02 Novembre 2019 - Commemorazione di tutti i fedeli defunti


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO



LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Gb 19,1.23-27a

Io lo so che il mio Redentore è vivo.



Dal libro di Giobbe

Rispondendo Giobbe prese a dire:
«Oh, se le mie parole si scrivessero,
se si fissassero in un libro,
fossero impresse con stilo di ferro e con piombo,
per sempre s’incidessero sulla roccia!
Io so che il mio redentore è vivo
e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
Dopo che questa mia pelle sarà strappata via,
senza la mia carne, vedrò Dio.
Io lo vedrò, io stesso,
i miei occhi lo contempleranno e non un altro».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 26

Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?
Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario.
Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.


Seconda Lettura Rm 5,5-11

Giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.


+ Vangelo Gv 6,37-40

Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.


Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».


COMMENTO


    Due sono le certezze della vita di ogni essere vivente: la nascita e la morte. Ma, mentre una pianta, un animale non si pongono il problema della fine della loro esistenza, poiché di tale fine essi non hanno consapevolezza, per l'essere umano la morte costituisce la realtà esistenziale più drammatica, quella che gli mette nel cuore gli interrogativi più angoscianti.
    Ogni uomo, ogni donna, per vivere consapevolmente la propria vita, devono dare a se stessi le risposte alle cosiddette domande fondamentali (o esistenziali): 1) Io, individuo della specie umana, da dove vengo? Sono solo il risultato biologico della fecondazione di un ovulo femminile da parte di uno spermatozoo maschile oppure, al di là di tale fenomeno biologico, vi è la mente di un Essere superiore che ha voluto la mia esistenza? 2) Perché mi trovo in questo mondo? Che senso ha la mia esistenza? 3) Che cosa avverrà di me dopo la morte fisica? Scomparirò nel nulla o qualcosa di me continuerà a vivere?
    Dalle risposte a queste domande dipende tutta l'esistenza di un essere umano, la concezione di se stesso, il suo modo di “vedere” la vita, i valori su cui costruire la propria esistenza, i suoi desideri, i suoi progetti, le sue scelte. Domande importantissime, quindi, che richiedono necessariamente una risposta. Di tali domande l'ultima è senz'altro la più drammatica, poiché l'essere umano anela con ogni sua fibra all'infinito, all'eternità e percepisce, quasi in maniera viscerale, come una tremenda “ingiustizia” il dover morire.
    Sul perché della morte e su ciò che può esserci dopo la morte gli uomini si sono sempre interrogati, dandosi le risposte più diverse, dalle più fantasiose e superficiali alle più profonde.
    La morte, insieme alla sofferenza, può costituire un serio motivo di difficoltà a credere all'esistenza di un Dio buono, di un Dio – Amore, e può rendere difficile e problematico il rapporto uomo - Dio. “Perché Dio, se è buono, ha creato la sofferenza e la morte?”. E' questa la domanda che tanti, anche tra gli stessi cristiani, si pongono. Il non sapersi dare o il non ricevere una risposta convincente può avere effetti molto negativi, addirittura devastanti; si può arrivare, nei casi più estremi, anche alla perdita della fede, con tutte le conseguenze che ciò può comportare.
    L'essere umano, con la sua sola intelligenza, non riesce a darsi risposte certe sul senso della vita e della morte, si muove a tentoni, dandosi risposte che possono soddisfarlo magari per un tempo più o meno lungo, ma che non riescono a dare al cuore un profondo, definitivo significato esistenziale. E' nella parola di Dio che possiamo trovare le vere risposte.
    “Dio ha creato l'uomo per l'immortalità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo” (Sap 2,23-24a). Così nel libro della Sapienza viene spiegata la causa originaria della morte. Dio non ha destinato l'uomo alla morte; questa, insieme alla sofferenza, è stata la conseguenza tragica del peccato originale. Dio aveva creato l'essere umano per amore e desiderava instaurare con tale sua creatura un rapporto d'amore. Ma l'amore esige libertà, non può essere né imposto né richiesto con la forza. Per questo Dio, nel creare l’essere umano, l'aveva creato con una volontà libera, perché questa sua creatura potesse decidere se ricambiare o no l'amore del suo Creatore. L'essere umano, però, non accettando la sua condizione di creatura e, quindi, non riconoscendo Dio come suo Creatore, ha desiderato essere come Dio, nutrendo nel suo cuore lo stesso folle, orgoglioso desiderio che aveva condotto il più bello degli angeli, Lucifero (nome che vuol dire “portatore di luce”), a ribellarsi a Dio insieme ad altri angeli che avevano condiviso il suo progetto. E ha ceduto alle lusinghe di Satana, accorgendosi troppo tardi della rovina che aveva attirato su di sé abbandonando Dio. Il ruscello si era staccato dalla sua Sorgente pensando di poter continuare a vivere autonomamente e invece aveva sperimentato la sua tragica realtà.   L'essere umano, staccandosi da Dio, ha fatto esperienza di ciò che non è Dio. Dio è armonia, è perfezione. L'essere umano, separandosi da Dio, ha sperimentato in sé la mancanza dell'armonia, ha sperimentato, cioè, lo squilibrio a tutti i livelli (spirituale, morale, psichico, fisico); tale squilibrio costituisce la sofferenza. Dio è pienezza della vita, è la Vita. L'essere umano, staccandosi dalla Vita, ha fatto esperienza della mancanza della vita; ha sperimentato, cioè, la morte.
    Ma Dio non ha abbandonato questa sua creatura in balia della sua rovina e della sua disperazione. Si è chinato sull'uomo, per prenderlo per mano e riportarlo a casa. Ed ecco lo splendido progetto di salvezza. Dio non poteva eliminare dalla vita dell'essere umano la sofferenza e la morte, poiché esse erano le conseguenze di una scelta libera di questa sua creatura e, come Egli aveva dovuto rispettare la scelta dell'uomo, doveva rispettare anche le conseguenze di tale scelta. Ma è intervenuto dando, attraverso la passione di suo Figlio Gesù, un valore di redenzione e di salvezza alla sofferenza e facendo essere la morte, attraverso la resurrezione di Gesù, non più l'ultima parola della vita dell'uomo, ma la penultima, poiché l'ultima parola è diventata, in Gesù, la resurrezione, come Gesù stesso dice nell'odierno brano di vangelo.
   E qui è preferibile che subentri il silenzio. Il commento fatto di parole deve lasciare il posto alla Parola. Sono splendide le letture di oggi. Lasciamo che parlino al nostro cuore. Ci immergeranno nel cuore di Dio e nell'eternità.