25 Agosto 2019 - XXI Domenica del tempo ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO





  LITURGIA DELLA PAROLA 



Prima Lettura  Is 66, 18-21

 Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti.

 Dal libro del profeta Isaia


Così dice il Signore:
«Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria.
Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti.
Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore.
Anche tra loro mi prenderò sacerdoti levìti, dice il Signore».


Salmo Responsoriale 
Dal Salmo 116


Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore.

Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre. 



Seconda Lettura  Eb 12, 5-7.11-13


Il Signore corregge colui che egli ama. 

Dalla lettera degli Ebrei


Fratelli, avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli:
«Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore
e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui;
perché il Signore corregge colui che egli ama
e percuote chiunque riconosce come figlio».
È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.
Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire. 



Vangelo  Lc 13, 22-30


Verranno da oriente a occidente e siederanno a mensa nel regno di Dio.


Dal vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».



COMMENTO


    Ogni essere umano che viene in questo mondo ha un suo ben preciso “perché” esistenziale; non si trova “gettato” su questa Terra per un puro caso, non è un meteorite che cade dal vuoto dello spazio per vivere un determinato numero di anni e, quindi, ritornare pulviscolo di atomi sparsi nell'universo.
    Ogni essere umano è, fin dall'eternità, dentro un cuore pieno d'amore, è dentro una mente che ha “inventato” per lui un'esistenza piena, guidata da quell'amore. Si tratta del cuore e della mente di Dio.
    Egli mi dice: “Esisti!” e io comincio a esistere; e so che la mia esistenza è un progetto d'amore che, nella collaborazione tra la potenza d'amore di Dio e la mia libertà messa tra le sue mani, si realizzerà istante dopo istante nella mia quotidianità semplice, nascosta, silenziosa, ma ripiena della presenza di questo Dio, il quale si interessa a me al punto da preoccuparsi addirittura di “contare anche tutti i capelli del mio capo” (cfr. Lc 12,7). Ogni persona è amata da Dio in tal modo e in tale misura. Nessun essere umano è amato da Lui meno di un altro essere umano. Ognuno può sentirsi dire da Dio: “Io ti amo con la totalità del mio amore”. Ognuno ha veramente l' “esclusiva” dell'amore di Dio, il cui cuore non ama a “compartimenti-stagno”, come è tipico del cuore  umano, che ha ciascun suo angolo “occupato” dall'amore per una sola persona. L'amore di Dio è, nella sua infinità, interamente per ogni persona!
    Al popolo d'Israele, che riteneva di avere l'esclusiva dell'appartenenza a Dio e, quindi, della salvezza, deve essere risuonata sconvolgente la parola rivoltagli da Dio attraverso il profeta Isaia (prima lettura). “Tutti gli uomini, a qualsiasi razza e nazione appartengano, sono chiamati a essere mio popolo; anche tra loro prenderò i miei ministri; anche loro io invierò ad annunciarmi a coloro che ancora non mi conoscono”. Questo il messaggio rivolto da Dio al suo popolo, un messaggio difficile e faticoso da accettare. Agli Israeliti, così orgogliosamente convinti che gli unici salvati fossero loro, Dio chiede un cambiamento di mentalità, una conversione del cuore e della mente in senso universalistico, un'apertura ai “pagani”, un'apertura che a un Ebreo poteva sembrare addirittura un tradimento della propria religione.
    “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. La domanda fatta a Gesù dal “tale” del brano evangelico nasconde sottilmente la presunzione, in chi l'ha posta, di essere senza dubbio anche lui uno di quei “pochi” che si salveranno. A questo Israelita, che si ritiene sicuramente salvato perché appartenente al popolo eletto, Gesù, come è suo solito, dà una risposta che svela l'ipocrisia insita in quella domanda e costringe a guardare in faccia la verità del proprio cuore, della propria esistenza.
“Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete e bussare alla porta, dicendo: 'Signore, aprici'. Ma egli vi risponderà: 'Non so di dove siete'.  Allora comincerete a dire: 'Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze'. Ma egli vi dichiarerà: 'Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori d'ingiustizia!' ”.
    La salvezza non è mai scontata; essa è il risultato della scelta di Gesù e del suo Vangelo, una scelta libera, consapevole, portata avanti quotidianamente con fedeltà. E' in Lui, il Figlio di Dio fattosi uomo, che ogni essere umano trova la sua salvezza. E' l'accogliere Lui come il mio Salvatore e Signore, è il fare di Lui il senso unico della mia esistenza, è l'ascoltare e il mettere in pratica la sua parola, i suoi insegnamenti che mi permetterà un giorno, quando arriverà la fine della mia vita terrena, di essere accolto a braccia aperte, con gioia, dal mio Dio.
    Non era l'appartenenza al popolo eletto che dava l'assicurazione della salvezza. Non dà questa assicurazione nemmeno l'appartenenza alla Chiesa di Cristo, se tale appartenenza è costituita solo dall'essere iscritti nel registro dei battezzati. Scribi e farisei furono spesso accusati da Gesù di ridurre la religione a una esteriore e fredda osservanza della Legge. Anche il cristiano può ridurre la sua vita di battezzato a un presenziare passivamente a dei riti, a una meccanicità di gesti e di formule, senza il coinvolgimento del cuore, senza che l'ascoltare la parola di Dio e il cibarsi di Gesù Eucaristia abbiano un'incidenza profonda sulla sua vita.
    La salvezza è data dalla mia libera adesione a Cristo, dal volere, con tutte le mie forze, con ogni fibra del mio essere, con ogni battito del mio cuore, con ogni mio respiro, far contento Dio. E Lo renderò contento di me nella misura in cui io mi lascerò amare da Lui, permettendogli di realizzare nella mia vita il capolavoro che Egli dall'eternità ha progettato per me.
    Il “tale” del brano evangelico, appartenendo al popolo ebraico, popolo chiamato effettivamente per primo fra tutti gli altri popoli a vivere un particolare, profondo rapporto con Dio, si sentiva uno di quei “primi”, quindi già al sicuro. Gesù lo mette in guardia: “Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi e vi sono primi che saranno ultimi”.
    Dio vuole che ogni essere umano sia “primo” ai suoi occhi, dentro il suo cuore. E ogni persona può avere la certezza di questo “primato”, quando sceglie di entrare nel cuore del Padre attraverso la porta che è Gesù. Veramente ognuno può dire: “L'amore di Dio è tutto per me”.
    Lasciarsi avvolgere e permeare totalmente da questo amore: ecco la salvezza, che inizia già in questa vita; ecco il dono stupendo che Dio fa a ogni uomo e a ogni donna, poiché Egli vuole che ogni persona sia felice di esistere.


18 Agosto 2019 - XX Domenica del tempo ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Ger 38,4-6.8-10

Hai fatto di me un uomo di contesa su tutta la terra.


Dal libro del profeta Geremia

In quei giorni, i capi allora dissero al re: «Si metta a morte questo uomo, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché questo uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male ».
Il re Sedecia rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi». Essi allora presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malchia, principe regale, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremia con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremia affondò nel fango.
Ebed-Melech uscì dalla reggia e disse al re: «Re mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame sul posto, perché non c‘è più pane nella città». Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Melech l’Etiope: «Prendi con te da qui tre uomini e fà risalire il profeta Geremia dalla cisterna prima che muoia».




Salmo Responsoriale Dal Salmo 39

Vieni presto, Signore, a liberarmi.

Ho sperato: ho sperato nel Signore
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha tratto dalla fossa della morte,
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.
Io sono povero e infelice;
di me ha cura il Signore.
Tu, mio aiuto e mia liberazione,
mio Dio, non tardare.


Seconda Lettura Eb 12, 1-4

Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti.

Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, circondàti da un gran numero di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci intralcia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo.
Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato.


+ Vangelo Lc 12, 49-57

Non sono venuto a portare la pace sulla terra, ma la divisione.

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C‘è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D’ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
[ Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?». ]



COMMENTO

    Strana affermazione, questa di Gesù: “Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, io vi dico, ma la divisione”. Eppure Egli è il Messia, il “Principe della pace” (Is 9,5), Colui che farà sì che “il lupo dimori insieme con l'agnello, il leopardo si sdrai accanto al capretto, il vitello e il leoncello pascolino insieme guidati da un fanciullo” (cfr. Is 11,6). “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” Egli dirà ai suoi apostoli durante l'ultima cena (Gv 14,27). E “Pace a voi!” sarà la prima parola detta dal Risorto ai suoi discepoli (Gv 20,19).
      E allora? Perché questa frase, che potrebbe anche scandalizzare?
    “D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divise tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera”; così continua il brano. Gesù sembra voler rincarare la dose, ma, in effetti, sta dando la spiegazione di quella sua frase.
     Un giorno, nel tempio di Gerusalemme, il vecchio Simeone, tenendo tra le braccia il Bambino Gesù, profetizzò di Lui che sarebbe stato “segno di contraddizione, affinché fossero svelati i pensieri di molti cuori” (cfr. Lc 2,34).
    Gesù è Via, Verità e Vita. Di fronte a Lui, di fronte al suo annuncio, non si può rimanere indifferenti, neutrali; bisogna prendere una posizione: o con Lui o contro di Lui.
     “Convertitevi e credete al Vangelo” è il primo annuncio di Gesù.  A questo suo pressante invito si può rispondere affermativamente o negativamente; non ci sono vie di mezzo. E il “Sì” o il “No” pronunciati determinano il senso da dare alla propria vita. Non si tratta, quindi, di partecipare a dei riti, di recitare delle formule; si tratta di scegliere se dare alla mia esistenza un significato divino oppure viverla secondo i miei orgogliosi, miopi parametri umani. Tutto rimane coinvolto dal “Sì” o dal “No” a Cristo e al suo Vangelo. E' una concezione esistenziale che viene determinata da quella risposta, è il modo di concepire l'essere umano, la vita, la morte; e tutto ciò che a queste realtà fondamentali è strettamente connesso: la formazione dell'uomo attraverso l'educazione impartita dalla famiglia e dalla società, i rapporti sociali, il rapporto con la natura, con le cose, con il denaro... Tutto, tutto viene determinato dall'adesione o meno alla persona di Gesù. E, se in una famiglia alcuni l'hanno accolto come il loro Salvatore, il loro Signore, come la Luce e la Roccia della loro esistenza, e gli altri Lo hanno rifiutato, la profonda diversità del modo di concepire e vivere la propria vita sarà senza dubbio motivo di divisione, di scontri, di lacerazioni dolorose. E all'interno della famiglia, come all'interno della società, il cristiano, se vive con fedeltà e coerenza la sua adesione a Cristo, diventa, come Lui, “segno di contraddizione”, che fa emergere la verità dei cuori, potendo risultare, così, molto scomodo, come il profeta Geremia nella prima lettura, e, quindi, fatto oggetto di persecuzioni più o meno sottili, più o meno violente.
     “Voi siete la luce del mondo” dice Gesù ai suoi discepoli (Mt 5,14). Ma, se il mondo preferisce rimanere nelle tenebre, la luce può essere rifiutata. E' accaduto a Gesù. “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta” scrive l'apostolo Giovanni nel prologo del suo Vangelo (Gv 1,4-5). Può accadere a ogni cristiano. “Un servo non è più grande del suo padrone - dice Gesù -. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra” (Gv 15,20).
    Gesù non ha promesso una vita facile e comoda a coloro che avrebbero creduto in Lui; ha promesso una vita piena di significato, permeata dello stesso amore di Dio. A ciascuno Egli vuole donare Se stesso, con la pienezza della sua vita e della sua gioia. E da ciascuno attende un libero “Sì”.


15 Agosto 2019 - Assunzione della Beata Vergine Maria


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Ap 11, 19a; 12, 1-6a.10ab

Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi.



Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo».


Salmo Responsoriale Salmo 44

Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.

Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.
Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.
Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.
Dietro a lei le vergini, sue compagne,
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.


Seconda Lettura 1 Cor 15, 20-27a

Cristo risorto è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.


+ Vangelo Lc 1, 39-56

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili.


Dal vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.


COMMENTO


     C’era un Figlio speciale che l’aspettava. E, appena gli angeli l’hanno portata in Paradiso, questo Figlio l’ha presentata con santo orgoglio alla Corte celeste. La Madre di Dio finalmente si ricongiungeva a suo Figlio, per sempre! E quel corpo, che aveva dato un corpo di uomo al Figlio di Dio, è stato, da questo Figlio, rivestito immediatamente di gloria. Nessuna corruzione per quel corpo permeato in ogni sua cellula dalla potenza vivificante dello Spirito Santo. La prima creatura totalmente redenta, fin dal suo concepimento, dal sacrificio del Figlio di Dio fattosi anche Figlio dell’umanità per mezzo di Lei.
   Guardare Lei è vedere il capolavoro della potenza d’amore di Dio, è vedere la bellezza dell’umanità totalmente permeata della bellezza di Dio.
     Guardare Lei significa vedere ciò che ogni persona è destinata a essere, se, come Lei, saprà dire, nella propria quotidianità, il suo “Eccomi” a Dio. E allora, insieme a Lei, potrà cantare, per l’eternità, anche il suo “Magnificat”.



11 Agosto 2019 - XIX Domenica del tempo ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Sap 18, 6-9


Come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te.



Dal libro della Sapienza

La notte [della liberazione] fu preannunciata ai nostri padri,
perché avessero coraggio,
sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà.
Il tuo popolo infatti era in attesa
della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici.
Difatti come punisti gli avversari,
così glorificasti noi, chiamandoci a te.
I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto
e si imposero, concordi, questa legge divina:
di condividere allo stesso modo successi e pericoli,
intonando subito le sacre lodi dei padri.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 32
Beato il popolo scelto dal Signore.
Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.
L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.


Seconda Lettura Eb 11, 1-2.8-19 (Forma breve 11,1-2.8 12)

Aspettava la città il cui architetto e costruttore è Dio stesso.

Dalla lettera agli Ebrei

[ Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. ]
Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città.
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.


+ Vangelo Lc 12, 32-48 (Forma breve 12,35-40

Anche voi tenetevi pronti.


Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
[ Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». ]
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».


COMMENTO


    “Si sa dove si nasce, ma non si sa dove si muore” recita un famoso proverbio. Con altrettanta verità si potrebbe dire: “Si sa quando si nasce, ma non si sa quando si muore”. E' il messaggio di questa domenica, ben espresso nel canto al Vangelo: “Vegliate e tenetevi pronti, perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo”, cioè il Signore.
    La “venuta del Signore” si riferisce principalmente alla parusia, al ritorno glorioso di Gesù Cristo alla fine dei tempi. Ma può riferirsi anche al momento della morte, al momento, cioè, in cui Dio pone fine alla vita terrena di un essere umano e gli fa iniziare un'altra vita, quella eterna, che può essere con Lui o senza di Lui. Ed è in questa nostra vita vissuta nella dimensione temporale che noi siamo chiamati a fare la scelta sulla nostra eternità. E' nel periodo di tempo che ci viene dato di vivere, in poche manciate di anni (perché anche la vita più lunga è sempre soltanto un soffio rispetto all'eternità), che noi ci giochiamo la vita eterna! Grande, tremenda responsabilità della libertà dell’essere umano!
    Anche in questa domenica, come nella precedente, il discorso di Gesù verte sull'esistenza umana, con il suo valore, il suo significato e, soprattutto, la sua meta finale, definitiva. Tutti e tre i brani trattano l'argomento sottolineando due elementi: le promesse di Dio e la fede dell’essere umano in tali promesse.
    Nella prima lettura viene ricordata dall'autore la fede che gli Ebrei, durante il lunghissimo periodo di schiavitù in Egitto, avevano continuato ad avere nelle promesse di liberazione che Dio aveva fatto loro e che Egli aveva mantenute.
    Di fede nelle promesse di Dio tratta anche la seconda lettura, in cui la parola “fede” è presente come un leit-motiv. Anche qui vi è una partenza per fede e una meta che è solo una promessa. “Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende ... Egli aspettava, infatti, la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso”. E' l'atteggiamento del credente, il quale sa che questa vita terrena è soltanto un cammino, un passaggio, non la meta definitiva. In questa vita, quindi, si sta come in una tenda, che, durante un viaggio, facilmente si pianta e facilmente si toglie.
    Proprio tale concetto è alla base dell'architettura sacra post-conciliare. Negli ultimi decenni, infatti, molte chiese sono state costruite a forma di tenda, poiché l'idea di Chiesa sottolineata dal Concilio Vaticano II è di “popolo di Dio in cammino” verso la patria del cielo. E' lì che si trova la “città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso”; è la Gerusalemme celeste. Ed è a questa “città” che deve tendere il nostro cuore; essa deve costituire il nostro tesoro più prezioso, perché sappiamo bene quanto sia vera l'espressione di Gesù: “Dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”.
    Il brano di Vangelo di questa settimana inizia con “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno”. Ecco la splendida, incredibile promessa che Dio mi fa: il suo Regno, la condivisione della sua gioia e della sua gloria nell'eternità. Se soltanto riuscissimo a comprendere anche solo un barlume della bellezza del mistero in cui Dio ha voluto farci entrare! Il cuore sarebbe pieno di gioioso stupore e ogni respiro sarebbe un “Grazie”.
    E questo Regno, a cui Dio mi vuole far partecipare non per qualche mio merito, ma per il suo gratuito, infinito amore, determina il mio modo di “vedere” e vivere la mia vita terrena.
    Nei versetti che precedono il brano di Vangelo di questa settimana Gesù fa un bellissimo discorso sull'abbandonarsi fiduciosamente all'amore provvidente del Padre. “Non preoccupatevi per la vita - Egli dice -, di quello che mangerete; né per il corpo, di quello che indosserete. La vita, infatti, vale più del cibo e il corpo più del vestito. Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. Quanto più degli uccelli valete voi! Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? Se non potete fare neppure così poco, perché vi preoccupate per il resto? Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano. Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Se dunque Dio veste così bene l'erba nel campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, quanto più farà per voi, gente di poca fede. E voi, non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia: di tutte queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il suo regno e queste cose vi saranno date in aggiunta. Non temere, piccolo gregge,...” (Lc 12,22-32).
    Non si tratta certamente di un invito a diventare degli sfaticati, a non darsi da fare e a non lavorare per procurarsi il necessario per vivere, ma è un'esortazione a “non stare in ansia”, a “non preoccuparsi”. Accogliere tali parole di Gesù è, di fatto, un guardare la vita con gli occhi di Dio; il che non è impossibile, poiché Dio stesso, dentro di noi, ci dà la sua luce, la sua sapienza, rendendoci capaci di avere il suo stesso pensiero, di vedere e giudicare tutto secondo il suo modo di vedere e giudicare. E, se noi vivremo ogni istante alla presenza di Dio, con il suo amore dentro di noi, potremo attendere con serenità l'incontro definitivo con Lui, in qualunque momento tale evento dovesse verificarsi. Saremo, allora, anche noi beati come quei servi che il padrone, al suo ritorno, ha trovati ancora svegli.
    Ma Dio, che pure desidera con tutto il suo cuore avermi eternamente con Sé, non mi costringe a vivere l'eternità con Lui. Mi lascia libero di decidere che cosa fare della mia vita. Posso viverla a modo mio, secondo i miei desideri e i miei progetti puramente umani, facendomi io padrone assoluto della mia esistenza, oppure posso viverla seguendo le indicazioni di Dio, fidandomi totalmente di Lui, credendo fermamente nel suo amore e nelle sue promesse. La scelta spetta solamente a me; e, qualunque essa sia, Dio la rispetterà. Sempre. Per l'eternità.

04 Agosto 2019 - XVIII Domenica del tempo ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Qo 1,2; 2,21-23


Quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica?

Dal libro del Qoèlet

Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!

Salmo Responsoriale Dal Salmo 89

Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.
Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.
Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

Seconda Lettura Col 3,1-5. 9-11

Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.
Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

+ Vangelo Lc 12,13-21

Quello che hai preparato, di chi sarà?
Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».



COMMENTO


   “Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità”. Gesù, con la fama che l'accompagna, fa sorgere fortemente, nelle persone che incontra, la tentazione di “tirarlo” dalla propria parte nelle questioni più disparate. Stavolta la questione riguarda un'eredità. Ricchezze, dunque. Gesù anche questa volta non si lascia strumentalizzare e coglie l'occasione per fare un discorso che ai suoi ascoltatori sarà certamente risultato duro, ma che probabilmente li avrà aiutati a guardare la loro esistenza da una prospettiva diversa, più impegnativa senza dubbio, ma anche più ricca di significato.
    Gesù conosce molto bene il cuore umano e sa che esso è particolarmente sensibile a pochi, ma potenti, richiami: il denaro, il potere, il piacere. Il denaro, soprattutto, viene da Lui considerato talmente influente sull'essere umano da definirlo un vero e proprio oggetto di idolatria. “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza” (Mt 6,24).
    Il denaro, con tutto ciò che a esso è legato, rischia di far tenere alle persone gli occhi sempre puntati verso il basso, verso tutto ciò che è esclusivamente terreno, senza permettere mai a quegli occhi di alzarsi verso il cielo e di vedere gli orizzonti infiniti di Dio e dell'eternità; mentre sono proprio questi orizzonti che, fissati continuamente, offrono a ciò che è terreno il suo vero valore e il suo senso più profondo. La mia quotidianità non rimane piatta e banale solo se “proiettata” nell'eternità e da questa “permeata” e guidata.
    Il protagonista della parabola narrata da Gesù non è colpevole, agli occhi di Dio, per le sue ricchezze, ma per il suo modo di considerarle e di gestirle. Per lui, infatti, le ricchezze non sono un talento da utilizzare per il bene degli altri, ma il mezzo per vivere una vita di egoismo, di smodatezza e di lussuria, una vita, quindi, senza alcuno scopo di bene e, alla fin fine, resa inutile. La vita, dono prezioso di Dio, ridotta da quell'uomo a un “riposati, mangia, bevi e divertiti”!
    Ben altre sono le altezze a cui Dio chiama l’essere umano. “Vi siete svestiti dell'uomo vecchio (l'uomo del peccato) – scrive l'apostolo Paolo ai Colossesi – e avete rivestito il nuovo (l'uomo redento), che si rinnova ... a immagine di Colui che lo ha creato”, perché “Cristo è tutto in tutti”.
     Ecco la vetta stupenda, incredibile, che io sono chiamato a raggiungere: avere, per mezzo di Gesù, un “volto” somigliante a quello del mio Creatore. Cristo, immagine visibile di Dio, mi riempie di Sé, facendomi assomigliare sempre di più a Lui e, quindi, al Padre. Ecco la bellezza della mia vita, ecco il senso profondo e infinito che a essa Dio vuole dare!
    Il denaro, allora, non costituisce più, per me, il senso della vita, che assorbe in maniera totalizzante il mio tempo e le mie energie, ma solo un talento che Dio mi mette tra le mani, perché io lo possa “trafficare” per il suo Regno.
    “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Tale versetto di Matteo, nel canto al Vangelo, sintetizza il significato della parola di Dio di questa domenica. I “poveri in spirito” sono, nella Bibbia, gli “anawim”, cioè gli umili, coloro che, nel costruire la propria esistenza, non puntano su se stessi, sulle loro forze, sui loro beni, ma, al contrario, essendo profondamente consapevoli di non avere in sé né la sapienza né la forza per dirigere e costruire la propria vita, tengono gli occhi continuamente puntati su Dio e attendono da Lui luce e forza per il loro cammino esistenziale.

    E io, conoscendo la splendida meta di tale cammino, tengo spalancato il mio cuore a Dio e, pur con tutti i miei limiti, ma cercando di essere gioiosamente “anawim”, mi lascio condurre dal suo amore alle più alte vette dello spirito, dove il respiro è quello suo, libero e infinito.