26 Maggio 2019 - VI Domenica del Tempo pasquale


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura At 15, 1-2. 22-29

È parso bene, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie.


Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».
Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.
Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agl’idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 66

Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.
Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.
Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.


Seconda Lettura Ap 21, 10-14. 22-23

L’Angelo mi mostrò la città santa che scende dal cielo.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.
È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte.
Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello
sono il suo tempio.
La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l’Agnello.


+ Vangelo Gv 14, 23-29

Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse [ ai suoi discepoli ]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».


COMMENTO


    La Buona Novella ha già varcato i confini della Palestina. Comunità cristiane sono ormai sorte in Siria, in Cilicia. I pagani si sono aperti con gioia a Cristo e al suo Vangelo. Ma, ecco, sorgono le prime difficoltà. I convertiti al cristianesimo erano inizialmente Giudei, circoncisi, quindi, secondo le prescrizioni della legge mosaica. E, quando i Gentili, cioè i non appartenenti al popolo ebraico, accolgono il Vangelo, si presenta un problema estremamente grave, tanto da costituire l’oggetto di quello che si può definire il primo concilio ecumenico della Chiesa. I pagani convertitisi al cristianesimo dovevano essere circoncisi come i Giudei o no? La questione era assai delicata. Infatti, se la risposta fosse stata affermativa, molto probabilmente la circoncisione come passaggio obbligato per diventare cristiani avrebbe potuto costituire un notevole ostacolo all’accettazione della nuova religione da parte dei pagani, nella cui cultura la circoncisione era un elemento totalmente estraneo.
    Il problema è portato a Gerusalemme per essere discusso dagli apostoli e dai presbiteri (gli “anziani”). E la risposta viene data con una formula molto bella, tipica della Chiesa primitiva: “E' parso bene allo Spirito Santo e a noi…”. In tale espressione viene enunciato ciò che, fin dalle origini, ha caratterizzato il cammino della Chiesa: l’essere guidata dall’azione potente dello Spirito Santo, come Gesù stesso aveva promesso ai suoi discepoli durante l’ultima cena: “Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. E’ lo Spirito Santo che dona alla Chiesa la sapienza, la luce per camminare secondo il cuore di Dio. E più la Chiesa è aperta all’azione potente dello Spirito Santo più essa diventa “luce del mondo”, “città che sta sopra un monte” (Mt 5,14), a cui ogni persona può volgere lo sguardo, trovandovi il suo punto di riferimento, il faro luminoso che le indica il cammino e l’approdo della salvezza.
    La risposta che la Chiesa di Gerusalemme, illuminata dallo Spirito Santo, dà alla prima grave questione sorta in essa è liberante di fronte alla rigida mentalità dei Giudei convertiti: la circoncisione non è la condizione necessaria, il passaggio obbligato per i pagani che vogliono accogliere il Vangelo di Cristo. Una decisione importantissima, che spalanca orizzonti infiniti e diventa, per la Chiesa, soffio di novità e di freschezza.
    “Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti” è il ritornello del salmo responsoriale. Tutti i popoli della Terra sono chiamati a diventare la famiglia di Dio, la Chiesa, che, anche in questa domenica, come in quelle precedenti, ci viene presentata, dalla seconda lettura, nella sua realtà alla fine dei tempi. La descrizione che della Gerusalemme celeste viene fatta indica chiaramente le sue caratteristiche peculiari. Il numero dodici, simbolo di perfezione, è l’elemento costante. Dodici sono le porte dell’alto muro che circonda la città santa; sopra di esse sono scritti i nomi delle dodici tribù d’Israele, per indicare il popolo di Dio dell’Antico Testamento. Dodici sono anche i basamenti, sui quali poggiano le mura della città; su di essi sono incisi i nomi dei dodici apostoli, poiché la Chiesa di Cristo (Nuovo Testamento) è fondata sulla loro testimonianza. Nel “Credo”, infatti, la Chiesa viene definita “una, santa, cattolica e apostolica”.
    E splendida è l’immagine finale della Gerusalemme celeste descritta dall’apostolo Giovanni: “In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello”. E’ Dio che la riempie di Sé, è Lui che la illumina, che, con la sua presenza, le dà la pienezza della vita e della gioia. In tale immagine possiamo ritrovare quanto Gesù dice nel brano evangelico di questa domenica: ”Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Il respiro dovrebbe fermarsi, se veramente comprendessimo la profonda, straordinaria portata di questa promessa di Gesù, che solo l’incredibile amore divino poteva inventare. Dio si dona pienamente a me, una piccola, debole creatura! Una sola è la condizione che Egli pone, perché tale miracolo possa accadere: che io Lo ami e accolga la sua parola, vivendola come luce del mio cammino esistenziale. Io divento la sua dimora! Dio abita in me, mi permea di Sé, trasforma ogni mia fibra in Lui, fonde il mio essere con il suo e mi rende capace di amare con il suo stesso amore! 
    E io, pur con tutti i limiti della mia fragilità umana, posso, con stupore e gratitudine, vivere già in questo tempo, in questa vita, l’incredibile dono della presenza di Dio in me e sperimentare, nella mia quotidianità, la straordinarietà di un Dio, che, nel suo infinito amore, ha voluto fare di me la sua dimora, riempiendomi della sua pienezza e dando a ogni mio istante il sigillo dell’eternità.




19 Maggio 2019 - V Domenica del Tempo pasquale


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura At 14, 21b-27

Riferirono alla comunità tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro.


Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni».
Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto.
Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 144

Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.
Per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni.


Seconda Lettura Ap 21, 1-5

Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più.
E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.
Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate».
E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».


+ Vangelo Gv 13, 31-33a. 34-35

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni agli altri.

Dal vangelo secondo Giovanni

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».


COMMENTO


    La Chiesa alle sue origini, ai suoi primi passi (prima lettura).
    La Chiesa alla fine dei tempi, al termine del suo cammino (seconda lettura).
    E, nel “viaggio” lungo i secoli, lungo i millenni, il filo che la percorre, la forza che la sostiene, la luce che la guida, il vento che la sospinge: l’amore del suo Signore (Vangelo).
    Nelle tre letture di questa domenica, in poche, stupende pennellate, possiamo vedere la Chiesa nella sua storia: dagli inizi gioiosi, ma anche faticosi, al compimento del destino al quale Dio l’ha chiamata: l’eterna, piena felicità con Lui, una felicità a cui nulla si potrà più opporre, “perché le cose di prima (cioè tutta la realtà segnata negativamente dal peccato e dalle sue conseguenze) sono passate”; infatti, “non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno”. E’ la piena, definitiva realizzazione del divino progetto di salvezza per l’umanità, poiché sarà Dio, solo Lui, che riempirà di Sé la sua Chiesa, ogni uomo e ogni donna che l’avranno accolto nella loro esistenza, accettando di divenire suoi figli.
    E finalmente un’unica linfa scorrerà nel “nuovo cielo” e nella “nuova terra”: l’amore, l’essenza stessa di Dio. Satana, infatti, sarà definitivamente sconfitto e incatenato, reso per sempre inoffensivo, impotente ad agire per la rovina eterna dell’essere umano. “E il mare non c’era più” scrive l’apostolo Giovanni nel brano dell’Apocalisse. Il “mare”, nella simbologia biblica, indica il male, tutto ciò che si oppone al progetto di bene che Dio ha disegnato per l’umanità.
    L’amore di Dio, quindi, sarà l’unica acqua che scorrerà nella nuova, definitiva “creazione”. “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” dice “Colui che sedeva sul trono”. Tutto, finalmente, sarà secondo il cuore di Dio, permeato del suo amore.
    Nel viaggio terreno della Chiesa attraverso il tempo è questo amore, riversato dallo Spirito Santo nel cuore dei battezzati, che li rende capaci di camminare nel mondo lasciando in esso la scia del profumo di Dio, della sua Presenza.
    “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” ha detto Gesù.
    Non vi è altra forza, nella Chiesa di Cristo, all’infuori di questo amore, non vi è altra luce, non vi è altro “sale”.
    “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” continua Gesù.
Quante parole, a volte, per annunciare il Vangelo! Studi, ricerche, statistiche, sociologia, antropologia…. Quanti progetti per far conoscere e diffondere la Buona Novella! E spesso la fatica si risolve in un amaro fallimento, che crea una profonda delusione e la pericolosa tentazione di gettare la spugna per quel sentirsi incapaci di testimoniare efficacemente l’amore di Dio.
    Ma, forse, la via è molto più semplice di quella che la nostra intelligenza e la nostra fantasia progettuale possono immaginare; l’ha indicata proprio Lui, il nostro Signore Gesù, negli ultimi momenti della sua vita terrena vissuti con i suoi apostoli, quando il suo cuore era talmente pieno di sentimenti e di emozioni che rischiava a ogni istante di scoppiare; quando, nell’imminenza della tremenda, tragica fine, voleva lasciare ai suoi discepoli i messaggi più importanti, più significativi, quelli essenziali, che desiderava rimanessero scolpiti per sempre nei loro cuori. “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi” (Gv  15,12-15).
    “Donare” è il verbo che può sintetizzare l’operato di Gesù. Egli non ha fatto altro, nella sua vita, che donare tutto ciò che aveva, tutto ciò che era. Ha donato la sua vita per i propri amici. E suoi amici non sono stati soltanto gli apostoli, ma sono stati, sono e saranno anche tutti gli uomini di ogni luogo e di ogni tempo, perché ogni essere umano, creato per amore da Dio, è chiamato a entrare in profonda comunione con il suo Creatore, al punto da riceverne, se vuole, la vita stessa.
    Gesù non si è tenuto niente per Sé, nemmeno il Padre. “Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi” dice ai suoi apostoli, dice a ogni persona. Il significato di tale frase è stupendo. Gesù mi ha fatto entrare nel cuore stesso del Padre, me l’ha fatto conoscere profondamente. Il Figlio di Dio mi ha donato ciò che per Lui costituiva il bene più prezioso: suo Padre. E l’ha fatto diventare anche Padre mio.
    Dio è Amore. E questo Dio-Amore ha voluto fare di me un suo figlio somigliante a Lui; è il suo amore dentro di me che mi rende, agli occhi del mondo, testimone credibile di questo stupendo, incredibile Dio, che, attraverso la mia vita, vuole fare giungere il suo amore all’umanità.
    Al di là di iniziative e progetti, che possono anche avere una loro utilità per l’annuncio della Buona Novella, ciò che veramente può toccare i cuori e li può fare innamorare del Signore è la mia vita vissuta con la gioia di essere figlio di Dio, è il mio cuore fuso col cuore del mio Dio e divenuto canale del suo amore forte, incrollabile e fedele per ogni essere umano da Lui chiamato all’esistenza.
    Così, nel mio piccolo, io contribuisco al progetto d’amore di Dio, la cui realizzazione Egli affida anche a me, il progetto di una umanità salvata, che, alla fine dei tempi, Egli desidera ritrovare tutta con Lui, per riempirla della pienezza della sua vita, una Chiesa eternamente splendida ai suoi occhi “come una sposa adorna per il suo sposo”.



12 Maggio 2019 - IV Domenica del Tempo pasquale


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura At 13, 14. 43-52

Ecco, noi ci rivolgiamo ai pagani.


Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia, e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero.
Molti Giudei e prosèliti credenti in Dio seguirono Paolo e Bàrnaba ed essi, intrattenendosi con loro, cercavano di persuaderli a perseverare nella grazia di Dio.
Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: “Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”».
Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 99

Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.

Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.
Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.
Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.


Seconda Lettura Ap 7, 9. 14-17

L’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani.
E uno degli anziani disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
Non avranno più fame né avranno più sete,
non li colpirà il sole né arsura alcuna,
perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono,
sarà il loro pastore
e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».
+ Vangelo Gv 10, 27-30
Alle mie pecore io do la vita eterna.

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».


COMMENTO


    “Una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”. Così l’apostolo Giovanni descrive il paradiso (seconda lettura). E’ la moltitudine infinita dei salvati, di coloro che hanno creduto in Gesù, l’Agnello immolatosi per loro e il pastore che li ha guidati “alle fonti delle acque della vita”.
    Dio Padre desidera la gioia eterna (“E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi”) per ogni persona che chiama all’esistenza. Nessuno è escluso da questa splendida chiamata alla piena, eterna felicità con Dio. Lo comprese bene Paolo, il quale, vedendo che i Giudei rifiutavano il suo annuncio, si rivolse ai pagani, i quali “si rallegravano e glorificavano la parola del Signore” (prima lettura).
    Bellissimo e molto denso, pur nella sua brevità, è il brano del Vangelo di questa domenica. Gesù stesso indica le caratteristiche di coloro che si possono definire “sue” pecorelle. Egli dice: “Le mie pecore ascoltano la mia voce …”. Ecco la prima caratteristica: l’ascolto, un ascolto della “sua voce”, un ascolto, cioè, profondo, un ascolto del cuore, il quale, ricercando la verità, la sa riconoscere nella voce di Gesù in mezzo alle migliaia di altre voci che, magari facendo chiasso, tentano di offrire “verità” allettanti e, proprio per questo, insidiose, che presentano all’essere umano illusori sentieri per raggiungere la felicità.
    Gesù ha detto di Sé: “Io sono la Verità”. Egli non espone la verità; è Egli stesso la Verità. Ascoltare Gesù, allora, non significa tanto capire intellettualmente le sue parole, ma conoscere in senso biblico la sua persona, entrare, cioè, dentro il suo cuore, entrare in comunione profonda con Lui. “E io le conosco” dice Gesù delle sue pecorelle, cioè “Io instauro con loro un rapporto intimo, profondo, di cuore a cuore”. Al v. 14 dello stesso capitolo, che costituisce il canto al Vangelo, Gesù dice: “Io sono il buon Pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”. E’ un incredibile, stupendo rapporto d’amore che Gesù offre a coloro che lo accolgono nella loro vita come il Salvatore, come il senso unico della loro esistenza. Una comunione profonda con Gesù: ecco la seconda caratteristica delle “sue pecore”.
    La terza è logicamente consequenziale. “Ed esse mi seguono” continua Gesù. Non si tratta tanto di seguire indicazioni, comandi, precetti. Seguire Lui significa desiderare con tutto il cuore di assomigliare a Lui, di pensare, di sentire, di agire come Lui, di amare come Lui. “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”      (Gv 13,34-35). Così, solo così, il credente diventa testimone, una persona, cioè, che per le strade del mondo sa far vedere sul suo volto, nella sua vita il volto e la vita di Gesù e, in Lui, il volto stesso del Padre, poiché Gesù e il Padre sono una cosa sola, come Egli stesso afferma: “Nessuno strapperà le mie pecore dalla mia mano … e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola”. Lo stesso, infatti, è in entrambi il desiderio di salvare queste pecorelle, che, lasciate in balia di se stesse, rischiano di andare in luoghi scoscesi, pieni di pericoli, e di finire tragicamente nel burrone della lontananza eterna da Dio. La stessa è in entrambi la potenza divina posta sempre al servizio del loro amore per ogni essere umano, affinché questa creatura possa essere condotta “alle fonti delle acque della vita”, cioè alla realizzazione piena della sua esistenza, a quella comunione totale ed eterna con Dio, alla quale Egli, nel progettarla, l’ha destinata.
    Dio fa l’impossibile per realizzare il suo progetto d’amore sull’essere umano. Ma non basta. Anche l’essere umano ha un suo ruolo, una sua responsabilità; nella libertà che Dio gli ha dato egli deve fare le sue scelte. E la prima, quella fondamentale, viene proclamata nel salmo responsoriale: “Riconoscete che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo”.
    La tentazione originaria è sempre in agguato nel cuore umano. Il non voler riconoscere che Dio è il mio Creatore e il mio Signore, il voler affermare, con orgoglio e presunzione, la mia autonomia da Lui è l’atteggiamento che mi impedisce di accogliere Dio nella mia vita, che mi fa chiudere al suo amore e mi fa dire: “Tu, Dio, non conti niente per me, non sei indispensabile per la mia felicità; io non appartengo a Te, appartengo solo a me stesso e solo in me cerco e trovo il senso della mia esistenza”. Ogni persona, in ogni istante, deve fare i conti con questa voce più o meno forte, più o meno subdola dentro di sé. E il risultato della lotta non è mai scontato. Ma, se io, essere umano, ho il coraggio della verità, se riconosco che Dio mi ha creato, che la mia vita gli appartiene e che solo vivendo tale appartenenza a Lui, cioè legando strettamente la mia vita alla sua, io trovo la piena realizzazione della mia esistenza, allora avrò la certezza che, dopo essermi lasciato guidare docilmente dal suo amore in questa vita terrena, potrò far parte eternamente, con gioia infinita, di quella “moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”.



05 Maggio 2019 - III Domenica del Tempo pasquale


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura At 5, 27b-32. 40b-41

Di questi fatti siamo testimoni noi lo Spirito Santo.


Dagli Atti degli Apostoli.

In quei giorni, il sommo sacerdote interrogò gli apostoli dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo».
Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono».
Fecero flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 29

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato
.
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.
Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.


Seconda Lettura Ap 5, 11-14

L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni Apostolo.

Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce:
«L’Agnello, che è stato immolato,
è degno di ricevere potenza e ricchezza,
sapienza e forza,
onore, gloria e benedizione».
Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano:
«A Colui che siede sul trono e all’Agnello
lode, onore, gloria e potenza,
nei secoli dei secoli».
E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione.


+ Vangelo Gv 21, 1-19 [Forma Breve Gv 21, 1-14]

Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro, così pure il pesce.

Dal vangelo secondo Giovanni

[ In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. ]
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».


COMMENTO


    Una notte di lavoro. All’alba le reti sono vuote. Vi è certamente delusione nel cuore di Simon Pietro e degli altri discepoli che sono andati a pesca con lui.
    Sulla riva, una figura. Nella luce ancora fioca del nuovo giorno gli occhi non riescono a riconoscere in quella figura Gesù.
    “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete” dice la figura. Ed essi si fidano di quella voce. “La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci”. In quel momento Giovanni comprende che si tratta di Gesù e lo comunica a Pietro: “E’ il Signore!” e Pietro, sempre irruento, si getta in acqua, per raggiungere immediatamente la riva. Gli altri arrivano con la barca poco dopo, “trascinando la rete piena di pesci”. Sono pesci grossi e sono tanti: centocinquantatré. Una pesca inaspettata, impossibile, miracolosa. Nessuno dei discepoli osa chiedere a quell’uomo che li sta aspettando chi è. Ormai sanno con certezza che è il Signore.
    Senza dubbio la mente di tutti è corsa a un’altra pesca ugualmente impossibile avvenuta tre anni prima, all’inizio della vita pubblica di Gesù, all’inizio di una chiamata che aveva sconvolto l'esistenza di quegli uomini, i quali, fino a quel momento, non avevano spinto lo sguardo al di là delle familiari rive del loro lago. Simon Pietro deve aver risentito le sue parole dette allora a quell'uomo, sulla cui parola aveva gettato nuovamente le reti dopo una notte di fatica inutile e alle ginocchia del quale si era gettato, ritirando le reti miracolosamente stracolme: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore!” e le parole, allora per lui incomprensibili, ricevute in risposta: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5,8.10).
    Da quel lontano giorno quanta strada fatta insieme, quanti avvenimenti condivisi! E, poi, quel triplice, terribile rinnegamento per viltà, che ancora fa sanguinare il cuore e fa versare amare lacrime. Egli, dichiaratosi, durante l’ultima cena, pronto a morire per il suo Signore e Maestro, era, invece, miseramente crollato sotto il peso della paura, negando di conoscerlo, di essere uno dei suoi! “Oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi” gli aveva predetto Gesù (Lc 22,34). Ed ecco, dopo il rinnegamento, quell’incontro con Gesù, mentre usciva dalla casa del sommo sacerdote, quel suo sguardo che lo aveva fissato in silenzio! Uno sguardo pieno di dolore, ma anche di misericordia e di perdono. Pietro era scoppiato in pianto. Avrebbe mai potuto perdonarsi quel triplice rinnegamento?
    Ora Gesù è lì con loro per la terza volta dopo la sua resurrezione. Ha preparato e distribuito loro il pane e il pesce. Come sempre, anche ora si pone al loro servizio; continua la “lavanda dei piedi” dell’ultima cena. Dopo aver mangiato, Gesù si rivolge a Simon Pietro. Sembra quasi che Egli non badi più agli altri discepoli. Tutta la sua attenzione è concentrata su quell’uomo, a cui un giorno ha detto: “Ti farò pescatore di uomini” e che recentemente l’ha rinnegato. Per ben tre volte Gesù chiede a Simon Pietro se lo ama. Simone risponde affermativamente, ma, quando Gesù gli fa la domanda per la terza volta, egli prova dolore. Perché Gesù continua a insistere con quella domanda? “Ecco, l’ho rinnegato tre volte. Tre volte il mio Signore vuole sentirsi dire che lo amo, che gli voglio bene” gli viene da pensare. E forse è anche questo. Ma la triplice domanda di Gesù a Simon Pietro ha un significato ben più profondo. A ogni risposta di Pietro Gesù gli affida una missione: “Pasci i miei agnelli. Pasci le mie pecore”. Quel lontano “Tu sarai pescatore di uomini” ora acquista concretezza. Gesù affida a quest’uomo debole, fragile, ma con il cuore pieno d’amore per Lui, la sua Chiesa, lo pone come elemento di unità e di riferimento per tutti i credenti in Lui, pastori e laici, fa di Simon Pietro il primo papa della sua Chiesa.
    Pietro aveva fatto l’esperienza della sua fragilità e, appunto per questo, ancora più straordinaria risultava per lui l’esperienza dell’amore misericordioso di quel Gesù che egli aveva rinnegato. E quel “Tu sai che ti voglio bene” detto al Signore sulla riva del lago, in quell’alba di un giorno veramente “nuovo” per lui, diventa, per Simone chiamato Pietro, il leit-motiv della sua esistenza e la forza e il coraggio per testimoniare, fino alla morte, la bellezza di vivere per Gesù, per costruire quella famiglia di Dio, la Chiesa, per la quale il suo Signore ha dato la vita.