.
    Dopo circa milleduecento anni, in quella stessa terra di Palestina sarà Gesù a porre un piccolo gruppo di uomini di fronte a una scelta. Egli ha concluso il lunghissimo e sconvolgente discorso del “pane vivo disceso dal cielo”. “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” si dicevano coloro che avevano udito questa “parola dura” di Gesù. E, piano piano, tutti si allontanano. Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci sembra solo un lontano ricordo. Gesù vede assottigliarsi, giorno dopo giorno, il numero dei discepoli. Sono rimasti soltanto dodici uomini. “Volete andarvene anche voi?” chiede loro Gesù. Quanta tristezza, quanta amarezza in questa domanda! Quale trepidazione doveva esserci dentro il suo cuore! Il respiro forse si era fermato in attesa di quella risposta che poteva essere decisiva per la sua missione. 
    “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. Chissà se Simon Pietro, nel dare questa risposta anche a nome di tutti gli altri, era perfettamente consapevole della portata delle sue parole? Probabilmente no; probabilmente egli, impulsivo com’era, si era lasciato trasportare dal suo cuore, conquistato ormai profondamente da quell’uomo che compiva grandi segni e parlava con una forza e un’autorità che nemmeno i maestri della Legge riuscivano ad avere . Ma l’importante, per Gesù, era che Simon Pietro avesse dato quella risposta e gli altri avessero assentito e che tutti e dodici avessero deciso di rimanere con Lui. La comprensione profonda, totale dei suoi gesti e delle sue parole Gesù sapeva che essi l’avrebbero avuta in seguito, addirittura dopo parecchi giorni dal suo ritorno al Padre, quando lo Spirito Santo, scendendo con potenza su di loro, avrebbe illuminato le loro menti e il loro cuore sulla sua Persona e sulla sua missione. Ciò che ora contava era il fatto che quel piccolo manipolo rimanesse con Lui e continuasse ad ascoltare la Buona Notizia che Egli era venuto ad annunciare. 
    E se Tu, Gesù, facessi oggi a noi la stessa domanda fatta ai Dodici duemila anni fa? Probabilmente, in buona fede, riterremmo scontata la risposta; senza esitazione risponderemmo come Simon Pietro. Ma, se ci fermiamo per un attimo e riflettiamo attentamente sulla tua domanda e sulla risposta di Pietro, forse la nostra risposta non è più così scontata come pensavamo.
    “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. E’ proprio così per noi? Sei veramente Tu il nostro unico punto di riferimento? Sei veramente Tu il senso unico della nostra esistenza, la Verità, su cui noi poggiamo ogni nostro passo? Veramente noi ci lasciamo afferrare dalla tua Persona e dalla tua parola e ci facciamo immettere nel “clima” dell’eternità, che “illumina” di sé la nostra quotidianità? Oppure sono altri i nostri punti di riferimento? Riflettendo sulle nostre conversazioni quotidiane in famiglia, sul posto di lavoro, con gli amici, ci possiamo rendere conto, magari con sorpresa, che esse non sono basate sulla tua parola, che dovrebbe “guidare” i pensieri, i sentimenti, i comportamenti, le scelte di chi crede in Te, ma su argomenti tipici di chi non crede, di chi ritiene che la vita sia tutta qui, su questa Terra, e che, per questo, punta su ciò che solitamente è considerato importante per una esistenza racchiusa, e finita, nello spazio e nel tempo: carriera, denaro, potere, piacere, ricerca esasperata di bellezza e di benessere o, nel migliore dei casi, su valori umani (giustizia, pace, solidarietà), che, comunque, hanno la loro “sorgente” solo nella buona volontà del singolo, volontà che, proprio perché relativa alla persona, può, di fronte agli avvenimenti della vita, cambiare, determinando un mutamento o addirittura l’abbandono di tali valori. 
    “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. Fa’, o Signore, che questa sia, in ogni istante, con verità, la nostra risposta nella concretezza quotidiana della nostra vita. 


19 Agosto 2018 - XX Domenica del Tempo Ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Pr 9, 1-6 

Mangiate il mio pane, bevete il vino che vi ho preparato.
Dal libro dei Proverbi

La sapienza si è costruita la sua casa,
ha intagliato le sue sette colonne.
Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino
e ha imbandito la sua tavola.
Ha mandato le sue ancelle a proclamare
sui punti più alti della città:
«Chi è inesperto venga qui!».
A chi è privo di senno ella dice:
«Venite, mangiate il mio pane,
bevete il vino che io ho preparato.
Abbandonate l’inesperienza e vivrete,
andate diritti per la via dell’intelligenza».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 33/34

Gustate e vedete com‘è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.
Temete il Signore, suoi santi:
nulla manca a coloro che lo temono.
I leoni sono miseri e affamati,
ma a chi cerca il Signore non manca alcun bene.
Venite, figli, ascoltatemi:
vi insegnerò il timore del Signore.
Chi è l’uomo che desidera la vita
e ama i giorni in cui vedere il bene?
Custodisci la lingua dal male,
le labbra da parole di menzogna.
Sta’ lontano dal male e fa’ il bene,
cerca e persegui la pace.


Seconda Lettura Ef 5, 15-20

Sappiate comprendere qual è la volontà del Signore.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Fratelli, fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore.
E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.


+*Vangelo* Gv 6, 51-58

La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». 


COMMENTO


    “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”. Splendida la conclusione di questa frase ( “…rimane in me e io in lui”), con la quale Gesù indica il rapporto profondo, intimo che si instaura tra Lui e il credente in Lui. Ma non altrettanto splendida può sembrare la condizione che Gesù pone, perché tale rapporto si instauri: mangiare la sua carne e bere il suo sangue. E’una condizione estremamente cruda, addirittura orrenda, se riflettiamo attentamente sul significato di ogni parola, una condizione che Gesù, nel discorso che sta facendo alla folla che aveva sfamato il giorno prima con la moltiplicazione dei pani e dei pesci, continua a ribadire in maniera martellante: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”.
    Probabilmente queste frasi di Gesù non “colpiscono” noi, credenti del XXI secolo, poiché le avremo sentite e risentite tante di quelle volte da non badare più nemmeno al loro significato, per noi fin troppo scontato e, forse per questo, non adeguatamente approfondito. Ma, se per un momento ci mettiamo nei panni di quelle persone di duemila anni fa, che ascoltavano tali frasi per la prima volta, possiamo comprendere le loro perplessità. Il primo pensiero, che quasi certamente è passato nella loro mente e che le avrà fatte inorridire, sarà stato: “Ma costui ci ritiene dei cannibali? Come può chiederci di mangiare la sua carne e di bere il suo sangue?”. Gli stessi apostoli, probabilmente, nell’ascoltare il loro Maestro, lo guardavano un po’ preoccupati. Chi era veramente 
quest’uomo per il quale avevano lasciato tutto: famiglia, lavoro, amici, luoghi nativi? E se avessero fatto una scelta sbagliata? Solo uno sguardo di fede poteva far “vedere” la vera identità di quell’uomo dai poteri eccezionali, ma anche dalle affermazioni molto strane. Tale sguardo di fede ci sarà negli apostoli, laddove gli altri, alla fine di questo discorso di Gesù, non vorranno più seguirlo (Cfr. Gv 6, 66 – 69). E durante l’ultima cena queste parole di Gesù sono sicuramente ritornate nella mente dei Dodici acquistando la loro piena luce. No, non si doveva diventare “cannibali” per nutrirsi di Gesù. Egli diventava cibo per il credente in Lui attraverso il cibo più semplice e quotidiano: il pane. Un semplice, umile pezzetto di pane, per la potenza dello Spirito Santo, diventava il Figlio di Dio. E l’essere umano poteva ricevere nella sua bocca Dio, poteva mangiare Dio, poteva nutrirsi di Dio! Una follia. Sì, la follia dell’amore di Dio; perché solo un Dio infinitamente e follemente “innamorato” dell’essere umano poteva inventare un modo così incredibile, per permettere a questa sua creatura di instaurare una comunione totale con il suo Creatore.
    Nella prima lettura dell’odierna liturgia della parola la sapienza è personificata, non è una semplice virtù. Essa si presenta come una persona che agisce, che agisce per amore, per il bene dell’essere umano. Imbandisce una tavola e prepara cibo in abbondanza. Gli invitati sono gli “inesperti”e i “privi di senno”, tutti gli esseri umani, cioè, poiché chi può dirsi, di fronte a Dio, perfettamente esperto e assennato? “Inesperti” e “privi di senno”, bisognosi, quindi, di cibarsi del pane e del vino preparati dalla sapienza, per poter vivere con pienezza, per poter “andare diritti per la via dell’intelligenza”. E l’intelligenza (parola composta dalle parole latine “intus”, “dentro” e “legere”, “leggere”) è quella capacità che Dio ha dato all’essere umano di “leggere dentro” le cose, di “leggere” la vita in profondità, di cercare e comprendere la verità dell’esistenza e di ogni realtà.
    L’apostolo Paolo aveva compreso molto bene quale sia la vera sapienza. Egli ne parla con chiarezza ed efficacia nel brano della lettera agli Efesini, che costituisce la seconda lettura odierna: “Fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti, ma da saggi, facendo buon uso del tempo… Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore. E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate, invece, ricolmi dello Spirito…”. Vera saggezza, allora, è saper comprendere la volontà del Signore e vivere secondo tale volontà il tempo che ci viene donato in questa vita. E la volontà di Dio è vivere nell’amore, è costruire il suo regno d’amore nella nostra quotidianità. Sembrerebbe difficile, ma non lo è. In questa “impresa” saggia non siamo soli. Gesù, diventando uno di noi, ci ha dimostrato come bisogna vivere per far contento il cuore del Padre. E’ Gesù la Sapienza per eccellenza, Lui, che si è definito “Via, Verità e Vita”. E’ Lui che non solo ha preparato una tavola imbandita, ma anche ha fatto di Sé il cibo su quella tavola, il vino che rende lieto il cuore e il pane che nutre e fortifica e fa camminare. E, dovunque io cammino, questo Signore, che “rimane” in me e mi rende una cosa sola con Lui, lascia il dolce e intenso “profumo” di Lui. 


15 Agosto 2018 - Assunzione della Beata Vergine Maria


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Ap 11, 19a; 12, 1-6a.10ab

Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo».


Salmo Responsoriale Salmo 44

Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.

Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.
Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.
Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.
Dietro a lei le vergini, sue compagne,
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.


Seconda Lettura 1 Cor 15, 20-27a

Cristo risorto è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.


+ Vangelo Lc 1, 39-56

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili.
Dal vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.



COMMENTO


    C’era un Figlio speciale che l’aspettava. E, appena gli angeli l’hanno portata in Paradiso, questo Figlio l’ha presentata con santo orgoglio alla Corte celeste. La Madre di Dio finalmente si ricongiungeva a suo Figlio, per sempre! E quel corpo, che aveva dato un corpo di uomo al Figlio di Dio, è stato, da questo Figlio, rivestito immediatamente di gloria. Nessuna corruzione per quel corpo permeato in ogni sua cellula dalla potenza vivificante dello Spirito Santo. La prima creatura totalmente redenta, fin dal suo concepimento, dal sacrificio del Figlio di Dio fattosi anche Figlio dell’umanità per mezzo di Lei.
    Guardare Lei è vedere il capolavoro della potenza d’amore di Dio, è vedere la bellezza dell’umanità totalmente permeata della bellezza di Dio.
    Guardare Lei significa vedere ciò che ogni persona è destinata a essere, se, come Lei, saprà dire, nella propria quotidianità, il suo “Eccomi” a Dio. E allora, insieme a Lei, potrà cantare, per l’eternità, anche il suo “Magnificat”. 


12 Agosto 2018 - XIX Domenica del Tempo Ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura 1 Re 19, 4-8

Con la forza di quel cibo camminò fino al monte di Dio.
Dal primo libro dei Re

In quei giorni, Elia s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto la ginestra.
Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò.
Tornò per la seconda volta l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 33/34

Gustate e vedete com‘è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.
Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.
Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.
L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com‘è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia.


Seconda Lettura Ef 4, 30 – 5, 2

Camminate nella carità come Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione.
Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.
Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.


+ Vangelo Gv 6, 41-51

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».


COMMENTO


    “Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi”. Così scrive l’apostolo Paolo ai cristiani di Efeso. 
    Essere imitatori di Dio. Sembra che Paolo stia chiedendo l’impossibile. Ma non aveva detto la stessa cosa Gesù? Anzi, Gesù aveva parlato non di una semplice “imitazione”, ma addirittura della stessa “perfezione” di Dio. “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 48); con queste parole umanamente incredibili Egli aveva concluso il suo lungo discorso sulla legge dell’amore, che doveva superare la legge dell’Antico Testamento, il discorso dell’ “Avete inteso che fu detto agli antichi… Ma io vi dico…”. 
    Può un essere umano, così limitato, così fragile, essere perfetto come è perfetto Dio? La logica umana sembrerebbe dare per scontata una risposta negativa. Ma Gesù non era illogico; ogni sua parola aveva una motivazione profonda e mai Egli avrebbe richiesto all’essere umano un qualcosa impossibile da realizzare. Ed ecco ciò che rende possibile l’impossibile: Lui stesso. “Io sono il pane disceso dal cielo” continua a dire Gesù a quelle persone che ha sfamato il giorno prima con il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e che ora lo contestano e mormorano contro di lui, perché non riescono a leggere il significato di quel segno straordinario di potenza divina, limitandosi a “guardare” l’umanità di Gesù. “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: ‘Sono disceso dal cielo’?” dicono. E la loro cecità spirituale impedisce loro di “vedere” in quell’uomo, che le ha sfamate fisicamente, il “pane” che può sfamare la loro “fame” più profonda, la fame delle risposte a quelle domande che l’essere umano si porta dentro, anche quando non ne ha consapevolezza: “La mia origine è solo biologica oppure ha le sue radici nella volontà di un Essere superiore che ha voluto la mia esistenza? Qual è il senso profondo della mia vita? Che cosa avverrà di me dopo la morte fisica?”, domande a cui egli, per mezzo della ragione, da sempre ha cercato di dare risposte, senza mai trovarne una definitiva.
    Un Uomo, duemila anni fa, camminando per le strade della Palestina, dice di se stesso: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”, un’affermazione che nessuno, né prima né dopo di Lui, nemmeno i più grandi personaggi della storia, ha mai osato fare. Egli sta dicendo a ogni persona: “Io sono la Risposta ai tuoi perché. Io so qual è la tua vera origine, qual è il vero significato della tua esistenza, che cosa ti attende dopo la morte, poiché ti ho creato Io, ho voluto Io farti esistere per amore, mettendoti nel cuore il desiderio profondo di ‘dialogare’ con Me, il tuo Creatore, di entrare in un rapporto d’amore con Me e di vivere la tua esistenza dentro questo rapporto, con lo sguardo rivolto a quella eternità con Me, alla quale Io ti ho destinato”.
    Signore, Tu sei il cammino della mia esistenza e sei, contemporaneamente, il “pane” che mi dà la forza per percorrerlo. Tu, che sei Dio, nell’Eucaristia ti fai mangiare da me, diventi il mio nutrimento e mi “trasfiguri” in Te. Tu, il Figlio prediletto del Padre, nutrendomi di Te, mi fai assomigliare sempre di più a Te, rendendomi, ogni istante di più, figlio carissimo al cuore del Padre. Il Padre, infatti, guardandomi e vedendo in me sempre di più il tuo volto, potrà essere contento di me come lo è stato pienamente di Te.
    Signore, Tu sei il mio “pane”, vivi dentro di me; aiutami a farti essere, attraverso me, anche “pane” per chiunque mi farai incontrare lungo il cammino della mia vita. 


05 Agosto 2018 - XVIII Domenica del Tempo Ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Es 16,2-4.12-15


Io farò piovere pane dal cielo per voi.

Dal libro dell’Esodo

In quei giorni, nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mose e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine».
Allora il Signore disse a Mose: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà à raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: “Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio“».
La sera le quaglie salirono e coprirono l’accampamento; al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampamento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie del deserto c’era una cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: «Che cos‘è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mose disse loro: «E il pane che il Signore vi ha dato in cibo».



Salmo Responsoriale Dal Salmo 77

Donaci, Signore, il pane del cielo.


Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato
non lo terremo nascosto ai nostri figli,
raccontando alla generazione futura
le azioni gloriose e potenti del Signore
e le meraviglie che egli ha compiuto.

Diede ordine alle nubi dall’alto
e aprì le porte del cielo;
fece piovere su di loro la manna per cibo
e diede loro pane del cielo.

L’uomo mangiò il pane dei forti;
diede loro cibo in abbondanza.
Li fece entrare nei confini del suo santuario,
questo monte che la sua destra si è acquistato.



Seconda Lettura Ef 4, 17. 20-24 

Rivestite l’uomo nuovo, creato secondo Dio.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Fratelli, vi dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri.
Voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità.



+ Vangelo Gv 6, 24-35

Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!


Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbi, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo“». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mose che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».



COMMENTO


    “In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. Con questo “rimprovero” Gesù accoglie la folla che il giorno prima Egli ha sfamato con cinque pani e due pesci e che ora lo ha raggiunto all’altra riva del Lago di Tiberiade. Quei cinquemila uomini, “senza contare le donne e i bambini” (Mt 14, 21), hanno probabilmente pensato di avere risolto il problema del cibo quotidiano. Subito dopo il miracolo avrebbero voluto farlo re; essere sudditi di un sovrano che aveva il potere di compiere prodigi straordinari poteva essere molto vantaggioso; tutti i problemi avrebbero senz’altro trovato un’immediata soluzione. L’unica cosa da fare era seguirlo sempre e dovunque; e la vita sarebbe diventata molto più tranquilla e sicura. Ma – annota l’evangelista Giovanni – “Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò… sul monte” (Gv 6, 15). Gesù volontariamente pone i suoi poteri divini al servizio del suo amore, della sua compassione per i bisogni delle persone, ma non si lascia mai strumentalizzare da nessuno. E quella folla che l’ha seguito vuole fare proprio questo: usarlo per il proprio tornaconto. Non c‘è più nei cuori il desiderio di ascoltare il suo annuncio di salvezza, il desiderio di convertirsi, di “abbandonare l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli… e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità” (seconda lettura). 
    L’ “uomo vecchio” è l’essere umano degradato dal peccato originale, che, lontano da Dio, si lascia guidare dai suoi bisogni più immediati, quelli materiali, non riuscendo a guardare al di là di essi. 
    L’ “uomo nuovo” è l’essere umano riportato da Dio all’amicizia con Lui, anzi, elevato, grazie al sacrificio di Gesù, a una dignità molto più grande di quella originaria, la dignità di figlio, avendo ricevuto dentro di sé, con il battesimo, la stessa vita divina. 
    Ed è a questa dignità che Gesù vuole fare volgere lo sguardo di quella folla. C‘è amarezza in Lui nel vedere che quelle persone, che pure hanno visto i suoi prodigi, non hanno capito nulla di Lui e che le sue parole non hanno avuto su di loro l’effetto sperato. C‘è amarezza nel constatare che esse
si accontentano di poco, nell’appiattimento dei bisogni materiali, e che il loro sguardo si ostina a rimanere ottusamente chino sulla terra che stanno calpestando, mentre Egli sta additando loro delle vette altissime, le vette di Dio, dove l’aria è limpida e fresca, dove l’essere umano trova la sua vera identità e il cuore “respira” la sua vera e profonda libertà. 
    E l’amarezza diventa sempre più dolorosa man mano che il dialogo fra Gesù e la folla si fa più pressante ed esplicito. Al suo invito a credere in Lui, quelle persone, che pure solo il giorno prima hanno assistito a uno dei suoi miracoli più grandi, rispondono con parole che hanno dell’incredibile, parole assurde, che rivelano una tremenda cecità spirituale: “Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai?”.
    Signore Gesù, noi ci meravigliamo di una tale richiesta. Ci saremmo aspettati un atteggiamento completamente diverso da parte di quella folla, che era stata beneficata da Te in maniera straordinaria; ci saremmo aspettati una maggiore fiducia in Te. Invece… perplessità e dubbi in quei cuori, nonostante i segni che Tu avevi dato. 
    Allora, Signore, non è così scontata la fiducia in Te. Anche noi riceviamo tanti benefici da Te. Ma sappiamo “vederli”, sappiamo“leggerli” come un tuo intervento d’amore, come un segno della tua presenza nella nostra vita? Dobbiamo ammetterlo: spesso non sappiamo riconoscere i tuoi interventi, le tue attenzioni nei nostri confronti. L’ “uomo vecchio” è sempre in agguato. Anche il nostro sguardo, come lo sguardo di quella folla, spesso si mantiene basso e “vede” solo la terra su cui stiamo camminando. Anche il nostro cuore, come il cuore di quella folla, tende a desiderare fortemente e principalmente le cose materiali (sicurezza economica, vita comoda e piacevole,…), mentre Tu ci vuoi dare molto, molto di più. Tu vuoi soddisfare una fame e una sete ben più profonde, ben più “vere”, la fame e la sete della verità su noi stessi, sul senso della nostra vita, la fame e la sete d’infinito e di eternità, fame e sete che solo Tu puoi soddisfare in maniera piena e totale.
    “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!” hai detto a quella folla. Lo dici anche a me. E anche da me Tu attendi una risposta e, nell’attesa, trattieni il respiro e il tuo cuore quasi ferma i suoi battiti. “Credo!” risponde il mio essere. E gioia profonda invade il mio cuore… e anche il tuo.