30 Giugno 2019 - XIII Domenica del Tempo ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura 1 Re 19, 16. 19-21

Eliseo si alzò e seguì Elia.


Dal primo libro dei Re

In quei giorni, il Signore disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto».
Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello.
Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elìa disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te».
Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 15

Sei tu, Signore, l’unico mio bene.

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.


Seconda Lettura Gal 5, 1.13-18

Siete stati chiamati alla libertà
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati

Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.
Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!
Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge.


+ Vangelo Lc 9, 51-62

Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme. Ti seguirò ovunque tu vada.

Dal vangelo secondo Luca

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».


COMMENTO


    “Sei tu, Signore, l'unico mio bene”. E’ in questo ritornello del salmo responsoriale la chiave di lettura dei brani di questa domenica.
    Solitamente si dice di “mettere Dio al primo posto”. Una tale affermazione presuppone che tutte le altre realtà che costituiscono la vita di una persona siano al secondo, al terzo, al quarto, al … posto, in una scala decrescente di importanza e di valori. E’ come porre tutte queste realtà al di fuori di Dio, che rimane come isolato su un altissimo, inaccessibile piedistallo, lontano dalla concretezza esistenziale dell’essere umano. Di fatto, non è così. Quel “Sei tu, Signore, l'unico mio bene” potrebbe essere “tradotto” in “Sei tu, Signore, la Realtà fondamentale della mia vita, il significato unico della mia esistenza. Tutte le altre mie realtà acquistano senso e valore solo se inserite in Te”. La mia vita di credente è tutta in questa preghiera semplice, essenziale, ma anche esistenzialmente totalizzante. Dio è la “Sostanza” viva, dentro la quale sono immerse tutte le mie realtà, che di essa si imbevono, che da essa vengono permeate, nutrite, valorizzate, che da essa acquistano il loro pieno significato.
    Nella nostra civiltà il cristianesimo è l’aria stessa che respiriamo. Ciò presenta aspetti positivi, ma anche negativi. Se, infatti, da una parte, certi valori cristiani sono costitutivi della nostra cultura, dall’altra, il ritenere la fede un qualcosa di scontato nella nostra vita ha, come conseguenza, il considerare “scontato” anche il nostro rapporto con Dio. Battesimo, prima comunione, cresima, matrimoni, funerali, messa domenicale, … Tutto “normale” nella nostra vita di credenti. Ma se, per un momento, ci soffermiamo a riflettere seriamente, con verità, sul nostro rapporto con Dio, sull’importanza che Egli ha nella nostra vita, su quanto Egli incida sui nostri pensieri, sui nostri sentimenti, sui nostri comportamenti, sulle nostre scelte, allora potremmo scoprire, con una certa meraviglia, che il nostro rapporto con Lui è alquanto superficiale e, nel profondo, quasi esclusivamente utilitaristico. Non è forse vero che solitamente ci rivolgiamo a Lui solo quando ci troviamo in una necessità e abbiamo bisogno di un aiuto che riteniamo nessun altro ci possa dare? Ma, passato quel momento difficile, risolto quel problema, la nostra vita riprende la sua strada, una strada decisa da noi, sulla quale non facciamo camminare Lui come nostro compagno di viaggio. E’ il grave fenomeno dello “scollamento” fra vita e fede; queste due realtà scorrono su linee quasi sempre parallele, che raramente si incrociano. Ne consegue che, nella nostra società, pur cristiana nelle sue radici culturali, i battezzati, nella loro quotidianità, non vivono ciò in cui dicono di credere, con il risultato di una scarsa credibilità come testimoni di Cristo e del suo Vangelo.
    Una cultura di tradizione cristiana può aiutare il credente nel vivere la sua fede, ma non basta. Ciò che rende il cristiano, cioè il “seguace di Cristo”, veramente tale è l’accoglienza, profondamente consapevole, di Gesù e della sua parola, è l’accettarlo nella propria vita come “Via, Verità e Vita”. Allora, tutto il mio essere viene coinvolto da questo rapporto intimo, esistenziale con Lui. Egli diventa il mio unico punto di riferimento: ogni mio respiro all’unisono con il suo, ogni mio pensiero somigliante al suo pensiero, ogni mio sentimento secondo i suoi sentimenti, ogni mia scelta, quella che Egli farebbe, se fosse al mio posto. Essere “seguace di Cristo” è, in effetti, volere ciò che Egli vuole, desiderare ciò che Egli desidera. E la sua volontà e i suoi desideri emergono chiaramente dai Vangeli, che narrano la sua vita, e diventano, per me, traccia luminosa da seguire nella mia quotidianità. Il desiderio più profondo di Gesù, anzi, l’unico che Egli ha avuto dentro il suo cuore, è stato quello di far contento il Padre. “… Colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udite da lui, le dico al mondo … Io non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me; non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite” (Gv 8,26b.28b-29) dice Gesù ai Giudei durante uno dei tanti drammatici colloqui avuti con loro. E, nell’episodio della Samaritana, ai suoi apostoli Egli dice: “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4,34). E ancora, durante il discorso sul “pane vivo”: “… Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato” (Gv 6,38). Tutto questo, perché c’era un intimo, totale legame d’amore fra Lui e il Padre. “Io e il Padre siamo una cosa sola” Egli afferma (Gv 10,30).
    Ecco, la mia vita di cristiano è stupendamente tutta qui, in questa unità profonda con il mio Dio, unità che Egli, con il battesimo, ha voluto donarmi nella gratuità del suo amore, facendomi assomigliare sempre più, attraverso il lavoro, in me, dello Spirito Santo, a suo Figlio Gesù e rendendomi capace, così, di vivere sempre più secondo il suo cuore.
    E’ l’amore, solo l’amore, che caratterizza e qualifica il mio rapporto con Dio. E’ l’amore che mi spinge a fare di Lui, e solo di Lui, il senso della mia vita, la roccia salda, su cui costruire, giorno dopo giorno, l’edificio della mia esistenza, l’acqua vitale che mi alimenta e mi fa fruttificare.
    E tutto questo in un clima esistenziale di libertà. Ne parla l’apostolo Paolo nella seconda lettura. E’ la libertà dei figli di Dio. Dice Gesù: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31). Libertà e verità sono intimamente legate. E’ la verità che rende liberi, sempre. L'essere umano solo nella verità con se stesso e con gli altri trova la libertà e la pace, mentre l’ambiguità, la mancanza di chiarezza, il sotterfugio, la menzogna determinano disagio, agitazione, fratture nei rapporti fra gli uomini. Dio è Verità e l’essere umano, creato da Lui a sua immagine, ha bisogno sempre di verità, a tutti i livelli (spirituale, morale, affettivo, sociale), per stare bene con se stesso e con gli altri.
    Ma l’uomo, dopo il peccato originale, allontanatosi da Dio-Verità, brancolava ormai in una tremenda oscurità esistenziale, non riuscendo a dare risposte esaurienti alle domande fondamentali (io, essere umano, chi sono? da dove vengo? perché esisto? che cosa avverrà di me dopo la morte?), risposte, per lui, estremamente necessarie, per poter dare un senso pieno alla sua vita.
    Dio, nel suo infinito amore per l’uomo, non ha voluto che questa sua creatura, così cara al suo cuore, continuasse il suo angoscioso vagare nell’oscuro tunnel dell’ignoranza esistenziale. Ha mandato suo Figlio, la Verità, che ha spalancato all'essere umano le porte sul mistero di Dio e, quindi, sul suo stesso mistero di uomo. Con Gesù l'essere umano finalmente non brancola più nel buio delle menzogne esistenziali inventate da lui stesso, per poter dare un qualche significato alla propria vita. Con Gesù ogni uomo ormai sa che la sua esistenza non è una pura casualità biologica, ma un meraviglioso progetto di un Dio-Amore, che, per amore, lo ha voluto far esistere, che, con amore, lo accompagna in ogni istante della sua vita e che, sempre con amore, lo attende a braccia aperte, alla fine della sua vita terrena, per farlo stare eternamente con Lui.
    E’ l’amore, quindi, che sta alla base della radicalità decisionale ed esistenziale che emerge dai brani odierni. La radicalità non è, allora, un immane, insopportabile peso da trascinare ogni giorno, ma la naturale, gioiosa, libera scelta di ogni fibra del mio essere, conseguenza della profonda consapevolezza che la mia vita, dono d’amore di Dio, appartiene a Lui e a Lui deve servire a costruire quel regno d’amore, di unità, di pace, che è il suo progetto per l’umanità.
    Questo Dio, che costituisce la linfa vitale, qualificante della mia esistenza, è un Dio di libertà, perché è un Dio d’amore. Questo Dio non è legato a schemi rigidi, fissi, poiché l’unica molla che Lo spinge ad agire è il suo amore infinito, tenace, fedele, incrollabile, un amore che vuole solo il bene dell’essere umano, di ogni uomo, di ogni donna e non si arrende nemmeno di fronte alle resistenze più ottuse, ai tradimenti e ai peccati più gravi che questa sua creatura può commettere contro di Lui. La sua fantasia, messa, insieme alla sua potenza, sempre al servizio del suo amore, riannoda fili spezzati, riprogetta vite fallite, ricostruisce edifici splendidi su macerie esistenziali.
    Il bene, solo il mio bene è il “chiodo fisso” di Dio. Il bene, solo il bene di ogni persona deve essere il mio “chiodo fisso” di figlio di questo Dio. Anch’io, come Lui, devo essere libero da progetti “immutabili”, da schemi rigidi. “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito” dice Gesù a Nicodemo nel loro splendido colloquio (Gv 3,8-9). Ecco la libertà dei figli di Dio, una libertà che è una vera e propria vocazione, come dice Paolo nella seconda lettura. Ed è chiaro che libertà non è fare ciò che piace al momento, non è farsi guidare, nelle scelte, dai propri miopi, meschini, egoistici interessi, ma è lasciarsi trasportare, con disponibilità e docilità, dal vento dello Spirito Santo, vento d’amore, di gioia, di novità, che spinge sempre più lontano e, magari, verso orizzonti che mai avremmo immaginato potessero esistere.   
      Il nostro Dio, un Dio-Amore, è un Dio dal respiro infinito, un Dio libero e liberante. E anch’io, in Lui, sono reso capace, come figlio, di essere libero e liberante dovunque Egli mi chiami a vivere. La mia esistenza, allora, ha veramente un senso profondo e io vivo pienamente la mia realizzazione di essere umano.
    Si comprende bene, così, la gioia che pervade il salmo responsoriale. Davide, l’autore di tale salmo, ha il cuore traboccante di gratitudine e di amore per Dio, che l’ha colmato di ogni benedizione.
    Ma… non sono forse anch’io nella stessa situazione di Davide? Se guardo la mia vita, mi rendo conto, certo, di tanti dolori, di tante difficoltà che ho vissuto e che, magari, sto ancora vivendo, ma anche di tutte le cose belle, di cui Dio ha costellato la mia esistenza, iniziando proprio dal dono stesso della vita, con, in essa, via via, tutti gli altri doni. Ed ecco Lui, il dono per eccellenza, che viene in me, che mi dona la sua stessa vita! Come potergli esprimere tutta la mia gratitudine? Un’intera esistenza non potrebbe bastare per pronunciare un “grazie” per ogni bene che Egli mi ha fatto. Ma Dio mi dice:” Figlio mio, il 'grazie' che mi vuoi dire sei tu stesso. Dammi gioia con la tua vita”.
    Anch’io, allora, con gioia, posso far mia, con le parole del mio cuore, la bellissima preghiera di Davide. “O Dio, sei Tu il mio Signore, il senso della mia vita. Nulla è importante, per me, senza di Te. La mia vita è nelle tue mani, ti appartiene. Ti benedico, Signore. Tu mi illumini con la luce del tuo amore. Tu operi in me in ogni istante; anche di notte il mio cuore viene lavorato, plasmato da Te. Io ho sempre i miei occhi rivolti a Te, Signore. Tu mi sei accanto sempre, non posso vacillare. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine accanto a Te”.



23 Giugno 2019 - SS. Corpo e Sangue di Cristo


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Gn 14, 18-20

Offrì pane e vino.


Dal libro della Gènesi

In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici».
E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 109

Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore.

Oracolo del Signore al mio signore:
«Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi».
Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
domina in mezzo ai tuoi nemici!
A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell’aurora,
come rugiada, io ti ho generato.
Il Signore ha giurato e non si pente:
«Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchìsedek».


Seconda Lettura 1 Cor 11, 23-26

Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.


+ Vangelo Lc 9, 11b-17

Tutti mangiarono a sazietà.

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.


COMMENTO


    “Il Corpo di Cristo” dice il sacerdote, mostrando al fedele l’ostia consacrata. “Amen” è la risposta. Quell’ “Amen” è l’atto di fede del credente: “Sì, è così. Io credo che questa particola è veramente Gesù Cristo e che io sto per mangiare il mio Signore, il mio Dio!”.
    Se il cristiano, nel ricevere Gesù Eucaristia, fosse profondamente consapevole di ciò che sta avvenendo, dovrebbe sentire il suo cuore battere all’impazzata e trattenere il respiro, come si trattiene il respiro davanti a uno splendido spettacolo della natura, di fronte al quale le parole diventano solo un sacrilego rumore. E’ lo stupore dell’essere, che percepisce quella bellezza come uno straordinario dono e che desidera solo farsi immergere in quella meraviglia, abbandonarsi in essa e da essa lasciarsi cullare.
    E’ veramente folle l’amore di Dio per l’uomo! Non gli è bastato prendere la natura umana (Lui, Dio, il Creatore, che prende la natura di una sua creatura!); non gli è bastato affrontare, per la salvezza di questa sua creatura ribelle, sofferenze indicibili, essere ridotto a brandelli, morire della morte più atroce e infamante, in un annientamento totale. Dio, follemente innamorato dell’essere umano, ha voluto addirittura farsi mangiare da questa sua creatura, perché essa potesse nutrirsi della vita divina e vivere alimentata da tale vita. Gli angeli stessi non hanno questo privilegio!
    E’ di una tenerezza infinita l’episodio della vita di Gesù narrato nell’odierno brano di Vangelo. Una folla immensa Lo ha seguito per ascoltarlo. Le ore sono passate velocemente tra spiegazioni sul regno di Dio e guarigioni. Il sole è già al tramonto. La gente è lì, non accenna ad andarsene. E neanche Gesù accenna a congedare la folla. Gli apostoli ragionevolmente cominciano a preoccuparsi. Tentano di dare a Gesù un suggerimento dettato dal buon senso. Grande deve essere stata la loro meraviglia alla risposta del Signore: “Voi stessi date loro da mangiare”. Lo sguardo dei Dodici deve essersi fatto attonito. “Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente” esclamano. Ma sanno bene che i soldi per comprare cibo per cinquemila uomini non ci sono nelle loro borse. E che cosa possono risolvere cinque pani e due pesci? 
    “Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa” dice Gesù. Gli apostoli, forse con un po’ di scetticismo, “fecero così”. E Gesù compie il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Tutti vengono sfamati e addirittura il cibo è talmente abbondante che “furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste”.
    L’episodio, nel Vangelo di Luca, non ha un seguito. Nel Vangelo di Giovanni lo stesso episodio (cap. 6) ha un esito piuttosto drammatico per Gesù. La gente, visto quel grandioso miracolo, vuol farlo re. Ma Egli si ritira sulla montagna. Quindi, nella notte, cammina sul mare, per raggiungere gli apostoli, che, in barca, si stanno dirigendo faticosamente, a causa del forte vento, verso la riva opposta, in direzione di Cafarnao. Il giorno dopo, le persone che avevano beneficiato del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci Lo raggiungono. Probabilmente erano convinte che Gesù avrebbe ripetuto il miracolo. Forse pensavano di avere risolto definitivamente il problema del nutrimento quotidiano. La reazione di Gesù le lascia sbigottite; è una reazione severa, dura. Egli ha compreso che quelle persone, diversamente dal giorno prima, in cui esse Lo avevano seguito per ascoltare la sua parola, ora, invece, Lo stanno cercando per sfruttarne i poteri. Gesù, però, non si lascia mai “usare”; Egli si dona agli uomini e si mette al loro servizio per amore, ma non permette agli uomini di strumentalizzarlo.
    Gesù vede chiaramente la grettezza e la miopia di coloro che ha beneficato il giorno prima e cerca di farli andare oltre i loro bisogni materiali, che, come macigni, li tengono ancorati al suolo, impedendo loro di elevare lo sguardo e di guardare lontano. Ed ecco il famoso discorso del pane vivo disceso dal cielo, un discorso bellissimo, profondo, ma incomprensibile per gli ascoltatori, probabilmente delusi per il mancato secondo miracolo. “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” dicono molti di coloro che Lo avevano seguito. “Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui” riferisce l’evangelista Giovanni. Con quale cuore Gesù deve avere osservato quei suoi discepoli andarsene a uno a uno!
    Quelle persone Lo avevano abbandonato, perché Egli si era rifiutato di soddisfare una seconda volta la loro fame materiale. Ma Gesù voleva e vuole soddisfare ben altra fame, quella fame che ogni uomo e ogni donna si portano dentro, nel profondo più profondo del loro essere: fame di risposte alle domande fondamentali, esistenziali (io, essere umano, chi sono? da dove vengo? perché esisto? che cosa avverrà di me dopo la morte fisica?), fame di un senso pieno da dare alla vita, fame di amore vero, fame di eternità, fame di Dio.
    “Io sono la risposta alla tua fame più vera - dice Gesù a ogni persona -; Io posso darti tutto ciò di cui tu hai profondamente bisogno; Io sono la Via, la Verità e la Vita”.
    Vette altissime, proiettate verso l’infinito, mi vengono da Lui mostrate e la sua voce mi invita incessantemente ad alzare lo sguardo: “Non accontentarti della pianura, comoda, facile da percorrere, ma che ti fa vedere un orizzonte angusto, opprimente. Sali, non ti stancare di salire, perché, a ogni passo fatto verso la vetta, l’orizzonte diventerà sempre più ampio e il respiro sarà più libero”.
    Era questo il messaggio che Gesù desiderava dare a quelle persone che Egli aveva sfamate fisicamente, ma alle quali voleva dare infinitamente di più.
    E’ questo il messaggio che Gesù vuole dare a ogni uomo, a ogni donna. Anche oggi Egli continua a fare quel discorso “duro”, difficile da intendere per chi non vuole andare al di là dei propri miopi bisogni, per chi si accontenta della banalità, della superficialità, della comodità, ma un discorso splendidamente liberante per chi cerca con cuore sincero la verità sulla propria esistenza, per chi cerca il cielo sopra di sé e alte vette sulle quali tenere fisso lo sguardo.
    “Io sono il pane della vita… Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo… Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno… Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6,48.51.54.56). E’ il mio Dio che, per amore, mi invita a nutrirmi di Lui!
    Ho appena ricevuto Gesù Eucaristia. Non voglio masticarlo; Lo lascio sciogliere in bocca lentamente, desidero sentirlo “fisicamente” il più possibile. Ed Egli, dentro di me, continua a dirmi: “Vedi, tu, che mi hai mangiato, rimani in me e Io rimango in te”. Ecco il meraviglioso miracolo che il mio Signore compie venendo in me: mi fonde con Lui, creando tra Lui e me una comunione intima, totale. Gesù mi dona Se stesso per trasformarmi in Lui. Egli, Figlio di Dio, aiuta me a vivere da figlio di Dio, pieno della vita stessa di Dio. Si comprende, allora, quella bellissima espressione di S. Paolo: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
    “La gioia del Signore sia la nostra forza. Andate in pace” è il saluto del celebrante. Sì, io vado in pace, perché ho ricevuto dentro di me il Dio della pace. Cristo Eglirimane in me e mi chiede di portare, dovunque io vada, la pace e la gioia, di cui Egli ha inondato il mio essere.



16 Giugno 2019 - Santissima Trinità


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Pro 8, 22-31

Prima che la terra fosse, già la Sapienza era generata.


Dal libro dei Proverbi

Così parla la Sapienza di Dio:
«Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, all’origine.
Dall’eternità sono stata formata,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
Quando non esistevano gli abissi, io fui generata,
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;
pri­ma che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io fui generata,
quando ancora non aveva fatto la terra e i campi
né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull’abisso,
quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso,
quando stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le acque non ne oltrepassassero i confini,
quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 8

O Signore nostro Dio, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!

Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi?
Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi.
Tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.


Seconda Lettura Rm 5, 1-5

Andiamo a Dio per mezzo di Cristo, nella carità diffusa in noi dallo Spirito.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a que­sta grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.


+ Vangelo Gv 16, 12-15

Tutto quello che il Padre possiede è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve l’annunzierà.

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».


COMMENTO


   “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. E un segno di croce fatto su se stessi accompagna tali parole. In un gesto semplice e in una brevissima frase sono contenuti i due misteri principali della fede: unità e trinità di Dio; incarnazione, passione, morte e resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Sono queste le fondamenta su cui poggia tutta la costruzione esistenziale del cristiano.
    Nella solennità odierna la Chiesa contempla il primo di questi due misteri: Dio Uno e Trino.
    E’ da vertigine un tale mistero (del resto, non è forse tutto da vertigine il mistero di Dio?), ma Dio stesso ha voluto prendere la natura umana e parlare il nostro linguaggio, per farci entrare nelle profondità del suo mistero e rivelarcelo, togliendo al mistero la sua caratteristica di oscurità. “Dio nessuno l'ha mai visto; il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” scrive l’apostolo Giovanni nel prologo del suo Vangelo. E Gesù ci ha rivelato anche l’esistenza di un Altro nella “comunità” divina: lo Spirito Santo. Sempre Giovanni, nella narrazione dell’ultima cena, riporta in maniera quasi stenografica le parole pronunciate in quel momento da Gesù, che promette il dono dello Spirito Santo: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito, perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità… Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,16-17.26).
    Mai la mente umana avrebbe potuto immaginare che Dio potesse essere trinitario: tre Persone aventi la stessa natura, quella divina, e, nello stesso tempo, diverse nei loro ruoli, come i credenti proclamano nel “Credo” e come viene fatto ben emergere dalle letture odierne.
    “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili”.
     Di Dio Creatore, il Padre, parla, nella prima lettura, la sua stessa Sapienza; è un Dio che, nella sua perfezione, dà vita a una creazione ordinata e armoniosa, in cui ogni elemento ha un suo posto ben preciso.
    “Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre… Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine”.
    “Noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo” scrive S. Paolo ai Romani (seconda lettura).
    Il Figlio di Dio è il nostro Redentore, Colui che, fattosi Uomo, con la sua passione, morte e resurrezione ha permesso all’umanità di riacquistare la comunione con il Padre interrotta al momento del peccato originale, una comunione che, in Gesù Cristo, è diventata figliolanza; in Lui ogni essere umano, reso figlio nel battesimo, può rivolgersi al Padre chiamandolo teneramente “Abbà”, “Papà”.
    “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato…”.
    Lo Spirito Santo è il Vivificatore, Colui che “dà la vita” di Dio. E’ lo Spirito Santo che nei sacramenti agisce con tutta la sua potenza, che trasforma la stessa sostanza (nel battesimo la natura umana viene divinizzata, durante la messa il pane e il vino vengono trasformati nel corpo e nel sangue di Gesù,…).
    Lo Spirito Santo è anche “Spirito di verità”. Così Lo definisce Gesù nel brano del Vangelo. E’ lo Spirito Santo, infatti, che, entrando nell’essere umano, lo rende capace di comprendere profondamente tutto ciò che riguarda Dio. 
    E, in Atti 1,8, Gesù, poco prima di ritornare al Padre, dice ai suoi apostoli: “Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”. E’ lo Spirito Santo che dà la forza e il coraggio di vivere la propria fede affrontando anche difficoltà e sofferenze che umanamente farebbero arrendere il cuore. Ma questo cuore di uomo non è più un cuore soltanto umano; dentro di esso, per mezzo del battesimo, palpita la vita stessa di Dio, un Dio che è Amore, la cui vita, quindi, è l’amore stesso. E “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (seconda lettura).
    Dio è Amore. E l’amore presuppone una relazione. Un Dio-Amore non poteva essere solitario. Ed ecco la splendida Trinità, la realtà divina caratterizzata da una relazione fra Persone che si amano infinitamente e che vivono in uno stupendo, continuo scambio di amore.
    Trinità: comunione d’amore. A questa comunione le tre Persone divine hanno voluto far partecipare anche l’essere umano, creatura debole, fragile, eppure tanto preziosa ai loro occhi.
    E io, creatura, non posso fare a meno di contemplare stupita la “follia” dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, che hanno voluto afferrare la mia esistenza e immergerla nelle profondità della loro relazione d’amore.
    Questo Dio Uno e Trino dice a ogni essere umano: “Vieni, entra a far parte di Noi!”. E ogni essere umano che risponde: “Sì, vengo!” diventa tassello vivo di uno splendido puzzle ideato, sognato dal cuore di Dio: una umanità “divina”, una famiglia umana, in cui, circolando nei suoi componenti l’amore di Dio, si possa “vedere” la stessa vita di comunione che, come acqua di sorgente sempre fresca e sempre nuova, scorre con infinita potenza d’amore nella Santissima Trinità.



09 Giugno 2019 - Pentecoste


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO





LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura At 2, 1-11

Tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare.


Dagli atti degli apostoli

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 103

Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.
Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.


Seconda Lettura Rm 8, 8-17

Quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio.
E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.


+ Vangelo Gv 14, 15-16. 23-26

Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa.

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».


COMMENTO


   Pentecoste: lo Spirito Santo fa irruzione con tutta la sua potenza nel cuore dell’essere umano, che diventa, così, dimora di Dio. E una creatura, per di più ribelle al suo Creatore, viene attirata, per un miracolo d’amore, dentro la vita della Trinità e resa partecipe di tale vita. Ecco il compimento dell’opera redentrice di Cristo. Ecco il frutto della Pasqua. Il Figlio di Dio si è fatto uomo, ha affrontato la passione e la morte ed è risorto proprio perché si realizzasse questo incredibile, straordinario progetto dell’amore di Dio per l’uomo. La redenzione non è costituita solo dal perdono dei peccati; è molto di più, è infinitamente di più; è questa irruzione della vita stessa di Dio nell’essere umano, che viene reso, in tal modo, anche divino; è l’invito-dono, che Dio fa all’uomo, a condividere la vita della Trinità. L’uomo viene attirato dentro il cuore stesso di Dio, il suo essere viene chiamato a farsi permeare della vita di Dio e a diventare, nel mondo, “visibilità” di Dio stesso.
    “Chi ha visto me ha visto il Padre” ha detto Gesù (Gv 14,9).
    “Chi vede me deve poter vedere il volto di Dio” dovrebbe dire ogni uomo che, nel battesimo, ha ricevuto lo Spirito Santo, divenendo, così, figlio di Dio e, come tale, somigliante al Padre attraverso la somiglianza con Gesù.
    Pentecoste: miracolo dell’amore di Dio, miracolo davanti al quale ogni battezzato dovrebbe rimanere senza fiato per lo stupore e la gratitudine e di cui, in ogni istante, dovrebbe essere gioioso testimone.
    E testimoni pieni di entusiasmo e di gioia furono gli apostoli appena riempiti di Spirito Santo. Erano uomini semplici, senza cultura, piccoli, poveri uomini pieni di paure e di titubanze. Avevano vigliaccamente abbandonato il loro Signore nell’ora più tragica, avevano dubitato della resurrezione di Gesù annunciata loro dalle donne al mattino di Pasqua. E ora eccoli, quegli stessi uomini, trasformati in leoni, pieni di coraggio. Lo Spirito Santo è appena sceso su di loro come un vento impetuoso e come fuoco che purifica e infiamma. Paura, viltà, dubbi: tutto è ormai svanito, disciolto come neve al sole. Quello Spirito, che li ha appena riempiti di Sé, li spinge fuori dal sicuro luogo in cui si trovano, li proietta, li “catapulta” quasi, in mezzo a una folla eterogenea costituita da “Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo” (prima lettura). E avviene il primo, grande miracolo del dono dello Spirito: la Buona Novella annunciata dagli apostoli viene intesa da ciascuno degli ascoltatori nella propria lingua. Il primo annuncio fatto dalla Chiesa (è, infatti, con la discesa dello Spirito Santo che la Chiesa ha inizio) presenta la caratteristica dell’universalità. Viene, così, annullata la divisione fra i popoli, che dall'autore del racconto della torre di Babele, narrato nel libro della Genesi (prima lettura della messa vespertina nella vigilia), viene fatta risalire all’orgoglio degli uomini, i quali, parlando ancora una sola lingua, avevano deciso di costruire una torre che toccasse il cielo, quasi a sfidare Dio. Questi, per impedire la realizzazione di tale opera, confuse le lingue degli uomini, bloccando, in tal modo, il proseguimento della loro presuntuosa collaborazione.
    E’ la storia di sempre; è l’essere umano che vuole sempre sentirsi Dio, che vuole ergersi con le sue forze fino a Dio o, addirittura, vuole prenderne il posto. E’ l’Adamo di ogni tempo e di ogni luogo. E, purtroppo, l’orgoglio e la superbia costituiscono sempre motivo di rivalità, di gelosia, di invidia, di lotte all’interno delle famiglie e delle nazioni, mettendo uomo contro uomo, popolo contro popolo. E’ l’umanità divisa, lacerata e, per questo, sofferente.
    E Dio interviene con il suo amore. E’ umile Dio, perché, dall’alto della sua onnipotenza, scende verso l’uomo, ne assume addirittura la natura, in un incredibile atto d’amore. E’ misericordioso Dio, il cui cuore pieno di tenerezza si china sulla miseria e sull’infelicità dell’essere umano distrutto dal suo stesso orgoglio e incapace, dopo il peccato originale, di ritrovare da solo la sua identità e la sua dignità.
    Ed ecco, lo Spirito Santo, conquistatoci da Gesù con la sua passione, morte e resurrezione, scende con potenza sugli apostoli e, attraverso la loro testimonianza, rivela il mistero di Dio a uomini provenienti da ogni parte del mondo allora conosciuto. E, laddove l’orgoglio e la superbia dell’uomo avevano creato incomprensioni e divisioni, l’amore di Dio riannoda i fili della comunicazione fra gli uomini, rendendoli capaci di un linguaggio unico, quello del cuore, quello dell’amore.
    “Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra”. Nella semplicità di questa preghiera, ritornello del salmo responsoriale, è descritta la meravigliosa azione di Dio a favore dell’essere umano. Dio ha dato vita a una nuova creazione! Un fiume d’acqua viva è stato immesso nell’arido deserto dell’umanità. E ogni uomo inondato di tale acqua diventa, a sua volta, canale, attraverso il quale Dio vuole raggiungere gli altri suoi figli assetati.
    Un giorno “Gesù, ritto in piedi, gridò: 'Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva'. Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui” (Gv 7,37-39a).
    Sì, è il mio “innesto” in Gesù per mezzo del battesimo che immette nelle “vene” del mio essere la sua vita, lo Spirito Santo; è la stessa vita divina che, dal momento in cui divento figlio di Dio, comincia a scorrere in me, in ogni fibra del mio essere. E io, portatore di questa acqua viva, divento, nella mia libertà, strumento del mio Dio, affinché Egli, attraverso me, possa dissetare con l’abbondanza della sua acqua i tanti “deserti” che, per le strade del mondo, attendono di fiorire.