LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Is 50,4-7
Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso.
Dal libro del profeta Isaìa
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.
SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 21
Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».
Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.
Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.
Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.
Seconda Lettura Fil 2,6-11
Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippèsi
Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Luca
+ Vangelo Lc 22,14-23,56
_La passione del Signore _
Indicazioni per la lettura dialogata:
+ = Gesù;
C = Cronista;
D =Discepoli e amici;
F =Folla;
A =Altri personaggi
Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione
C Quando venne l’ora, [Gesù] prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». C E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: + «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio».
Fate questo in memoria di me
C Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: + «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». C E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: + «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
Guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito!
«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». C Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.
Io sto in mezzo a voi come colui che serve
E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Egli disse: + «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.
Tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli
Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». C E Pietro gli disse: D «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». C Gli rispose: + «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».
Deve compiersi in me questa parola della Scrittura
C Poi disse loro: + «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». C Risposero: D «Nulla». C Ed egli soggiunse: + «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu annoverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». C Ed essi dissero: D «Signore, ecco qui due spade». C Ma egli disse: + «Basta!».
Entrato nella lotta, pregava più intensamente
C Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: + «Pregate, per non entrare in tentazione». C Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: + «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». C Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: + «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?
C Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: + «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». C Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: D «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». C E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: + «Lasciate! Basta così!». C E, toccandogli l’orecchio, lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: + «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».
Uscito fuori, Pietro pianse amaramente
C Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: A «Anche questi era con lui». C Ma egli negò dicendo: D «O donna, non lo conosco!». C Poco dopo un altro lo vide e disse: A «Anche tu sei uno di loro!». C Ma Pietro rispose: D «O uomo, non lo sono!». C Passata circa un’ora, un altro insisteva: A «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». C Ma Pietro disse: D «O uomo, non so quello che dici». C E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?
E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, gli bendavano gli occhi e gli dicevano: A «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». C E molte altre cose dicevano contro di lui, insultandolo.
Lo condussero davanti al loro Sinedrio
Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro Sinedrio e gli dissero: A «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». C Rispose loro: + «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». C Allora tutti dissero: A «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». C Ed egli rispose loro: + «Voi stessi dite che io lo sono». C E quelli dissero: A «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».
Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna
C [ Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: A «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». C Pilato allora lo interrogò: A «Sei tu il re dei Giudei?». C Ed egli rispose: + «Tu lo dici». C Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: A «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». C Ma essi insistevano dicendo: A «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». C Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.
Erode con i suoi soldati insulta Gesù
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.
Pilato abbandona Gesù alla loro volontà
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: « A Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». C Ma essi si misero a gridare tutti insieme: F «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». C Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. F Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». C Ed egli, per la terza volta, disse loro: A «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». C Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.
Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: + «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
C Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.
Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: + «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
C Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.
Costui è il re dei Giudei
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: A «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». C Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: A «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». C Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Oggi con me sarai nel paradiso
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: A «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». C L’altro invece lo rimproverava dicendo: A «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». C E disse: A «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». C Gli rispose: + «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito
C Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: + «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.
(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)
C Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: A «Veramente quest’uomo era giusto». C Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo. ]
Giuseppe pone il corpo di Gesù in un sepolcro scavato nella roccia
Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatèa, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parascève e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto.
COMMENTO
Gesù entra in Gerusalemme. Al suo ingresso,
la folla lo accoglie con esultanza. E' una folla molto numerosa, accorsa da
ogni parte della Palestina per la celebrazione della Pasqua ebraica. Tre anni
di predicazione, di miracoli, di segni prodigiosi hanno reso Gesù di Nazareth
un uomo famoso. La notizia della sua venuta a Gerusalemme si diffonde e crea
attesa.
Ed eccolo questo Gesù. Cavalca un umile
asinello; eppure, l'accoglienza è quella riservata a un re: mantelli e rami
frondosi vengono stesi sulla strada davanti a Lui e la folla lo osanna:
“Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore”.
Passeranno solo pochi giorni e l'atmosfera
intorno a Gesù sarà completamente diversa. “Crucifige” sarà la richiesta fatta
a Pilato da una folla che sembra aver dimenticato l' “Osanna” di alcuni giorni
prima.
In questa Domenica delle Palme, nella quale
si commemora un momento gioioso e glorioso della vita di Gesù, un momento in
cui Egli sembrerebbe raccogliere i frutti del suo annuncio e del suo operato,
le letture parlano di sofferenza. Il Vangelo è addirittura la narrazione della
passione e della morte di Gesù. Ciò potrebbe sembrare strano, contraddittorio.
Ma la scelta della Chiesa ha una sua logica. Quell'entrata festosa in
Gerusalemme è l'inizio della settimana decisiva, quella in cui il Figlio di Dio
porterà a compimento la missione per la quale è diventato anche “Figlio
dell'uomo”. Gesù varie volte aveva preannunciato questo momento ai suoi
apostoli; l'aveva ribadito ancora, mentre erano in viaggio verso Gerusalemme:
“Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai capi
dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai
pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo
uccideranno; e dopo tre giorni risorgerà” (Mc 10,33-34). E l' “Osanna” della
folla diventa una lode profetica, un'anticipazione di quella gloria che Gesù
avrà per sempre, perché, nel suo nome, “ogni ginocchio si pieghi nei cieli,
sulla terra e sotto terra” (seconda lettura ). L'assemblea dei credenti non
ripete, infatti, l’ “Osanna” al suo Signore in ogni celebrazione eucaristica?
Storia della salvezza: storia di peccato e di
redenzione. L'essere umano era il capolavoro dell'opera creatrice di Dio. Nel
racconto biblico della creazione, di tutte le altre cose create è scritto: “Dio
vide che era cosa buona”; dell'essere umano è scritto: “Dio vide che era cosa
molto buona” (Gen 1,31). Sembra quasi di avvertire, in queste parole, il santo
orgoglio del Creatore pienamente soddisfatto e felice, come se, nel creare
quest' essere, Egli avesse voluto dare il meglio di Sé.
Dio aveva creato l'essere umano per amore e
desiderava riceverne amore; per questo l'aveva creato libero, con una sua
volontà, con una sua capacità di decidere autonomamente, poiché l'amore
presuppone sempre una libertà di scelta. Dio, che è Amore, voleva essere
ricambiato da questa sua creatura nella piena libertà. Ma l'essere umano non ha
accettato la sua condizione di creatura, non ha riconosciuto Dio come suo
Creatore e ha cominciato a nutrire nel suo cuore il desiderio più folle e più
grave: “rubare” la divinità, farsi, cioè, uguale a Dio. E Satana ha puntato proprio
su questo desiderio, per rovinare il capolavoro di Dio. “Dio sa che il giorno
in cui voi ne mangiaste (sta parlando del frutto dell'albero della conoscenza
del bene e del male), si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio,
conoscendo il bene e il male” egli dice ad Adamo ed Eva (Gen 3,5). La
conoscenza del bene e del male è sempre stata considerata una prerogativa
esclusiva di Dio. Tale conoscenza, infatti, costituisce la verità. E Dio non
solo conosce la verità, ma è Egli stesso Verità. Satana è astuto; ha scelto la
motivazione più convincente per allontanare l'essere umano dal suo Creatore. In
fondo, non era stata questa stessa motivazione a spingere anche lui, Lucifero
(che significa “portatore di luce”), l'angelo più bello e più intelligente, a
ribellarsi a Dio?
Libertà: grandezza immensa, in una
creatura, ma anche tremenda responsabilità. La libertà di scelta, nel rapporto
fra la creatura e il suo Creatore, può condurre alle più alte vette dello
spirito, se si è in comunione con Dio, ma può far precipitare negli abissi più
oscuri, se ci si allontana da Lui.
E l'essere umano, nella sua libertà, decide
di staccarsi dal suo Creatore. Scelta di orgoglio e di superbia, dalle
conseguenze più tragiche.
Dio è perfezione, bellezza, armonia.
Separandosi da Lui, l'essere umano ha sperimentato la mancanza di armonia, ha
sentito esplodere in sé il caos, lo squilibrio ai vari livelli che lo
costituiscono: spirituale, morale, psichico e fisico.
Dio è Vita, è sorgente e pienezza di vita.
Staccato da Lui, l'essere umano, come un ruscello “staccatosi” dalla sorgente
che l'alimenta, ha sperimentato la mancanza della vita, cioè la morte.
In un passo del libro della Sapienza, al
cap. 2, vv. 23-24, viene spiegato con estrema chiarezza il perché della tragica
realtà della morte: “Dio ha creato l'uomo per l’immortalità; lo ha fatto a immagine
della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo;
e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono”. Un'appartenenza che costituisce
il prezzo che l'essere umano ha pagato a Satana nel momento in cui ha ascoltato
la sua voce di male, chiudendosi alla voce d'amore di Dio. Dal momento della
capitolazione umana di fronte alle lusinghe del diavolo ogni persona viene al
mondo portandosi dentro, come una tragica eredità costituzionale del genere
umano, il fardello, pesante e schiavizzante, del peccato con le sue conseguenze
di sofferenza e di morte.
L'essere umano, appena ebbe mangiato il
frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male, si accorse di essere
“nudo”, ebbe, cioè, in quel momento, la consapevolezza della sua realtà di
creatura fragile, debole, limitata nelle sue capacità; e tanto bisognosa del
suo Creatore, per poter dare un significato pieno alla propria esistenza,
perché quel suo Creatore l'aveva voluto a somiglianza di Lui. Nel volto di Dio,
e solo in quel volto, l'essere umano poteva ritrovare il suo vero volto, la sua
vera identità.
Ma come poter tornare indietro? La
sofferenza e la morte erano ormai parte integrante della vita umana, tragiche
conseguenze di una libera scelta dell'uomo. Dio, che aveva rispettato tale
scelta, doveva rispettarne anche le conseguenze. Non poteva, quindi, togliere
sofferenza e morte dalla vita di questa sua creatura, pur infinitamente amata.
Ma questo amore ha continuato a “inseguire”
l'essere umano anche dopo il suo peccato. E, se l'essere umano era
nell'assoluta impossibilità di rimediare al suo errore, Dio non lo ha
abbandonato nell'oscurità di un tunnel senza fine e nell'angosciante solitudine
di un arido deserto. Il cuore di chi ama elabora sempre progetti di bene per la
persona amata. E Dio, che è Amore e che, per questo, non può fare a meno di
amare, ha elaborato nel suo cuore un progetto di salvezza per questa sua creatura,
per offrirle una vita nuova, una relazione con Lui ancora più profonda e intima
di quella iniziale.
Il Padre esprime al Figlio questo suo
progetto e il Figlio, nel suo amore, dice il suo “Sì”, fa suo il progetto del
Padre. Ma questo progetto a favore dell'essere umano richiede la vita stessa
del Figlio di Dio, esige da Lui uno “spogliarsi” della sua divinità, per
assumere la natura umana. “Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l’essere come Dio; ma svuotò se stesso, assumendo una
condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto
come uomo, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte
di croce”; così scrive l'apostolo Paolo ai Filippesi (seconda lettura).
Un Dio che si cala, con infinita
umiltà, nella natura di una sua creatura! Follia dell'amore! L'essere umano, orgogliosamente, aveva
voluto innalzarsi fino a Dio. Il Figlio di Dio, per recuperare l'essere umano
dall'abisso in cui era precipitato, ha fatto il cammino inverso. Ed è sceso,
Lui, in quell'abisso, sperimentando nella sua carne tutte le tragiche conseguenze
del peccato dell'umanità. Egli, l'Innocente, per salvare coloro che innocenti
non erano, ha provato ogni sofferenza della natura umana, giungendo fino
all'annientamento totale, fino alla morte, e a una delle morti più atroci e
umilianti che l'essere umano abbia mai inventato per un suo simile. E, soffrendo,
ha dato un valore salvifico alla sofferenza, che, fino a quel momento, aveva
costituito solo un tragico, angosciante non – senso della vita umana, e,
morendo, per poi risorgere, ha “detto” all'essere umano che la morte non è
l'ultima parola della sua esistenza, ma solo la penultima, perché l'ultima,
definitiva parola è la pienezza della vita con Dio nell'eternità.
“Ciò che Tu, Padre, desideri, lo desidero
anch'io” ha detto senz'altro il Figlio, quando il Padre gli ha confidato il suo
desiderio di poter riportare a casa quella sua creatura tanto ribelle e tanto
infelice. Desiderare ciò che desidera il cuore del Padre: ecco l'obbedienza. E
Gesù è stato l'Obbediente per eccellenza. “Io faccio sempre le cose che sono
gradite al Padre” Egli ha detto un giorno ai Giudei, che lo interrogavano sulle
sue origini (Gv 8,29).
E il Padre, con gioiosa gratitudine, ha
voluto dare a questo suo Figlio, obbediente per amore, la sua stessa gloria.
“Per questo (per la sua obbedienza fino alla morte di croce) Dio l'ha esaltato
e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua
proclami: ‘Gesù Cristo è il Signore’, a gloria di Dio Padre” continua Paolo nella
sua lettera ai Filippesi. Sì, “a gloria di Dio Padre”, perché, in Gesù, il
Padre ha potuto realizzare il suo progetto di salvezza, manifestando, così, la
sua gloria, cioè tutta la sua potenza di Dio, potenza che Egli, ricco di
misericordia, mette sempre al servizio del suo amore infinito, fedele e tenace
per l’essere umano.