30 Dicembre 2018 - Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura 1 Sam 1,20-22.24-28

Samuele per tutti i giorni della sua vita è richiesto per il Signore.

Dal primo libro di Samuele

Al finir dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele, «perché – diceva – al Signore l’ho richiesto». Quando poi Elkanà andò con tutta la famiglia a offrire il sacrificio di ogni anno al Signore e a soddisfare il suo voto, Anna non andò, perché disse al marito: «Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre».
Dopo averlo svezzato, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un’efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli e lei disse: «Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch’io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore». E si prostrarono là davanti al Signore.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 83

Beato chi abita nella tua casa, Signore.

Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L’anima mia anela
e desidera gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.
Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio
e ha le tue vie nel suo cuore.
Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe.
Guarda, o Dio, colui che è il nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato.


Seconda Lettura 1 Gv 3,1-2.21-24

Siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Pa­dre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi coman­damenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In que­sto conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.


+ Vangelo Lc 2,41-52

Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri.
Dal vangelo secondo Luca

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.



COMMENTO


      Una risposta sconcertante quella data da Gesù dodicenne a Maria e Giuseppe, che per tre giorni l’avevano cercato con angoscia, una risposta di cui essi, in quel momento, non compresero il significato. Ma “sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Maria sapeva, infatti, che quel figlio era particolare e che non sempre le sue azioni e le sue parole erano facili da capire; sapeva che quel figlio non apparteneva a lei, ma a Dio.
        Probabilmente a lei e a Giuseppe è stato necessario un po’ di tempo per comprendere quella risposta “strana” di Gesù: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Eppure Maria gli aveva appena detto: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. La parola “padre” è contenuta sia nel dolce rimprovero di Maria sia nella risposta di Gesù, ma nelle due frasi tale vocabolo ha un significato molto diverso; nella frase di Maria il “padre” è Giuseppe, nella frase di Gesù il “padre” è il Padre celeste, è Dio Padre. Gesù, con quella sconcertante risposta, aveva dato a Maria e a Giuseppe la spiegazione, la motivazione del suo comportamento così “strano”, quasi “crudele” nei loro confronti; egli stava dicendo loro che la priorità assoluta nella sua vita era fare gli “interessi” di Dio, era realizzare il desiderio e la volontà del Padre di salvare gli uomini, era manifestare agli uomini lo stesso cuore di Dio. E, dopo avere affermato ciò, Gesù “scese…con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso”, come ogni buon figliolo; ma aveva ormai messo ben in chiaro il perché della sua venuta in questo mondo: egli apparteneva al Padre e viveva per il Padre.
       La festa odierna ci aiuta a entrare nel progetto che Dio, dalle origini, ha avuto sulla famiglia. Egli ha pensato tale realtà come una piccola comunità, i cui componenti si dovevano amare profondamente, realizzando, fra loro, lo stesso rapporto di amore che vi è tra le Persone della Santissima Trinità (la famiglia dovrebbe essere, infatti, specchio e trasparenza della Trinità), una comunità in cui ciascun componente doveva mettere la sua vita al servizio del bene degli altri familiari, una comunità, in cui nessuno si sentisse “padrone” della vita dell’altro, un “rischio” che soprattutto i genitori possono correre, quando “costruiscono” progetti sui figli, proiettando su questi i loro sogni, le loro aspirazioni, non tenendo conto, tante volte, delle aspirazioni più vere e più profonde dei figli stessi. Un genitore dovrebbe essere consapevole che i figli che Dio gli ha affidati sono “figli di Dio” prima di essere figli suoi e che il compito assegnatogli da Dio riguardo ai figli è quello di aiutarli a scoprire il progetto d’amore che Egli ha su di loro, a capire come possano realizzarsi nella loro esistenza vivendo appieno la loro realtà di figli di Dio.
       Nella prima lettura Anna, che aveva ricevuto miracolosamente da Dio il dono di un figlio, lo “restituisce” a Dio, mettendolo al suo servizio. Ecco, questo dovrebbe essere l’atteggiamento dei genitori nei confronti dei figli: considerarli un dono che Dio ha fatto loro, “chiamandoli” a “collaborare” con la sua azione creatrice, un dono di cui essi non devono mai sentirsi “proprietari”, ma solo affidatari, con la tremenda, ma anche splendida, responsabilità di formare dei “figli di Dio”, i quali, come Gesù a Nazareth, possano crescere “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”.
       E la famiglia, piccola comunità, nella seconda lettura si “allarga” a una famiglia infinitamente più grande, quella composta da tutti i battezzati, da tutti i “figli” che il Padre ha “adottato” grazie al Figlio suo Gesù, il quale ha “conquistato” per noi uomini, con il suo sacrificio, lo Spirito Santo. Questi, dimorando in noi, ci rende della stessa natura di Dio, santi come Dio è santo (cfr. Lv 19,1), capaci di amare come Dio ama, “figli” somiglianti al Padre.
       Il ritornello del salmo responsoriale esprime profonda gioia: “Beato chi abita nella tua casa, Signore”. La “casa del Signore”, a cui il salmo fa riferimento, è il tempio di Gerusalemme, dove si recavano i pellegrini nelle principali feste ebraiche. Ma si può dire, con altrettanta certezza, che è beato anche colui che fa abitare Dio nella sua casa. Ed è questa presenza di Dio, voluta, cercata e accolta, che caratterizza e qualifica la famiglia cristiana, dandole il suo significato più vero e profondo: una piccola comunità costituita da figli di Dio, che da questo Padre si lasciano guidare con docilità, una splendida comunità, in cui Dio viene fatto vivere con tutta la forza del suo amore, della sua pace, della sua gioia. 


24 Dicembre 2018 - Solennità del Natale ( Messa della notte)


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO





LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Is 9,1-6

Ci è stato dato un figlio

Dal libro del profeta Isaia

Il popolo che camminava nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa
una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te
come si gioisce quando si miete
e come si esulta quando si divide la preda.
Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva,
la sbarra sulle sue spalle,
e il bastone del suo aguzzino,
come nel giorno di Màdian.
Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando
e ogni mantello intriso di sangue
saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
Perché un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il potere
e il suo nome sarà:
Consigliere mirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace.
Grande sarà il suo potere
e la pace non avrà fine
sul trono di Davide e sul suo regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 95

Oggi è nato per noi il Salvatore.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.
Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.


Seconda Lettura Tt 2,11-14

E’ apparsa la grazia di Dio per tutti gli uomini.
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.


+ Vangelo Lc 2,1-14

Oggi vi è nato il Salvatore.
Dal vangelo secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».


COMMENTO


       Un vagito rompe il silenzio della notte e raggiunge gli estremi confini dell’universo. Un nuovo uomo è venuto nel mondo, ma non è un uomo qualsiasi. Quel bimbo “adagiato in una mangiatoia” (questo è il segno che l’angelo indica ai pastori, ai quali ha appena annunciato la “grande gioia” della nascita del Salvatore) è Dio che si è fatto uomo, un Dio umile, che non ha disdegnato di prendere la natura di una sua creatura e di nascere, Lui, il Creatore e Signore dell’universo, in una grotta nei dintorni di Betlemme, dove solitamente trovano rifugio i pastori con le loro greggi. Nessuno si è accorto di nulla. Il mondo intorno dorme. La vita scorre con lo stesso ritmo di sempre. Eppure quel vagito di un fragile bimbo sta “dicendo” all’umanità che niente sarà più come prima.
        “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. Con queste splendide parole si apre il brano del profeta Isaia, che settecento anni prima di Cristo ne aveva annunciato la nascita, definendone anche la missione. Lo splendore di quella luce che squarcia le tenebre riempie i cuori di gioia. Rivolgendosi a Dio, così continua il profeta: “Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. … Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle e il bastone del suo aguzzino. …Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre”.
       Il popolo di cui parla Isaia, chiamato da Dio alla missione profetica nel 740 a.C., è il popolo d’Israele, che in quel periodo, a causa di scelte politiche del re Acaz guidate più da considerazioni umane che dalla fiducia in Dio (come, invece, aveva consigliato lo stesso Isaia), si trovava sotto una tutela oppressiva dell’Assiria. Dio promette al suo popolo la liberazione, che il profeta presenta come già avvenuta.
       La Chiesa pone questo brano di Isaia come prima lettura della messa della notte di Natale, dandogli un significato spirituale. “Il popolo che camminava nelle tenebre” è l’umanità immersa nel buio profondo nel quale si trovava a “camminare” da quando, con il peccato originale, aveva “perso” Dio, perdendo, così, anche la strada esistenziale sulla quale camminare con sicurezza. Dal momento in cui l’essere umano, nel suo folle desiderio di essere come Dio, aveva abbandonato il suo Creatore, vagava a tentoni in un interminabile, angosciante tunnel, dal quale, con le sue sole forze, non poteva uscire. Ma Dio, nel suo infinito amore per questa sua creatura, non l’ha abbandonata nelle tenebre dello spirito, che la facevano vivere in una profonda angoscia esistenziale; ha voluto riprenderla e riportarla a casa. Ed è sceso dal suo cielo, è diventato l’Emmanuele, “Dio con noi”, è diventato uno di noi, ha preso la nostra natura umana, per renderla, per mezzo del battesimo, anche divina. E l’uomo, che nel suo orgoglio e nella sua presunzione, aveva tentato di “rubare” a Dio la sua divinità, si è ritrovato tra le mani tale divinità come incredibile dono gratuito di questo imprevedibile, stupendo Dio.
        Attraverso il cammino d’Avvento la Chiesa ha aiutato passo passo i fedeli a prendere sempre più coscienza del loro bisogno di perdono e di salvezza. Ora questo perdono e questa salvezza sono qui, dentro la mia vita. E la gioia esplode come quella di un naufrago, il quale, mentre annaspa disperatamente tra i marosi che lo ghermiscono e stanno per inghiottirlo, vede una mano tendersi verso di lui, afferrarlo con forza e trarlo a riva. Quale gioia ci sarà nel suo cuore! Quale gratitudine invaderà ogni fibra del suo essere nei confronti del suo salvatore!
      E un’esplosione di gioia è la risposta dell’assemblea, con il salmo responsoriale, al bellissimo brano del profeta Isaia. Il cuore del credente esulta per le meraviglie del suo Dio. La natura stessa viene invitata dal salmista a innalzare al Creatore la sua lode. E l’uomo e il creato, insieme, cantano a Dio la loro gioiosa gratitudine: “Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome. Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza, in mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie. Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude; sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta”.
      E, se davanti a quella “mangiatoia”, in cui Maria ha deposto il Figlio di Dio fatto Bambino, noi sapremo elevare a Dio, con tutto il cuore, questo canto di stupore e di gioia, allora veramente Natale sarà per noi un
      Buon Natale! 



23 Dicembre 2018 - IV Domenica di Avvento


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO





LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Mic 5,1-4a

Da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele


Dal libro del profeta Michea

Così dice il Signore:
«E tu, Betlemme di Èfrata,
così piccola per essere fra i villaggi di Giuda,
da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele;
le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti.
Perciò Dio li metterà in potere altrui,
fino a quando partorirà colei che deve partorire;
e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele.
Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore,
con la maestà del nome del Signore, suo Dio.
Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande
fino agli estremi confini della terra.
Egli stesso sarà la pace!».


Salmo Responsoriale Dal Salmo 79

Signore, fa’ splendere il tuo volto

e noi saremo salvi.
Tu, pastore d’Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci.
Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,
sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.


Seconda Lettura Eb 10,5-10

Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà.
Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà“».
Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo per fare la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.


+ Vangelo Lc 1,39-45

A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?

Dal vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Ap­pena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bam­bino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orec­chi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo.
E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».


COMMENTO



     “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Domanda legittima, più che comprensibile, posta da una giovanissima donna all’angelo che le ha appena annunciato che in lei si realizzerà il miracolo più grande, l’incarnazione del Figlio di Dio.
    “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio” le risponde l’angelo, aggiungendo un’informazione, che contribuisce a fugare ogni perplessità: “Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,34-37).
   E le mura di un’umile casa di Nazareth “ascoltano”, allora, quell’ “Eccomi” che ha fatto entrare Dio, con un corpo di uomo (come dice la seconda lettura), nella storia dell’umanità.
     Maria, mentre “avverte” la nuova vita pulsare dentro di lei, non può non pensare a quella donna, sua parente, che, nella vecchiaia, è in attesa di un bambino. Non esita a portare il suo aiuto laddove ritiene che ve ne sia bisogno. Raggiunge “in fretta” il villaggio dell’anziana parente.
   Ed ecco l’incontro stupendo fra queste due donne che Dio ha racchiuse nello stesso mistero d’amore; una, l’anziana, porta in grembo l’ultimo dei profeti, colui che dovrà aprire la strada al Messia, preparandogli i cuori, e che un giorno, vedendo passare Gesù, lo indicherà dicendo: “Ecco l’Agnello di Dio”; l’altra, un’adolescente, porta in grembo il Messia, il Salvatore atteso dal popolo d’Israele.
   L’ incontro è un’esplosione di gioia, nei cuori e nei grembi. Maria porta in sé Colui che è amore e gioia. Appena Elisabetta ode il suo saluto, il bambino le sussulta nel grembo; il piccolo Giovanni “percepisce” la presenza del Messia, ne gioisce e trasmette la sua gioia alla mamma, la quale, pur non sapendo ancora nulla di quanto è avvenuto in Maria, comprende, sotto la potente azione dello Spirito Santo, che questa sua giovane parente è la Madre del Salvatore ed esplode in quel bellissimo saluto, che viene quasi gridato ( “Elisabetta esclamò a gran voce”) per la gioia: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.
   Quale stupore deve avere inondato Maria a tali parole! Come poteva sapere Elisabetta? Nessuno poteva averla informata. Solo Dio poteva averlo fatto! Era come se Dio stesse “ricambiando” la gioia che Maria gli aveva dato con il suo “Sì”. Ora era Lui che ricolmava di gioia lei, dandole, attraverso Elisabetta, una sorta di conferma: “Sì, figlia mia, tu sei veramente la Madre del Messia, di Colui che il tuo popolo da secoli attende”.                                                                                                  
    Stupore, gratitudine, esultanza. Ecco i sentimenti che ha dovuto provare Maria in quel momento e che l’hanno fatta esplodere in una delle lodi più stupende che mai, da un cuore umano, siano state elevate a Dio: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva”. Lo stupore, la gratitudine e l’esultanza sono tanto grandi, proprio perché in lei c’è la consapevolezza di essere una semplice, piccola creatura, che Dio, nel suo infinito amore, ha chiamato a collaborare al suo progetto di salvezza per l’umanità.
   Stupore, gratitudine ed esultanza non dovrebbero essere anche i sentimenti di ogni uomo che, nella sua piccolezza e fragilità, si sente follemente amato da Dio e immerso nelle profondità del suo mistero? 
   Se qualcuno stesse per annegare, senza, però, averne consapevolezza, non solo non chiederebbe aiuto, ma, anche se gli venisse lanciato un salvagente, non lo prenderebbe e non ringrazierebbe chi gliel’ha lanciato. Se, invece, quel qualcuno sa che sta rischiando di annegare e che da solo non ce la potrà fare a tirarsi fuori dal pericolo, chiederà aiuto e immensa sarà la gioia di vedersi salvato e infinita la gratitudine per il suo salvatore.
   Il periodo dell’Avvento, che oggi si conclude, è un cammino che, ogni anno, a ciascuno viene proposto per riflettere sulla propria verità di essere umano, per acquistare una sempre maggiore consapevolezza che noi siamo, tutti, deboli, fragili e peccatori e che, quindi, abbiamo bisogno della misericordia di Dio, il quale, nel suo amore, si china su di noi e ci dona il suo perdono e la sua vita.
   La venuta del Salvatore sarà, allora, accolta veramente con gioia e, come Maria, anche noi potremo esplodere nel bellissimo canto di lode a Dio: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore!”.



16 Dicembre 2018 - III Domenica di Avvento


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Bar 5,1-9

Dio mostrerà il tuo splendore ad ogni creatura.


Dal libro del profeta Baruc

Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione,
rivestiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre.
Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio,
metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno,
perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo.
Sarai chiamata da Dio per sempre:
«Pace di giustizia» e «Gloria di pietà».
Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura
e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti,
dal tramonto del sole fino al suo sorgere,
alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio.
Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici;
ora Dio te li riconduce in trionfo come sopra un trono regale.
Poiché Dio ha deciso di spianare
ogni alta montagna e le rupi perenni,
di colmare le valli livellando il terreno,
perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio.
Anche le selve e ogni albero odoroso
hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio.
Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria,
con la misericordia e la giustizia che vengono da lui.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 125

Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte.
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.


Seconda Lettura Fil 1,4-6,8-11

State integri e irreprensibili per il giorno di Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Fratelli, sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.
Infatti Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù. E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.
Canto al Vangelo Lc 3,4-6
Alleluia, alleluia.
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Alleluia.


Vangelo Lc 3,1-6

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!.
Dal vangelo secondo Luca

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesa­re, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea. Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com‘è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».


COMMENTO

        “Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino”. Piena di gioia l’antifona d’ingresso, che riprende l’inizio della seconda lettura.
    Un’esplosione di gioia è anche il ritornello del salmo responsoriale: “Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele”.
    “Gioia”: ecco la parola-chiave della terza settimana d’avvento in tutti e tre gli anni liturgici (A – B – C). Gioia esprimono la prima lettura e il salmo responsoriale, gioia esprime la seconda lettura, gioia vi è anche nel canto al Vangelo, in cui si parla di “lieto annuncio” , di quella “buona notizia”, che Giovanni il Battista, come leggiamo nel brano di Vangelo odierno, annunzia al popolo.
    Molto bella la prima lettura. E’ un brano tratto dal libro del profeta Sofonia, la cui predicazione si svolse tra il 640 e il 630 a.C., in un periodo in cui il popolo d’Israele si era contaminato con culti pagani, adorando falsi dei, divinità dei popoli vicini, e tradendo, così, il proprio Dio. Ma Dio rimane fedele al suo amore, ama il suo popolo e non lo abbandona in balia delle sue debolezze, dei suoi peccati. Ed ecco l’annuncio di salvezza! Questo brano di Sofonia sembra la danza gioiosa di una festa di nozze. C’è, da una parte, la gioia d’Israele, del popolo di Dio, di ogni uomo, che, nel profondo del suo cuore, desidera essere liberato dalla “prigione”, in cui lo tiene rinchiuso il “nemico” (l’egoismo, il peccato); dall’altra, vi è la gioia di Dio, che, in mezzo al suo popolo, nella vita di ogni uomo, è un salvatore potente, felice di poter liberare il suo popolo e l’essere umano dalla schiavitù morale e spirituale. E’ splendida, addirittura commovente, l’immagine di questo Dio, che “gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia”. Sembra quasi di poterne scorgere l’espressione felice del volto e di vederlo danzare al ritmo di un canto di vittoria.
    Dio è amore e tutto ciò che fa lo fa per amore, per il bene dell’essere umano, che Egli ama teneramente e appassionatamente. Per questo motivo Dio è anche il Dio della gioia. Non è, forse, gioia, ciò che prova anche l’uomo, quando mette la sua vita al servizio del bene degli altri ?
    Questo Dio, che, con ostinata fedeltà, continua ad amare l’essere umano, anche quando questi lo tradisce e lo abbandona, è un Dio che dà sicurezza, che ispira fiducia totale, che, nella lettera ai Filippesi, fa dire a S. Paolo: “Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste”, perché “il Signore è vicino”, è sempre accanto a ogni persona nel cammino, spesso buio e turbolento, della sua esistenza. Ed è questa vicinanza d’amore, continua e fedele, di Dio che dà al cuore umano tranquillità, equilibrio e pace profonda.
    Dio chiede a ogni persona soltanto una cosa: di lasciarsi amare da Lui e di fare di Lui l’unico punto di riferimento in ogni istante e in ogni situazione della vita.
    Il Signore desidera che l’essere umano sia profondamente felice. E la vera gioia arriva solo quando si ama. Dio non chiede straordinari atti d’amore; chiede soltanto che l’uomo viva nell’amore la sua quotidianità, come bene rispondeva Giovanni il Battista a coloro che, col desiderio di convertire il loro cuore in attesa della venuta del Messia, gli chiedevano: “Che cosa dobbiamo fare?”. E le risposte di Giovanni erano addirittura disarmanti nella loro semplicità: “Vivete la vostra vita di ogni giorno secondo il cuore di Dio”. Ciò sembrerebbe impossibile, ma è meno difficile di quanto possa sembrare. Il Figlio di Dio, facendosi uomo e vivendo, quindi, la nostra umanità, ci ha fatto “vedere” concretamente come, nelle quotidiane circostanze della vita umana, si può amare come ama Dio. Gesù è il nostro modello, il nostro punto di riferimento. E’ sufficiente, in ogni istante, in ogni situazione, volgere lo sguardo a Lui e chiedergli: “Che cosa devo fare?”. La risposta arriverà, immediatamente e chiara: “Ama come me. Lasciati guidare dall’amore”. Se veramente “ascolteremo” la sua voce e cercheremo di assomigliare a Lui nella nostra vita di ogni giorno, la gioia, e gioia profonda, invaderà il cuore.


09 Dicembre 2018 - II Domenica di Avvento


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO





LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Bar 5,1-9

Dio mostrerà il tuo splendore ad ogni creatura.


Dal libro del profeta Baruc

Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione,
rivestiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre.
Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio,
metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno,
perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo.
Sarai chiamata da Dio per sempre:
«Pace di giustizia» e «Gloria di pietà».
Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura
e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti,
dal tramonto del sole fino al suo sorgere,
alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio.
Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici;
ora Dio te li riconduce in trionfo come sopra un trono regale.
Poiché Dio ha deciso di spianare
ogni alta montagna e le rupi perenni,
di colmare le valli livellando il terreno,
perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio.
Anche le selve e ogni albero odoroso
hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio.
Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria,
con la misericordia e la giustizia che vengono da lui.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 125

Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte.
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.


Seconda Lettura Fil 1,4-6,8-11

State integri e irreprensibili per il giorno di Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Fratelli, sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.
Infatti Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù. E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.


Vangelo Lc 3,1-6

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!.
Dal vangelo secondo Luca

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesa­re, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea. Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com‘è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».


COMMENTO


  All'inizio del 597 a.C. il re babilonese Nabucodonosor assedia Gerusalemme; la occupa dopo qualche mese e deporta una parte dei suoi abitanti a Babilonia. Dieci anni dopo, sedando una rivolta, egli conquista ancora Gerusalemme. Ne brucia, questa volta, anche il tempio, il luogo sacro più importante per gli Ebrei e simbolo dell’identità nazionale, attuando un’altra deportazione in Babilonia. L’esilio durerà fino al 538 a.C., anno in cui Ciro, re dei Persiani, conquisterà Babilonia e, con un editto, permetterà agli Ebrei di ritornare a Gerusalemme e di ricostruire il tempio.
    E’ in tale contesto storico che si situa il libro di Baruc, di cui la prima lettura riporta un bellissimo brano, nel quale il profeta annuncia al popolo d’Israele, esiliato e oppresso dalla schiavitù, un futuro di felicità, “poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria (la potenza) di Dio. … Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui”.
    L’esilio del popolo d’Israele, pur nella sua concretezza storica, assume anche un valore simbolico; indica, infatti, l’esilio spirituale dell’essere umano, la sua lontananza da Dio a causa del peccato originale, di quell’atto, cioè, con cui egli, nel suo orgoglio, non riconoscendo più la sua condizione di creatura, voleva diventare come Dio attraverso l’acquisizione della “conoscenza del bene e del male” (Gen 3,5), prerogativa esclusiva di Dio. L’essere umano riteneva di poter egli stesso decidere ciò che è bene e ciò che è male (non è questa, forse, la presunzione dell’uomo di ogni tempo?), di essere, quindi, detentore della verità, dio di se stesso. Egli aveva rifiutato il suo Creatore, era uscito dalla casa di Dio sbattendo la porta dietro di sé; ma, appena varcata quella soglia, trovatosi fuori da quella casa, si era accorto di “essere nudo” (Gen 3,7), aveva, cioè, compreso improvvisamente, con sgomento, la verità su se stesso, si era reso conto che, senza Dio, lontano da Lui, egli, essere umano, aveva perso la sua identità (“Dio creò l’uomo a sua immagine” dice il racconto della creazione) e che la sua vita era diventata priva di significato; dentro di lui, come un bagliore accecante, vi era la disperata consapevolezza che quella porta, chiusa con presunzione dietro di sé, lo aveva “esiliato” dalla “patria”, da Dio, e che da solo non avrebbe più potuto riaprirla, per “rientrare a casa”.
    Ma Dio ama troppo l’essere umano. Non poteva abbandonarlo in balia di se stesso, dei suoi errori, della sua disperazione. Con la sua infinita fantasia d'amore elabora un progetto di salvezza, che realizzerà per mezzo di suo Figlio Gesù
    “Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!” leggiamo nel brano del Vangelo, in cui l'evangelista Luca, riferendosi alla missione di Giovanni il Battista, riporta un passo del profeta Isaia. E ogni uomo, di fatto, può sentire rivolto a se stesso anche il gioioso annuncio che Baruc fa al popolo d’Israele. Ma fra tale brano e quello del Vangelo, pur nella sostanziale identità di una promessa di salvezza, si può notare anche una diversità, che diventa “complementarietà”. Nel brano di Baruc è Dio che “spiana ogni alta montagna e le rupi perenni, che colma le valli livellando il terreno, perché Israele (l’uomo) proceda sicuro sotto la sua gloria”. Nel brano del profeta Isaia è l’uomo che viene esortato a “preparare la via del Signore”, a “raddrizzare i suoi sentieri”, a “riempire ogni burrone”, ad “abbassare ogni monte e ogni colle”, a “rendere diritte le vie tortuose”, a “spianare le vie impervie”, immagini, queste, che fanno comprendere una verità fondamentale: è Dio, certo, che fa il primo passo verso l’uomo, è Lui che opera con tutta la sua potenza d’amore, perché l’essere umano possa “ritornare a casa”; ma Dio, pur desiderando che ogni uomo occupi il suo posto di figlio alla tavola imbandita all’interno di quella casa, non può costringere nessuno a sedere a quella mensa; è l’uomo che deve aprire il suo cuore a Dio, che deve accettare la mano che Egli gli porge e, nella sua libera volontà, deve collaborare con l’azione salvifica di Dio. La porta della casa di Dio è già aperta dall’interno, ma occorre che ogni uomo, dall’esterno, afferri la maniglia, l’abbassi e spinga la porta con decisione. L’attende la gioia della ritrovata comunione con Dio, il calore sicuro e rassicurante di una casa piena d’amore, in cui il suo posto è sempre stato conservato. 

08 Dicembre 2018 - Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO





LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Gn 3,9-15.20

Porrò inimicizia tra la tua stirpe e la stirpe della donna.

Dal libro della Gènesi

[Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché hai fatto questo,
maledetto tu fra tutto il bestiame
e fra tutti gli animali selvatici!
Sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».
L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 97

Cantate al Signore un canto nuovo,
perchè ha compiuto meraviglie.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.
Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.
Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!


Seconda Lettura Ef 1,3-6.11-12

In Cristo Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui siamo stati fatti anche eredi,
predestinati – secondo il progetto di colui
che tutto opera secondo la sua volontà –
a essere lode della sua gloria,
noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.


+ Vangelo Lc 1,26-38

Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.



COMMENTO


    In Gesù Cristo, suo Figlio, il Padre “ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà”.
    Splendida questa apertura della lettera di san Paolo ai cristiani di Efeso! Parole che ci immergono nelle profondità del cuore di Dio e fanno fermare il respiro! Noi tutti pensati dall'eternità con amore da questo Dio che è Amore e che solo dall'amore fa scaturire ogni suo pensiero, ogni suo progetto! Se soltanto di tanto in tanto ci fermassimo a riflettere su questa verità che ci tocca esistenzialmente, che ci fa comprendere quanto siamo preziosi agli occhi del nostro Creatore, al punto da volere che noi, da semplici creature, potessimo diventare suoi figli, diventando, così, anch'Egli, da Creatore, Padre!
    Pensati dall'eternità con amore! Non veniamo dal nulla e non siamo destinati al nulla. Veniamo dal cuore di Dio e siamo destinati a vivere eternamente con Lui. La nostra esistenza terrena è “racchiusa” dentro questa eternità, che la permea e le dà, in ogni istante, un “respiro” infinito.
    Pensati dall'eternità con amore! Ma l'essere umano non l'ha capito. Creato con amore, “chiamato” a instaurare un rapporto d'amore con il suo Creatore, che, per questo motivo, gli aveva dato una volontà libera, con cui poter scegliere se ricambiare o rifiutare l'amore che gli veniva offerto, egli si è lasciato vincere dalla tentazione di non riconoscere la propria verità di creatura e di voler diventare, quindi, dio egli stesso (questo, infatti, significa, nel racconto del peccato originale, il voler mangiare il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male, conoscenza che solo Dio può avere), decidendo da sé che cosa era bene e che cosa era male, che cosa era giusto e che cosa non lo era. Di fatto, era, questa dell'uomo delle origini, la scelta di separarsi da Dio, dal proprio Creatore. Una separazione con conseguenze tragiche. Staccandosi da Dio, infatti, l'essere umano ha sperimentato la “mancanza” di Dio. Dio è armonia, è perfezione. Separato da Dio, l'uomo ha fatto esperienza del disordine, dell'imperfezione, ha sperimentato, cioè, la sofferenza, riguardante tutti gli aspetti costitutivi dell'essere umano: lo spirito, la volontà, la psiche e il fisico; sofferenza, quindi, spirituale, morale, psichica e fisica. Dio è la pienezza della vita, è Vita. Separandosi da Dio, l'essere umano ha sperimentato la mancanza della vita, cioè la morte. Conseguenze, che diventavano, da quel momento, “costitutive” della natura umana, “malata” nella sua essenza, come un albero malato nelle sue radici; una “malattia”, quindi, costitutiva di ogni persona che viene in questo mondo e che, come un ramo di questo albero malato, riceve dalle radici una linfa non sana. Ecco il perché della sofferenza anche dei bambini, di quei figli dell'umanità non ancora capaci di progettare e di fare il male, ma che, proprio perché “rami” di quell'albero malato, portano dentro di sé, nell'essenza del loro essere, quella linfa non sana.
    Quale ostacolo, a volte insormontabile, sono diventate la sofferenza e la morte nel rapporto tra l'uomo e Dio! Quanta rabbia, dentro una cupa disperazione, nei confronti di questo Dio accusato spesso di avere creato l'essere umano, per poi lasciarlo in balia della sofferenza e della morte! “Questo Dio non è forse onnipotente? Perché non interviene con la sua onnipotenza a eliminare dalla vita dell'uomo la tragedia della sofferenza e della morte?”. Quante volte abbiamo ascoltato queste frasi o addirittura le abbiamo dette noi stessi! Certo, Dio è onnipotente, ma, per amore, ha fatto una scelta, che noi, con il nostro modo di pensare, saremmo tentati di definire “un'assurda follia”; ha “rinunciato”, infatti, a una parte della sua onnipotenza nel momento in cui ha deciso di creare l'uomo come un essere libero di pensare, di progettare, di decidere; in quel momento Dio si è impegnato con se stesso e con l'uomo a rispettare fino in fondo le scelte di questa sua creatura, al punto da accettarne anche un eventuale rifiuto di Lui. Ecco perché Dio non ha potuto e non potrà mai eliminare dall'esistenza umana la sofferenza e la morte; esse, di fatto, dal momento in cui l'essere umano ha rifiutato Dio, sono ormai parte integrante di quella sua libera scelta e sono diventate costitutive di ciò che l'uomo ha deciso di essere nel momento in cui si è staccato da Dio. E questo Dio, sempre fedele alle sue decisioni, ha dovuto rispettare la scelta, fatta da questa sua creatura, di rinnegarlo come suo Creatore, volendo vivere autonomamente la sua esistenza.
    E l'essere umano si accorse di “essere nudo”. Improvvisamente la “nudità” - verità della sua esistenza gli è apparsa in tutta la sua tragica evidenza. Quel ruscello, che, nel suo folle orgoglio, si era staccato dalla sua Sorgente, ritenendo di poter vivere con totale libertà, ora si rendeva conto con angoscia che, senza la sua Sorgente, non poteva più vivere. Ma, con angoscia ancora maggiore, aveva la consapevolezza che, da solo, con le sue sole forze, mai più avrebbe potuto ricongiungersi a quella Sorgente che gli assicurava la vita.
    Ed ecco, Dio, nel suo infinito amore per questa sua creatura, ne “riprogetta” l'essenza e l'esistenza. E l'essere umano, inizialmente solo una creatura, ora, dentro il nuovo progetto che lo riguarda, viene pensato come figlio. Dio non si accontenta più di essere “solo” il Creatore di un essere, che Egli aveva creato “a sua immagine e somiglianza”. Ora questo Creatore vuole donare la sua stessa vita a questa sua creatura, vuole trasformarne la stessa essenza, la stessa natura: da “semplice” essere umano vuole farlo diventare un essere anche divino. E' questo lo stupendo, incredibile miracolo che avviene nell'uomo al momento del battesimo, quando, inserito in Cristo, egli ne riceve la vita. Un processo di divinizzazione dell'essere umano inverso a quello dell'umanizzazione del Figlio di Dio. Infatti, il Figlio di Dio (avente, quindi, una natura divina), incarnandosi in Maria per opera dello Spirito Santo, ha assunto anche la natura umana. L'uomo, col sacramento del battesimo, assume anche la natura divina e diventa figlio di Dio, perché “innestato” nel Figlio di Dio. “Io sono la vite, voi i tralci” ha detto un giorno Gesù ai suoi discepoli (Gv 15,5). 
    E ogni uomo, “ramo” pervaso fin dal primo istante del suo concepimento da una linfa resa “malata” dal cosiddetto “peccato originale”, ora, se vuole, può diventare tralcio di questo “albero” nuovo, che è Gesù, tralcio fecondo di questa vite, che reca in sé la “linfa” di Dio. 
    Maria, una sconosciuta ragazza di un villaggio sconosciuto della Palestina. Una quotidianità “normale”, quasi banale nella sua semplicità. Eppure dentro l'essere di quella ragazza Dio è presente in una maniera speciale. “Piena di grazia” la saluta l'angelo Gabriele. “Piena di Dio”, quindi.
    Inserita dall'eternità nel progetto di Dio per la redenzione dell'umanità, quella giovinetta, ignara del suo ruolo in tale progetto, vive, comunque, un rapporto profondissimo, unico con Dio. Il suo cuore batte all'unisono con il cuore del suo Creatore. In quel cuore, un solo desiderio: far contento Dio. E questo Dio, che vive al di fuori del tempo (l'eternità, di fatto, è atemporale), che cosa deve aver provato dentro di Sé, mentre progettava quella sua creatura? Forse anche a Lui è mancato il respiro nel “vedere” la bellezza di quel suo capolavoro, che un giorno, nel tempo, sarebbe stata la madre di suo Figlio. Come, come permettere che anche lei potesse essere un “ramo” malato dell'umanità? Come permettere che l'azione di Satana, che aveva rovinato l'immagine divina nell'essere umano, potesse avere le sue nefaste conseguenze anche su colei che doveva dare una carne umana a suo Figlio? Quel Figlio, che un giorno avrebbe “sacrificato” la sua divinità, assumendo la natura di una sua creatura, e che avrebbe dato la sua vita, perché questa creatura potesse sperimentare la gioia di una ritrovata unità con il suo Creatore, come poteva essere mandato nel grembo di una donna che portava in sé, come ogni essere umano che viene in questo mondo, il germe del male? E, allora, questo Padre ha voluto, nel suo amore infinito per suo Figlio, realizzare, nella futura madre di suo Figlio, in maniera speciale la redenzione dell'umanità; ha “anticipato” in pienezza la redenzione nell'essere di quella donna, che avrebbe contribuito in una maniera unica alla realizzazione del suo progetto di salvezza per l'umanità. Creare una nuova Eva, come alle origini. Una umanità, che ricominciava, in lei, il suo cammino nella storia e nell'eternità. Una nuova Eva, libera, come la prima Eva, di decidere, di scegliere quale rapporto avere con il suo Dio.
    “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”. Un saluto che turba profondamente quella ragazza di Nazareth. Chi era quell'essere che improvvisamente le era apparso davanti? Che cosa significava quel saluto così strano? Era stata salutata come la “piena di grazia”, la “piena di Dio”. Lei, così piccola, così fragile, eppure... “piena di grazia” l'aveva salutata quell'essere celestiale! Che cosa le stava accadendo? E ora quell'essere sta dicendo cose ancora più incomprensibili. Diventare “Madre del Messia”, “Madre di Dio”! E Dio, Dio stesso, il suo Creatore e Signore, attende da lei una risposta.
    Che cosa c'era nel cuore di Maria, in quel momento? E che cosa c'era nel cuore di Dio, in quel momento? Tutto l'universo, probabilmente, ha trattenuto il respiro, insieme al suo Creatore, nell'attesa di quella risposta. Il tempo si è fermato. Si è fermata anche l'eternità. L'onnipotenza di Dio si era messa nelle mani e nel cuore di una piccola, fragile donna. Tutte le promesse di salvezza, fatte da Dio all'umanità appena caduta nel baratro del rifiuto di Lui, erano lì, di fronte alla libertà di una creatura figlia e rappresentante di quella umanità.
    E questa nuova Eva risponde in maniera diversa dalla prima Eva; questa piccola, fragile donna si fida del suo Dio. Gli eventuali pericoli per la sua vita (Giuseppe, il suo promesso sposo, come avrebbe reagito a quella gravidanza, in cui egli sapeva con certezza di non aver avuto alcun ruolo? Avrebbe creduto a una spiegazione che aveva dell'incredibile? Oppure l’avrebbe denunciata per adulterio, facendola condannare alla lapidazione alle porte della città?), gli eventuali pettegolezzi della gente, il possibile disprezzo e rinnegamento dei suoi parenti per la vergogna di un peccato con cui ella aveva macchiato il buon nome della famiglia. Tutto questo sarà passato per un attimo dentro il suo cuore. Ma il suo Dio è un Dio d'amore; non permetterà che le accada qualcosa di male. E' un Dio che mantiene le sue promesse. E questo Dio, attraverso quel suo messaggero celeste, le ha detto che quel figlio, che lei nutrirà e farà crescere nel suo grembo, sarà il salvatore di Israele e dell'umanità. Niente e nessuno potrà, quindi, impedire che questo progetto di Dio si realizzi. Solo una sua risposta negativa potrebbe impedirne la realizzazione. Ma... il suo unico desiderio è far contento Dio. Il suo cuore batte all'unisono con quello del suo Creatore e i desideri del suo cuore sono unicamente quelli del cuore di Dio. Ed ecco la risposta che tutto l'universo, insieme al suo Creatore, sta attendendo. Il “Fiat” di quella piccola, fragile donna “libera” il respiro dell'universo e del suo Creatore. Tutto riprende a pulsare. E' l'inizio di una nuova vita. La Trinità gioisce ed esulta. Ogni promessa di salvezza si realizzerà!
    Ora il Figlio di Dio, per opera dello Spirito Santo, è in lei. Egli, l'Onnipotente, il Creatore dell'universo, si è fatto piccolissimo, una semplice cellula, che avrà, come ogni figlio dell'umanità, il suo sviluppo dentro il grembo di quella sua giovanissima, splendida mamma. Che cosa deve aver provato questo Figlio di Dio, infinito ed eterno, nel momento in cui è “entrato” in uno spazio finito e nella dimensione del tempo? E che cosa deve aver provato Maria nel momento in cui ha sentito palpitare e pulsare in lei l'Infinito e l'Eterno? Non ci è dato saperlo. Noi dobbiamo solo rimanere in profondo, religioso silenzio di fronte a un mistero che deve aver fatto vibrare con un’intensità unica, indicibile le corde più intime di quel Figlio e di quella Madre.
    Ora, veramente, il cielo e la terra si sono toccati, anzi, di più, si sono compenetrati l'uno nell'altra. Quel Dio che ora vive nel grembo di Maria, umanizzandosi, sta già realizzando in lei, in pienezza, quel processo di divinizzazione che avverrà, con il battesimo, in tutti coloro che crederanno in Lui, accettandolo come il loro Salvatore e Signore.
    L'Immacolata Concezione. Miracolo stupendo dell'incontro d'amore tra Dio e la sua creatura.
    E l'umanità contempla, con gioioso stupore, questo miracolo d'amore, poiché in questa sua figlia e rappresentante più stupenda vede realizzata pienamente la sua redenzione.
    Anche Dio guarda con gioia e quasi con stupore questa sua figlia; in lei contempla l'umanità come Egli l'ha “sognata”; in lei, capolavoro della sua creazione e della sua redenzione, Egli contempla l'integra bellezza dell'essere umano appena “uscito” dalle sue mani di Creatore e la figliolanza perfetta dell'essere umano che, nel suo Figlio Gesù, si lascia, con gratitudine e amore, divinizzare.
    Maria di Nazareth: creatura perfetta di Dio, figlia perfetta di Dio, trasparenza perfetta di Dio. Grazie di essere tutto questo, o Maria, splendida Sorella, Figlia e Madre di questa nostra umanità.




02 Dicembre 2018 - I Domenica di Avvento


LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO




LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Ger 33,14-16

Farò germogliare per Davide un germoglio giusto.


Dal libro del profeta Geremia

Ecco, verranno giorni – oràcolo del Signore – nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda.
In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra.
In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia.


Salmo Responsoriale Dal Salmo 24

A te, Signore,
innalzo l’anima mia, in te confido.

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.
Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.
Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà
per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti.
Il Signore si confida con chi lo teme:
gli fa conoscere la sua alleanza.


Seconda Lettura 1 Ts 3,12-4,2

Il Signore renda saldi e irreprensibili i vostri cuori al momento della venuta di Cristo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési

Fratelli, il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi. Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate -, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.


Vangelo Lc 21,25-28,34-36

La vostra liberazione è vicina.

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saran­no segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le po­tenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nu­be con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risol­levatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’im­provviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Ve­gliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di com­parire davanti al Figlio dell’uomo».


COMMENTO

    Si attende un ospite. Non è un ospite qualsiasi. Viene da lontano, da molto lontano, addirittura dal cielo. La casa deve essere, quindi, particolarmente curata, perché sia il più possibile accogliente. Anche la casa è speciale; è il cuore dell'uomo.
    Ed ecco l'Avvento (dal latino “adventus”, “venuta”, “arrivo”), il periodo liturgico che la Chiesa offre a tutti gli uomini, perché possano preparare il loro cuore ad accogliere Colui che viene, il Figlio di Dio, che si è fatto anche figlio dell'umanità, perché ogni uomo e ogni donna, attraverso Lui, con il battesimo, possano diventare, se lo vogliono, figli di Dio.
    Un essere creato “chiamato” a diventare figlio del suo Creatore. Questo è lo splendido, incredibile progetto del cuore di Dio realizzatosi circa duemila anni fa con la venuta in questo mondo di Dio stesso fatto Bambino, venuta che la Chiesa, con gratitudine e stupore, a ogni Natale particolarmente ricorda non per fare una semplice memoria di un avvenimento del passato, ma per far rivivere tale avvenimento nel cuore di ciascuno.
    Per me, credente, di fatto, ogni istante è “Avvento”, ogni istante è “Natale”.
    “Avvento”, poiché in ogni istante la mia anima “ha sete di Dio,” (Sal 42,3), Lo invoca, Gli chiede di venire ad abitare in me; è una sete che non si estingue mai, poiché questo Dio, di cui ho sete, è infinito e non esaurisce mai la sua Presenza in me; ogni mia fibra anela a Lui, Lo attende, per farsi permeare di Lui.
    “Natale”, poiché in ogni istante questo splendido Dio esaudisce il mio desiderio di Lui e viene in me, mi riempie di Lui, mi dona Se stesso, per rendermi sempre più una cosa sola con Lui. E io Lo accolgo con tutto il mio essere, Lo faccio “nascere” e “nascere” ancora, sempre, in me e Gli permetto di realizzare il suo progetto d'amore su di me.
    In ogni istante io, credente, sono chiamato a rendere ancora più profonda e più forte la mia fede in questo Dio, che, in ogni istante, vuole entrare nella mia vita, per rendermi sempre più suo "figlio", cioè, per darmi sempre di più il suo “volto” e farmi sempre più somigliante a Lui.
    "Chi ha visto me, ha visto il Padre" ha detto Gesù ai suoi discepoli nell'ultima cena (Gv 14,9). "Chi vede me deve poter vedere Gesù e il Padre" dovrebbe dire ogni battezzato. Ogni anno liturgico, che ha inizio con l'Avvento, è il "tempo" di questa "trasformazione" del credente, il quale, in Gesù, assomiglia sempre di più al Padre, questo Padre, che, come dice la prima lettura, “realizza le promesse di bene" che ha fatto, poiché Dio è un Dio d'amore, che vuole solo il bene di ogni persona, ed è l'Onnipotente, che ha, quindi, il potere di realizzare ciò che promette.
    E il bene più grande che Dio vuole donare agli uomini è la sua santità. "Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo" dice Dio nel libro del Levitico, cap. 19, v. 2. Non è difficile la santità, è la condizione normale dei figli di Dio, non per una loro capacità, ma perché è Dio che, con tutta la sua potenza d'amore, fa "crescere e sovrabbondare nell'amore vicendevole e verso tutti, per rendere saldi e irreprensibili i cuori nella santità ...” (II lettura). E tale concetto, riguardante, in questo brano di S. Paolo, la seconda e definitiva venuta di Gesù, cioè la fine del mondo, di cui si parla anche nel Vangelo di questa prima settimana di Avvento, si riferisce pure alla "fine del mondo" di ciascuno di noi, cioè all'esperienza della morte. Questa, pur nella sua negatività (infatti, "Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità; lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo", come leggiamo nel libro della Sapienza, cap. 2, vv. 23-24), ci spinge a "guardare oltre", ad avere lo sguardo rivolto all'eternità, permettendoci di dare un senso più pieno alla nostra esistenza, facendoci vivere secondo il cuore di Dio (avendo “imparato il modo... di piacere a Dio" dice Paolo nella seconda lettura) e facendoci "vedere" la morte stessa non come un terribile incubo, ma come il “passaggio” alla nostra realtà definitiva, nell'incontro faccia a faccia con Dio, che per ciascuno ha preparato un posto accanto a Sé fin dall'eternità.
    Sembra strano che il periodo dell'Avvento, un tempo che prepara al momento gioioso del Natale, inizi con un brano del Vangelo, in cui Gesù parla della fine del mondo ed esorta a "vegliare" in attesa di tale momento. Ma strano non è. Nella nostra società consumistica e superficiale anche l'Avvento e il Natale sono diventati tempi di frenesia: regali da fare, regali da ricevere, vacanze a cui pensare ... e un "pizzico" di bontà, per sentirsi "buoni" almeno una volta all'anno. Ci si accontenta di "camminare in pianura" o, più precisamente, di "correre affannosamente in pianura", senza nemmeno avere modo e tempo di alzare gli occhi e guardare il cielo sopra di noi. Ma Dio prende sul serio l'essere umano, lo ama, lo stima e vuole innalzarlo alle vette più alte. La parola di Dio è lo splendido "trampolino di lancio" per raggiungere quelle vette.
    In questa prima settimana d'Avvento Dio, con la sua parola, ci invita a non accontentarci della mediocrità e della banalità, che non richiedono, certo, nessuno sforzo, ma che fanno vivere l'esistenza in un piatto grigiore. Egli ci invita, con tutto il suo amore di Padre, ad alzare con entusiasmo i nostri occhi a quelle splendide vette. La scalata potrà essere faticosa, ma, a ogni passo fatto, lo sguardo potrà spaziare verso orizzonti più lontani e più vasti e, appena arrivati in cima, quale stupendo panorama si aprirà davanti ai nostri occhi!