01 Gennaio 2017 - Liturgia Anno A: Maria Santissima Madre di Dio

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Nm 6,22-27

Essi invocheranno il mio Nome, e io li benedirò.
Dal libro dei Numeri

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 66

Dio abbia pietà di noi e ci benedica.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.
Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.
Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.


Seconda Lettura Gal 4,4-7

Dio mandò il suo Figlio, nato da donna.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati

Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.
E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.


Vangelo Lc 2,16-21

I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.
Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

COMMENTO


    Pastori pieni di gioia, che parlano a tutti di quel bambino, la cui nascita è stata loro annunciata in una esplosione di luce.
    Ascoltatori stupiti per quanto i pastori dicono di quel bambino.
    E una Madre, che “custodisce tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”.
    Che cosa doveva esserci in quel cuore di madre?! Quel figlio, che ella teneva tra le braccia e che sconosciuti erano venuti ad adorare, era il Figlio di Dio! Ed era lì, così piccolo, così inerme! Un Dio fattosi uomo, perché l’uomo, fragile e peccatore, potesse essere “recuperato” al rapporto con Dio, rapporto spezzato con il peccato originale. E Dio “recupera” l’uomo in maniera stupenda, dandogli addirittura una dignità che l’essere umano non aveva nella sua originaria condizione di creatura. Come dice l’apostolo Paolo nella seconda lettura, “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, … perché ricevessimo l’adozione a figli”. E, da allora, ogni uomo e ogni donna, se, nella loro libertà, accolgono Gesù Cristo come loro Salvatore e, con il battesimo, diventano figli di Dio, possono rivolgersi a Dio chiamandolo “Abbà”, “papà” (questo, infatti, in aramaico è il significato della parola “abbà”, un termine, quindi, molto confidenziale, tipico del bambino che chiama affettuosamente il suo papà).
    E’ bello meditare nel nostro cuore, come Maria e insieme a lei, le meraviglie che Dio ha voluto compiere, e continua a compiere, a favore di noi uomini, perché Dio è Amore e non si stanca mai di benedire l’uomo, cioè di “dire bene” dell’uomo, di pensare all’essere umano sempre positivamente, con amore.
    Inizia un nuovo anno.
    Non è un caso che il primo giorno dell’anno nuovo venga dedicato a Maria, Madre di Dio. La Chiesa mette sotto la sua materna e potente protezione quest’altro tempo che Dio ci dona.
    E non è un caso che la prima lettura del primo giorno del nuovo anno sia una splendida benedizione.
    “Buon anno!” è l’augurio che ci si scambia all’inizio di un nuovo anno. Tale augurio significa: “Il nuovo anno possa essere per te un anno buono”.
    E non può non essere buono il nuovo anno, se io so con certezza che si realizza veramente, per me, in ogni istante, quanto Dio stesso ha indicato a Mosè come benedizione per il suo popolo: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.

24 Dicembre 2016 - Liturgia Anno A: Natale del Signore

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



Natale del Signore
(Messa della notte)

LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Is 9,1-6

Ci è stato dato un figlio
Dal libro del profeta Isaia

Il popolo che camminava nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa
una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te
come si gioisce quando si miete
e come si esulta quando si divide la preda.
Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva,
la sbarra sulle sue spalle,
e il bastone del suo aguzzino,
come nel giorno di Màdian.
Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando
e ogni mantello intriso di sangue
saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
Perché un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il potere
e il suo nome sarà:
Consigliere mirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace.
Grande sarà il suo potere
e la pace non avrà fine
sul trono di Davide e sul suo regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 95

Oggi è nato per noi il Salvatore.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.
Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.


Seconda Lettura Tt 2,11-14

E’ apparsa la grazia di Dio per tutti gli uomini.
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.


Vangelo Lc 2,1-14

Oggi vi è nato il Salvatore.
Dal vangelo secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».


COMMENTO


    Un vagito rompe il silenzio della notte e raggiunge gli estremi confini dell’universo. Un nuovo uomo è venuto nel mondo, ma non è un uomo qualsiasi. Quel bimbo “adagiato in una mangiatoia” (questo è il segno che l’angelo indica ai pastori, ai quali ha appena annunciato la “grande gioia” della nascita del Salvatore) è Dio che si è fatto uomo, un Dio umile, che non ha disdegnato di prendere la natura di una sua creatura e di nascere, Lui, il Creatore e Signore dell’universo, in una grotta nei dintorni di Betlemme, dove solitamente trovano rifugio i pastori con le loro greggi. Nessuno si è accorto di nulla. Il mondo intorno dorme. La vita scorre con lo stesso ritmo di sempre. Eppure quel vagito di un fragile bimbo sta “dicendo” all’umanità che niente sarà più come prima.
    “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. Con queste splendide parole si apre il brano del profeta Isaia, che settecento anni prima di Cristo ne aveva annunciato la nascita, definendone anche la missione. Lo splendore di quella luce che squarcia le tenebre riempie i cuori di gioia. Rivolgendosi a Dio, così continua il profeta: “Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. … Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle e il bastone del suo aguzzino. … Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre”.
    Il popolo di cui parla Isaia, chiamato da Dio alla missione profetica nel 740 a.C., è il popolo d’Israele, che in quel periodo, a causa di scelte politiche del re Acaz guidate più da considerazioni umane che dalla fiducia in Dio (come, invece, aveva consigliato lo stesso Isaia), si trovava sotto una tutela oppressiva dell’Assiria. Dio promette al suo popolo la liberazione, che il profeta presenta come già avvenuta.
    La Chiesa pone questo brano di Isaia come prima lettura della messa della notte di Natale, dandogli un significato spirituale. “Il popolo che camminava nelle tenebre” è l’umanità immersa nel buio profondo, nel quale si trovava a “camminare” da quando, con il peccato originale, aveva “perso” Dio, perdendo, così, anche la strada esistenziale, sulla quale camminare con sicurezza. Dal momento in cui l’essere umano, nel suo folle desiderio di essere come Dio, aveva abbandonato il suo Creatore, vagava a tentoni in un interminabile, angosciante tunnel, dal quale, con le sue sole forze, non poteva uscire. Ma Dio, nel suo infinito amore per questa sua creatura, non l’ha abbandonata nelle tenebre dello spirito che la facevano vivere in una profonda angoscia esistenziale; ha voluto riprenderla e riportarla a casa. Ed è sceso dal suo cielo, è diventato l’Emmanuele, “Dio con noi”, è diventato uno di noi, ha preso la nostra natura umana, per renderla, per mezzo del battesimo, anche divina. E l’uomo, che nel suo orgoglio e nella sua presunzione, aveva tentato di “rubare” a Dio la sua divinità, si è ritrovato tra le mani tale divinità come incredibile dono gratuito di questo imprevedibile, stupendo Dio.
    Attraverso il cammino d’Avvento la Chiesa ha aiutato passo passo i fedeli a prendere sempre più coscienza del loro bisogno di perdono e di salvezza. Ora questo perdono e questa salvezza sono qui, dentro la mia vita. E la gioia esplode come quella di un naufrago, il quale, mentre annaspa disperatamente tra i marosi che lo ghermiscono e stanno per inghiottirlo, vede una mano tendersi verso di lui, afferrarlo con forza e trarlo a riva. Quale gioia ci sarà nel suo cuore! Quale gratitudine invaderà ogni fibra del suo essere nei confronti del suo salvatore!
    E un’esplosione di gioia è la risposta dell’assemblea, con il salmo responsoriale, al bellissimo brano del profeta Isaia. Il cuore del credente esulta per le meraviglie del suo Dio. La natura stessa viene invitata dal salmista a innalzare al Creatore la sua lode. E l’uomo e il creato, insieme, cantano a Dio la loro gioiosa gratitudine: “Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome. Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza, in mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie. Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude; sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta”.
    E, se davanti a quella mangiatoia, in cui Maria ha deposto il Figlio di Dio fatto Bambino, noi sapremo elevare a Dio, con tutto il cuore, questo canto di stupore e di gioia, allora veramente Natale sarà per noi un “Buon Natale”.              

18 Dicembre 2016 - Liturgia Anno A: IV Domenica di Avvento

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Is 7, 10-14

Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio.
Dal libro del profeta Isaia

In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto».
Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore».
Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 23

Ecco, viene il Signore, re della gloria.

Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.
Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.


Seconda Lettura Rm 1, 1-7

Gesù Cristo, dal seme di Davide, figlio di Dio.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!


Vangelo Mt 1, 18-24

Gesù nascerà da Maria, sposa di Giuseppe, della stirpe di Davide.
Dal vangelo secondo Matteo

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.


COMMENTO


    Un uomo sente il suo cuore stretto in un’angoscia mortale: la sua sposa, la donna che ama, attende un bambino, ma egli sa che quel bimbo non è il suo. Secondo la legge ebraica essi sono già sposati, avendo già stipulato il contratto di matrimonio, ma ancora ciascuno di loro vive a casa sua. Maria, infatti, quando l’angelo le aveva annunciato che sarebbe diventata la madre del Salvatore, aveva chiesto: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?” (Lc 1, 34). Riferito alla coppia, il verbo “conoscere” in senso biblico significa “avere rapporti intimi”. Maria, con semplice realismo, stava esprimendo all’angelo le sue perplessità. Come poteva essere madre dal momento che era vergine? Dalla stipula del contratto matrimoniale, infatti, non era ancora trascorso un anno, tempo stabilito dalla Legge perché i due sposi “legali” potessero iniziare la vera e propria vita di coppia, che cominciava nel momento in cui la sposa lasciava la sua casa e andava a vivere con lo sposo nella casa di lui.
    Ma Dio sembra avere fretta, non vuole più aspettare. Bastava poco tempo, qualche mese ancora,
e tutto sarebbe sembrato “normale”. Ma la nascita del Figlio di Dio non poteva avvenire in maniera normale. Già sette secoli prima era stata annunciata la nascita straordinaria del Messia: “… Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” (prima lettura). E quella vergine sarebbe stata una ragazza sconosciuta di un villaggio della Palestina, la giovane sposa di un giovane carpentiere. Nella vita di questi due normalissimi giovani Dio irrompe come un turbine, che sconvolge semplici, quotidiani progetti. Dio manifesta la sua potenza, ma, nello stesso tempo, anche la sua umiltà. Egli potrebbe agire da solo, potrebbe compiere, da solo, il suo progetto di salvezza, di “recupero” dell’essere umano, di questa sua creatura, che, abbandonando il suo Creatore, si era trovata immersa in un oceano infinito di degrado, di disgregazione spirituale, morale e fisica, di angosciante disperazione. Ma Dio ama alla follia questa sua creatura, la stima e vuole farla sentire utile al suo Creatore. Dio, l’Onnipotente, si fa bisognoso della collaborazione dell’essere umano per attuare il suo disegno d’amore. Non obbliga né Maria né Giuseppe a dire il loro “Sì”; Egli fa conoscere loro i progetti del suo cuore, mette tali progetti dentro i loro cuori; e attende. L’imposizione non è nello stile di Dio; la proposta è il suo stile, poiché la proposta è lo stile di chi ama. E la proposta ha sempre, come presupposto, la fiducia nei confronti della persona a cui essa viene fatta e l’attesa paziente e rispettosa della sua libera risposta. Forse Dio ha trattenuto il respiro nel lasso di tempo intercorso tra l’annuncio a quella giovinetta di Nazareth e la risposta docilmente e fiduciosamente affermativa di lei. Da quel “Sì” dipendeva la realizzazione del progetto di salvezza coltivato da sempre nel suo cuore di Dio, un Dio stupendamente umile, che ha voluto pendere, Lui, l’Onnipotente, dalle labbra di una giovane donna.
    Ma un altro “Sì” era importante, perché il progetto si realizzasse compiutamente. Il Messia atteso doveva essere della stirpe di Davide. Giuseppe apparteneva a tale stirpe. Il riconoscimento del bambino come suo figlio avrebbe permesso che Gesù legalmente entrasse a far parte della stirpe di Davide. Anche Giuseppe pronuncia il suo “Sì”. E il respiro di Dio ritorna “normale”.
    Il tempo d’Avvento, il tempo di preparazione dei cuori alla venuta di Gesù, si chiude con questa quarta domenica. Quattro settimane di “cammino” spirituale particolarmente intenso, per preparare i cuori all’incontro con questo nostro Signore, che vuole “nascere” ancora nella nostra vita, per riempirla del suo amore, della sua pace.
    Dio ha voluto aver bisogno del “Sì” di Maria e di Giuseppe, per entrare nella storia dell’umanità. Ha bisogno del mio, del tuo “Sì”, per entrare nella mia, nella tua storia e farla diventare “storia” della sua pace e della sua gioia.

11 Dicembre 2016 - Liturgia Anno A: III Domenica di Avvento

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Is 35,1-6a. 8a. 10

Ecco il vostro Dio, egli viene a salvarvi.
Dal libro del profeta Isaia

Si rallegrino il deserto e la terra arida,
esulti e fiorisca la steppa.
Come fiore di narciso fiorisca;
sì, canti con gioia e con giubilo.
Le è data la gloria del Libano,
lo splendore del Carmelo e di Saron.
Essi vedranno la gloria del Signore,
la magnificenza del nostro Dio.
Irrobustite le mani fiacche,
rendete salde le ginocchia vacillanti.
Dite agli smarriti di cuore:
«Coraggio, non temete!
Ecco il vostro Dio,
giunge la vendetta,
la ricompensa divina.
Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi
e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà di gioia la lingua del muto.
Ci sarà un sentiero e una strada
e la chiameranno via santa.
Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore
e verranno in Sion con giubilo;
felicità perenne splenderà sul loro capo;
gioia e felicità li seguiranno
e fuggiranno tristezza e pianto.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 145

Vieni, Signore, a salvarci.

Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.
Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.
Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.


Seconda Lettura Gc 5, 7-10

Rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.
Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.
Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.


Vangelo Mt 11, 2-11

Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?
Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».


COMMENTO


    La gioia pervade la terza domenica di Avvento in tutti e tre gli anni liturgici. E’ la stessa frase, infatti, che apre la liturgia della terza domenica negli anni A, B e C: “Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino”, un’antifona d’ingresso che sembra un’esplosione di gioia. E lo è veramente! Come non gioire, infatti, se “il Signore è vicino”? Come non gioire di fronte alla promessa di una vita nuova che Dio fa all’essere umano, a questa sua creatura che, a causa del peccato, è diventata come un deserto e una terra arida? Ma a questo “deserto”, a questa “terra arida”, che non possono di per sé produrre fiori e frutti, Dio, attraverso il profeta Isaia (prima lettura), dice: “Rallegratevi, esultate, fiorite”, cioè “Ritorni in voi la vita, siate fecondi”. All’essere umano, che, non riconoscendo Dio come proprio Creatore, si era allontanato da Lui, chiudendosi la porta alle spalle,e che, volendo fare di se stesso l’unico metro di decisione tra bene e male, si era trovato “nudo”, misero, segnato dalla sofferenza e dalla morte, dirette e tragiche conseguenze della sua libera scelta, a questo essere che ha il cuore smarrito Dio dice: “Coraggio! Non temere: ecco il tuo Dio. Egli viene a salvarti”. E questa salvezza si manifesta con gesti concreti, che restaurano un equilibrio nel corpo (“Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto”) e nello spirito (“Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore”). Salute del corpo, santità dello spirito: doni stupendi dell’infinito, gratuito amore di un Dio – Amore, che non può fare a meno di amare, anche quando l’essere umano si allontana da Lui e Lo rifiuta. Come, allora, non gioire? “Felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto”. E tale gioia ha una fonte ben precisa: Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio, fattosi uomo, perché ogni persona potesse non solo ricevere il perdono dei suoi peccati, ma addirittura essere “permeata”, con il battesimo, della stessa vita divina. E’ la divinizzazione dell’essere umano lo stupendo progetto di Dio per questa sua creatura, che pure gli si è ribellata. Ma a questa sua creatura ribelle Dio dice con i fatti, oltre che con le parole: “Eppure Io continuo ad amarti!”.
    Meraviglioso e sconcertante questo Dio; talmente sconcertante, che persino Giovanni Battista rimane perplesso. Egli, che aveva predicato l’arrivo di un Messia giudice, si trova di fronte a una realtà ben diversa. Questo Gesù tratta con misericordia i peccatori, prova compassione nei confronti della malattia fisica e morale dell’essere umano e interviene con tutta la potenza del suo amore per guarirla, per debellarla. Il dubbio diventa, per l’ultimo profeta dell’Antico Testamento, causa di disagio. Gesù, in qualche maniera, costituisce per lui un enigma, che mette in crisi le sue certezze sulle caratteristiche che avrebbe dovuto avere il Messia. “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. Essere in prigione per avere predicato la necessità della conversione del cuore nell’imminenza dell’avvento del Messia e, improvvisamente, non avere più alcuna certezza sul Messia annunciato. Deve essere stato terribile per quest’uomo, che aveva vissuto solo per essere “voce che grida nel deserto”, affinché preparasse tale deserto all’accoglienza di un fiume d’acqua viva che lo facesse fiorire, trovarsi con dubbi atroci sull’identità del Messia, per il quale stava rischiando la vita. Ma Gesù non fa attendere la sua risposta; ed è, la sua, una risposta chiara, concreta. Gesù non dà spiegazioni teologiche; pone davanti agli occhi di Giovanni Battista l’evidenza dei fatti, di cui gli stessi suoi discepoli sono stati testimoni: “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri (gli umili) è annunciato il Vangelo”. E Giovanni si acquieta, non ha più alcun dubbio. Il profeta Isaia non aveva indicato proprio in questi segni l’arrivo del Messia in mezzo al popolo d’Israele?
    Duemila anni sono passati da allora, ma l’essere umano è l’essere umano di sempre, è l’essere umano che continuamente deve fare i conti con quella tremenda malattia interiore che è l’orgogliosa presunzione di poter fare a meno di Dio, di poter decidere da sé ciò che è bene e ciò che è male, “sganciandosi” dalla “Verità”, che è Dio stesso; l’essere umano di sempre che, guardandosi nel profondo con il coraggio della verità, non può fare a meno di ammettere la sua debolezza, la sua impotenza, la sua incapacità di conoscere, da solo, il vero bene, riconoscendosi, così, estremamente bisognoso di un Faro che gli illumini il cammino, di un Cuore misericordioso, da cui si senta abbracciato, pur nella sua miseria. L’essere umano di sempre. E a quest’essere umano di sempre Dio continua a proclamare con forza il suo fedele, infinito amore, il suo “sogno” di un deserto e di una terra arida che, accogliendo l’acqua della sua vita, possano diventare gioiosamente verdeggianti e fecondi.

04 Dicembre 2016 - Liturgia Anno A: II Domenica di Avvento

 LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO

LITURGIA DELLA PAROLA



Prima Lettura  Is 11,1-10


Giudicherà con giustizia i poveri.

Dal libro del profeta Isaia


In quel giorno,
un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e d’intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Si compiacerà del timore del Signore.
Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire;
ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli umili della terra.
Percuoterà il violento con la verga della sua bocca,
con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio.
La giustizia sarà fascia dei suoi lombi
e la fedeltà cintura dei suoi fianchi.
Il lupo dimorerà insieme con l’agnello;
il leopardo si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un piccolo fanciullo li guiderà.
La mucca e l’orsa pascoleranno insieme;
i loro piccoli si sdraieranno insieme.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera;
il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso.
Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno
in tutto il mio santo monte,
perché la conoscenza del Signore riempirà la terra
come le acque ricoprono il mare.
In quel giorno avverrà
che la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli.
Le nazioni la cercheranno con ansia.
La sua dimora sarà gloriosa.





Salmo Responsoriale Dal Salmo 71

Vieni, Signore, re di giustizia e di pace.

O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.

Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.

Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri.

Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole germogli il suo nome.
In lui siano benedette tutte le stirpi della terra
e tutte le genti lo dicano beato.


Seconda Lettura  Rm 15,4-9
Gesù Cristo salva tutti gli uomini.Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza.
E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.
Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio. Dico infatti che Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri; le genti invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto:
«Per questo ti loderò fra le genti e canterò inni al tuo nome».



Vangelo  Mt 3,1-12


Convertitevi: il regno dei cieli è vicino!Dal vangelo secondo Matteo

In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!».
E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».



 Commento

    Ottavo secolo prima di Cristo. Il profeta Isaia annuncia al popolo d’Israele la venuta, un giorno, di un “germoglio”, che “spunterà dal tronco di Iesse”. Questo “germoglio” sarà, dunque, un discendente di Davide, di cui Iesse era il padre. “Figlio di Davide”, infatti, verrà chiamato spesso Gesù da chi attendeva da Lui guarigione e perdono.
   Isaia sta parlando del Messia atteso dal popolo d’Israele e ne elenca le caratteristiche peculiari. “Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore”, doni che, con l’aggiunta della “pietà”, costituiscono, nella dottrina cristiana, i “sette doni dello Spirito Santo”. E il profeta, in tale brano, puntualizza sempre più precisamente le caratteristiche di questo “germoglio”. Sarà giusto nei suoi giudizi, poiché non si lascerà condizionare né dalle dicerie giunte alle sue orecchie né dal livello socio- economico- culturale delle persone, sulle quali dovrà esprimere il suo giudizio. E porterà la pace, una pace non solo tra gli esseri umani (“non agiranno più iniquamente), ma anche tra la natura e l’uomo (“il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso”), tra animali feroci e animali mansueti (“il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue”). Sono immagini che ci riportano alle prime pagine del libro della Genesi, alle origini della creazione, quando questa era appena “uscita” dalle mani del Creatore ed era ancora secondo il cuore di Dio. Il profeta, attraverso queste immagini, sta annunciando i “frutti” della venuta di questo “germoglio”: “terra e cieli nuovi” grazie a una linfa potente e vivificante immessa nell’umanità ferita, deturpata, snaturata dal peccato, che la rigenererà e le restituirà la bellezza e l’unità originarie.
 “In quel giorno avverrà che la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia”; così si conclude il bellissimo brano di Isaia. E, continuando con il linguaggio delle immagini, sembra di poter “vedere” Gesù ritto sulla cima di un monte, mentre parla a una folla immensa, incalcolabile, costituita da persone appartenenti a ogni razza, lingua, cultura, a ogni “nazione-popolo”, l’umanità di ogni luogo e di ogni tempo, che cerca, a volte anche inconsapevolmente, un “vessillo” vero, luminoso punto di riferimento esistenziale, dentro il buio tunnel, in cui spesso l’essere umano si muove nella sua vita quotidiana segnata da pseudo- valori fittizi da lui stesso elaborati, per cercare di dare un senso ai propri giorni, ma che lo lasciano, nel profondo del suo cuore, insoddisfatto e deluso.
“In quel giorno avverrà che la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli”. E Gesù si è posto come il Vessillo più alto e più luminoso. “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8, 12) dice di Sé. E ancora: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6a). Egli non solo “ indica” la via, “afferma” la verità e “dona” la vita, ma “è” Egli stesso la via, la verità e la vita. E’ Lui, quindi, che può offrire a ogni persona la pienezza esistenziale, dandole la verità riguardo al proprio essere, la sicurezza di un cammino quotidiano ben delineato e una vita divina che, per mezzo del battesimo, la fa sempre di più fruttificare degli stessi frutti di Dio (cfr. Gv 15).

   E questo Vessillo è venuto duemila anni fa nella terra di Palestina. Un uomo lo annuncia, “grida nel deserto”, invitando i suoi ascoltatori alla conversione per accogliere il Messia. Ma il tono del suo annuncio è diverso da quello di Isaia, le cui parole lasciano nel cuore un senso di speranza e di gioia. Giovanni il Battista si presenta già nel suo aspetto come una figura severa. E severo, duro, addirittura violento è il suo modo di rivolgersi ai suoi ascoltatori. “Razza di vipere!” chiama quei farisei e sadducei , che erano venuti da lui per farsi battezzare. Uno strano modo di invitare le persone a convertirsi! Un modo di comunicare che può suscitare in noi perplessità e sconcerto. Ma Giovanni il Battista ha una sua idea del Messia; se lo immagina come un “giustiziere”, che “tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”, un’idea di Messia che verrà messa in crisi dal modo stesso di agire di Gesù e che, quando Giovanni sarà messo in prigione, lo spingerà a mandare i suoi discepoli da Gesù per chiedergli: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” (Mt 11, 3). Gesù non risponde direttamente, ma attraverso le sue azioni, a cui gli stessi discepoli di Giovanni assistono.      “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri (gli umili) è annunciato il vangelo” dice Gesù (Mt 11, 4 – 6). Sono questi i segni che, proprio nel libro del profeta Isaia, erano riferiti al Messia(Cfr. Is 29, 18 – 19. 35, 5 – 6). E Giovanni, allora, comprende che questo Gesù di Nazaret è veramente il Messia, mentre egli aveva annunciato un Messia secondo i suoi schemi, legati al Dio dell’Antico Testamento, un Dio prevalentemente giudice severo e punitivo di fronte ai tradimenti e ai peccati del suo popolo. Ma Giovanni, con la sua voce tonante, voleva scuotere, come sapeva fare, con la sua mentalità e la sua sensibilità, le coscienze dei suoi ascoltatori, di coloro che accorrevano a lui per ricevere un battesimo di penitenza, pensando che, “avendo Abramo per padre”, bastasse tale gesto per avere la salvezza. E’ questa miope presunzione spirituale che Giovanni voleva colpire. Pur legato a una concezione ebraica di Dio, tuttavia Egli sa che l’accoglienza del Messia presuppone un cuore umile, un cuore che riconosca di non essere secondo il cuore di Dio e di avere, quindi, bisogno di perdono e di un cambiamento profondo, un cuore consapevole di non poter autogiustificarsi e autorigenerarsi, un cuore che deve “cercare con ansia” quel Vessillo che a esso si offre come Luce e come Vita, poiché solo in questa Luce e in questa Vita, che è il Figlio di Dio fattosi uomo, il cuore umano può trovare la gioia che in esso dovette esistere al primo scoccare della scintilla della vita tra le mani di Dio. Ed è questa gioia, in pienezza, che Gesù è venuto a riportare dentro il cuore dell’umanità.   

27 Novembre 2016 - Liturgia Anno A: I Domenica di Avvento

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO






LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Is 2,1-5

Il Signore unisce tutti i popoli nella pace eterna del suo Regno.
Dal libro del profeta Isaia

Messaggio che Isaìa, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme.
Alla fine dei giorni,
il monte del tempio del Signore
sarà saldo sulla cima dei monti
e s’innalzerà sopra i colli,
e ad esso affluiranno tutte le genti.
Verranno molti popoli e diranno:
«Venite, saliamo sul monte del Signore,
al tempio del Dio di Giacobbe,
perché ci insegni le sue vie
e possiamo camminare per i suoi sentieri».
Poiché da Sion uscirà la legge
e da Gerusalemme la parola del Signore.
Egli sarà giudice fra le genti
e arbitro fra molti popoli.
Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri,
delle loro lance faranno falci;
una nazione non alzerà più la spada
contro un’altra nazione,
non impareranno più l’arte della guerra.
Casa di Giacobbe, venite,
camminiamo nella luce del Signore.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 121

Andiamo con gioia incontro al Signore.

Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.
Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.
Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: «Su di te sia pace!».
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.


Seconda Lettura Rm 13, 11-14a

La nostra salvezza è vicina.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti.
La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.
Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.


+ Vangelo Mt 24, 37-44

Vegliate, per essere pronti al suo arrivo.
Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».


COMMENTO


    Avvento: parola di derivazione latina (“adventus”), il cui significato è “venuta”, “arrivo”.           L’Avvento è, infatti, il periodo iniziale dell’anno liturgico, nel quale i cristiani sono invitati a meditare con particolare attenzione sulla nascita di Gesù, il Figlio di Dio fattosi uomo, perché possano comprendere ancora più profondamente il significato di tale evento straordinario. Ed è un mettersi ancora di più in atteggiamento di accoglienza di questo Dio, che è già venuto, ma che, nello stesso tempo, rinnova la sua venuta nel cuore di ogni essere umano ogniqualvolta questo cuore si apre per accoglierlo. Ogni istante, quindi, è l’istante dell’accoglienza e la Chiesa, come Madre sapiente, aiuta i suoi figli, attraverso il cammino dell’anno liturgico, a entrare sempre di più nel mistero della salvezza e a crescere, così, nella fede e nella testimonianza.
    La prima venuta di Gesù segna l’inizio dell’anno liturgico; la venuta finale, la parusia, ne segna l’ultimo periodo. La venuta del Signore, quindi, apre e chiude l’anno liturgico. La Chiesa (la comunità dei battezzati) inizia il suo cammino con un atto di accoglienza, lo continua in una conoscenza sempre più profonda del mistero di salvezza, in cui è stata fatta entrare dall’amore di Dio, e conclude tale cammino con l’incontro definitivo con il suo Signore. Tutto il cammino della Chiesa (e di ogni credente) è, dunque, racchiuso tra questi due momenti: la prima venuta del Signore (il Natale) e la seconda venuta, quella definitiva, gloriosa, alla fine dei tempi (la parusia). Allora non sembrerà strano che proprio nella prima settimana di Avvento venga proposta ai fedeli la meditazione di un brano di Vangelo, in cui Gesù parla della fine del mondo, con l’esortazione a vigilare, a stare in un continuo atteggiamento di attenzione e di attesa.
    La Chiesa potrebbe essere definita “la comunità che attende”. Non è forse questo ciò che viene proclamato dall’assemblea a ogni celebrazione eucaristica, subito dopo la consacrazione? “Mistero della fede” dice il celebrante, mostrando l’ostia consacrata. “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua resurrezione nell’attesa della tua venuta” risponde l’assemblea. E’ una preghiera che esprime l’esigenza e l’attesa, nei credenti, della liberazione definitiva dal peccato e dalle sue conseguenze: le malattie, la sofferenza e la morte. “Quando cominceranno ad accadere queste cose (i segni della fine del mondo), risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” dice Gesù (Lc 21, 28). La venuta del Signore è sempre e soltanto motivo di gioia, anche quando, umanamente, provoca distacchi dolorosi, quali quelli che vengono procurati dall’esperienza della morte, che, per ogni uomo, per ogni donna, costituisce la sua personale “fine del mondo”. Dal momento in cui un essere umano viene formato nel grembo materno, il suo è tutto un cammino verso l’incontro definitivo con il Signore. “Andiamo con gioia incontro al Signore” prega l’assemblea con il ritornello del salmo responsoriale.
    L’Avvento ci immette su un altro tratto di strada spirituale, che percorreremo durante questo nuovo anno liturgico, nel quale ci accompagnerà passo passo il Vangelo di Matteo. Ma non siamo noi che ci siamo mossi per primi. Il primo è stato Lui, il Figlio di Dio, che è voluto venire verso di noi. Il nostro “andare” incontro a Lui è, di fatto, un accogliere Lui nella nostra vita come il nostro Salvatore e Signore, come il significato unico, profondo, stupendo della nostra esistenza. “Andare con gioia incontro al Signore” è dirgli: “Tu, Gesù, vuoi venire nella mia vita, per riempirla di Te, del tuo amore, della tua luce. E io ti spalanco ogni porta, ogni finestra di questa mia vita e mi lascio, con gioiosa gratitudine, invadere dal calore e dalla bellezza della tua Presenza”.