LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura 3,17-20.28-29, neo-volg. Sir 3, 19-21.30-31
Fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore.
Dal libro del Siràcide
Figlio, compi le tue opere con mitezza,
e sarai amato più di un uomo generoso.
Quanto più sei grande, tanto più fatti umile,
e troverai grazia davanti al Signore.
Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi,
ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.
Perché grande è la potenza del Signore,
e dagli umili egli è glorificato.
Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio,
perché in lui è radicata la pianta del male.
Il cuore sapiente medita le parabole,
un orecchio attento è quanto desidera il saggio.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 67
Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.
I giusti si rallegrano,
esultano davanti a Dio
e cantano di gioia.
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome:
Signore è il suo nome.
Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri.
Pioggia abbondante hai riversato, o Dio,
la tua esausta eredità tu hai consolidato
e in essa ha abitato il tuo popolo,
in quella che, nella tua bontà,
hai reso sicura per il povero, o Dio.
Seconda Lettura Eb 12, 18-19.22-24
Vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente.
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola.
Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.
+ Vangelo Lc 14, 1. 7-14
Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.
Dal vangelo secondo Luca
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
COMMENTO
Estate: tempo di
ferie, tempo di vacanze, di svago, di riposo, ma anche, spesso, di superficialità.
E, mentre siamo “impegnati” a rilassarci, a divertirci, a lasciarci alle
spalle, almeno per un po', preoccupazioni e problemi, ecco la parola di Dio di
questo periodo, parola che “turba” non poco il nostro relax, il nostro non
voler pensare ad argomenti seri. Proprio nel bel mezzo di una vacanza la Chiesa
mi mette davanti una parola di Dio particolarmente impegnativa. A me, tutto
preso dal “godermi” la vita almeno per qualche giorno, Dio fa un discorso
totalmente opposto. La sua parola mi parla della morte e, quindi, anche del
significato profondo da dare alla mia esistenza (XIX domenica), mi parla delle esigenze che
comporta la mia vita di credente in Gesù di fronte a chi non crede in Lui (XX
domenica), mi parla di una vita pienamente realizzata solo attraverso una
“porta stretta” (XXI domenica).ne”, soprattutto
da parte degli scribi e farisei, che cercano continuamente un pretesto (una sua
parola, un suo gesto non rigorosamente secondo la Legge) per poterlo attaccare.
“Notando come (gli
invitati) sceglievano i primi posti,...”. Anche Gesù osserva e “nota”, ma per
un motivo ben diverso. Egli vuole aiutare l'essere umano a liberarsi dalla
prigione del proprio egoismo, del proprio orgoglio, del proprio tornaconto,
della propria meschinità e fargli sperimentare e gustare la vera libertà
esistenziale, in un'atmosfera dal respiro profondo, quale è quella dell'amore
vero, gratuito, che dà sempre senza mai chiedere nulla in contraccambio se non
la gioia di avere dato il meglio di sé per il bene dell'altro. Non è forse
questo il modo di amare di Dio?
“Quanto più sei
grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore... Perché
grande è la potenza del Signore e dagli umili egli è glorificato” troviamo nel
brano del Siracide che costituisce la prima lettura.
L'umiltà non è,
come spesso si crede, il sentirsi “indegni” di fronte a Dio, perché peccatori;
ma è, semplicemente, riconoscere che noi siamo creature e che Dio è il nostro
Creatore; è riconoscere che non siamo
noi a sapere e, quindi, a decidere che cosa è bene e che cosa è male, che cosa
è giusto e che cosa non lo è, ma che solo Dio è Verità e che solo da Lui,
quindi, vengono le indicazioni giuste per una vita veramente e pienamente
umana.
“Il cuore sapiente
medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio” leggiamo
ancora nel brano del Siracide. L'uomo saggio, infatti, sa che è Dio il Saggio
per eccellenza e che ascoltare Lui con “orecchio attento” significa camminare
sicuri sulle strade della vita, significa realizzarsi pienamente, perché Dio-Amore,
che mi ha creato a sua immagine e somiglianza, mi fa vivere, attraverso la sua
parola, secondo il suo cuore, permettendomi, così, di realizzare la mia
vocazione più profonda di uomo: essere amore. Per realizzare questa vocazione,
Dio mi ha arricchito di doni. Spesso da persone “pie” si sente dire, parlando
dei talenti che vengono loro riconosciuti: “Ma io non ho queste capacità, non
ho queste abilità!”. Tale affermazione è una vera e propria ingiustizia nei
confronti di Dio; è come accusarlo di non averci dato quegli “strumenti” che ci
permettono di amare, di fare del bene, di dare gioia con la nostra vita. Umiltà
non è disconoscere le qualità, le capacità che si hanno, ma riconoscere che
esse sono i “talenti” di cui parla Gesù, doni di Dio, “ricchezze” che Egli ci
mette tra le mani, perché noi le possiamo far fruttificare per il bene degli
altri.
Umiltà è anche
“abbassarsi” a un livello inferiore, per innalzare al proprio livello chi a
quel livello inferiore si trova. Non è proprio questo ciò che ha fatto Dio nei
confronti dell'essere umano?
Tanto più alta è
una vetta tanto più distante essa si trova dalla base della montagna. La vetta
è Dio; la base della montagna è l'essere umano. Tra Dio-Vetta e l'essere umano-base
la distanza è infinita. Solo l'incredibile amore di Dio per questa sua creatura
poteva colmare tale distanza. Duemila anni fa il Figlio di Dio, fattosi uomo,
si è posto a metà di quella montagna, stringendo con una mano la mano di Dio e
con l'altra la mano dell'uomo; così, nella sua Persona, si è realizzata
stupendamente l'unità fra Dio e l'uomo; e la distanza non c'è stata più.
E' Dio l'Umile per
eccellenza. Chi è più grande di Lui? Chi sta più in alto di Lui? Nessuno. L'agire
di Dio in favore dell'essere umano è sempre stato un “chinarsi”, un
“abbassarsi” verso di lui, per innalzarlo a Sé, fino a dargli la sua stessa
vita e farlo diventare suo figlio. E tale miracolo Dio l'ha compiuto attraverso
l' “abbassamento” del suo Figlio Gesù, un abbassamento tale da diventare
annientamento fino alla morte di croce. Vi può essere umiltà più grande?
In un passo del
profeta Isaia il “Servo di Jahve” (il Messia atteso dal popolo d'Israele),
riguardo alla sua missione, dice: “Invano ho faticato, per nulla e invano ho
consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa
presso il mio Dio” (Is 49,4). Una morte in croce non può forse sembrare un
fallimento, un aver “faticato invano”? Ma Gesù sa che il suo sacrificio sarà
ricompensato dal Padre.
“La mia ricompensa
è presso il mio Dio”: ecco la gratuità dell'amore. Ed è questo il concetto che
Gesù vuole esprimere nell'ultima parte dell'odierno brano di Vangelo: “Quando
offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato, perché
non hanno da ricambiarti. Riceverai, infatti, la tua ricompensa alla
risurrezione dei giusti”. E' la gratuità di una vita messa al servizio del bene
degli altri.
Io,
diventato figlio di Dio con il battesimo, devo cercare di assomigliare il più
possibile a Lui. “Il Figlio dell'uomo non è venuto per farsi servire, ma per
servire e dare la propria vita in riscatto per molti” ha detto Gesù (Mc 10,45).
Io devo amare, quindi, con la sua stessa umiltà, non cercando i primi posti né
volendo emergere e dominare sugli altri; devo servire con la sua stessa gratuità,
amando per amare, poiché amare è la mia vocazione fondamentale, esistenziale,
la condizione indispensabile perché la mia vita acquisti un senso pieno. E io
dovrò continuare ad amare anche se non riceverò alcun “grazie” da chi ho
beneficato, anche se vedessi ricambiato con il male il bene da me fatto.
L'unica ricompensa importante per me è la gioia che io do al mio Dio, amando
come Egli vuole che io ami, e l'abbraccio con cui Egli mi accoglierà, quando,
alla fine della mia vita terrena, andrò alla sua presenza. Sarà stupendo
sentirmi dire da Lui: “Figlio mio, ce l'hai messa tutta per farmi felice con la
tua vita. Ora vieni, occupa con gioia, per l'eternità, il posto che qui in
cielo Io ho preparato per te da sempre”