26 Novembre 2017 - Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'universo


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA



Prima Lettura  Ez 34,11-12.15-17


Voi siete mio gregge: io giudicherò tra pecora e pecora.

Dal libro del profeta Ezechièle

Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine.
Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia.
A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri.


Salmo Responsoriale  Dal Salmo 22

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla..


Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare.
Ad acque tranquille mi conduce.

Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.


Seconda Lettura  1 Cor 15,20-26a.28

Consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutti. 
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte.
E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.


     
Vangelo  Mt 25,31-46

Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri.
Dal vangelo secondo Matteo


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

19 Novembre 2017 - Liturgia Anno A: XXXIII Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Pr 31,10-13.19-20.30-31

La donna perfetta lavora volentieri con le sue mani.
Dal libro dei Proverbi

Una donna forte chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore.
In lei confida il cuore del marito
e non verrà a mancargli il profitto.
Gli dà felicità e non dispiacere
per tutti i giorni della sua vita.
Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le mani.
Stende la sua mano alla conocchia
e le sue dita tengono il fuso.
Apre le sue palme al misero,
stende la mano al povero.
Illusorio è il fascino e fugace la bellezza,
ma la donna che teme Dio è da lodare.
Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani
e le sue opere la lodino alle porte della città.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 127

Beato chi teme il Signore.

Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.
Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!


Seconda Lettura 1 Ts 5,1-6

Non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro.
_Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési _

Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire.
Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.
Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.


Vangelo Mt 25,14-30 (Forma breve Mt 25,14-15.19-21)

Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Dal vangelo secondo Matteo

[ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. ]
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
[ Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. ]
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».


Commento


    “La donna che teme Dio è da lodare”. Così leggiamo nella prima lettura dell’odierna domenica. Nei versetti precedenti vi è una breve, ma efficace descrizione della donna perfetta secondo i criteri biblici. E ci rendiamo conto che questa donna non fa nulla di straordinario; è una brava massaia, una brava donna di casa, che fa le cose che quotidianamente deve fare. Ma, ecco, c‘è quella frase che ci fa comprendere perché questa donna è da lodare, pur nella sua semplice quotidianità; è una donna che vive costantemente sotto lo sguardo di Dio, una “donna che teme Dio”.
    Ma che cos‘è nel linguaggio biblico il “timore” del Signore, quello che comunemente viene chiamato “il santo timor di Dio”? Per noi la parola “timore” equivale alla parola “paura”, per cui potremmo pensare che quel “santo timor di Dio” sia, di fatto, un dover avere paura di Dio, come se Egli fosse sempre pronto a scagliare i suoi fulmini su quei poveri peccatori che siamo noi. Come si potrebbe amare un Dio così? Invece… ecco come la Bibbia descrive il “timore di Dio”: “Il timore del Signore è gloria e vanto, gioia e corona di esultanza. Il timore del Signore allieta il cuore, dà gioia, diletto e lunga vita. Principio di sapienza è temere il Signore. Pienezza di sapienza è temere il Signore” (Sir 1, 11 – 12. 14a. 16a). E, se “il timore del Signore allieta il cuore e dà gioia”, certamente non può essere “paura”, ma un qualcosa di molto bello. Addirittura di beatitudine “parla” il salmo 127, che costituisce il salmo responsoriale. “Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie” leggiamo, infatti, nel v.1. Anche l’autore del libro dei Proverbi ci aiuta a comprendere che cosa sia il “timore del Signore”: “Confida nel Signore con tutto il tuo cuore e non affidarti alla tua intelligenza; in tutti i tuoi passi pensa a lui ed egli appianerà i tuoi sentieri. Non credere di essere saggio, temi il Signore e sta’ lontano dal male” (Pr 3, 5 – 7).
    “Timore del Signore”, allora, non è altro che riconoscere la verità di chi siamo noi, semplici creature, e di chi è Dio, il nostro Creatore, riconoscere, quindi, che non siamo noi ad avere la conoscenza di ciò che è bene e ciò che è male, ma che tale conoscenza è una caratteristica esclusiva di Dio, il quale è Verità e dal quale, con umiltà e con fiducia, attendiamo indicazioni per il nostro vivere, luci perché la nostra esistenza sia un costante camminare sui suoi sentieri. “Temere il Signore”, allora, è cercare Lui, è guardare a Lui, Verità, per poter “essere raggianti”, perché “i nostri volti non siano mai confusi” (cfr. Sl 34, 6), perché, cioè, possiamo sempre sapere dove sta il bene e dove sta il male e, scegliendo il bene, avere la gioia profonda del cuore.
    La donna esaltata dall’autore del libro dei Proverbi non fa azioni gloriose; sicuramente non vedrà il suo nome scritto sui libri di storia, ma certamente vive in pienezza ogni istante della sua giornata, avendo messo la sua esistenza nel cuore di Dio e vivendo in un costante, profondo rapporto con Lui. Tutto ordinario, quindi, nella sua vita quotidiana, ma tutto vissuto con la straordinarietà del sigillo di Dio su ogni suo pensiero, su ogni suo sentimento, su ogni suo gesto.
    E niente di straordinario chiede ai suoi servi il padrone della parabola narrata da Gesù; egli semplicemente vuole che essi utilizzino i talenti che sono stati loro affidati, facendoli fruttificare, perché solo così saranno pienamente felici. “Prendi parte alla gioia del tuo padrone” dice, infatti, il padrone della parabola ai due servi “buoni e fedeli”. In tale parabola c‘è Dio e ci siamo noi. Dio ci ha creati, ci ha dato dei talenti, delle attitudini, delle capacità, che sono particolari in ognuno di noi, ci ha donato, nel battesimo, la sua stessa vita, rendendoci suoi figli, capaci di amare come ama Lui. Non è impossibile amare con lo stesso cuore di Dio; la condizione è rimanere in comunione con Gesù. “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, fa molto frutto” ha detto Gesù ai suoi apostoli nell’ultima cena, aggiungendo: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15, 5. 11).
    Mi rendo conto, allora, che per me credente, per me, figlio di questo Dio che è Padre, “vegliare” in attesa della morte, che S. Paolo nella seconda lettura chiama “il giorno del Signore”, non significa pensare continuamente con angoscia a quel momento, avendo paura del giudizio di Dio su di me, ma, molto più semplicemente, significa vivere ogni giorno della mia esistenza serenamente alla sua presenza, anzi, di più, con la sua Presenza dentro di me, che mi fa vivere la mia quotidianità con lo splendido sigillo del suo amore, nella consapevolezza che, nel mio incontro definitivo con Lui, Egli mi dirà: “Bene, figlio mio buono e fedele, prendi parte alla gioia del Padre tuo”. La mia quotidianità, allora, non è né piatta né banale, ma, nella sua semplicità, è permeata dello straordinario amore che Dio stesso mette dentro il mio cuore e, in mezzo alle mansioni che scandiscono le mie giornate, lo fa gioire della sua stessa gioia.
    “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, fa molto frutto… Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Sì, Signore, è proprio così!

12 Novembre 2017 - Liturgia Anno A: XXXII Domenica del Tempo ordinario

LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA



Prima Lettura  Sap 6,12-16


La sapienza si lascia trovare da quelli che la cercano.

Dal libro della Sapienza


La sapienza è splendida e non sfiorisce,
facilmente si lascia vedere da coloro che la amano
e si lascia trovare da quelli che la cercano.
Nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano.
Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà,
la troverà seduta alla sua porta.
Riflettere su di lei, infatti, è intelligenza perfetta,
chi veglia a causa sua sarà presto senza affanni;
poiché lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei,
appare loro benevola per le strade
e in ogni progetto va loro incontro



Salmo Responsoriale  Dal Salmo 62

Ha sete di te, Signore, l'anima mia.
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.

Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.

Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.

Quando nel mio letto di te mi ricordo
e penso a te nelle veglie notturne,
a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali
.


Seconda Lettura   1 Ts 4,13-18 forma breve 4, 3-14

Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi

[ Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti. ]Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore.
Confortatevi dunque a vicenda con queste parole
.
  

   
Vangelo  Mt 25,1-13

Ecco lo sposo! Andategli incontro!
Dal vangelo secondo Matteo


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
 


Commento

  “Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”. Con questo ammonimento Gesù conclude la narrazione della parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte.
   Non è un caso che la Chiesa faccia meditare ai credenti tale brano nella domenica immediatamente successiva alla solennità di tutti i santi e alla commemorazione dei defunti, momenti, questi, che spingono lo sguardo al di là del visibile, per “immetterci” in quella realtà, la vita eterna, a cui Dio destina ogni persona che Egli chiama all’esistenza, una realtà, che, pur potendo sembrare “distante” dalla nostra vita quotidiana, invece la permea e le dà il suo più profondo significato. E’ l’eternità, infatti, che “illumina” il cammino dell’esistenza umana e dà a ogni istante vissuto nello spazio e nel tempo il suo vero “respiro”.
   Ed è la fede che fa tenere lo sguardo fisso sull’eternità. E’ la fede, infatti, che fa aprire il cuore umano a Dio, il quale “sta alla porta e bussa” (Ap 3, 20), attendendo che ogni persona, nella sua libertà, Lo faccia entrare nella sua esistenza e si lasci amare da Lui.
   “Lasciarsi amare da Dio”: ecco, di fatto, che cos’è la fede. E’ aprirsi, con umiltà e fiducia, a questo splendido Dio, che non desidera altro che arricchire ogni vita umana con la pienezza della sua vita divina, realizzando le meraviglie del suo amore. Fede è permettere a Dio di agire con la potenza del suo amore nella nostra esistenza, realizzando le meraviglie che Egli ha in progetto per ognuno di noi. Fede è camminare nel mondo, giorno dopo giorno, portando dentro di sé la presenza di questo Dio, mostrandone lo splendido volto d’amore e facendo intravvedere, nella nostra vita quotidiana, il luminoso orizzonte dell’eternità.
   Signore, io ho fede, ma Tu aumenta la mia fede, rafforzala in ogni istante, perché io possa camminare in questo mondo senza stancarmi mai, con costanza e fedeltà, fino a quando Tu mi chiamerai alla tua Presenza, per gioire di quella eternità con Te, che Tu, nel tuo amore infinito e gratuito, da sempre hai preparato per me.   

05 Novembre 2017 - Liturgia Anno A: XXXI Domenica del Tempo ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO


LITURGIA DELLA PAROLA



Prima Lettura  Ml 1,14-2,2.8-10



Avete deviato dalla retta via e siete stati d’inciampo a molti con il vostro insegnamento.
Dal libro del profeta Malachia


Io sono un re grande – dice il Signore degli eserciti – e il mio nome è terribile fra le nazioni.
Ora a voi questo monito, o sacerdoti. Se non mi ascolterete e non vi darete premura di dare gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su voi la maledizione.
Voi invece avete deviato dalla retta via
e siete stati d’inciampo a molti
con il vostro insegnamento;
avete distrutto l’alleanza di Levi,
dice il Signore degli eserciti.
Perciò anche io vi ho reso spregevoli
e abietti davanti a tutto il popolo,
perché non avete seguito le mie vie
e avete usato parzialità nel vostro insegnamento.
Non abbiamo forse tutti noi un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l’uno contro l’altro, profanando l’alleanza dei nostri padri?
 



Salmo Responsoriale  Dal Salmo 130


Custodiscimi, Signore, nella pace.

Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me.

Io invece resto quieto e sereno:
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.

Israele attenda il Signore,
da ora e per sempre.
 


Seconda Lettura  1 Ts 2,7-9.13

Avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita. 
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi


Fratelli, siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.
Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio.
Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti

   

Vangelo  Mt 23,1-12

Dicono e non fanno
Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».



Commento


   Signore Gesù, in questa domenica vogliamo presentarti particolarmente tutti i tuoi ministri, desideriamo metterli dentro il tuo cuore attraverso il cuore della tua dolcissima Mamma. Essi, tra tutti i tuoi fedeli, hanno la responsabilità più grande, in quanto Tu li hai chiamati perché “stessero con te”, perché “annunciassero il vangelo” e perché “scacciassero i demoni” (Mc 3, 14-15).
   Tu chiami ogni tuo ministro a un rapporto particolarmente profondo con Te, a un essere costantemente cuore a cuore con Te, che lo conduca ogni istante di più a una “fusione” sempre più totale con Te, per essere veramente volto visibile di Te in mezzo ai fratelli.
   Tu chiami ogni tuo ministro ad annunciare il Vangelo, la “Buona Notizia” della salvezza che Tu sei venuto a portare, ad annunciarlo con entusiasmo, con gioia, perché egli, prima e più degli altri fratelli nella fede, ha fatto, e continua a fare, nella sua esistenza quotidiana, esperienza di tale salvezza, che, nel battesimo, si realizza non solo con l’eliminazione del peccato originale, ma anche, dono ancora più grande, con l’immissione della vita divina dentro il battezzando, che diventa, così, figlio di Dio.          Ecco, un tuo ministro è un tuo figlio che, più degli altri fratelli, ha consapevolezza di tale dono e che, più degli altri, deve viverlo profondamente.
Infine, Tu dai a ogni tuo ministro il potere di vincere il male. Quale vittoria più grande di quella di “rimettere i peccati”, di permettere a un “ruscello” inariditosi per essersi staccato da Dio, sua Sorgente, di potersi ricongiungere a questa Sorgente e di poter ricominciare a vivere della stessa vita di Dio!
   Se soltanto noi credenti avessimo coscienza dell’immenso dono che Tu hai fatto all’umanità, quando, durante l’ultima cena, hai istituito i sacramenti, intimamente connessi, dell’Eucaristia e del sacerdozio! Hai dato a un uomo il potere di farti “scendere” sull’altare, realizzando Tu, così, il più grande miracolo a cui l’umanità sia mai stata invitata a partecipare.

   Tu, Signore, hai chiamato l’essere umano a lasciarsi immergere dentro il tuo cuore, dentro la tua vita divina. E hai chiamato ogni tuo ministro a lasciarsi, più degli altri fratelli, immergere dentro il tuo cuore, dentro la tua vita divina, per permetterti di usarlo, ancor più di tutti gli altri credenti, come canale di salvezza libero e sgombro, attraverso il quale far giungere la tua acqua agli altri tuoi figli. Fa’, o Signore, che i tuoi ministri possano essere tale canale sempre libero e sgombro da ogni tipo di impedimento al fluire della tua acqua. Per questo, attraverso il cuore della tua Mamma, ancora una volta Ti chiediamo di custodirli e di proteggerli da ogni male.

02 Novembre 2017 - Commemorazione di tutti i fedeli defunti


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Sap 3,1-9

Il Signore li ha graditi come l’offerta di un un olocausto.
Dal libro della Sapienza

Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio,
nessun tormento li toccherà.
Agli occhi degli stolti parve che morissero,
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.
Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza resta piena d’immortalità.
In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici,
perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé;
li ha saggiati come oro nel crogiolo
e li ha graditi come l’offerta di un olocausto.
Nel giorno del loro giudizio risplenderanno,
come scintille nella stoppia correranno qua e là.
Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli
e il Signore regnerà per sempre su di loro.
Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità,
i fedeli nell’amore rimarranno presso di lui,
perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 41

L’anima mia ha sete del Dio vivente.

Come la cerva anela
ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela
a te, o Dio.
L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio?
Avanzavo tra la folla,
la precedevo fino alla casa di Dio,
fra canti di gioia e di lode
di una moltitudine in festa.
Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.
Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio.
Perché ti rattristi, anima mia,
perché ti agiti in me?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.


Seconda Lettura Ap 21,1-5.6-7

Non vi sarà più la morte.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.
Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate».
E Colui che sedeva sul trono disse:
«Ecco, io faccio nuove tutte le cose.
Io sono l’Alfa e l’Omèga,
il Principio e la Fine.
A colui che ha sete
io darò gratuitamente da bere
alla fonte dell’acqua della vita.
Chi sarà vincitore erediterà questi beni;
io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio».


Vangelo Mt 5,1-12a

Rallegratevi ed esultate: perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».



COMMENTO


    Due sono le certezze della vita di ogni essere vivente: la nascita e la morte. Ma, mentre una pianta, un animale non si pongono il problema della fine della loro esistenza, poiché di tale fine essi non hanno consapevolezza, per l’essere umano la morte costituisce la realtà esistenziale più drammatica, quella che gli mette nel cuore gli interrogativi più angoscianti.
    Ogni uomo, ogni donna, per vivere consapevolmente la propria vita, devono dare a se stessi le risposte alle cosiddette domande fondamentali (o esistenziali): 1) Io, individuo della specie umana, da dove vengo? Sono solo il risultato biologico della fecondazione di un ovulo femminile da parte di uno spermatozoo maschile oppure, al di là di tale fenomeno biologico, vi è la mente di un Essere superiore che ha voluto la mia esistenza? 2) Perché mi trovo in questo mondo? Che senso ha la mia esistenza? 3) Che cosa avverrà di me dopo la morte fisica? Scomparirò nel nulla o qualcosa di me continuerà a vivere? 
    Dalle risposte a queste domande dipende tutta l’esistenza di un essere umano, la concezione di se stesso, il suo modo di “vedere” la vita, i valori su cui costruire la propria esistenza, i suoi desideri, i suoi progetti, le sue scelte. Domande importantissime, quindi, che richiedono necessariamente una risposta. Di tali domande l’ultima è senz’altro la più drammatica, poiché l’essere umano anela con ogni sua fibra all’infinito, all’eternità e percepisce, quasi in maniera viscerale, come una tremenda “ingiustizia” il dover morire.
    Sul perché della morte e su ciò che può esserci dopo la morte gli uomini si sono sempre interrogati, dandosi le risposte più diverse, dalle più fantasiose e superficiali alle più profonde.
    La morte, insieme alla sofferenza, può costituire un serio motivo di difficoltà a credere all’esistenza di un Dio buono, di un Dio – Amore, e può rendere difficile e problematico il rapporto uomo – Dio. “Perché Dio, se è buono, ha creato la sofferenza e la morte?”. E’ questa la domanda che tanti, anche tra gli stessi cristiani, si pongono. Il non sapersi dare o il non ricevere una risposta convincente può avere effetti molto negativi, addirittura devastanti; si può arrivare, nei casi più estremi, anche alla perdita della fede, con tutte le conseguenze che ciò può comportare.
    L’essere umano con la sua sola intelligenza non riesce a darsi risposte certe sul senso della vita e della morte, si muove a tentoni, dandosi risposte che possono soddisfarlo magari per un tempo più o meno lungo, ma che non riescono a dare al cuore un profondo, definitivo significato esistenziale. E’ nella parola di Dio che possiamo trovare le vere risposte. 
    “Dio ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo” (Sap 2, 23 – 24a ). Così nel libro della Sapienza viene spiegata la causa originaria della morte. Dio non ha destinato l’uomo alla morte; questa , insieme alla sofferenza, è stata la conseguenza tragica del peccato originale. Dio aveva creato l’essere umano per amore e desiderava instaurare con tale sua creatura un rapporto d’amore. Ma l’amore esige libertà, non può essere né imposto né richiesto con la forza. Per questo Dio, nel creare l’essere umano, l’aveva creato con una volontà libera, perché questa sua creatura potesse decidere se ricambiare o no l’amore del suo Creatore. L’essere umano, però, non accettando la sua condizione di creatura e, quindi, non riconoscendo Dio come suo Creatore, ha desiderato essere come Dio, nutrendo nel suo cuore lo stesso folle, orgoglioso desiderio che aveva condotto il più bello degli angeli, Lucifero (nome che vuol dire “portatore di luce”), a ribellarsi a Dio insieme ad altri angeli che avevano condiviso il suo progetto. E ha ceduto alle lusinghe di Satana, accorgendosi troppo tardi della rovina che aveva attirato su di sé abbandonando Dio. Il ruscello si era staccato dalla sua Sorgente pensando di poter continuare a vivere autonomamente e invece aveva sperimentato la sua tragica realtà. L’essere umano, staccandosi da Dio, ha fatto esperienza di ciò che non è Dio. Dio è armonia, è perfezione. L’essere umano, separandosi da Dio, ha sperimentato in sé la mancanza dell’armonia, ha sperimentato, cioè, lo squilibrio a tutti i livelli (spirituale, morale, psichico, fisico); tale squilibrio costituisce la sofferenza. Dio è pienezza della vita, è la Vita. L’essere umano, staccandosi dalla Vita, ha fatto esperienza della mancanza della vita; ha sperimentato, cioè, la morte.
    Ma Dio non ha abbandonato questa sua creatura in balia della sua rovina e della sua disperazione. Si è chinato sull’uomo, per prenderlo per mano e riportarlo a casa. Ed ecco lo splendido progetto di salvezza. Dio non poteva eliminare dalla vita dell’essere umano la sofferenza e la morte, poiché esse erano le conseguenze di una scelta libera di questa sua creatura e, come Egli aveva dovuto rispettare la scelta dell’uomo, doveva rispettare anche le conseguenze di tale scelta. Ma è intervenuto dando, attraverso la passione di suo Figlio Gesù, un valore di redenzione e di salvezza alla sofferenza e facendo essere la morte, attraverso la resurrezione di Gesù, non più l’ultima parola della vita dell’uomo, ma la penultima, poiché l’ultima parola è diventata, in Gesù, la resurrezione.
    E qui è preferibile che subentri il silenzio. Il commento fatto di parole deve lasciare il posto alla Parola. Sono splendide le letture di oggi. Lasciamo che parlino al nostro cuore. Ci immergeranno nel cuore di Dio e nell’eternità. 


01 Novembre 2017 - Liturgia Anno A: Solennità di tutti i Santi


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura  Ap 7,2-4.9-14

Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua.
 

Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».
E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».


Salmo Responsoriale 

Dal Salmo 23

Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

Seconda Lettura  1 Gv 3,1-3

Vedremo Dio così come egli è.
 

Dalla lettera prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.


Canto al Vangelo   Mt 11,28

Alleluia, alleluia.

Venite a me,
voi tutti che siete affaticati e oppressi,
e io vi darò ristoro.
Alleluia.

  

  
Vangelo
Mt 5,1-12a

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
 

Dal vangelo secondo Matteo


In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».


COMMENTO



    “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo” (Lv 19, 1). Così parla Dio al suo popolo attraverso Mosè.
    “Le nazioni sapranno che io sono il Signore - oracolo del Signore Dio -, quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi” (Ez 36, 23). E' ancora Dio che parla agli Israeliti per mezzo del profeta Ezechiele.
     La santità: la vocazione fondamentale a cui Dio destina ogni persona che Egli chiama all'esistenza.
    Quanto si è scritto sulla santità! Trattati senza fine, tecniche e metodi spirituali per “conquistare” la santità, sacrifici immensi, anche al limite della disumanità, per arrivare a questo traguardo spirituale, un obiettivo talmente difficile da raggiungere, da scoraggiare spesso i credenti “comuni mortali”, con la conseguenza che tale compito così arduo è stato, per secoli, lasciato agli “addetti ai lavori” (religiosi, religiose, sacerdoti, laici particolarmente impegnati per il Regno di Dio).
    Fortunatamente il concetto di santità nel nostro tempo sta rapidamente cambiando; si sta comprendendo sempre più chiaramente che la santità non è una vetta accessibile solo a pochi “atleti dello spirito”, ma un traguardo per tutti, anzi, il traguardo per eccellenza, a cui ogni persona è chiamata e nel quale ogni persona trova la sua piena realizzazione.
    “...Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme” (Ez 36, 26 – 27). Con tali parole Dio spiega agli Israeliti come Egli “mostrerà alle nazioni la sua santità in loro”.
    “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” dice Gesù ai suoi apostoli durante l'ultima cena (Gv 14, 23).
    Da queste frasi possiamo comprendere, allora, che la santità non è tanto e soprattutto una faticosa e ardua conquista del credente, ma l'accoglienza di un dono, il dono che Dio fa di Se stesso, il dono di questo Dio, il quale è totalmente santo e che, donandosi alla persona al momento del battesimo, ne permea ogni fibra, cambiandone la natura, che da semplicemente umana diventa anche divina. Il desiderio di Dio, il suo progetto per ogni persona che Egli crea con amore è quello di divinizzare questa sua creatura infinitamente amata, di rendere ogni essere umano veramente suo figlio, come afferma S. Giovanni apostolo nella seconda lettura. Dio, il Santo, venendo in me, mi permea della sua santità. Dopodiché, ecco la mia collaborazione, il “lavoro” che Dio si attende da me: mettercela tutta, perché Egli possa non solo continuare a vivere in me, ma “crescere”, “espandersi” sempre di più in me, attraverso la mia disponibilità, la mia docilità, la mia adesione totale a Lui. E quel seme di santità, iniziato a vivere dentro di me al momento del battesimo, crescerà, si espanderà, costituendo man mano i diversi livelli di santità.
    “Beati..., beati..., beati...”. Il discorso di Gesù sulle beatitudini viene considerato il discorso fondamentale per la vita di un cristiano. Vivere le beatitudini significa vivere la propria vocazione alla santità.
    Riguardo a tale discorso di Gesù a volte si è insistito troppo sulla beatitudine degli afflitti, dei perseguitati a causa della giustizia e dei perseguitati per il nome di Gesù, come se tali situazioni di sofferenza fossero quasi un “privilegio” per chi li vive, quasi una condizione necessaria, che Dio chiede ai suoi figli, perché essi possano essere “beati”. La beatitudine di cui parla Gesù, invece, non è perché “si è afflitti”, ma perché ci sarà una consolazione, non è perché “si è perseguitati per causa della giustizia”, ma perché c'è “il regno dei cieli” che attende tali perseguitati, non è perché si avranno insulti, persecuzioni e calunnie a causa di Gesù, ma perché “grande sarà la ricompensa nei cieli” per coloro che, per la fedeltà a Gesù, avranno saputo sopportare tali sofferenze.
    “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. I “poveri in spirito” sono nel linguaggio biblico gli “anawim”, cioè coloro che hanno la perfetta consapevolezza di essere delle creature, di essere, quindi, imperfetti, fragili, deboli, impotenti di fronte a tante situazioni e che, per tale consapevolezza, sentono il bisogno di Dio, di un rapporto profondo con Lui, dal quale attendono ogni cosa per il loro bene. Potremmo tradurre l'espressione “poveri in spirito” con la parola “umili”. E' negli umili che Dio trova la massima disponibilità, la massima docilità, potendo, quindi, compiere le meraviglie del suo amore. Non è forse nell'essere umano più umile, quella stupenda ragazza di Nazareth, che Dio ha compiuto le sue meraviglie più grandi? Ed è da un cuore umile e grato che è sgorgato l'inno più bello che mai sia stato elevato a Dio: “L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva” (Lc 1, 46- 48), un inno esploso gioiosamente nell'anima di quella ragazza, che si era appena sentita dire da Elisabetta: “Beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore  le ha detto” (Lc 1, 45). E' la prima beatitudine che troviamo nei Vangeli. E l'ultima è simile alla prima. “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” dice Gesù all'incredulo Tommaso (Gv 20, 28). E' la beatitudine della fede che racchiude in sé tutte le altre beatitudini.
    Tu, Gesù, durante l'ultima cena hai detto ai tuoi apostoli: “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore... Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi” (Gv 14, 2a - 3). Anche per me hai preparato un posto per l'eternità accanto a Te, al Padre e allo Spirito Santo. Io lo credo fermamente, Signore. E la beatitudine, fin da adesso, invade il mio cuore.