27 Gennaio 2019 - III Domenica del Tempo ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO






LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Ne 8,2-4.5-6.8-10

Leggevano il libro della legge e ne spiegavano il senso.


Dal libro di Neemìa

In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere.
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza.
Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore.
I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura.
Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.
Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 18

Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.
Ti siano gradite le parole della mia bocca;
davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore.


Seconda Lettura 1Cor 12,12-30 forma breve 12,12-14.27

Voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

[ Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo.
Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. ] Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato?
Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. [ Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. ] Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?


+ Vangelo Lc 1,1-4; 4,14-21

Oggi si è compiuta questa Scrittura.

Dal vangelo secondo Luca

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».



COMMENTO


    445 a. C. Gli Ebrei sono tornati dall’esilio babilonese da quasi un secolo. Finalmente le mura di Gerusalemme, piene di brecce fino a quel momento, vengono restaurate e per la prima volta il popolo d’Israele, nuovamente riunito come popolo in festa, celebra la liturgia della parola e partecipa a un pasto comune.
    Mentre viene letta la parola di Dio, tutti piangono di commozione. In quella parola Israele ritrova il suo punto di riferimento, la sua identità. E’ un popolo che ha ritrovato se stesso attraverso la parola del suo Dio.
    Sinagoga di Nazareth dopo quasi quattrocentocinquanta anni. E’ sabato. La comunità nazaretana è riunita per celebrare il giorno del Signore. Vi è anche Gesù. La fama dei miracoli da lui compiuti si è diffusa ormai dappertutto, anche nella cittadina in cui egli è cresciuto. Gli viene dato il rotolo del profeta Isaia; egli lo apre e legge il brano venutogli. Quando termina di leggere, gli occhi di tutti sono fissi su di lui. Il passo letto si riferisce al Messia che il popolo d’Israele attende. Che cosa dirà quel loro concittadino diventato così famoso? Quale commento farà a un brano così impegnativo? Nel silenzio pieno di attesa le parole di Gesù arrivano come un lampo improvviso nella notte: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Probabilmente per qualche istante il cuore dei presenti si è fermato. Quel Gesù che tutti conoscevano fin da bambino, il figlio di Maria e del carpentiere Giuseppe e carpentiere egli stesso, stava dicendo qualcosa d’incredibile, stava affermando che egli era il Messia, il Salvatore d’Israele, mandato da Dio “a portare ai poveri (gli umili) il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l'anno di grazia del Signore”.
    Nel prologo del suo Vangelo Giovanni scrive: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). “Verbum” in latino significa “parola”. Giovanni, quindi, sta affermando che la “Parola” si è incarnata, la Parola di Dio, cioè, è diventata una persona in carne e ossa: Gesù di Nazareth.
    Nell’Antico Testamento Dio parlava al suo popolo attraverso i profeti. Nel Nuovo Testamento Egli parla direttamente attraverso suo Figlio fattosi uomo. Dio, ora, parla all’umanità con il linguaggio umano, rivela pienamente Se stesso attraverso la persona di Gesù. “Dio nessuno lo ha mai visto; il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” scrive sempre Giovanni alla fine del prologo (Gv 1,18).
    Siamo proprio fortunati noi che viviamo dopo la venuta di Gesù! Infatti, se ascoltiamo attentamente Lui, il Figlio di Dio, potremo conoscere il Padre, perché lo Spirito Santo illumina la nostra mente e il nostro cuore, ci fa comprendere il significato delle parole e dei gesti di Gesù e ci fa addentrare profondamente nel mistero della Trinità.
    Ma Dio non si è accontentato di nutrirci soltanto con la sua parola; ha voluto fare molto di più: ha voluto nutrirci di Lui. Nell'Eucaristia Gesù, il Figlio di Dio, si fa nostro cibo! Dio si fa mangiare da una sua creatura, perché questa sua creatura possa avere, in sé, la vita divina! Lo stupore invade il cuore e il respiro si ferma di fronte a un simile amore!
    Sono due, quindi, i modi in cui il Signore nutre i suoi figli: con la sua parola e con il suo Corpo. E questi due modi costituiscono i due momenti fondamentali della celebrazione eucaristica; la proclamazione della parola di Dio nella prima parte e la consacrazione e la comunione nella seconda.
    Se soltanto fossimo veramente convinti del mistero d’amore a cui ogni domenica Dio ci chiama a far parte! Il cuore dovrebbe scoppiare di gioia e gli occhi si dovrebbero riempire di lacrime di commozione, così come era accaduto agli Israeliti in quel lontano 445 a.C.; essi avevano provato una gioia immensa a sentirsi nuovamente popolo di Dio, radunato nel suo nome, reso unito dalla sua parola e da un pasto comune caratterizzato anche dall’attenzione “a quelli che nulla avevano di preparato”.
    Quale gioia, allora, dovrebbero provare ogni domenica i cristiani nel sentirsi una sola famiglia unita in Cristo, nel sentirsi, ciascuno, parte integrante e importante della comunità, con un suo compito ben preciso all’interno di essa, nel sentirsi, tutti, una sola cosa, perché tutti nutriti dalla stessa parola e dallo stesso corpo di Cristo!
    Una sola vita “circola” in tutti, quella di Gesù. E’ la sua vita, allora, che ci dà la gioia di sentirci e di essere fratelli, ripieni dell’amore di Cristo e “spinti” a portare questo amore dovunque Dio ci chiama a vivere la nostra quotidianità.

20 Gennaio 2019 - II Domenica del Tempo ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO






LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Is 62,1-5 

Gioirà lo sposo per la sposa.

Dal libro del profeta Isaìa

Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non sorga come aurora la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
Allora le genti vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
sarai chiamata con un nome nuovo,
che la bocca del Signore indicherà.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata,
perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 95

Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.
Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine.


Seconda Lettura Cor 12,4-11

L’unico e medesimo Spirito distribuisce a ciascuno come vuole.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue.
Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.


+ Vangelo Gv 2,1-12

Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.
Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.



COMMENTO


   Quale rapporto umano è più profondo di quello che esiste tra due sposi? Essere una cosa sola, in una fusione totale di cuore, di mente, di spirito, di corpo; partecipare pienamente della vita dell’altro, in una donazione reciproca e costante, in cui ciascuno dei due fa a gara a chi ama di più.
    L’amore di due sposi è l’amore perfetto, ideato da Dio per far vivere all’essere umano una realtà che si avvicinasse il più possibile alla realtà dell’amore divino.
    “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò” (Gen 1,27). In tale versetto della Bibbia troviamo contenuto il significato più profondo e più vero del rapporto sponsale tra un uomo e una donna: essere, con il proprio amore, immagine visibile di Dio-Amore. E tante volte, nell’Antico Testamento, Dio, per manifestare al popolo d’Israele il suo amore infinito e fedele, usa l’immagine del rapporto sponsale, come nel bellissimo brano di Isaia (prima lettura).
    “Abbandonata” era il nome di Israele in esilio. Ora l’esilio è finito; gli Ebrei ritornano in patria, ma tutto è in rovina, tutto deve essere ricostruito. In tale desolazione Dio promette al suo popolo un futuro radioso. Egli, per amore d’Israele, agirà con potenza; per il bene del suo popolo compirà cose grandi, stupende. E il suo popolo avrà un nome nuovo (sarà, cioè, una realtà nuova), sarà chiamato da Dio “Mia  Gioia” e la sua terra sarà chiamata “Sposata”.
   Nel rapporto tra Dio e Israele possiamo vedere simboleggiato il rapporto tra Dio e l’umanità. Questa, dopo il peccato originale, è “in esilio”, lontana da Dio; si sente dolorosamente “devastata”. L'essere umano, che, nel suo orgoglioso desiderio di essere indipendente da Dio, di poter decidere da sé ciò che è bene e ciò che è male, di essere, quindi, dio di se stesso (la conoscenza del bene e del male è, infatti, una prerogativa esclusiva di Dio), non aveva voluto più riconoscere Dio come suo Creatore e aveva “abbandonato” la “casa” di Dio, chiudendosi la porta alle sue spalle. Ma, appena fuori da quella casa, si era accorto di “essere nudo” (Gen 3,10), aveva, cioè, preso coscienza della sua estrema fragilità, dei suoi limiti. E lui, ruscello fino a quel momento alimentato dalla sua Sorgente, si era trovato “disseccato”. Lui, che pensava di poter camminare autonomamente senza Dio, ora capiva di non riuscire, da solo, a trovare la sua strada, a dare un senso certo e pieno alla sua esistenza, che diventava, così, una specie di tunnel in cui camminare a tentoni, senza vedere né la luce dell'entrata né la luce dell'uscita; un'esistenza, quindi, senza un suo preciso perché. L'uomo, creato da Dio a sua immagine, abbandonando il suo Creatore, aveva perso la sua identità. E, in tutto questo, la disperata e disperante consapevolezza di non potere, con le proprie forze, “ritornare a casa”.
    Nel brano di Vangelo di questa domenica viene narrato un episodio della vita di Gesù, che può essere considerato un’altra “epifania”(manifestazione) del Signore, dopo l’adorazione dei Magi e il battesimo nel fiume Giordano.
   Gesù, insieme alla madre e ai discepoli, sta partecipando, a Cana, alle nozze di due giovani. Maria, maternamente vigile e attenta, a un certo punto si rende conto che la gioia degli sposi è in pericolo, perché non c’è più vino. Ciò è molto grave. Infatti, nelle società antiche (come anche in certe società di oggi) una festa di nozze solitamente si protraeva per più giorni. Cibo e, soprattutto, vino dovevano essere abbondanti fino alla fine; farli mancare durante la festa sarebbe stato segno di imprevidenza da parte degli sposi; il matrimonio, così, rischiava di essere “macchiato” per sempre; il giudizio degli invitati e della comunità poteva essere molto severo nei confronti della nuova coppia. Maria vuole evitare tale dolorosa umiliazione ai due giovani sposi. Sa chi è suo figlio; sa che Egli, con la sua potenza divina, può compiere il miracolo. “Non hanno vino”. Così, semplicemente, ella presenta a Gesù la necessità dei due sposi. E non si arrende di fronte alla risposta negativa, anche abbastanza “dura”, di suo figlio. Insiste, sicura che nel cuore di quel figlio speciale vincerà sicuramente l’amore per lei. “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” dice ai servi. Come avrebbe potuto Gesù, a quel punto, non intervenire? I servi ormai aspettavano solo un suo cenno. E Gesù, “costretto” dolcemente dall’amore della madre, compie il suo primo miracolo, manifesta la sua divinità e “i suoi discepoli credettero in lui”.
    A Cana l’acqua fu, da Gesù, trasformata in vino, divenne, cioè, qualcosa di diverso, cambiò natura.  Anche nell’uomo, con il battesimo, avviene una trasformazione di natura, di essenza. L’uomo “vecchio” (l’uomo del peccato), grazie all’opera salvifica di Gesù, viene, dallo Spirito Santo, trasformato in un uomo “nuovo” (Ef 2, 15); l’essere umano, tralcio innestato nella vite-Gesù, ricevendo da Dio la vita divina, vive in se stesso la profonda, stupenda fusione di umanità e di divinità. Ogni uomo e ogni donna, se vogliono, accettando il Figlio di Dio come il proprio Salvatore e Signore, possono diventare anche loro figli di Dio, una “meraviglia” voluta dal cuore di Dio e compiuta dalla sua potenza, come l'assemblea proclama nel ritornello del salmo responsoriale: “Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore”. Il nostro Dio è il “Dio delle meraviglie”; ed è un Dio che gioisce per ogni meraviglia realizzata. “Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te” leggiamo al v.5 del brano di Isaia. Se veramente fossimo convinti di questa verità! Nei cuori non ci sarebbero più desolazione, solitudine, senso di abbandono, disperazione. La vita, certo, ha sempre, in sé, difficoltà, fatiche, dolori. Ma quale forza potrebbe trovare l'essere umano in mezzo alle tempeste dell'esistenza, se soltanto avesse la certezza che Dio è con lui, profondamente, intimamente in lui e che gioisce immensamente nell'essere in comunione con lui!
   Ma Dio ama troppo l’essere umano, non può lasciarlo in balia della sua disperazione. E interviene a suo favore in una maniera che solo un amore folle poteva “inventare”. Egli, che è stato rifiutato, abbandonato dall’uomo, decide di “ricreare” questa sua creatura, attuando con essa un altro tipo di rapporto. Dio Creatore ed essere umano creatura all'inizio della creazione. Dio Padre ed essere umano figlio nella nuova creazione. Dio attua un vero e proprio “sposalizio” con questa sua creatura, innestandola in Lui, in un rapporto di profonda intimità con Lui. Questo miracolo d'amore si realizza con l'incarnazione del Figlio di Dio. E' in Gesù che si attua in pienezza lo “sposalizio” tra il divino e l'umano; Egli, infatti, è vero Dio e vero uomo; in Lui le due nature, quella divina e quella umana, hanno trovato la loro unità.
   Dio, creando un uomo “nuovo”, ha creato anche una famiglia umana “nuova”, una convivenza “nuova” tra gli uomini, tra i popoli. Egli, attraverso i carismi, doni particolari dello Spirito Santo, diversi per ciascuno dei suoi figli, vuole “inondare” del suo amore l’umanità intera, vuole far crescere la famiglia umana secondo il suo cuore. “A ciascuno è data una manifestazione particolare delle Spirito per il bene comune” scrive Paolo (seconda lettura). Dio agisce sempre per il bene di ogni singola persona e dell’intera umanità. E ogni battezzato, divenuto figlio di Dio e, quindi, somigliante al Padre, diventa anche lui capace di compiere “meraviglie”, quelle di un cuore pieno dell'amore di Dio. Come Gesù, il Figlio di Dio, anche lui avrà la forza e la gioia di mettere, in ogni istante, la sua vita divinizzata al servizio del bene di tutti, al servizio dell’unità e della pace tra gli uomini, perché l'umanità possa essere veramente la famiglia di Dio, la meraviglia per eccellenza “sognata” dal cuore paterno di Dio.


13 Gennaio 2019 - Battesimo del Signore


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO





LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Is 40,1-5.9-11

Si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini la vedranno.

Dal libro del profeta Isaia

«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio. – Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati».
Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato».
Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 103

Benedici il Signore, anima mia.

Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Sei rivestito di maestà e di splendore,
avvolto di luce come di un manto,
tu che distendi i cieli come una tenda.
Costruisci sulle acque le tue alte dimore,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento,
fai dei venti i tuoi messaggeri
e dei fulmini i tuoi ministri.
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.
Ecco il mare spazioso e vasto:
là rettili e pesci senza numero,
animali piccoli e grandi.
Tutti da te aspettano
che tu dia loro cibo a tempo opportuno.
Tu lo provvedi, essi lo raccolgono;
apri la tua mano, si saziano di beni.
Nascondi il tuo volto: li assale il terrore;
togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.


Seconda Lettura Tt 2,11-14; 3,4-7

Signore ci ha salvato con un ‘acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta sal­vezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’em­pietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli ap­partenga, pieno di zelo per le opere buone. Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore no­stro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua mise­ricordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spi­rito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella spe­ranza, eredi della vita eterna.


Vangelo Lc 3,15-16.21-22

Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì.
Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».



COMMENTO


    Dio mantiene sempre le sue promesse. Quanto viene annunciato dal profeta Isaia nella prima lettura trova la sua piena realizzazione in quel Gesù, a cui il Padre stesso dà testimonianza durante il battesimo nel Giordano. “Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento” dice il Padre, confermando, così, ciò che Giovanni il Battista rispondeva a quanti si chiedevano se fosse lui il Messia che tutti attendevano: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui io non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.
    Un popolo in attesa del Messia, un popolo che, per accogliere il Salvatore, viene esortato, nel brano di Isaia, a preparare il cuore, togliendo da esso tutto ciò che può essere di ostacolo a tale accoglienza.
    Un profeta, Giovanni il Battista, che annuncia ormai imminente la realizzazione delle promesse di Dio e che esorta il popolo al pentimento dei propri peccati, pentimento, di cui il battesimo (parola di origine greca che significa “immersione”) nelle acque del Giordano diventa segno visibile.
    Gesù stesso accetta di fare tale gesto penitenziale, pur essendo senza peccato, volendo dimostrare di essere, Egli, l'Innocente, solidale con l'umanità peccatrice. In tale gesto Gesù comincia a portare su di sé i peccati degli uomini. “Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” dice Giovanni il Battista, “vedendo Gesù venire verso di lui” (Gv 1,29). E sulla croce Gesù veramente, come una calamita, attirerà su di sé tutti i peccati di tutti gli uomini di tutti i tempi. “Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone” afferma l'apostolo Paolo (seconda lettura).
    Battesimo di Giovanni il Battista. Battesimo cristiano. Due “realtà” completamente diverse, anche se alquanto simili nei gesti rituali. Quello di Giovanni è un battesimo di penitenza, un gesto, cioè, che indica, in chi lo riceve, soltanto un desiderio di purificazione, una volontà di cambiamento di vita; ma tale battesimo, che, come specifica Giovanni il Battista, è solo “di acqua”, non rende “nuovo” l'essere umano, non gli dà una natura nuova, non lo cambia nella sua essenza. Invece, nel battesimo cristiano, appena vengono pronunciate le parole “Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, accompagnate dal gesto del versamento dell'acqua sul capo del battezzando, avviene un miracolo straordinario: la persona che sta ricevendo il sacramento del battesimo non solo viene liberata dal peccato originale, ma viene riempita della presenza di Dio per mezzo dello Spirito Santo e Dio la permea di sé e la divinizza. Da tale momento il battezzato non è più soltanto una creatura soltanto umana, ma anche divina, un figlio di Dio, poiché la vita stessa di Dio “circola” in lui; da tale momento egli può chiamare Dio con lo splendido, dolcissimo nome di “Abbà”, parola aramaica, che significa “papà”. Poteva Dio essere più teneramente paterno nei confronti di una sua creatura? E questo incredibile dono della vita divina in noi è totalmente gratuito. Come afferma Paolo sempre nella seconda lettura, Dio ci ha salvati (e “salvezza” non è solo il perdono dei peccati, ma anche, e soprattutto, la vita divina in noi e l'eternità con Lui) non perché noi abbiamo meritato qualcosa compiendo opere buone, ma soltanto per la sua misericordia, per quel suo cuore, cioè, così pieno d'amore, che si china sulla nostra miseria e la ricopre con la sua tenerezza di Padre.
    “Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento”. E' la voce del Padre che si ode; è il Padre che, mentre lo Spirito Santo scende su Gesù, sta dicendo ai presenti: “In questo mio Figlio Io, Dio Padre, ho posto la mia gioia, poiché Egli è in totale comunione con Me, perché il suo cuore batte all'unisono con il mio, perché Egli desidera solo ciò che Io desidero e la sua volontà è in perfetta sintonia con la mia volontà”. Ecco, così era Gesù, il Figlio di Dio. Così dovrebbero essere ogni uomo e ogni donna diventati, con il sacramento del battesimo, figli di Dio. Come sarebbe bello se Dio Padre di ogni suo figlio, di ogni sua figlia potesse dire con gioia: “Anche in te ho posto il mio compiacimento, figlio mio, figlia mia”!

06 Gennaio 2019 - Epifania del Signore


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO





LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Is 60,1-6

La gloria del Signore brilla sopra di te.

Dal libro del profeta Isaia

Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di te.
Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra,
nebbia fitta avvolge i popoli;
ma su di te risplende il Signore,
la sua gloria appare su di te.
Cammineranno le genti alla tua luce,
i re allo splendore del tuo sorgere.
Alza gli occhi intorno e guarda:
tutti costoro si sono radunati, vengono a te.
I tuoi figli vengono da lontano,
le tue figlie sono portate in braccio.
Allora guarderai e sarai raggiante,
palpiterà e si dilaterà il tuo cuore,
perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te,
verrà a te la ricchezza delle genti.
Uno stuolo di cammelli ti invaderà,
dromedari di Màdian e di Efa,
tutti verranno da Saba, portando oro e incenso
e proclamando le glorie del Signore.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 71

Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.

O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.
Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.
I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti.
Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri.


Seconda Lettura Ef 3,2-3a.5-6

Ora è stato rivelato che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero.
Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.


+ Vangelo Mt 2,1-12

Siamo venuti dall’oriente per adorare il re.
Dal vangelo secondo Matteo

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.



COMMENTO


 
    Dio, per mezzo di una stella, conduce degli uomini pagani alla presenza di suo Figlio fattosi uomo. Quegli uomini, consapevoli di essere giunti di fronte a quel Bambino attraverso segni straordinari, “si prostrarono e lo adorarono”, riconoscendo in Lui una regalità divina.
    Nel manifestare (“epifania”, in greco, significa, infatti, “manifestazione”) a dei pagani la divinità di quel Bambino, Dio rivela il suo amore per tutti gli uomini. Come scrive l'apostolo Paolo (seconda lettura), il “mistero” di Dio, cioè il progetto di Dio riguardante l'umanità, è stato manifestato, “rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito”. E tale progetto, che nasce dall'infinito amore che Dio ha per ogni persona che Egli chiama all’esistenza, è che anche le “genti”, cioè i popoli non appartenenti al popolo ebraico, “sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità” (la salvezza), a cui erano stati chiamati gli Ebrei, “a formare lo stesso corpo”, cioè un'unica realtà, l'unica famiglia di Dio, “e a essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”, cioè della “buona notizia” annunciata e realizzata da Gesù. Paolo, in maniera concisa, ma molto chiara, spiega il meraviglioso progetto d'amore di Dio: ogni uomo, a qualsiasi razza, popolo, nazione appartenga, è chiamato a essere figlio di Dio e a vivere la sua vita come tale, costruendo, insieme agli altri, il regno di Dio, regno di pace, di concordia, di giustizia, di serenità, di gioia. Questo è il desiderio più profondo del cuore di Dio. E Dio si aspetta che questo sia anche il desiderio più profondo del cuore dell'uomo.
    Forse è stato proprio questo desiderio, magari inconsapevole, a condurre i Magi, guidati da una stella che brillava sopra di loro, fino al luogo, in cui si trovava il Bambino Gesù. Anche in loro, pur pagani, vi era una forte attesa di un Salvatore. “Essi provarono una gioia grandissima” al vedere la stella fermarsi sopra il luogo dove si trovava il Bambino; entrati, si prostrarono davanti a quel piccolo e lo adorarono.
    I Magi. Fanno molto riflettere questi uomini, saggi, ma pagani, che si inchinano, con il cuore pieno di esultanza, davanti a un bambino. Una grandissima gioia vibrava nei loro cuori: la “meta” tanto desiderata era lì, davanti ai loro occhi; non dovevano cercare altro.
    E una grandissima gioia dovrebbe essere il sentimento più naturale e profondo del cristiano, in quanto per il credente l' “epifania” del Signore è in ogni istante della sua esistenza, perché da quella lontana notte di duemila anni fa ogni uomo e ogni donna, se lo vogliono, possono essere pieni di luce, di quella Luce che è Cristo; Egli, infatti, come luce è venuto nel mondo e brilla dentro la vita di chi Lo ha accolto, di chi crede in Lui.
    Anche oggi, come sempre, “la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli” (prima lettura), perché anche oggi molti cuori sono lontani da Dio, molti uomini vivono come se Dio non esistesse. “Ma – annuncia il profeta Isaia al popolo d'Israele – su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti (i popoli) alla tua luce”.
    Tale annuncio si è realizzato e continua a realizzarsi nella Chiesa di Cristo. Al di là di tutti i limiti umani che la Chiesa, famiglia di Dio costituita da uomini salvati, ma pur sempre fragili e deboli  nella loro umanità, presenta, essa brilla della luce di Gesù, il quale, un giorno, di Sé ha detto: “Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12); e ancora: “Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre” (Gv 12,46); e dei credenti in Lui, cioè della Chiesa, ha detto: “Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,14-16). Ecco la meravigliosa missione dei figli di Dio: farsi riempire della luce di Gesù e donare tale luce a tutti gli uomini, perché tutti hanno diritto a sapere che su ciascuno di loro Dio ha uno splendido progetto d'amore e che, se essi accettano tale progetto, Dio stesso entrerà dentro di loro con tutto il suo amore, con tutta la sua pace, con tutta la sua gioia e darà un senso pieno alla loro esistenza.



01 Gennaio 2019 - Maria Santissima Madre di DIo


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Nm 6,22-27 

Essi invocheranno il mio Nome, e io li benedirò.


Dal libro dei Numeri

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 66

Dio abbia pietà di noi e ci benedica.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.
Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.
Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.


Seconda Lettura Gal 4,4-7

Dio mandò il suo Figlio, nato da donna.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati

Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.
E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.


+ Vangelo Lc 2,16-21

I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.


COMMENTO


          Pastori pieni di gioia, che parlano a tutti di quel bambino, la cui nascita è stata loro annunciata in una esplosione di luce.
       Ascoltatori stupiti per quanto i pastori dicono di quel bambino.
       E una Madre, che “custodisce tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”.
       Che cosa doveva esserci in quel cuore di madre?! Quel figlio, che ella teneva tra le braccia e che sconosciuti erano venuti ad adorare, era il Figlio di Dio! Ed era lì, così piccolo, così inerme! Un Dio fattosi uomo, perché l’uomo, fragile e peccatore, potesse essere “recuperato” al rapporto con Dio, rapporto spezzato con il peccato originale. E Dio “recupera” l’uomo in maniera stupenda, dandogli addirittura una dignità che l’essere umano non aveva nella sua originaria condizione di creatura. Come dice l’apostolo Paolo nella seconda lettura, “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, … perché ricevessimo l’adozione a figli”. E, da allora, ogni uomo e ogni donna, se, nella loro libertà, accolgono Gesù Cristo come loro Salvatore e, con il battesimo, diventano figli di Dio, possono rivolgersi a Dio chiamandolo “Abbà”, “papà” (questo, infatti, in aramaico è il significato della parola “abbà”, un termine, quindi, molto confidenziale, tipico del bambino che chiama affettuosamente il suo papà). 
       E’ bello meditare nel nostro cuore, come Maria e insieme a lei, le meraviglie che Dio ha voluto compiere, e continua a compiere, a favore di noi uomini, perché Dio è Amore e non si stanca mai di benedire l’uomo, cioè di “dire bene” dell’uomo, di pensare all’essere umano sempre positivamente, con amore.
       Inizia un nuovo anno.
       Non è un caso che il primo giorno dell’anno nuovo venga dedicato a Maria, Madre di Dio. La Chiesa mette sotto la sua materna e potente protezione quest’altro tempo che Dio ci dona.
       E non è un caso che la prima lettura del primo giorno del nuovo anno sia una splendida benedizione.
       “Buon anno!” è l’augurio che ci si scambia all’inizio di un nuovo anno. Tale augurio significa: “Il nuovo anno possa essere per te un anno buono”.
       E non può non essere buono il nuovo anno, se io so con certezza che si realizza veramente, per me, in ogni istante, quanto Dio stesso ha indicato a Mosè come benedizione per il suo popolo: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.