1 Settembre 2019 - XXII Domenica del tempo ordinario


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura 3,17-20.28-29, neo-volg. Sir 3, 19-21.30-31

Fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore.


Dal libro del Siràcide

Figlio, compi le tue opere con mitezza,
e sarai amato più di un uomo generoso.
Quanto più sei grande, tanto più fatti umile,
e troverai grazia davanti al Signore.
Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi,
ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.
Perché grande è la potenza del Signore,
e dagli umili egli è glorificato.
Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio,
perché in lui è radicata la pianta del male.
Il cuore sapiente medita le parabole,
un orecchio attento è quanto desidera il saggio.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 67

Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.

I giusti si rallegrano,
esultano davanti a Dio
e cantano di gioia.
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome:
Signore è il suo nome.
Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri.
Pioggia abbondante hai riversato, o Dio,
la tua esausta eredità tu hai consolidato
e in essa ha abitato il tuo popolo,
in quella che, nella tua bontà,
hai reso sicura per il povero, o Dio.


Seconda Lettura Eb 12, 18-19.22-24

Vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente.

Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola.
Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.


+ Vangelo Lc 14, 1. 7-14

Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.


Dal vangelo secondo Luca

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».


COMMENTO

    Estate: tempo di ferie, tempo di vacanze, di svago, di riposo, ma anche, spesso, di superficialità. E, mentre siamo “impegnati” a rilassarci, a divertirci, a lasciarci alle spalle, almeno per un po', preoccupazioni e problemi, ecco la parola di Dio di questo periodo, parola che “turba” non poco il nostro relax, il nostro non voler pensare ad argomenti seri. Proprio nel bel mezzo di una vacanza la Chiesa mi mette davanti una parola di Dio particolarmente impegnativa. A me, tutto preso dal “godermi” la vita almeno per qualche giorno, Dio fa un discorso totalmente opposto. La sua parola mi parla della morte e, quindi, anche del significato profondo da dare alla mia esistenza (XIX  domenica), mi parla delle esigenze che comporta la mia vita di credente in Gesù di fronte a chi non crede in Lui (XX domenica), mi parla di una vita pienamente realizzata solo attraverso una “porta stretta” (XXI domenica).ne”, soprattutto da parte degli scribi e farisei, che cercano continuamente un pretesto (una sua parola, un suo gesto non rigorosamente secondo la Legge) per poterlo attaccare.
    “Notando come (gli invitati) sceglievano i primi posti,...”. Anche Gesù osserva e “nota”, ma per un motivo ben diverso. Egli vuole aiutare l'essere umano a liberarsi dalla prigione del proprio egoismo, del proprio orgoglio, del proprio tornaconto, della propria meschinità e fargli sperimentare e gustare la vera libertà esistenziale, in un'atmosfera dal respiro profondo, quale è quella dell'amore vero, gratuito, che dà sempre senza mai chiedere nulla in contraccambio se non la gioia di avere dato il meglio di sé per il bene dell'altro. Non è forse questo il modo di amare di Dio?
    “Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore... Perché grande è la potenza del Signore e dagli umili egli è glorificato” troviamo nel brano del Siracide che costituisce la prima lettura.
    L'umiltà non è, come spesso si crede, il sentirsi “indegni” di fronte a Dio, perché peccatori; ma è, semplicemente, riconoscere che noi siamo creature e che Dio è il nostro Creatore; è riconoscere  che non siamo noi a sapere e, quindi, a decidere che cosa è bene e che cosa è male, che cosa è giusto e che cosa non lo è, ma che solo Dio è Verità e che solo da Lui, quindi, vengono le indicazioni giuste per una vita veramente e pienamente umana.
    “Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio” leggiamo ancora nel brano del Siracide. L'uomo saggio, infatti, sa che è Dio il Saggio per eccellenza e che ascoltare Lui con “orecchio attento” significa camminare sicuri sulle strade della vita, significa realizzarsi pienamente, perché Dio-Amore, che mi ha creato a sua immagine e somiglianza, mi fa vivere, attraverso la sua parola, secondo il suo cuore, permettendomi, così, di realizzare la mia vocazione più profonda di uomo: essere amore. Per realizzare questa vocazione, Dio mi ha arricchito di doni. Spesso da persone “pie” si sente dire, parlando dei talenti che vengono loro riconosciuti: “Ma io non ho queste capacità, non ho queste abilità!”. Tale affermazione è una vera e propria ingiustizia nei confronti di Dio; è come accusarlo di non averci dato quegli “strumenti” che ci permettono di amare, di fare del bene, di dare gioia con la nostra vita. Umiltà non è disconoscere le qualità, le capacità che si hanno, ma riconoscere che esse sono i “talenti” di cui parla Gesù, doni di Dio, “ricchezze” che Egli ci mette tra le mani, perché noi le possiamo far fruttificare per il bene degli altri.
    Umiltà è anche “abbassarsi” a un livello inferiore, per innalzare al proprio livello chi a quel livello inferiore si trova. Non è proprio questo ciò che ha fatto Dio nei confronti dell'essere umano?
    Tanto più alta è una vetta tanto più distante essa si trova dalla base della montagna. La vetta è Dio; la base della montagna è l'essere umano. Tra Dio-Vetta e l'essere umano-base la distanza è infinita. Solo l'incredibile amore di Dio per questa sua creatura poteva colmare tale distanza. Duemila anni fa il Figlio di Dio, fattosi uomo, si è posto a metà di quella montagna, stringendo con una mano la mano di Dio e con l'altra la mano dell'uomo; così, nella sua Persona, si è realizzata stupendamente l'unità fra Dio e l'uomo; e la distanza non c'è stata più.
    E' Dio l'Umile per eccellenza. Chi è più grande di Lui? Chi sta più in alto di Lui? Nessuno. L'agire di Dio in favore dell'essere umano è sempre stato un “chinarsi”, un “abbassarsi” verso di lui, per innalzarlo a Sé, fino a dargli la sua stessa vita e farlo diventare suo figlio. E tale miracolo Dio l'ha compiuto attraverso l' “abbassamento” del suo Figlio Gesù, un abbassamento tale da diventare annientamento fino alla morte di croce. Vi può essere umiltà più grande?
    In un passo del profeta Isaia il “Servo di Jahve” (il Messia atteso dal popolo d'Israele), riguardo alla sua missione, dice: “Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio” (Is 49,4). Una morte in croce non può forse sembrare un fallimento, un aver “faticato invano”? Ma Gesù sa che il suo sacrificio sarà ricompensato dal Padre.
    “La mia ricompensa è presso il mio Dio”: ecco la gratuità dell'amore. Ed è questo il concetto che Gesù vuole esprimere nell'ultima parte dell'odierno brano di Vangelo: “Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato, perché non hanno da ricambiarti. Riceverai, infatti, la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”. E' la gratuità di una vita messa al servizio del bene degli altri.
    Io, diventato figlio di Dio con il battesimo, devo cercare di assomigliare il più possibile a Lui. “Il Figlio dell'uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” ha detto Gesù (Mc 10,45). Io devo amare, quindi, con la sua stessa umiltà, non cercando i primi posti né volendo emergere e dominare sugli altri; devo servire con la sua stessa gratuità, amando per amare, poiché amare è la mia vocazione fondamentale, esistenziale, la condizione indispensabile perché la mia vita acquisti un senso pieno. E io dovrò continuare ad amare anche se non riceverò alcun “grazie” da chi ho beneficato, anche se vedessi ricambiato con il male il bene da me fatto. L'unica ricompensa importante per me è la gioia che io do al mio Dio, amando come Egli vuole che io ami, e l'abbraccio con cui Egli mi accoglierà, quando, alla fine della mia vita terrena, andrò alla sua presenza. Sarà stupendo sentirmi dire da Lui: “Figlio mio, ce l'hai messa tutta per farmi felice con la tua vita. Ora vieni, occupa con gioia, per l'eternità, il posto che qui in cielo Io ho preparato per te da sempre”